N. 177 SENTENZA 23 giugno - 30 luglio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Principi e finalita' - Contrasto a ogni forma di infiltrazione  del
  crimine organizzato - Ricorso del Governo - Denunciata idoneita'  a
  violare la  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  ordine
  pubblico e sicurezza - Non fondatezza delle questioni. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Promozione della concertazione per la programmazione e l'attuazione
  degli interventi - Adozione di un Piano regionale integrato per  il
  rafforzamento e la diffusione della cultura della legalita' e della
  responsabilita' - Ricorso del Governo - Denunciata violazione della
  competenza legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di  ordine
  pubblico e sicurezza - Non fondatezza delle questioni. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Istituzione  della  "Fondazione   antimafia   sociale   -   Stefano
  Fumarulo",  con  funzione,  d'intesa   con   l'Agenzia   dei   beni
  sequestrati e confiscati alla mafia, di una banca dati, accessibile
  a tutti, dei beni confiscati esistenti sul territorio  regionale  -
  Violazione  della  competenza  esclusiva  statale  in  materia   di
  protezione  dei  dati  personali  e   di   ordinamento   civile   -
  Illegittimita' costituzionale. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Istituzione di un "Osservatorio legalita'", con la  partecipazione,
  tra  gli  altri,  di  un   componente   designato   dal   direttore
  dell'Ufficio scolastico regionale  -  Violazione  della  competenza
  esclusiva statale in materia  di  organizzazione  amministrativa  -
  Illegittimita' costituzionale. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Istituzione  di  un  "Osservatorio  legalita'",  con  funzioni   di
  contrasto di ogni forma di illegalita' e criminalita' - Ricorso del
  Governo - Denunciata violazione della competenza esclusiva  statale
  in materia di ordine pubblico e sicurezza -  Non  fondatezza  della
  questione. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Promozione  delle  migliori  politiche  della  trasparenza  per  il
  contrasto al crimine organizzato e  mafioso  -  Istituzione  di  un
  rating  di  buone  prassi  degli  enti   locali   con   particolare
  riferimento al riuso sociale dei beni confiscati alla  criminalita'
  organizzata e al contrasto al gioco d'azzardo - Ricorso del Governo
  - Denunciata  violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva
  statale in materia di ordine pubblico e sicurezza - Non  fondatezza
  delle questioni. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Promozione di una premialita' ai progetti  sull'ulteriore  uso  dei
  beni confiscati alla  criminalita'  organizzata  e  mafiosa,  anche
  attraverso  intese  e  accordi  con  organi  dello  Stato,  enti  o
  associazioni - Ricorso del Governo -  Denunciata  violazione  della
  competenza legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di  ordine
  pubblico e sicurezza - Non fondatezza delle questioni. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Norme  della  Regione  Puglia  -
  Invalidi vittime della mafia, della criminalita'  organizzata,  del
  terrorismo, del dovere - Riconoscimento del diritto  all'assistenza
  psicologia e/o psichiatrica, nonche' all'esenzione della spesa  per
  ogni prestazione sanitaria fruita presso le strutture del  Servizio
  sanitario nazionale  o  convenzionate  -  Violazione  dei  principi
  generali in materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  -
  Illegittimita' costituzionale. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Interventi per la prevenzione e il contrasto dei reati ambientali e
  degli altri fenomeni di illegalita' nel settore sanitario - Ricorso
  del Governo - Denunciata violazione  della  competenza  legislativa
  esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza  -  Non
  fondatezza delle questioni. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Promozione  di   Protocolli   di   legalita'   tra   prefetture   e
  amministrazioni aggiudicatrici - Ricorso del Governo  -  Denunciata
  violazione della competenza esclusiva statale in materia di  ordine
  pubblico e sicurezza - Non fondatezza della questione. 
Sicurezza pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e  sicurezza  -
  Affidamento, mediante protocollo di intesa con l'Agenzia  nazionale
  per l'amministrazione e la  destinazione  dei  beni  sequestrati  e
  confiscati alla criminalita',  alle  Aziende  per  la  casa  e  per
  l'abitare della gestione del patrimonio immobiliare utilizzabile  o
  riconvertibile  a  uso  abitativo  -  Violazione  della  competenza
  legislativa esclusiva statale  in  materia  di  ordine  pubblico  e
  sicurezza - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Puglia 28 marzo 2019, n. 14, artt. 1, comma  2;
  2, comma 1; 4; 5; 6, commi 1 e 2, lettere h)  e  k);  7,  comma  2,
  lettera b); 7; 9, commi 1 e 2; 10, commi 1 e 2; 13; 16, commi  1  e
  3; 17, comma 2, e 20, commi 2 e 3. 
- Costituzione, artt. 117, commi secondo, lettere  g),  h)  e  l),  e
  terzo. 
(GU n.32 del 5-8-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
2; 2, comma 1; 4; 5; 6, commi 1 e 2, lettere h) e k); 7; 9, commi 1 e
2, lettere d) ed e); 10, commi 1 e 2; 13; 16, commi 1 e 3; 17,  comma
2, e 20, commi 2 e 3, della legge della Regione Puglia 28 marzo 2019,
n.  14  (Testo   unico   in   materia   di   legalita',   regolarita'
amministrativa e sicurezza), promosso dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, con ricorso spedito per la notificazione il  30  maggio
2019, depositato in cancelleria il 4 giugno 2019, iscritto al  n.  64
del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udito il Giudice relatore Franco Modugno  ai  sensi  del  decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1) lettere  a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data  10
giugno 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 30 maggio 2019 e depositato il successivo 4 giugno, iscritto al n.
64 del reg. ric. 2019, ha promosso questione di legittimita'  in  via
principale degli artt. 1, comma 2; 2, comma 1; 4; 5; 6, commi 1 e  2,
lettere h) e k); 7; 9, commi 1 e 2, lettere d) ed e); 10, commi  1  e
2; 13; 16, commi 1 e 3; 17, comma 2, e 20, commi 2 e 3,  della  legge
della Regione Puglia 28 marzo 2019, n. 14 (Testo unico in materia  di
legalita', regolarita' amministrativa e  sicurezza),  per  violazione
dell'art. 117, commi secondo, lettere g), h) e  l),  e  terzo,  della
Costituzione. 
    1.1.- In premessa, il ricorrente afferma che non intende porre in
discussione la possibilita' per la Regione Puglia  di  promuovere  la
cultura della legalita'; ritiene pero' che le disposizioni  impugnate
sono suscettibili di interferire, in via diretta o potenziale, con le
competenze  legislative  statali,   nonche'   di   compromettere   la
competenza statale riguardo al coordinamento fra Stato e  Regioni  in
materia di ordine pubblico e sicurezza di  cui  all'art.  118,  terzo
comma, Cost. Richiama, in proposito, la sentenza di questa  Corte  n.
35 del 2012 nella parte in cui afferma  che,  benche'  la  promozione
della legalita' non  sia  attribuzione  monopolistica,  «e'  tuttavia
necessario che misure predisposte a tale scopo nell'esercizio di  una
competenza   propria   della   Regione,   per   esempio   nell'ambito
dell'organizzazione  degli  uffici   regionali,   non   costituiscano
strumenti  di  politica  criminale,  ne',  in  ogni  caso,   generino
interferenze,  anche  potenziali,  con  la  disciplina   statale   di
prevenzione  e  repressione  dei  reati».  Cosi',  nella   competenza
regionale  dovrebbero  rientrare  solo  le   attivita'   strettamente
riferibili alla  polizia  amministrativa  regionale  e  locale  e  le
attivita'  di  carattere  conoscitivo  e  di  studio  inerenti   alla
prevenzione dei reati e  al  mantenimento  dell'ordine  pubblico.  La
disciplina  statale  sulla   "sicurezza   integrata",   di   cui   al
decreto-legge 20  febbraio  2017,  n.  14  (Disposizioni  urgenti  in
materia di sicurezza delle citta'), convertito  in  legge  18  aprile
2017, n. 48, che attua l'art. 118, terzo comma, Cost., d'altra parte,
stabilisce,  all'art.  1,  comma  2,  che  Stato,  Regioni,  Province
autonome di Trento e Bolzano  ed  enti  locali  concorrono,  ciascuno
nell'ambito  delle  proprie  competenze   e   responsabilita',   alla
promozione e all'attuazione di un sistema  unitario  e  integrato  di
sicurezza per il benessere delle comunita' territoriali. 
    2.- E' impugnato l'art. 1, comma 2, della  sopra  indicata  legge
reg. Puglia n. 14  del  2019,  poiche',  prevedendo  che  la  Regione
«promuove e  sostiene  ogni  intervento  necessario  per  contrastare
qualsiasi fenomeno  di  infiltrazione  del  crimine  organizzato  nel
tessuto sociale  ed  economico  regionale  e  rimuoverne  le  cause»,
ricondurrebbe o potrebbe ricondurre alla competenza  regionale  anche
strumenti di politica criminale, proprio in forza della  formulazione
eccessivamente ampia  e  generica  della  disposizione.  Alla  stessa
stregua,  e'  censurato  l'art.  2,  comma  1,  della  stessa   legge
regionale,  poiche',  consentendo  alla   Regione   di   disciplinare
«l'insieme delle azioni volte alla prevenzione  e  al  contrasto  non
repressivo alla criminalita' organizzata», in mancanza  di  una  piu'
puntuale  definizione  delle  misure  di  cui   la   norma   consente
l'adozione,  invaderebbe  la  competenza  statale   in   materia   di
prevenzione dei reati. 
    3.- Parimente impugnati per  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera h), Cost. sono gli artt. 4 e 5 della legge reg. Puglia
n. 14 del 2019, costituendo sostanzialmente strumenti  di  attuazione
delle  finalita'  generali  della  legge  enunciate  negli   articoli
precedenti. In particolare, l'art. 4, ai commi 1 e 2, prevede che  la
Regione  favorisce   il   metodo   della   «concertazione»   tra   le
amministrazioni e gli altri soggetti impegnati nella promozione della
sicurezza   territoriale   quale   strumento   strategico   per    la
«programmazione e l'attuazione degli interventi»;  l'art.  5  prevede
l'adozione  di  un  «Piano  regionale  integrato»   quale   strumento
operativo per la programmazione degli interventi. 
    Secondo la difesa statale, essi invaderebbero, in  via  derivata,
le competenze legislative statali. 
