N. 160 SENTENZA 24 giugno - 23 luglio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Caccia - Norme della Regione Marche - Piani di controllo della  fauna
  selvatica (nella specie del cinghiale) - Inclusione  di  cacciatori
  tra i soggetti attuatori -  Autorizzazione  al  prelievo  in  forma
  collettiva, con il metodo della braccata e della girata, nelle zone
  e nei periodi preclusi alla caccia  -  Lamentata  violazione  della
  competenza statale esclusiva in materia di tutela  dell'ambiente  e
  dell'ecosistema - Inammissibilita' della questione. 
- Legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n.  7,  art.  25,  commi
  2-bis, ultimo periodo, e 3. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s). 
(GU n.31 del 29-7-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  25,  commi
2-bis, ultimo periodo, e  3,  della  legge  della  Regione  Marche  5
gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna  selvatica  e
per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina  dell'attivita'
venatoria), promosso dal Tribunale amministrativo  regionale  per  le
Marche nel procedimento vertente tra la Lega per  l'abolizione  della
caccia (LAC) Onlus e altro e la Regione Marche e altro, con ordinanza
del 17 aprile 2019, iscritta al n. 139 del registro ordinanze 2019  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  38,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito il Giudice relatore Giulio Prosperetti ai sensi del decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data  23
giugno 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 giugno 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 17 aprile 2019, iscritta al  reg.  ord.  n.
139 del 2019, il Tribunale amministrativo regionale per le Marche  ha
sollevato questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  25,
commi 2-bis, ultimo periodo, e 3, della legge della Regione Marche  5
gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna  selvatica  e
per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina  dell'attivita'
venatoria), e successive modificazioni e integrazioni, in riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    2.-   Il   TAR   rimettente   riferisce   di    dover    decidere
sull'annullamento della deliberazione della  Giunta  regionale  delle
Marche 17 maggio 2018, n. 645  (L.r.  n.  7/95,  art.  25.  Piano  di
Controllo regionale del  Cinghiale  anni  2018-2023),  e  degli  atti
presupposti,  integrativi  e  conseguenziali,  richiesto  da   alcune
associazioni ambientaliste, titolari dell'interesse alla salvaguardia
e tutela del patrimonio faunistico-ambientale  e  alla  difesa  della
natura e dell'ecosistema. 
    3.- Le ricorrenti nel giudizio principale lamentano il fatto  che
il piano di controllo del cinghiale avrebbe illegittimamente  incluso
i  cacciatori  tra  i  soggetti  abilitati  a  dare  esecuzione  agli
abbattimenti; tale inclusione  troverebbe  fondamento  nell'art.  25,
comma 3, della legge reg. Marche n. 7 del 1995 e sarebbe in contrasto
con  quanto  prescritto  dalla  normativa  statale   e   segnatamente
dall'art. 19, comma 2, della legge 11 febbraio 1992,  n.  157  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio),  che  elenca  in  via  tassativa  i   soggetti   deputati
all'esecuzione  dei  piani  di  abbattimento,  includendovi  solo  le
guardie venatorie  dipendenti  dall'amministrazione  provinciale,  le
guardie forestali  e  comunali  munite  di  licenza  di  caccia  e  i
proprietari e i conduttori dei fondi su cui  i  piani  devono  essere
attuati, purche' muniti di licenza di caccia. 
    In contrasto con tale disposizione, l'art.  25,  comma  3,  della
legge reg. Marche n. 7 del 1995 avrebbe  demandato  l'attuazione  dei
piani di controllo  della  fauna  selvatica  alle  guardie  venatorie
dipendenti dalle Province, che possono avvalersi  dei  proprietari  e
conduttori dei fondi e delle guardie forestali e comunali, se  muniti
di licenza di caccia, nonche' degli operatori muniti della licenza di
caccia all'uopo autorizzati, e selezionati attraverso appositi  corsi
di preparazione alla gestione faunistica. 