    4.- E' poi impugnato l'art. 6, commi 1 e  2,  lettera  k),  della
legge reg. Puglia n. 14  del  2019  per  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettere  h)  e  l),  Cost.;  nello  svolgimento  degli
argomenti a sostegno delle censure, l'Avvocatura generale dello Stato
espone pure motivi d'impugnazione dell'art. 6, comma 2,  lettera  h),
della legge regionale,  benche'  cio'  non  risulti  dal  titolo  del
paragrafo che contiene le censure medesime. 
    L'art. 6, al comma 1, prevede che «la Regione, per  promuovere  e
coordinare le iniziative di cui  alla  presente  legge,  promuove  la
costituzione della "Fondazione antimafia sociale - Stefano Fumarulo",
per il contrasto non repressivo alla criminalita' organizzata  e  per
contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel tessuto  sociale
ed economico» e, al comma 2, disciplina le funzioni della Fondazione.
Le censure sono rivolte alle previsioni secondo  cui  la  "Fondazione
antimafia sociale - Stefano Fumarulo" «h)  propone  azioni  idonee  a
rafforzare gli interventi di prevenzione e contrasto, con particolare
attenzione alle misure per la trasparenza nell'azione  amministrativa
e nel settore dei servizi, lavori e forniture e nel settore  edile  e
delle costruzioni a committenza sia pubblica sia privata,  attraverso
l'attivita' dell'Osservatorio legalita' che monitora il fenomeno  del
crimine mafioso  e  organizzato  nel  territorio  regionale,  di  cui
all'articolo 7» e «k) predispone, d'intesa  con  l'Agenzia  dei  beni
confiscati, la banca  dati  dei  beni  confiscati  alla  criminalita'
organizzata esistenti sul territorio regionale, accessibile a  tutti;
nella  banca  dati   devono   essere   individuati,   attraverso   la
georeferenziazione,  tutti  i  beni  ed   evidenziate,   oltre   alle
generalita'  del  soggetto  destinatario  della  confisca,  anche  la
natura, l'estensione, il valore, la destinazione  d'uso  dei  singoli
beni. In caso di concessione  del  bene  a  terzi,  indipendentemente
dalla finalita' perseguita, nella banca dati devono  essere  inseriti
anche i dati identificativi del terzo concessionario, la  descrizione
della tipologia dell'attivita' svolta sul bene, gli estremi dell'atto
di concessione, la durata e la data di scadenza». 
    4.1.- L'Avvocatura generale ritiene che tali attivita'  siano  da
ricomprendere nell'ambito della  politica  criminale  sottratta  alla
competenza del  legislatore  regionale.  Il  fatto  che  le  funzioni
dell'ente siano enunciate  nel  comma  1  in  termini  cosi'  ampi  e
generici non eviterebbe, «anzi essenzialmente  determina»,  il  vizio
d'illegittimita' derivante dalla, anche  solo  potenziale,  invasione
delle competenze ex art. 117, secondo comma,  lettera  h),  Cost.  La
difesa statale sottolinea,  peraltro,  che  la  legge  regionale  non
specifica quale sia la  natura  giuridica  della  Fondazione,  se  si
tratta di un ente pubblico o di fondazione giuridica privata.  Quanto
all'art. 6, comma 2, lettera h), il ricorrente sostiene  che  non  vi
sia dubbio che la proposta di azioni idonee  al  rafforzamento  della
prevenzione del crimine  organizzato  invada  in  modo  immediato  le
competenze riservate allo Stato ex art. 117, secondo  comma,  lettera
h), Cost. 
    Quanto all'art. 6, comma 2,  lettera  k),  l'Avvocatura  generale
afferma che la predisposizione di una banca dati dei beni  confiscati
alla criminalita' organizzata  esistenti  sul  territorio  regionale,
accessibile a tutti, sovrapponendosi alla struttura  operante  presso
l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei  beni
confiscati alle mafie (ANBSC),  rappresenterebbe  una  violazione  di
particolare rilievo «in quanto e' pacifico che la  prevenzione  della
criminalita' organizzata compete allo Stato ex art. 117  c.  2  lett.
h), ed e' stata disciplinata, essenzialmente,  dal  codice  antimafia
(d.lgs. 159/2011)». Precisa, inoltre, che il  decreto  legislativo  6
settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e  delle  misure
di  prevenzione,   nonche'   nuove   disposizioni   in   materia   di
documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13
agosto 2010, n. 136) ha imposto l'adozione di un sistema  informativo
funzionale al raccordo tra i soggetti che partecipano alla gestione e
destinazione dei beni  sottoposti  a  confisca.  Cosi',  dapprima  il
d.P.R. 15 dicembre 2011, n. 233 (Regolamento  recante  la  disciplina
sui  flussi  informativi  necessari  per  l'esercizio   dei   compiti
attribuiti  all'Agenzia  nazionale   per   l'amministrazione   e   la
destinazione dei beni  sequestrati  e  confiscati  alla  criminalita'
organizzata,  nonche'  delle  modalita'   delle   comunicazioni,   da
effettuarsi  per  via  telematica,  tra   l'Agenzia   nazionale   per
l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalita' organizzata  e  l'autorita'  giudiziaria,  a  norma
dell'articolo 113, comma 1, lettera  c,  del  decreto  legislativo  6
settembre 2011, n. 159) ha attuato le previsioni del citato d.lgs. n.
159  del  2011  disciplinando  i  flussi  informativi  necessari  per
l'esercizio dei  compiti  dell'ANBSC;  poi  l'Agenzia  si  e'  dotata
materialmente, nel 2013, della banca dati  "ReGIO",  connessa  con  i
sistemi informativi del Ministero della giustizia. La piattaforma  e'
stata nel tempo arricchita, divenendo "OpenReGIO" e acquisendo  nuove
funzionalita'. In linea con il principio dell'amministrazione aperta,
anche l'ANBSC sta operando  per  la  pubblicazione  "open  data"  del
proprio patrimonio informativo  ostensibile.  L'Avvocatura  sostiene,
allora, la «evidente  sovrapposizione  della  ipotizzata  banca  dati
regionale  a  quanto  le  norme  statali  e  l'azione  amministrativa
dell'ANBSC prevedono e attuano», poiche'  «la  banca  dati  dei  beni
confiscati costituisce uno strumento indispensabile per  l'efficiente
e, in particolare, unitario  svolgimento  dei  compiti  dell'ANBSC  e
degli   altri   soggetti   istituzionali   (autorita'    giudiziaria,
prefetture, enti locali) preposti ad applicare il codice  antimafia».
Inoltre, tornando sull'impossibilita' di ricostruire con certezza  la
natura  giuridica  della  Fondazione  in  esame,  la  difesa  statale
aggiunge che non e' immaginabile  che  l'individuazione,  gestione  e
destinazione dei beni  confiscati  alle  mafie  siano  condivise  con
privati. 
    La violazione del riparto di  competenze  in  materia  di  ordine
pubblico e sicurezza sarebbe, infine, di tutta evidenza, sostiene  la
difesa erariale, nella prevista menzione,  nella  banca  dati,  delle
«generalita' del  soggetto  destinatario  della  confisca».  Oltre  a
violare l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. sotto il profilo
della  sovrapposizione  alle  funzioni  degli  enti  locali  previste
dall'art. 48, comma 3, lettera  c),  del  d.lgs.  n.  159  del  2011,
secondo cui gli enti  territoriali  destinatari  di  beni  confiscati
debbono rendere pubblico un elenco  recante  i  dati  concernenti  la
consistenza,  la  destinazione  e  l'utilizzazione   dei   beni,   la
disposizione censurata confliggerebbe anche con l'art.  117,  secondo
comma, lettera l),  Cost.  «nella  parte  in  cui,  attribuendo  alla
legislazione statale esclusiva la disciplina dell'ordinamento civile,
attribuisce a tale competenza esclusiva la  disciplina  sulla  tutela
dei dati personali». «La pubblicazione  accessibile  a  tutti,  nella
ipotizzata banca  dati  regionale,  delle  generalita'  del  soggetto
destinatario  della  confisca,  incide  infatti,  palesemente,  sulla
tutela di dati personali (per giunta,  di  natura  "sensibile"),  dei
quali viene prevista la indiscriminata  divulgazione»,  conclude  sul
punto la difesa dello Stato. 
    5.- Con  successiva  censura,  s'impugna  l'art.  7  della  legge
regionale pugliese, che istituisce l'"Osservatorio legalita'" in seno
alla Fondazione di cui al precedente art. 6. Il testo stabilisce  che
«1. La Fondazione di cui all'articolo 6 istituisce,  quale  struttura
interna, l'Osservatorio legalita'. 2. L'Osservatorio e'  composto  da
sette componenti: a) cinque componenti, di cui due in  rappresentanza
delle minoranze consiliari, nominati dal Consiglio regionale;  b)  un
componente designato dal direttore dell'Ufficio scolastico regionale,
in rappresentanza delle istituzioni  scolastiche;  c)  un  componente
designato dall'assessore regionale competente, in rappresentanza  del
mondo delle associazioni che svolgono attivita'  di  educazione  alla
legalita'  e   contrasto   alla   criminalita'.   3.   I   componenti
dell'Osservatorio devono essere soggetti di  riconosciuta  esperienza
nel campo del contrasto  dei  fenomeni  di  stampo  mafioso  e  della
criminalita'  organizzata  sul  territorio  pugliese  nonche'   della
promozione  della  legalita'  e  della   trasparenza   e   assicurare
indipendenza  di   giudizio   e   azione   rispetto   alla   pubblica
amministrazione e alle  organizzazioni  politiche.  Non  possono  far
parte dell'Osservatorio e, se gia' nominati decadono, coloro i  quali
siano stati condannati, anche con  sentenza  non  definitiva,  per  i
reati previsti nei titoli II e  III  del  libro  secondo  del  codice
penale. 4. L'Osservatorio  e'  organismo  consultivo  in  materia  di
contrasto e di prevenzione dei fenomeni di criminalita' organizzata e
di  stampo  mafioso,  nonche'  di  promozione  della  cultura   della
legalita', a  supporto  della  Giunta  regionale,  della  commissione
consiliare competente, nonche' degli altri organismi  consiliari.  5.
L'Osservatorio redige una relazione annuale sull'attivita' svolta  da
inviare al Presidente della Regione e  al  Presidente  del  Consiglio
regionale. L'Osservatorio inoltre predispone  documentazione,  aperta
alla fruizione  dei  cittadini,  sui  fenomeni  connessi  al  crimine
organizzato  e  mafioso,  con  specifico   riguardo   al   territorio
regionale, al fine di favorire iniziative di carattere culturale, per
la raccolta di materiali e per la diffusione di conoscenze in materia
mediante apposita pubblicazione sui siti internet della Regione e del
Consiglio regionale. 6. L'incarico di componente dell'Osservatorio e'
svolto a titolo gratuito». 
    5.1.- La difesa statale sostiene che  tale  articolo  violi,  sia
l'art. 117, secondo comma, lettera h), poiche' l'organismo consultivo
in  materia  di  contrasto  e  di  prevenzione   della   criminalita'
organizzata  puo'  sovrapporsi  agli   organismi   statali   preposti
all'ordine e alla sicurezza pubblica, sia l'art. 117, secondo  comma,
lettera g), Cost., che  riserva  alla  competenza  esclusiva  statale
l'organizzazione degli organi dello Stato: esso prevede, infatti,  la
partecipazione  all'Osservatorio  di  un  componente  designato   dal
direttore dell'Ufficio scolastico regionale. Per quanto  concerne  il
primo profilo, secondo l'Avvocatura  generale,  «la  genericita'  del
riferimento ad ogni possibile azione di contrasto  e  di  prevenzione
dimostra il carattere invasivo della previsione  qui  impugnata,  che
potrebbe essere ricondotta  a  legittimita'  costituzionale  solo  se
specificasse in modo chiaro e tassativo (il che non fa) gli ambiti in
cui  la  Giunta  e  il  Consiglio,  e  i  loro  eventuali  organi  di
consulenza, possono intervenire»;  per  quanto  riguarda  il  secondo
profilo,    la    violazione    della    Costituzione     deriverebbe
dall'imposizione, da parte della legge  regionale  «unilateralmente»,
di «un obbligo di partecipazione ad  un  organismo  regionale  ad  un
organo statale quale l'Ufficio scolastico regionale». 
    6.-  La  difesa  statale   paventa   pure   l'incostituzionalita'
dell'art. 9, commi 1 e 2, lettere d) ed e), della legge  reg.  Puglia
n. 14 del 2019 per contrasto con l'art. 117, secondo  comma,  lettera
h), Cost. Al comma 1 e' previsto che «[l]a Regione  Puglia  valorizza
il ruolo degli enti locali nel perseguimento  degli  obiettivi  della
presente legge e  adotta  specifiche  iniziative  per  valorizzare  e
diffondere le  migliori  politiche  locali  per  la  trasparenza,  la
legalita' e il contrasto al crimine organizzato e  mafioso».  Ancora,
secondo  l'Avvocatura,  «la  previsione   che   la   Regione   adotti
"specifiche  iniziative"  volte  ad  attuare  politiche   locali   di
contrasto al crimine organizzato e mafioso implica [...], per il  suo
carattere aperto e indeterminato, per lo meno la possibilita' (si  e'
visto in premessa che e' sufficiente una interferenza anche meramente
potenziale con le competenze statali) che la Regione adotti misure di
carattere immediatamente organizzativo o operativo [...]. Il che, con
ogni evidenza, impinge nella competenza statale esclusiva in materia,
e crea  il  pericolo,  nella  delicata  materia,  di  interferenze  e
contrasti tra Stato e Regione». Quanto all'art. 9, comma  2,  lettera
d), l'Avvocatura generale dello Stato sostiene  che  esso  invada  la
competenza statale in materia di ordine pubblico  e  sicurezza  nella
parte in cui prevede azioni della Regione  nel  campo  dell'ulteriore
uso sociale dei beni confiscati  alla  criminalita'  organizzata.  Il
d.lgs. n.  159  del  2011  gia'  contiene,  infatti,  una  esauriente
disciplina della gestione e destinazione  dei  beni  confiscati  alle
mafie, essendo percio' «evidente come manchi qualsiasi spazio per  un
intervento legislativo e  amministrativo  regionale».  A  sua  volta,
l'art. 9, comma 2, lettera e), che si  riferisce  all'«attuazione  di
iniziative di contrasto al  gioco  d'azzardo  e  alla  proliferazione
delle sale da gioco in  aree  sensibili  delle  citta'»,  invaderebbe
secondo  il  ricorrente  «un  campo  interamente   e   analiticamente
disciplinato  dalla  legge  statale,  sempre  in   attuazione   della
competenza esclusiva ex art. 117 c. 2 lett.  h),  attesa  la  stretta
correlazione intercorrente tra la disciplina del gioco d'azzardo e la
prevenzione e repressione della criminalita' organizzata». 
    6.1.- Il ricorso ripercorre la disciplina statale in  materia  di
contrasto al gioco d'azzardo. Movendo dal  regio  decreto  18  giugno
1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica  sicurezza),  passa
in rassegna gli interventi di cui alla legge  23  dicembre  2005,  n.
266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato  (legge  finanziaria  2006)»,  alla  legge  7
luglio 2009,  n.  88  (Disposizioni  per  l'adempimento  di  obblighi
derivanti dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee  -
Legge comunitaria), alla legge 13  dicembre  2010,  n.  220,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2011)», al  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, sino a  una
piu' analitica disamina delle prescrizioni recate  dal  decreto-legge
13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni  urgenti  per  promuovere  lo
sviluppo del Paese mediante un piu'  alto  livello  di  tutela  della
salute), convertito in legge 8  novembre  2012,  n.  189,  cosiddetto
decreto Balduzzi, per concludere, sul punto, ricordando i  successivi
interventi di cui alla  legge  28  dicembre  2015,  n.  208,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)»  e  l'Intesa  concernente  le
caratteristiche dei punti di raccolta del gioco  pubblico,  raggiunta
il 7 settembre 2017 in Conferenza  Unificata  Stato-Autonomie  locali
sulle Linee guida sulle caratteristiche  dei  punti  vendita  ove  si
svolge il gioco pubblico e la loro ricollocazione  territoriale.  «E'
quindi evidente», sostiene la difesa statale, «come  la  materia  del
gioco d'azzardo,  dal  punto  di  vista  della  sua  connessione  con
l'ordine e la sicurezza  pubblica,  sia  interamente  disciplinata  a
livello  statale,  e  come  le  forme  di  coordinamento   gli   enti
territoriali  si  debbano  concordare  nella   Conferenza   unificata
Stato-autonomie  locali».  «Cio'  esclude   ogni   spazio   per   una
legislazione   regionale».   Precisa,   inoltre,   che    la    Corte
costituzionale ha ammesso interventi  legislativi  delle  Regioni  in
materia di gioco  d'azzardo  soltanto  sulla  base  della  competenza
legislativa regionale in materia sanitaria, quindi  nel  circoscritto
ambito della prevenzione e cura delle ludopatie, intese come fenomeni
patologici, ambito al quale l'intervento regionale in  esame  sarebbe
invece del tutto estraneo (e' richiamata la sentenza di questa  Corte
n. l08 del 2017, relativa alla legge regionale pugliese  13  dicembre
2013, n. 43). 
    7.- E' successivamente impugnato l'art. 10, commi 1  e  2,  della
stessa legge regionale perche' ritenuto contrastante con l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  h),  Cost.,  segnatamente  per  «la  totale
sovrapposizione di queste previsioni con quelle recate  dall'art.  48
del codice antimafia». Le disposizioni impugnate  prevedono:  «1.  La
Regione Puglia promuove interventi per la valorizzazione e  il  riuso
dei beni  immobili  e  delle  aziende  confiscate  alla  criminalita'
organizzata e mafiosa allo scopo di trasformare i mezzi e i  proventi
dell'economia criminale in risorse  per  la  coesione  sociale  della
comunita',  per  la  creazione  di  occupazione  e  per  lo  sviluppo
sostenibile del territorio, attraverso: a)  attivita'  di  assistenza
tecnica agli enti locali  assegnatari  di  tali  beni  e  sostegno  a
progetti per il recupero e il riuso sociale dei beni e delle  aziende
confiscate; b) iniziative per la  raccolta,  la  catalogazione  e  la
diffusione   delle   informazioni   relative   ai   beni   confiscati
immediatamente disponibili per progetti di riuso sociale;  c)  azioni
di sensibilizzazione degli enti locali territoriali  per  incentivare
il riuso sociale dei beni confiscati  iscritti  nel  loro  patrimonio
anche attraverso la concessione a organizzazioni  del  terzo  settore
con bando di evidenza pubblica; promozione  di  interventi  formativi
sul  tema  del  riuso  sociale  dei  beni  confiscati,  destinati  ad
amministratori  e  dipendenti   pubblici,   operatori   e   aspiranti
imprenditori sociali; d) promozione di eventi  e  iniziative  per  il
coordinamento e la  messa  in  rete  di  enti  locali,  associazioni,
imprese sociali e altri attori protagonisti di  esperienze  di  riuso
sociale di beni confiscati; e) sostegno a progetti per  il  recupero,
la rifunzionalizzazione e il riuso sociale dei beni confiscati capaci
di  generare  occasioni  di  crescita  economica  e  sociale  in  una
prospettiva  di  auto  sostenibilita'  nel  tempo,  anche  attraverso
specifiche premialita' nei  bandi  e  nelle  iniziative  regionali  a
supporto delle organizzazioni del terzo  settore;  f)  erogazione  di
contributi per la rimozione di ostacoli che impediscano il riutilizzo
a fini sociali dei beni confiscati; g) azioni di coinvolgimento della
comunita' locale, delle organizzazioni di categoria  e  degli  attori
sociali pubblici e privati in azioni di accompagnamento e  tutoraggio
dei progetti di riuso. 2. La Regione puo' riconoscere una premialita'
a quei progetti le cui attivita' prevedono il riutilizzo sociale  dei
beni immobili e il miglior riutilizzo delle  aziende  confiscate,  in
particolare  di  quelle  agricole,   confiscati   alla   criminalita'
organizzata e mafiosa. A tale scopo,  nel  rispetto  della  normativa
vigente, la Regione promuove  la  stipula  di  intese  e  accordi  di
collaborazione con gli organi dello  Stato,  altri  enti  pubblici  e
privati, nonche'  associazioni  e  soggetti  che  gestiscono  i  beni
confiscati,  allo  scopo  di  coordinare  e  promuovere  il  migliore
utilizzo di beni e aziende confiscate alla criminalita'». 
    8.- Oggetto d'impugnazione e' poi  l'art.  13  della  legge  reg.