    Il comma 2-bis dello stesso art. 25 della legge reg. Marche n.  7
del 1995 avrebbe autorizzato la Regione a consentire il prelievo  del
cinghiale in forma collettiva con il metodo della  braccata  e  della
girata, in tutte le zone e nei periodi preclusi alla caccia,  tramite
i soggetti che  abbiano  conseguito  l'abilitazione  provinciale  per
esercitare la caccia al cinghiale in forma collettiva, con  priorita'
per i cacciatori residenti e dell'Ambito territoriale di caccia (ATC)
interessato. 
    La deroga alle prescrizioni di cui all'art. 19 della legge n. 157
del 1992  si  tradurrebbe  nell'illegittimita'  costituzionale  della
legge regionale censurata in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., che rimette al legislatore statale la competenza a
dettare le prescrizioni in materia di tutela ambientale. 
    4.- Il TAR rimettente illustra gli ulteriori  motivi  di  ricorso
addotti  dalle  ricorrenti  per  l'annullamento   dei   provvedimenti
impugnati, di cui si denuncia l'illegittimita' per eccesso di potere,
difetto di motivazione e  di  istruttoria  e  sviamento  dalla  causa
tipica, poiche' la Regione non avrebbe  dato  conto  dell'inefficacia
dei metodi ecologici prima di adottare i piani di abbattimento  della
fauna selvatica; avrebbe deliberato i suddetti  piani  nonostante  il
parere contrario dell'Istituto  superiore  per  la  protezione  e  la
ricerca ambientale (ISPRA) e senza fornire adeguata motivazione;  non
avrebbe dato conto  della  presenza  di  cinghiali  in  soprannumero,
prescrivendo l'abbattimento in ragione dei  rilevanti  danni  che  la
presenza  degli  animali  determina  alle  produzioni  agricole;  non
avrebbe effettuato la valutazione di incidenza sul piano di controllo
e non avrebbe sottoposto il  piano  quinquennale  alla  procedura  di
valutazione ambientale strategica. 
    5.- Inoltre, il TAR rappresenta che, con i  motivi  aggiunti,  le
ricorrenti lamentano  che,  per  effetto  della  deliberazione  della
Giunta regionale 8 novembre  2018,  n.  1469,  recante  «Integrazione
dell'allegato A) della D.G.R. n. 645 del 17/05/2018  "L.r.  n.  7/95,
art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023"»,
si sono ampliati in maniera significativa sia l'area  e  i  tempi  di
intervento del controllo del cinghiale, che i  soggetti  che  possono
effettuarlo, cosi' che fino  al  31  dicembre  2020  sara'  possibile
sparare al cinghiale ventiquattro ore su ventiquattro, tutti i giorni
dell'anno, in tutte le aree, senza requisiti e senza la necessita' di
adottare tecniche di prevenzione, sia mediante abbattimento  che  con
il  sistema  delle  trappole  e  dei   chiusini   e   il   successivo
abbattimento,  per  salvaguardare  l'agricoltura,  in  contrasto  con
quanto prescritto dalla normativa statale e dalle esigenze di  tutela
ambientale. 
    6.- Il Collegio rimettente afferma  di  ritenere  preliminare  la
trattazione   delle   censure    con    cui    e'    stata    dedotta
l'incostituzionalita' dell'art. 25 della legge reg. Marche n.  7  del
1995 e solleva l'incidente  di  costituzionalita'  in  ragione  della
rilevanza della questione, ritenuta in re ipsa  poiche'  il  concorso
dei  cacciatori   non   proprietari   al   prelievo   del   cinghiale
accrescerebbe  la  lesione  dei   beni   giuridici   protetti   dalle
associazioni ambientaliste ricorrenti,  e  della  sua  non  manifesta
infondatezza, per cui si richiamano due pronunce di questa Corte,  la
n. 217 del 2018 e la n. 139 del 2017, relative a questioni che il TAR
ritiene sostanzialmente sovrapponibili a  quella  sottoposta  al  suo
esame. 
    L'incidente di costituzionalita' viene prospettato in riferimento
ad entrambi i commi, il 2-bis e il 3, dell'art. 25 della  legge  reg.
Marche n. 7 del 1995, nella parte in cui tali  disposizioni  ampliano
il novero dei soggetti attuatori dei piani di controllo  della  fauna
selvatica rispetto all'elencazione di cui all'art. 19 della legge  n.