Puglia n. 14 del 2019, per contrasto con  l'art.  117,  terzo  comma,
Cost. L'Avvocatura generale sostiene che la Regione eserciti in  modo
illegittimo la sua competenza in materia sanitaria,  circostanza  che
ricadrebbe negativamente sul principio del contenimento  della  spesa
sanitaria e violerebbe le  regole  sul  coordinamento  della  finanza
pubblica. Prevedendo,  infatti,  al  comma  1  che  «[a]gli  invalidi
vittime della mafia, della criminalita' organizzata, del  terrorismo,
del dovere, individuati nei modi di cui alla L. 302/1990  e  ai  loro
familiari  conviventi  e'  riconosciuto  il  diritto   all'assistenza
psicologia  e/o  psichiatrica  a  carico  della  Regione  Puglia,  da
esercitarsi presso le strutture sanitarie pubbliche o  convenzionate»
e che, al  comma  2,  «[g]li  invalidi  vittime  della  mafia,  della
criminalita' organizzata, del terrorismo e  del  dovere,  individuati
nei modi di cui alla L. 302/1990 e i familiari, inclusi  i  familiari
dei deceduti, limitatamente al coniuge e ai figli e, in mancanza  dei
predetti, ai genitori, sono esenti dalla  partecipazione  alla  spesa
per ogni tipo di prestazione sanitaria fruita presso le strutture del
Servizio sanitario nazionale (SSN) o le strutture private accreditate
e farmaceutica nonche' dall'obbligo di pagare la  differenza  tra  il
prezzo  di  rimborso  dei  medicinali  generici  e  il  prezzo  delle
specialita' medicinali coperte da brevetto», la  normativa  regionale
assegnerebbe benefici non ricompresi nelle  previsioni  statali,  cui
pure si fa diretto riferimento, e  porrebbe  a  carico  del  Servizio
sanitario regionale (SSR)  prestazioni  non  ricomprese  nei  Livelli
essenziali d'assistenza (LEA). Argomenta il ricorrente che il  d.P.R.
7 luglio 2006, n. 243 (Regolamento concernente termini e modalita' di
corresponsione  delle  provvidenze  alle  vittime  del  dovere  e  ai
soggetti  equiparati,  ai  fini  della  progressiva  estensione   dei
benefici gia' previsti in favore delle vittime della  criminalita'  e
del terrorismo, a norma dell'articolo l, comma 565,  della  legge  23
dicembre 2005, n. 266), «pur ai  fini  della  progressiva  estensione
alle vittime del dovere dei benefici gia' previsti  in  favore  delle
vittime della criminalita' e del terrorismo»,  riconosce  il  diritto
all'esenzione dal pagamento del ticket per ogni tipo  di  prestazione
sanitaria e il diritto  all'assistenza  psicologica  a  carico  dello
Stato solamente alle vittime stesse e ai  loro  familiari  superstiti
(art. 4, comma l, lettera a), numero 2,  e  lettera  c),  numero  2).
Pertanto, a tenore delle vigenti disposizioni statali,  nel  caso  in
cui l'assistito (cui sia stato  riconosciuto  lo  status  di  vittima
della criminalita' e del terrorismo) non  sia  deceduto,  il  diritto
all'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria e il  diritto
all'assistenza psicologica non potrebbero essere estesi  al  relativo
coniuge o ai figli. Cosi', la legge pugliese impugnata amplierebbe la
platea dei destinatari dei  benefici.  Considerando  che  la  Regione
Puglia e' impegnata nei programmi previsti dal Piano di  rientro  dal
disavanzo sanitario, secondo  la  difesa  statale  «non  puo'  dunque
garantire livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli  previsti
dalla normativa  statale  di  riferimento,  oggi  fissati  dal  [...]
d.p.c.m. del 12 gennaio 2017, vigendo il divieto di effettuare  spese
non obbligatorie». 
    9.- Il ricorso denuncia altresi' l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 16, commi 1 e 3, della legge reg. Puglia n. 14 del 2019 per
violazione dell'art. 117, comma 2,  lettera  h),  Cost.  Il  comma  1
prevede che  «[n]ell'attuazione  delle  politiche  di  prevenzione  e
contrasto  dei  fenomeni  di  illegalita'  in   materia   di   tutela
dell'ambiente, connessi o derivanti da attivita'  criminose  di  tipo
organizzato e mafioso, la Regione promuove la conclusione di  accordi
e la stipula di convenzioni con le  autorita'  statali  operanti  sul
territorio regionale nel settore ambientale (...)». I suoi contenuti,
a   dire   dell'Avvocatura,    «potrebbero    comportare    possibili
sconfinamenti  nelle  scelte  legislative  statali   (ed   unicamente
statali) in ordine al contrasto al crimine organizzato,  ed  incidere
sull'attivita' delle Forze di Polizia»,  per  cui  «risulta  evidente
l'interferenza con l'articolo 117, secondo comma, lett.  h),  Cost.».
Segnala la difesa dello Stato  che,  peraltro,  dal  momento  che  si
tratta del contrasto ai  fenomeni  criminali  in  materia  di  tutela
dell'ambiente, il legislatore regionale  rischia  di  ingerirsi  pure
nella competenza esclusiva  statale  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. Il comma 3 dell'art. 16, prevedendo  che  si
adottera' «entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge un atto di indirizzo per rafforzare la  prevenzione  e
il contrasto della corruzione e degli altri fenomeni  di  illegalita'
nel settore sanitario», violerebbe la competenza esclusiva statale in
materia di ordine pubblico e sicurezza, poiche'  «nessuna  competenza
la Regione puo' legittimamente auto-ascriversi in termini anche  solo
di "indirizzo",  atteso  che  le  linee  programmatiche  in  subiecta
materia sono per l'appunto di esclusiva  competenza  del  legislatore
statale». 
    10.- Anche l'art. 17, comma 2, della legge reg. Puglia n. 14  del
2019 e' impugnato per motivi «consimili a quelli di cui al precedente
motivo di ricorso». La disposizione prevede  che  la  Regione  Puglia
possa  promuovere  la  stipula  di  «"Protocolli  di  legalita'"  tra
prefetture  e  amministrazioni  aggiudicatrici,  per  potenziare  gli
strumenti di prevenzione e contrasto dei fenomeni corruttivi e  delle
infiltrazioni mafiose, nella realizzazione di opere e prestazione  di
servizi, in materia urbanistica e di edilizia privata, [...] al  fine
di: a) garantire la regolarita' dei  cantieri  e  il  rispetto  della
normativa in materia di lavoro e sicurezza dei  lavoratori;  b)  dare
piena e concreta attuazione ai piani di prevenzione della  corruzione
ai sensi della legge 6 novembre 2012, n. 190 [...]; c) confrontare  e
condividere valutazioni e proposte tra  istituzioni,  associazioni  e
cittadini;  d)  diffondere  tra   la   cittadinanza   la   conoscenza
dell'esistenza di misure di sostegno nazionali e regionali in  favore
delle vittime del reato di usura  o  di  estorsione».  Il  ricorrente
ritiene che  non  puo'  aversi  potesta'  legislativa  regionale  sui
rapporti tra prefetture e amministrazioni aggiudicatrici, «atteso che
la normativa  in  materia  di  "anti  corruzione"  presenta  evidenti
connessioni con la materia dell'ordine pubblico  e  della  sicurezza,
riservata in via  esclusiva  al  legislatore  statale»:  si  richiama
l'art. l, comma 17, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni
per  la   prevenzione   e   la   repressione   della   corruzione   e
dell'illegalita' nella pubblica amministrazione),  secondo  il  quale
l'adozione dei detti  protocolli  e'  rimessa  alla  discrezionalita'
della singola stazione appaltante, che puo' inserirli all'interno dei
propri bandi di gara, avvisi o lettere d'invito. 
    11.- In conclusione, e' impugnato l'art. 20, commi 2 e  3,  della
legge reg. Puglia n. 14  del  2019,  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost. E' previsto che: «2. La Regione e  i
comuni affidano alle Aziende per la casa e per l'abitare le  funzioni
di classificazione, ripristino, assegnazione e manutenzione ordinaria
e   straordinaria   del   patrimonio   immobiliare   utilizzabile   o
riconvertibile  a  uso  abitativo  nell'ambito   di   beni   immobili
sequestrati o confiscati ai sensi del vigente codice antimafia. [...]
3. Per le finalita' e l'attuazione di quanto previsto al comma  2  la
Regione Puglia promuove la stipula  di  un  protocollo  d'intesa  con
l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei  beni
sequestrati e confiscati alla  criminalita'».  L'Avvocatura  generale
precisa che il d.lgs. n. 159 del 2011 disciplina dettagliatamente  la
gestione dei beni sequestrati e confiscati  (artt.  40  e  seguenti),
attribuendo competenze all'autorita' giudiziaria, che puo'  avvalersi
di amministratori giudiziari e  dell'ausilio  dell'Agenzia  nazionale
per l'amministrazione  e  la  destinazione  dei  beni  sequestrati  e
confiscati alla criminalita' organizzata, gia' ricordata. Per  queste
ragioni,  le  disposizioni  regionali  si  porrebbero   in   frontale
contrasto con la disciplina statale in materia di ordine  pubblico  e
sicurezza. 
    12.- La Regione Puglia, in persona del  Presidente  della  Giunta
regionale, si e'  costituita  in  giudizio  depositando  una  memoria
difensiva in data 10 luglio 2019. La difesa regionale afferma che  le
censure articolate nel ricorso  muovono  da  una  lettura  fuorviante
della legge reg. Puglia n. 14 del  2019,  poiche'  «essa  circoscrive
puntualmente  il  proprio  ambito   applicativo,   limitandolo   alla
competenza legislativa e amministrativa riservata dalla  Costituzione
alla potesta' regionale». La legge  regionale  -  si  prosegue  -  si
inserisce nell'alveo  delle  politiche  pubbliche  per  la  sicurezza
integrata, conformemente a quanto previsto dal d.l. n. 14  del  2017,
come convertito. L'intento della legge reg. Puglia  n.  14  del  2019
sarebbe,  percio',  quello  di  promuovere  iniziative  volte   «alla
diffusione  dell'educazione  alla  responsabilita'  sociale  e  della
cultura della legalita'» (art. 1),  collocandosi  cosi'  fuori  dalle
competenze statali afferenti all'ordine pubblico e alla sicurezza; e'
lo stesso disposto normativo, d'altronde, che prescrive il  «rispetto
delle competenze dello Stato e  [la]  conformita'  con  l'ordinamento
comunitario» per concorrere «allo  sviluppo  dell'ordinata  e  civile
convivenza della comunita' regionale pugliese e alla  crescita  della
coscienza democratica». Anche la relazione  di  accompagnamento  alla
legge  regionale   illustrerebbe   chiaramente   le   finalita',   di
«promozione e diffusione della cultura della  legalita'  quale  mezzo
imprescindibile per la  crescita  ed  il  benessere  sociale»,  della
normativa impugnata. 
    12.1.- Al riguardo, si rammentano affermazioni  di  questa  Corte
secondo cui, per  quanto  «un'attivita'  [sia]  connessa  a  fenomeni
criminali»  essa  puo'  tuttavia  essere  «tale   da   poter   essere
ricondott(a) a materie o funzioni di  spettanza  regionale  ovvero  a
interessi di rilievo regionale [...] (sentenza  n.  4  del  1991;  in
seguito, sentenze n. 167 del 2010 e n. 105 del 2006).  La  promozione
della legalita',  in  quanto  tesa  alla  diffusione  dei  valori  di
civilta' e pacifica convivenza su cui si regge la Repubblica, non  e'
attribuzione monopolistica» (sentenza n.  35  del  2012;  sono  anche
richiamati passaggi della sentenza n.  208  del  2018).  Si  segnala,
inoltre,   che   secondo   la   Corte   costituzionale    «ai    fini
dell'individuazione  della  materia  in  cui  si  colloca  la   norma
impugnata, si deve tener conto  dell'oggetto,  della  ratio  e  della
finalita' della stessa, tralasciando  gli  aspetti  marginali  e  gli
effetti riflessi, cosi' da identificare correttamente e compiutamente
anche l'interesse tutelato» (e' citata la sentenza n. 116 del 2019  e
i precedenti  ivi  menzionati).  Le  misure  adottate  dalla  Regione
Puglia, insomma, «non costituiscono strumenti di politica  criminale,
ne', in ogni caso, generano interferenze, anche  potenziali,  con  la
disciplina statale  di  prevenzione  e  repressione  dei  reati».  La
Regione  pone  anche  in  evidenza  che  le  disposizioni   censurate
ricalcano in gran parte norme contenute  nella  legge  della  Regione
Puglia  23  marzo  2015,  n.  12  (Promozione  della  cultura   della
legalita',  della  memoria  e  dell'impegno),  abrogata  dalla  legge
regionale impugnata: quelle norme non erano, pero',  state  impugnate
dallo Stato, di la' da alcuni commi degli artt. 7 e 8, in riferimento
ai quali questa Corte si e' pronunciata nel  senso  dell'accoglimento
con sentenza n. 175 del 2016. 
    13.- Quanto alle censure mosse nei confronti dell'art.  1,  comma
2, e 2, comma 1, della legge reg. Puglia n. 14 del  2019,  la  difesa
regionale afferma  che  esse  sarebbero  «inammissibili»  perche'  le
disposizioni sono prive di forza precettiva, di capacita'  innovativa
e,  dunque,  non  avrebbero  la  capacita'  di  ledere  la  sfera  di
competenza  statale,  essendo  norme   a   carattere   essenzialmente
programmatico. Sarebbero, poi, «infondate», perche'  basta  una  loro
diversa  interpretazione  per   considerarle   compatibili   con   la
Costituzione. Entrambi i commi impugnati, infatti, dovrebbero  essere
letti congiuntamente al primo  comma  dell'art.  1,  che  delinea  le
finalita'  della  normativa  regionale  de  qua,  cioe'   quelle   di
promuovere interventi  volti  alla  diffusione  dell'educazione  alla
responsabilita' sociale e della cultura della  legalita'.  Dopo  aver
evocato, a sostegno dei propri argomenti, le sentenze di questa Corte
n. 35 del 2012, n. 290 del 2011, n. 208 del 2018 e n. 105  del  2006,
la difesa  regionale  richiama  in  particolare  un  passaggio  della
sentenza n. 116 del 2019 in cui questa Corte ha  rigettato  questioni
di costituzionalita' fondate  sulla  formulazione  "generica  e  poco
chiara", "atta a  ricomprendere  non  solo  interventi  di  carattere
social-preventivo, ma anche quelli strettamente  inerenti  all'ordine
pubblico  e  alla  sicurezza"  delle  norme  volte  a   prevenire   e
contrastare i fenomeni del bullismo e cyberbullismo. 
    14.-  Quanto  all'eccepita  illegittimita'  costituzionale  degli
artt. 4 e 5, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera h),
Cost., la difesa regionale sostiene che  le  censure  presentino  gli
«stessi vizi di inammissibilita' ed infondatezza dianzi  illustrati».
«Non e' perspicuo dove risieda la lesivita'»,  prosegue  la  Regione,
«anche  potenziale,  delle  stesse  in  relazione   alla   competenza
esclusiva  statale,  non  comprendendosi  come  gli  strumenti  della
concertazione e dell'adozione di  un  piano  regionale  integrato  di
contrasto alla criminalita' organizzata, dichiaratamente  finalizzati
a favorire la  diffusione  della  cultura  della  legalita',  possano
interferire con  le  azioni  di  politica  criminale  riservate  alla
legislazione statale».  Questi  vizi  «d'inammissibilita'»  sarebbero
«rafforzati» dalla evidente genericita' della motivazione:  la  Corte
costituzionale  ha  piu'  volte  chiarito  che  il  ricorso  in   via
principale deve contenere una argomentazione  di  merito  a  sostegno
della  richiesta  declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale
(sentenza n. 109 del 2018). In  ogni  caso,  le  questioni  sarebbero
infondate, perche' «la previsione della  partecipazione  e'  coerente
con gli obiettivi fissati al co. 2 dell'art. 4 della L.R. 28/2017»  e
gli strumenti previsti concorrono  semplicemente  alla  promozione  e
diffusione della cultura della legalita'. 
    15.- Sull'impugnazione dell'art. 6, commi 1 e 2, lettere h) e k),
per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettere h) e l),  Cost.,
la  difesa  regionale  afferma  che  la  norma  che   istituisce   la
«Fondazione  antimafia   sociale»   dedicata   a   Stefano   Fumarulo
attribuisce solamente compiti di studio e  ricerca  sui  fenomeni  di
criminalita'   mafiosa   e   corruttiva.   La    Regione    eccepisce
l'inammissibilita' dell'impugnativa riferita  all'art.  6,  comma  2,
lettera h), della legge reg. Puglia n. 14 del 2019, sulla base  della
non inclusione  della  stessa  nella  delibera  di  autorizzazione  a
ricorrere. In ogni caso - si prosegue -  la  doglianza  e'  infondata
anche in merito, poiche' le competenze attribuite alla Fondazione non
riguardano interventi di politica criminale: la Fondazione,  infatti,
si limita a formulare proposte. Proprio in considerazione  del  fatto
che, con sentenza  di  questa  Corte  n.  325  del  2011,  era  stata
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  di  un'Agenzia  per  la
promozione della legalita' per la sua sovrapposizione  con  l'Agenzia
nazionale  per  l'amministrazione  e   la   destinazione   dei   beni
sequestrati e confiscati alla criminalita'  organizzata,  la  Regione
disciplinerebbe oggi la  Fondazione  antimafia  sociale  conferendole
«meri compiti istruttori, consultivi o di studio e ricerca». 
    15.1.- Quanto all'ulteriore censura, secondo la  Regione  Puglia,
la banca dati dei beni confiscati alle mafie esistenti sul territorio
regionale, accessibile a tutti, di cui  la  norma  impugnata  prevede
l'istituzione, non rischierebbe di  sovrapporsi  con  la  banca  dati
gestita dall'Agenzia nazionale. La  norma  impugnata,  al  contrario,
sarebbe coerente con l'art. 112  del  d.lgs.  n.  159  del  2011  che
stabilisce che l'ANBSC possa sottoscrivere convenzioni  o  protocolli
con  pubbliche  amministrazioni,   Regioni,   enti   locali,   ordini
professionali, enti e associazioni  per  le  finalita'  indicate  dal
Codice  stesso.  D'altronde,  esisterebbero  normative  regionali  di
contenuto simile: si richiama la legge della Regione Lombardia n.  23
del 2015 secondo cui «La Regione [...] promuove la sottoscrizione  di
protocolli  d'intesa  e  convenzioni  con  l'Agenzia  nazionale   per
l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalita' organizzata». La difesa pugliese insiste sul  fatto
che la Fondazione non predisporrebbe tale banca dati in via autonoma,
bensi' «previa intesa con l'Agenzia nazionale»;  menziona  un  parere
reso dal  Garante  per  la  protezione  dei  dati  personali  che  si
esprimeva sul trattamento dei dati da  parte  dell'ANBSC,  sostenendo
che, se per l'Agenzia nazionale «il trattamento dei  dati  personali,
anche "particolari" come quelli  evidenziati,  appare  supportato  da
un'adeguata base giuridica», allora pure l'attivita' della Fondazione
sarebbe lecita alla stessa stregua. 
    16.- Per quanto concerne l'impugnazione dell'art.  7,  la  difesa
della Regione Puglia, in via preliminare, rileva che il contrasto con
l'art. 117, secondo comma, lettera  g),  Cost.  non  veniva  indicato
nella relazione sulla delibera che  autorizzava  al  ricorso  e  che,
dunque, la censura e' inammissibile. Questa  sarebbe,  a  ogni  modo,
pure infondata: la  disposizione  che  prevede  che  all'Osservatorio
partecipi un membro designato dal direttore  dell'Ufficio  scolastico
regionale non violerebbe la  competenza  statale  sull'organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali,  poiche',
trattando della mera designazione di un membro, essa non puo'  essere
paragonata alla  fattispecie  gia'  censurata  da  questa  Corte  con
sentenza  n.  134  del  2004  per  aver  previsto  la  partecipazione
obbligatoria di prefetti e magistrati al "Comitato d'indirizzo" di un
Osservatorio operante presso la Presidenza della Giunta della Regione
Marche. Peraltro, il d.P.R. 11 agosto 2013, n.  319  (Regolamento  di
organizzazione  del  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e
della ricerca), all'art. 8, prevede che, tra i compiti del  direttore
dell'Ufficio scolastico regionale, vi sia quello di  collaborare  con
Comuni, Province e Regioni per il miglior esercizio  possibile  delle
sue  funzioni.  Il  contrasto  tra  l'art.  7  della  legge  pugliese
impugnata e l'art. 117, secondo comma, lettera  h),  Cost.,  inoltre,
non sussisterebbe, poiche'  e'  previsto  che  l'Osservatorio  svolga
solamente compiti di carattere consultivo, conoscitivo e  di  studio,
rientranti percio' nelle competenze regionali. 
    17.- Sull'asserita illegittimita'  dell'art.  9,  commi  1  e  2,
lettere d) ed e), della legge reg. impugnata per contrasto con l'art.