157 del 1992, con cio' determinando  il  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    7.- Nel giudizio di costituzionalita' si e' costituita la Regione
Marche eccependo, in primo luogo, la manifesta  inammissibilita'  per
difetto assoluto di rilevanza di entrambe le  questioni  prospettate,
poiche' l'art. 25 della legge reg. Marche n. 7 del 1995 non  andrebbe
applicato nel giudizio instaurato dalle associazioni ambientaliste. 
    Secondo la Regione, la deliberazione della  Giunta  regionale  n.
645 del 2018 impugnata nel giudizio a quo avrebbe individuato,  quali
attuatori  dei  piani  di  abbattimento,  gli   agenti   di   polizia
provinciale, i selecacciatori abilitati ai sensi dell'art.  2,  comma
1, lettera c), del regolamento della Regione Marche 23 marzo 2012, n.
3, recante «Disciplina per la gestione degli ungulati nel  territorio
regionale, in attuazione della legge regionale 5 gennaio 1995,  n.  7
(Norme per la protezione  della  fauna  selvatica  e  per  la  tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria)», e
i proprietari e i conduttori dei fondi muniti di licenza venatoria  e
i titolari dei fondi ove sono posizionati i mezzi di cattura,  se  in
possesso di attestato di partecipazione al corso organizzato dall'ATC
circa l'uso dei mezzi di cattura. 
    La citata deliberazione,  dunque,  avrebbe  individuato  soggetti
corrispondenti a quelli di cui all'art. 19 della  legge  n.  157  del
1992, con la  sola  eccezione  dei  selecacciatori  che,  pero',  non
corrisponderebbero ne'  ai  soggetti  indicati  dall'art.  25,  comma
2-bis, della legge reg. Marche, n. 7 del 1995, ne' a quelli di cui al
successivo comma 3, essendo invece meri cacciatori  di  ungulati  con
metodi selettivi, abilitati al prelievo  del  cinghiale,  capriolo  o
daino. 
    Nessuna delle disposizioni censurate, dunque, verrebbe in rilievo
nel giudizio a quo, e,  anzi,  la  deliberazione  impugnata  potrebbe
essere annullata proprio perche' contrastante  con  l'art.  25  della
legge reg. Marche n. 7 del 1995. 
    8.- Quali ulteriori motivi  di  inammissibilita'  la  Regione  ha
dedotto il difetto di motivazione sulla rilevanza, sia in riferimento
all'art. 25, comma 2-bis,  la  cui  illegittimita'  deriverebbe  "per
estensione" dalla censura del comma 3 dello stesso art. 25, senza che
sia stata addotta alcuna ulteriore motivazione,  sia  in  riferimento
allo stesso comma 3, la cui rilevanza e' stata ritenuta in  re  ipsa,
essendosi il TAR limitato ad addurre che il concorso  di  «cacciatori
non proprietari» al prelievo del cinghiale accrescerebbe  la  lesione
dei beni  giuridici  che  le  associazioni  ambientaliste  ricorrenti
intendono tutelare, con cio' appiattendosi sulla  prospettazione  del
ricorso, senza sviluppare argomentazioni in  senso  adesivo  e  senza
verificare se l'accoglimento degli altri motivi  di  ricorso  avrebbe
potuto comportare l'annullamento dei provvedimenti impugnati. 
    Il difetto di motivazione e'  prospettato  anche  in  riferimento
alla non manifesta  infondatezza,  avendo  il  TAR  argomentato  solo
mediante il richiamo a due pronunce della Corte costituzionale, senza
ulteriori  spiegazioni  della  supposta  illegittimita'  delle  norme
censurate. 
    9.- Nel merito la Regione Marche, pur  dichiarandosi  consapevole
dell'indirizzo della  Corte  costituzionale  sulla  natura  tassativa
dell'elenco  dei  soggetti  deputati  all'attuazione  dei  piani   di
abbattimento, ha dedotto la non fondatezza delle questioni in ragione
del mutato quadro fattuale in cui si inserirebbe la legge n. 157  del
1992, evocata quale parametro interposto. 
    La Regione osserva che quest'ultima legge e' stata adottata in un
periodo in cui l'interesse preminente era quello di tutelare la fauna
a rischio  di  estinzione.  Attualmente,  invece,  moltissime  specie
sarebbero in sovrannumero e sarebbero infestanti,  cosi'  da  causare
molteplici problemi all'agricoltura, per i danni  ai  raccolti;  alla
salute, per le malattie diffuse  da  alcuni  selvatici;  allo  stesso
ambiente, poiche' la presenza massiccia di alcuni animali altererebbe
gli equilibri tra specie. 
    In  questa  prospettiva,  l'ampliamento  dei  soggetti   deputati
all'attuazione dei piani di  abbattimento  si  inscriverebbe  in  una
logica di tutela ambientale, coinvolgendo non i semplici  cacciatori,
ma quelli  espressamente  autorizzati  dalla  Provincia,  selezionati
attraverso appositi corsi di preparazione alla gestione faunistica  e
coordinati dal personale di vigilanza della Provincia stessa. 
    In ogni caso, la tutela delle  specie  sarebbe  assicurata  dalle
prescrizioni dei piani di abbattimento che i soggetti indicati  dalla
legge regionale si devono limitare ad attuare,  mentre  l'ampliamento
dei soggetti attuatori aiuterebbe a rendere piu' celere  ed  efficace
l'esecuzione dei piani, con vantaggio dell'agricoltura e della stessa
tutela di altre specie animali e dell'uomo. 
    D'altronde, secondo la Regione, il dato  letterale  dell'art.  19
della legge n. 157 del 1992 indurrebbe ad escludere che l'elencazione
in esso  contenuta  sia  tassativa,  potendo  essere  integrata,  per
espressa previsione, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. 
    10.- Qualora la Corte  costituzionale  non  ritenesse  plausibile
siffatta interpretazione  della  norma  statale,  la  Regione  Marche
chiede   che   si   valuti   la   rimessione   della   questione   di
costituzionalita' dell'art. 19 della  legge  n.  157  del  1992,  per
contrasto con gli artt. 3 e  97  Cost.,  in  quanto  irragionevole  e
contrario   all'esigenza   del   buon   andamento   della    pubblica
amministrazione,  costituendo  l'ampliamento  dei  soggetti  deputati
all'attuazione dei piani di abbattimento una  risposta  proporzionata
alle mutate  esigenze  di  tutela  ambientale  e  all'evoluzione  del
contesto storico e sociale, soprattutto  a  fronte  della  cronica  e
conclamata  carenza  di  mezzi  e  personale  dei  corpi  di  polizia
provinciali. 
    11.-  Con  successiva  memoria,  la  Regione  ha  sostanzialmente
ribadito le eccezioni di inammissibilita' formulate nella memoria  di
costituzione in giudizio, precisando, in riferimento  al  difetto  di
motivazione sulla  non  manifesta  infondatezza,  che  sia  la  legge
regionale censurata che la  norma  statale  evocata  quale  parametro
interposto risalgono ad epoca antecedente alla riforma del titolo  V°
della Parte II della  Costituzione  e,  quindi,  il  giudice  avrebbe
dovuto motivare se inquadrare le norme alla luce del pregresso ovvero
del nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni. 
    12.- In ogni caso, il fatto che la  legge  regionale  risalga  al
1995 e la legge statale al  1992  escluderebbe  la  violazione  della
competenza statale stabilita dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost.,  essendo  il  riparto  di  competenze  tra  enti  pubblici
regolato dalle norme vigenti al momento  dell'adozione  dell'atto  in
base al principio tempus regit actum, cosi' che il parametro  evocato
risulterebbe del tutto inconferente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per le  Marche  dubita,
in  riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art.  25,  commi
2-bis, ultimo periodo, e  3,  della  legge  della  Regione  Marche  5
gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna  selvatica  e
per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina  dell'attivita'
venatoria). 
    2.- L'art. 25 e' censurato nella parte in cui,  al  comma  2-bis,
prevede che la Regione possa autorizzare il prelievo del cinghiale in
forma collettiva, con il metodo della braccata  e  della  girata,  in
tutte le zone e nei periodi preclusi alla caccia, tramite i  soggetti
che abbiano conseguito l'abilitazione provinciale per  esercitare  la
caccia  al  cinghiale  in  forma  collettiva,  con  priorita'  per  i
cacciatori residenti  e  dell'Ambito  territoriale  di  caccia  (ATC)
interessato; e' censurato anche il comma  3  dell'art.  25  che,  per
l'attuazione dei piani di controllo della fauna  selvatica,  consente
di avvalersi di operatori muniti della  licenza  di  caccia  all'uopo
autorizzati e selezionati attraverso appositi corsi  di  preparazione
alla gestione faunistica. 