117, secondo comma, lettera h), Cost., la difesa regionale rileva che
le censure sono formulate in modo generico e incorrono, dunque, in un
vizio d'inammissibilita'. Sarebbero, peraltro, infondate nel  merito,
poiche' tutti gli interventi individuati al comma 2 dell'art. 9  sono
finalizzati a «valorizzare le migliori iniziative attuate dagli  enti
locali», anche in riferimento  all'ulteriore  uso  sociale  dei  beni
confiscati alle mafie e  al  contrasto  al  gioco  d'azzardo  e  alla
proliferazione  delle  sale  da  gioco.  Le  disposizioni  impugnate,
dunque, non potrebbero fondare interventi in tema di ordine pubblico,
sicurezza o politica criminale perche' si limiterebbero  a  prevedere
la raccolta  e  la  valorizzazione  di  interventi  gia'  attuati  in
precedenza. 
    18.- Quanto all'impugnazione dell'art. 10, commi  1  e  2,  della
legge reg. Puglia n. 14 del 2019, la  Regione  chiede  di  dichiarare
l'inammissibilita' della questione relativa al comma 1, perche'  esso
non risulta quale oggetto d'impugnazione nella  delibera  governativa
che autorizzava il ricorso. Comunque sia, sostiene che la censura sia
complessivamente non fondata, dato che alla  Regione  si  attribuisce
«un  ruolo  di  mero  supporto  nei  confronti  degli   enti   locali
nell'esercizio  delle  competenze  agli   stessi   attribuite   dalla
normativa nazionale. Pertanto, non  sussiste  alcuna  sovrapposizione
rispetto all'art. 48  del  Codice  Antimafia».  La  Regione  intende,
infatti, agire per la sensibilizzazione e  l'incentivo  all'ulteriore
uso dei beni confiscati alle mafie e per il sostegno di progetti  che
lo favoriscono. 
    19.- Sulla denunciata illegittimita' costituzionale dell'art.  13
della legge reg. Puglia n. 14 del 2019 per violazione dell'art.  117,
terzo comma, Cost., la difesa regionale afferma che la  questione  e'
infondata. Rispetto alla legge n. 206 del 2004, cui il ricorso faceva
riferimento, che stabilisce che «alle vittime di atti di terrorismo e
delle stragi di tale  matrice  e  ai  loro  familiari  e'  assicurata
assistenza  psicologica  a   carico   dello   Stato»,   infatti,   la
disposizione  regionale  impugnata,  riferendosi  ai  soli  familiari
conviventi, in realta' restringerebbe la platea degli aventi diritto,
anzi che ampliarla, come sostiene l'Avvocatura. La  difesa  regionale
rileva, inoltre, che la copertura finanziaria delle  prestazioni  non
e' posta a carico del Servizio sanitario  regionale  (art.  28  della
legge regionale impugnata): sino al 2020, sono state  gia'  stanziate
risorse per gli osservatori regionali sulla legalita', che fanno capo
a uno specifico capitolo di spesa per la "Politica regionale unitaria
per l'ordine  pubblico  e  la  sicurezza";  poi,  si  contera'  sulle
autorizzazioni  di  spesa  annualmente  disposte   dalla   legge   di
approvazione del bilancio, fuori dal capitolo "Tutela  della  salute"
al quale sono iscritte le  spese  per  i  LEA  e  per  ripianare  gli
squilibri di bilancio. In questo modo, la legge reg. Puglia n. 14 del
2019 rispetterebbe il divieto di previsione di spese non obbligatorie
in materia sanitaria, imposto dall'esecuzione del Piano di rientro. 
    20.- Per quanto attiene all'impugnazione dell'art. 16, commi 1  e
3, della legge reg. n. 14 del 2019, per  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost.,  la  difesa  della  Regione  deduce
l'inammissibilita' delle doglianze  per  mancanza  di  motivazione  a
supporto delle censure: il ricorrente «non illustra  puntualmente  in
qual  modo  la  stipula  di  accordi  e  convenzioni  possa  incidere
nell'ambito delle  misure  di  politica  criminale».  Sostiene,  poi,
l'infondatezza delle medesime doglianze,  poiche'  la  promozione  di
accordi  e  convenzioni  con  le  autorita'  statali   operanti   nel
territorio  regionale  risponde  a   esigenze   di   "amministrazione
collaborativa", ma  non  potrebbe  comportare  l'adozione  di  misure
repressive nella lotta all'illegalita'. Ricorda,  inoltre,  che  sono
vigenti disposizioni normative di altre Regioni che  hanno  contenuti
analoghi a quelli  oggi  censurati,  quali  la  legge  della  Regione
Piemonte  18  giugno  2007,  n.  14  (Interventi  in   favore   della
prevenzione  della  criminalita'  e   istituzione   della   "Giornata
regionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle
mafie") e la legge della Regione Lombardia  24  giugno  2015,  n.  17
(Interventi  regionali  per  la  prevenzione  e  il  contrasto  della
criminalita' organizzata e per  la  promozione  della  cultura  della
legalita'). 
    21.-  La  difesa  regionale,  in   riferimento   alla   questione
sull'incostituzionalita' dell'art. 17, comma 2, della legge  pugliese
per violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  h),  Cost.,
afferma che si  tratta  di  doglianze  "inammissibili  ed  infondate"
poiche'  «non  si  spiega  come  la  previsione  di  un'attivita'  di
promozione» dello strumento dei "Protocolli  per  la  legalita'"  tra
prefetture e amministrazioni  aggiudicatrici  «possa  comportare  una
compressione dell'art. 1 co. 17 L. 190/2012». 
    22.- Infine, per quanto  concerne  l'impugnazione  dell'art.  20,
commi 2 e 3, della legge regionale impugnata per contrasto con l'art.
117, secondo comma, lettera h), Cost., la difesa  pugliese  chiarisce
che la Regione intenderebbe  operare  congiuntamente  all'ANBSC,  non
certo "scavalcandone" le  competenze  e  prerogative,  promovendo  la
stipula di un  protocollo  di  intesa  che  consenta  di  attuare  le
finalita' di cui al  comma  2  impugnato.  Precisa  inoltre  che  «il
richiamo alla sent. n. 34/2012 non e' pertinente, in quanto  in  tale
fattispecie veniva da Codesta Ecc.ma Corte censurata la previsione di
compiti conferiti ad un'Agenzia regionale ritenuti  sovrapponibili  a
quelli dell'Agenzia nazionale  dei  beni  confiscati.  Nel  caso  che
occupa, viceversa, la Regione Puglia  (e  non  un'Agenzia  regionale)
orienterebbe la propria azione nell'ambito di un protocollo di intesa
con l'Agenzia nazionale». 
    23.- In riferimento all'intero ricorso, la Regione Puglia  rileva
che sussiste un vizio di inammissibilita' per mancato esperimento del
tentativo d'interpretazione conforme a Costituzione:  come  affermato
nella sentenza di questa Corte n. 153 del 2015 e in molti precedenti,
non si puo' dichiarare l'incostituzionalita'  perche'  si  puo'  dare
un'interpretazione contraria alla Costituzione,  ma  perche'  non  e'
possibile dare un'interpretazione conforme  a  Costituzione.  Chiede,
cosi', conclusivamente, la  dichiarazione  di  «inammissibilita'  e/o
infondatezza»  delle   questioni   di   legittimita'   costituzionale
sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    24.- La difesa della Regione Puglia  ha  depositato  una  memoria
difensiva in data 11 febbraio 2020, con cui  ribadisce  le  deduzioni
difensive articolate  nella  memoria  di  costituzione,  con  qualche
integrazione essenzialmente riconducibile  al  richiamo,  a  sostegno
delle proprie ragioni, di alcuni passaggi della sentenza n.  285  del
2019 di questa Corte. Dopo aver ripercorso  novamente  i  motivi  del
ricorso e aver ribadito che la legge  reg.  Puglia  n.  14  del  2019
promuove misure per la sicurezza integrata in conformita' alla  legge
n. 48 del 2017 e all'accordo raggiunto in Conferenza unificata del 24
gennaio 2018 (Accordo finalizzato  alla  determinazione  delle  linee
generali delle politiche pubbliche per la promozione della  sicurezza
integrata), infatti, riprende ampi passaggi della sentenza di  questa
Corte n.  285  del  2019,  ponendo  in  evidenza  in  particolare  le
affermazioni secondo cui «le Regioni e le Province  autonome  possono
altresi' sostenere, nell'ambito delle proprie competenze e  funzioni,
iniziative e progetti volti ad attuare interventi di promozione della
sicurezza integrata  nel  territorio  di  riferimento,  "ivi  inclusa
l'adozione di misure di sostegno  finanziario  a  favore  dei  comuni
maggiormente interessati da fenomeni di criminalita'  diffusa"  (art.
3,  comma  2).  In  tal  senso,  il   menzionato   decreto-legge   ha
disciplinato in senso ampio e trasversale le "forme di coordinamento"
previste dall'art. 118, terzo comma,  Cost.,  coinvolgendo  gli  enti
regionali non solo quali terminali delle scelte compiute dallo  Stato
in materia di ordine pubblico e sicurezza, ma anche come portatori di
interessi che, ancorche' non direttamente afferenti alla  materia  di
cui  all'art.  117,  secondo   comma,   lettera   h),   Cost.,   sono
teleologicamente connessi  alla  competenza  esclusiva  statale».  Si
tratterebbe insomma di una «rinnovata  declinazione  legislativa  del
concetto di sicurezza, la quale consente l'intervento delle autonomie
regionali purche' queste si muovano nell'ambito delle competenze  che
l'art.  117,  terzo  e  quarto  comma,  Cost.  assegna  loro  in  via
concorrente o residuale». 
    24.1.-  Con  specifico  riferimento  alle  censure  promosse  nei
confronti degli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 14  del  2019,
la difesa regionale ricorda che la citata sentenza n. 285 del 2019 ha
affermato, per censure simili a quelle proposte nel ricorso in esame,
che, «pur scontando  una  certa  vaghezza,  le  azioni  elencate  non
possono dirsi di per se' contrarie alla  ripartizione  costituzionale
di  competenze,  posto  che,  almeno  prima  facie,  evocano   ambiti
riconosciuti alle Regioni dalla stessa disciplina  statale  contenuta
nel d.l. n. 14 del 2017,  come  specificata  dalle  menzionate  linee
generali  approvate  in  Conferenza  unificata».  In  relazione  alle
censure promosse  nei  confronti  degli  artt.  4  e  5  della  legge
regionale, la medesima decisione ha inoltre stabilito  -  precisa  la
Regione - che non puo'  dichiararsi  l'incostituzionalita'  di  norme
«prive di portata  lesiva:  non  e'  sufficiente,  infatti,  il  vago
richiamo ai "fenomeni d'illegalita'"  e  di  "criminalita'  comune  e
organizzata"  [...]  per   generare   quelle   "interferenze,   anche
potenziali", con la disciplina statale di prevenzione  e  repressione
dei reati».  
    Conclude  chiedendo,  novamente,  che  la  Corte   costituzionale
dichiari l'inammissibilita' e/o  l'infondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri. 
    25.- In data 20 maggio 2020 l'Avvocatura generale dello Stato  ha
depositato una memoria con cui replica alle  deduzioni  della  difesa
regionale. Ribadisce che il  ricorso  non  mette  in  dubbio  che  le
Regioni abbiano la  competenza  legislativa  sulla  promozione  della
cultura della legalita', ma censura la modalita' concreta con cui  la
Puglia l'ha esercitata. La gran parte delle  disposizioni  impugnate,
infatti,  avrebbe  un'ampiezza  contenutistica   tale   da   eccedere
largamente  rispetto  alla  sola  promozione  della   cultura   della
legalita'.  Cosi',  sarebbe  evidente  l'interferenza,   alle   volte
diretta, alle volte potenziale, con la  competenza  statale  ex  art.
117, secondo comma, lettera h), Cost. 
    25.1.- Reitera le considerazioni espresse  nel  ricorso  circa  i
motivi di censura degli artt. 1, comma 2, e 2, comma 1,  della  legge
reg. Puglia n. 14  del  2019,  aggiungendo  che  le  azioni  volte  a
«innalzare e sostenere l'educazione alla responsabilita' sociale e la
cultura della legalita'» sono separate,  proprio  dall'interposizione
di una virgola, dalle azioni volte alla prevenzione  e  al  contrasto
non repressivo della criminalita', e che cio' renderebbe  chiaro  che
il legislatore regionale intende portare  avanti  autonomamente,  sia
azioni di promozione della legalita', sia azioni  di  contrasto  alla
criminalita'. 
    25.2.- Segnala, inoltre, che l'impugnazione degli  artt.  4  e  5
della legge reg. Puglia n. 14 del  2019  e'  legata  a  quella  degli
articoli precedenti.  Il  programma  previsto  dall'art.  5  sarebbe,
infatti, lo  strumento  con  cui  rendere  operativi  gli  interventi
previsti dagli artt. 1 e 2; il fatto che  l'art.  3  preveda  che  la
Regione persegue le finalita' della legge, attraverso  interventi  di
prevenzione primaria, secondaria e terziaria, non varrebbe a limitare
la capacita' lesiva dell'intervento regionale. 
    25.3.-  Quanto  all'impugnazione  dell'art.  6,  innanzitutto  la
difesa dello Stato ritiene infondata  l'eccezione  d'inammissibilita'
connessa all'assenza  del  comma  1  tra  gli  oggetti  d'impugnativa
indicati nella relazione che accompagna la  delibera  governativa  di
autorizzazione a ricorrere. Se si legge la  delibera  del  20  maggio
2019 nel suo complesso - si scrive - si  comprende  che  la  volonta'
d'impugnare anche il comma 1 e'  implicita.  Infatti,  visto  che  e'
impugnato l'art. 7 (che istituisce l'Osservatorio legalita'), sarebbe
ovvio che si contesti l'esistenza e i compiti della Fondazione,  dato
che l'Osservatorio altro non e' che «la  struttura  "portante"  della
Fondazione di cui all'art. 6». Sottolinea, poi, le specificita' delle
censure rivolte all'art.  6,  comma  2,  lettera  k),  ricordando  la
sovrapposizione dello strumento previsto dal legislatore pugliese con
la banca dati gestita dall'ANBSC e  la  violazione  della  competenza
statale in materia di  ordinamento  civile,  in  specie  riguardo  la
protezione dei dati personali, illustrate in ricorso. 
    25.4.- Quanto all'impugnazione dell'art. 7 della legge  regionale
citata, l'Avvocatura generale dello  Stato  afferma  che  la  mancata
indicazione, come parametro, nella delibera autorizzativa,  dell'art.
117, secondo comma, lettera g), Cost. e' una  «omissione  formale»  e
che dal richiamo alla sentenza di  questa  Corte  n.  134  del  2004,
presente nella delibera autorizzativa, si puo' ben  desumere  che  le
disposizioni venissero censurate nella  parte  in  cui  attribuiscono
compiti a organi dello Stato. La censura sarebbe  inoltre  senz'altro
fondata,  poiche',  rendendo  obbligatoria  la  designazione  di   un
componente da parte del direttore dell'Ufficio scolastico  regionale,
si porrebbe un obbligo organizzativo in capo a tale organo statale. 
    25.5.- A proposito dell'art. 9, commi 1 e 2, lettere  d)  ed  e),
della legge reg. Puglia n. 14 del  2019,  si  afferma  che  non  puo'
condividersi l'osservazione della Regione per cui le disposizioni non
hanno capacita' innovativa, prevedendo la raccolta  di  interventi  e
azioni gia' attuati. Secondo lo Stato, infatti,  anche  stabilire  un
rating puo' invadere le  competenze  statali,  dato  che  «il  rating
regionale si traduce infatti inevitabilmente in una forma, per quanto
indiretta (del tipo "soft law", sembra di intendere), di disciplina e
di indirizzo dell'azione degli enti locali in quei campi; azione che,
invece,  pacificamente  puo'  essere   disciplinata   e   indirizzata
solamente dalla legge dello Stato». 
    25.6.-  In  riferimento  all'art.  10   della   legge   regionale
impugnata, la difesa statale, ribadendo i motivi delle censure,  pone
in evidenza altresi' che la volonta' di impugnare l'art. 10, comma 1,
e' implicita nella volonta' d'impugnare il  secondo  comma;  sarebbe,
cosi', priva di fondamento l'eccezione  d'inammissibilita'  sollevata
dalla difesa regionale basata sulla  mancata  indicazione  del  primo
comma tra gli oggetti d'impugnazione nella  delibera  governativa  di
autorizzazione al ricorso. 
    25.7.- Riguardo l'impugnazione dell'art. 13 della legge  pugliese
in esame, lo Stato afferma che il riferimento alla legge n.  206  del
2004, operato dalla difesa della Regione, non e' pertinente,  poiche'
in quella  sede  si  trattava  di  sostegno  alle  vittime  del  solo
terrorismo e non anche della criminalita'. Sottolinea, inoltre, che a
nulla rileverebbe l'imputazione contabile delle spese al fondo per la
"politica regionale unitaria per l'ordine pubblico e  la  sicurezza",
dal momento che si tratterebbe di  prestazioni  di  natura  sanitaria
ulteriori rispetto ai LEA (circostanza che  la  Regione  non  avrebbe
contestato) che la Regione Puglia non potrebbe legittimamente erogare
essendo impegnata nelle misure di rientro dal disavanzo sanitario. 
    25.8.- Infine, per quanto concerne le censure rivolte agli  artt.
16, commi 1 e 3; 17, comma 2, e 20, commi 2 e 3,  la  difesa  statale
insiste  per  l'accoglimento  delle  doglianze,   riportandosi   agli
argomenti illustrati nel ricorso. 
    26.- In data 21 maggio 2020, la difesa pugliese ha depositato  in
prossimita' della decisione «brevi note  aggiuntive»,  ai  sensi  del
decreto della Presidente della Corte del 20  aprile  2020,  punto  1,
lettera c), con le quali afferma di riportarsi alle difese articolate
nella memoria di costituzione e nella  memoria  difensiva  depositata
successivamente. Rammenta di  non  ravvisare  ragioni  di  lesivita',
anche potenziale,  della  disciplina  regionale  nei  riguardi  delle
competenze  legislative  esclusive  dello  Stato,  atteso   che   gli
strumenti previsti dalla legge reg. Puglia n. 14 del  2019  sarebbero
diretti  alla  concertazione  e  alla  prevenzione  ai   fini   della
diffusione della cultura  della  legalita',  in  conformita'  con  le
azioni  di  politica   criminale   che   rimangono   riservate   alla
legislazione statale. Richiama, per  sostenere  queste  affermazioni,
passaggi di sentenze della Corte costituzionale, in specie  contenute
nelle  pronunce  n.  35  del  2012  e  n.  208  del   2018.   Chiede,
conclusivamente, che  le  questioni  di  costituzionalita'  sollevate
siano dichiarate inammissibili e/o infondate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 30 maggio 2019 e depositato il successivo 4 giugno, iscritto al n.
64  del  reg.  ric.  2019,  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale in via principale degli artt. 1, comma 2; 2, comma  1;
4; 5; 6, commi 1 e 2, lettere h) e k); 7; 9, commi 1 e 2, lettere  d)
ed e); 10, commi 1 e 2; 13; 16, commi 1 e 3; 17, comma 2, e 20, commi
2 e 3, della legge della Regione Puglia 28 marzo 2019, n.  14  (Testo
unico  in  materia  di  legalita',   regolarita'   amministrativa   e
sicurezza), per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere  g),
h) e l), e terzo comma, della Costituzione. 
    1.1.- Buona parte del  ricorso  si  fonda  sull'assunto  per  cui
diverse disposizioni della legge reg. Puglia  n.  14  del  2019  sono
suscettibili di interferire, in via  diretta  o  potenziale,  con  la
competenza legislativa  statale  in  materia  di  ordine  pubblico  e
sicurezza, di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  h),  Cost.,
esorbitando  dalla  competenza  regionale,  nella  quale   dovrebbero
rientrare solamente attivita' strettamente  riferibili  alla  polizia
amministrativa  regionale  e  locale   e   attivita'   di   carattere
conoscitivo e di studio inerenti alla  prevenzione  dei  reati  e  al
mantenimento dell'ordine pubblico. 
    Come riferito piu' ampiamente in narrativa, la difesa dello Stato
non revoca in dubbio che le Regioni detengano una potesta'  normativa
sulla  promozione  della  cultura  della  legalita',  ma  censura  la
modalita' con cui la Regione Puglia l'ha in concreto  esercitata.  In
particolare, la formulazione ampia e generica di  molte  disposizioni
dell'impugnato Testo unico  determinerebbe  la  possibilita'  per  la
Regione di prevedere interventi che eccedono la sola promozione della
legalita' e diventano strumenti  di  politica  criminale.  La  difesa
regionale, nell'atto di costituzione e nei successivi atti difensivi,
sostiene, al contrario, che le disposizioni impugnate si  inseriscano
nell'alveo delle politiche pubbliche sulla "sicurezza integrata", nel
rispetto delle competenze stabilite dalla Costituzione. 
    2.-  Il  contesto   normativo   entro   cui   le   questioni   di
costituzionalita'  vanno  inquadrate   e'   quello   costituito   dal
decreto-legge 20  febbraio  2017,  n.  14  (Disposizioni  urgenti  in
materia di sicurezza delle citta'),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 18 aprile 2017, n. 48, e dell'accordo sancito in sede  di
Conferenza unificata del 24 gennaio 2018  (Accordo  finalizzato  alla
determinazione delle linee generali delle politiche pubbliche per  la
promozione della sicurezza integrata) raggiunto ai sensi dell'art.  2
del citato decreto-legge. 
    Per il perseguimento dell'obiettivo di  realizzare  la  sicurezza
sul territorio nazionale, in attuazione dell'art. 118,  terzo  comma,
Cost.,  la  legislazione  statale  ha   introdotto   una   «rinnovata
declinazione legislativa del concetto di sicurezza» (sentenza n.  285
del 2019),  comprensiva  dell'«insieme  degli  interventi  assicurati
dallo Stato, dalle Regioni,  dalle  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano e dagli enti locali, nonche' da altri soggetti istituzionali,
al fine di concorrere, ciascuno nell'ambito delle proprie  competenze
e responsabilita', alla promozione e  all'attuazione  di  un  sistema
unitario e integrato di sicurezza per il  benessere  delle  comunita'
territoriali» (art. 1 del d.l. n. 14 del 2017). 
    Le Regioni e le  Province  autonome  sono,  cosi',  espressamente
abilitate  ad  adottare  iniziative  e  progetti  «volti  ad  attuare
interventi di promozione della sicurezza integrata nel territorio  di
riferimento», anche in base a specifici accordi con lo Stato (art. 3,
comma 2, del d.l.  n.  14  del  2017),  purche'  tali  azioni  mirino
fondamentalmente a migliorare il contesto sociale e  territoriale  di
riferimento, movendosi nell'ambito delle competenze che  l'art.  117,
commi terzo e quarto, Cost. attribuiscono loro (sentenza n.  285  del
2019). Di tal guisa, e  fermo  restando  che  l'esercizio  di  poteri
coercitivi postula il necessario  intervento  statale,  le  autonomie
sono chiamate a dotarsi di «strumenti di  "prevenzione  situazionale"
che [...] mirano  a  ridurre  le  opportunita'  di  commettere  reati
unitamente alle  misure  volte  a  sostenere  la  partecipazione  dei
cittadini alla  ricostituzione  della  dimensione  comunitaria  e  al
miglioramento complessivo delle condizioni sociali, abitative  e  dei
servizi ("prevenzione comunitaria") e agli interventi di  prevenzione
sociale finalizzati al contenimento dei fattori  criminogeni»  (cosi'
nella premessa alle linee generali sopra richiamate). 
    3.- Tale disegno e' in linea  con  la  giurisprudenza  di  questa
Corte, che ha costantemente affermato che l'endiadi «ordine  pubblico
e sicurezza» indica una  materia  in  senso  proprio,  oggettivamente
delimitata e che non esclude interventi regionali in settori  a  essa
liminari. La considerazione  per  cui  nell'ambito  della  competenza
esclusiva ex art. 117,  secondo  comma,  lettera  h),  Cost.  non  e'
ricompresa la disciplina di qualsiasi interesse pubblico, bensi'  dei
soli «interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza
civile» (sentenza n. 290 del 2001), per l'esercizio della funzione di
reprimere i reati in vista della tutela di  «interessi  fondamentali,
quali l'integrita' fisica e psichica delle persone o la sicurezza dei
beni», ricorre nelle decisioni di questa Corte ed e' stata, anche  di
recente, confermata (sentenze n. 285 e n. 116 del 2019 e n.  208  del
2018). D'altra parte,  «diversamente  opinando,  si  produrrebbe  una
smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e  ordine  pubblico,
tale da porre in crisi la stessa  ripartizione  costituzionale  delle
competenze  legislative,  con  l'affermazione   di   una   preminente
competenza  statale  potenzialmente  riferibile  a   ogni   tipo   di
attivita'» (sentenza n. 300 del 2011, testualmente  richiamata  nella
sentenza n. 285 del 2019). Le Regioni e le Province autonome possono,
dunque,  promuovere  la  realizzazione  di  migliori  condizioni   di
vivibilita' dei rispettivi territori, nell'ambito, ad esempio,  delle
politiche sociali, del governo del territorio, della  polizia  locale
(ancora, sentenza n. 285 del 2019). 
    4.- La Regione Puglia ha di recente  adottato  l'impugnato  Testo
unico,  con  cui  si   prefigge,   «in   armonia   con   i   principi
costituzionali, nel  rispetto  delle  competenze  dello  Stato  e  in
conformita'  con  l'ordinamento  comunitario»,  di  concorrere  «allo
sviluppo dell'ordinata e civile convivenza della comunita'  regionale
pugliese e alla crescita della coscienza  democratica  attraverso  un
sistema integrato di interventi volti alla diffusione dell'educazione
alla responsabilita' sociale e della cultura della  legalita'»  (art.
1, comma  1).  Tratteggiando  brevemente  la  struttura  della  nuova
disciplina, si osserva che questa - nel promuovere azioni volte  alla
prevenzione, alla diffusione  della  cultura  della  legalita'  e  al
contrasto non repressivo della criminalita'  organizzata,  nel  segno
della collaborazione inter-istituzionale e della cittadinanza  attiva
- istituisce organismi regionali  aventi  funzioni  consultive  e  di
studio nell'ambito della prevenzione del fenomeno mafioso e introduce
misure volte a: valorizzare le buone prassi degli enti  locali  nelle
azioni di contrasto alla  criminalita'  organizzata;  incentivare  il
riutilizzo dei beni e delle aziende confiscati alle mafie; sostenere,
anche finanziariamente, le vittime  della  criminalita'  organizzata,
del terrorismo e del dovere; prevenire le infiltrazioni  mafiose  nel
settore  ambientale,  sanitario  e   dell'edilizia   residenziale   e
scongiurare la diffusione del gioco patologico d'azzardo (come emerge
anche dal Titolo II della legge reg. Puglia n. 14 del 2019, rubricato
«Interventi e politiche di sostegno»). 
    4.1.- In tale ordito normativo, diverse sono le disposizioni  che
il ricorso assume essere lesive  delle  competenze  statali,  la  cui
legittimita' costituzionale deve,  sulla  base  di  queste  premesse,
essere esaminata. 
    5.-  Vanno,  in   via   preliminare,   disattese   le   eccezioni
d'inammissibilita'  che  la  difesa   regionale   ha   sollevato   in
riferimento all'impugnazione degli artt.  4;  5;  9,  commi  1  e  2,
lettere d) ed e); 16, commi 1 e 3, della legge reg. Puglia n. 14  del
2019, per carenza della motivazione  a  sostegno  delle  censure.  Le
ragioni   dei   dubbi    di    costituzionalita'    sono,    infatti,
sufficientemente chiare, consentendo, anche la' dove  la  censura  e'
illustrata  in  maniera  sintetica,   il   superamento   del   vaglio
d'ammissibilita'. 
    6.-  Va   altresi'   disattesa   l'eccezione   d'inammissibilita'
sollevata dalla difesa pugliese, in riferimento al ricorso  «nel  suo
complesso», basata sull'assunto per cui il ricorrente avrebbe  omesso
di  effettuare  il  tentativo  d'interpretazione  adeguatrice   delle
disposizioni impugnate, cui sarebbe obbligato pena l'inammissibilita'
delle questioni sollevate. Diversamente  da  quanto  sostenuto  dalla
parte resistente, la giurisprudenza di questa  Corte  ha  piu'  volte
affermato che il «ricorrente - a differenza  del  giudice  rimettente
nell'incidente di costituzionalita' - non ha l'onere di  esperire  un
tentativo  di   interpretazione   conforme   a   Costituzione   della
disposizione impugnata» (sentenza n. 156 del 2016),  potendo  trovare
ingresso, nel giudizio in via principale, anche questioni promosse in
via cautelativa ed ipotetica, purche' le interpretazioni  prospettate
non siano  implausibili  e  siano  ragionevolmente  collegabili  alle
disposizioni impugnate (ex plurimis, sentenze n. 77 del 2020,  n.  89
del 2019, n. 154 del 2017 e n. 189 del 2016). 
    7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
1, comma 2, e l'art. 2, comma 1, della legge reg. Puglia  n.  14  del
2019,  i  quali,  nell'indicare   premesse   e   finalita'   generali
dell'intervento  normativo,  prevedono  rispettivamente   che   «[la]
Regione Puglia  condanna  ogni  forma  di  criminalita',  promuove  e
sostiene  ogni  intervento  necessario  per   contrastare   qualsiasi
fenomeno di infiltrazione del crimine organizzato nel tessuto sociale
ed economico regionale e rimuoverne le cause» e  che  «[la]  Regione,
con la presente legge, disciplina l'insieme delle azioni  volte  alla
prevenzione  e  al  contrasto  non   repressivo   alla   criminalita'
organizzata,   a   innalzare   e    sostenere    l'educazione    alla
responsabilita' sociale e la cultura della  legalita',  a  elevare  i
livelli  di  sensibilizzazione  della   societa'   civile   e   delle
istituzioni pubbliche nonche' ad assicurare il sostegno alle  vittime
innocenti della criminalita' mafiosa e corruttiva». 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, la previsione generica
di   «ogni   intervento   necessario»   per   contrastare    fenomeni
dell'infiltrazione   mafiosa   e   della   criminalita'   organizzata
invaderebbe le competenze esclusive statali in materia di prevenzione
dei reati e mantenimento della sicurezza  pubblica  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera h), Cost. 
    7.1.- Le questioni non sono fondate. 
    Come questa Corte ha rilevato in casi simili, «pur scontando  una
certa vaghezza, le azioni elencate  non  possono  dirsi  di  per  se'
contrarie alla ripartizione costituzionale di competenze»  e  nemmeno
eccentriche rispetto alle funzioni che la normativa sulla  "sicurezza
integrata" permette alle Regioni di esercitare. Sono «norme,  dunque,
prive di  portata  lesiva:  non  e'  sufficiente,  infatti,  il  vago
richiamo ai "fenomeni d'illegalita'"  e  di  "criminalita'  comune  e
organizzata"  [...]  per   generare   quelle   "interferenze,   anche
potenziali", con la disciplina statale di prevenzione  e  repressione
dei reati, alle quali la giurisprudenza  di  questa  Corte  ricollega
l'invasione della competenza legislativa statale di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera h), Cost.» (sentenze n. 285 del 2019 e n.