    Il vulnus di costituzionalita'  viene  prospettato  in  relazione
all'art. 19 della legge 11  febbraio  1992,  n.  157  (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio), che impone  che  i  piani  di  abbattimento  della  fauna
selvatica siano attuati  dalle  guardie  venatorie  dipendenti  dalle
amministrazioni provinciali con l'avvalimento dei soli proprietari  e
conduttori dei fondi su cui i  piani  vanno  attuati,  se  muniti  di
licenza per  l'esercizio  venatorio,  e  delle  guardie  forestali  e
comunali, sempre munite di licenza di caccia. 
    3.- Le questioni sono inammissibili. 
    4.- L'ordinanza di rimessione non ha  adeguatamente  motivato  in
ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni, poiche' si e'
limitata  a  sospettare  l'incostituzionalita'  della   possibilita',
prevista dalle disposizioni censurate, di includere i cacciatori, non
specificamente contemplati dall'art. 19 della legge n. 157 del  1992,
nell'alveo  dei  soggetti  deputati  all'attuazione  dei   piani   di
abbattimento  della  fauna  selvatica   e,   a   supporto   di   tale
prospettazione, a richiamare due sentenze di questa Corte, la n.  217
del 2018 e  la  n.  139  del  2017,  relative  a  questioni  ritenute
sostanzialmente sovrapponibili a quelle sollevate con l'incidente  di
costituzionalita', senza minimamente  motivare  le  ragioni  di  tale
sovrapposizione. 
    5.- L'ordinanza di rimessione, pur  dando  atto  che  i  soggetti
individuati dalla previsione normativa regionale censurata  non  sono
tutti i cacciatori, ma solo quelli in possesso di specifici requisiti
di qualificazione e che vengono coordinati dal personale di vigilanza
della Provincia, si e' limitata poi a richiamare alcune  sentenze  di
questa Corte non completamente sovrapponibili alle odierne questioni. 
    Infatti,  le  norme  regionali  oggetto  di  tali  pronunce   non
riguardavano  i  cacciatori  dotati   di   specifici   requisiti   di
qualificazione,  come  invece  previsto  dalle  norme  censurate   e,
soprattutto, non era previsto il loro coordinamento  e  controllo  da
parte del personale della Provincia. 
    6.- La motivazione per relationem, attraverso  il  richiamo  agli
argomenti   evidenziati   dalle   parti   o   ad    altre    pronunce
giurisdizionali, non e' ammessa se  il  rimettente  non  esplicita  i
motivi della ritenuta non manifesta  infondatezza  e  non  mostra  di
aderire alle argomentazioni a cui si richiama (sentenze  n.  214  del
2019 e n. 88 del 2018; ordinanze n. 85 e n. 64 del 2018). 
    La  semplice  illustrazione  della  norma  assunta  a   parametro
interposto, contenuta nell'ordinanza del TAR, non  e'  sufficiente  a
supportare la suddetta adesione alle ricordate pronunce. 
    7.- Manca, dunque, una motivazione idonea alla ricostruzione  del
percorso logico seguito dal TAR Marche, che non  ha  esposto  perche'
l'inclusione  dei  cacciatori,  dotati  di  specifici  requisiti   di
qualificazione e che operano sotto il coordinamento  e  il  controllo
del personale della Provincia, nell'elenco degli attuatori dei  piani
di controllo del cinghiale incida in senso peggiorativo sulla  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema e comporti  la  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 25, commi 2-bis, ultimo periodo, e 3,  della
legge della Regione Marche  5  gennaio  1995,  n.  7  (Norme  per  la
protezione della fauna selvatica  e  per  la  tutela  dell'equilibrio
ambientale e  disciplina  dell'attivita'  venatoria),  sollevata,  in
riferimento  all'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per  le  Marche,
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA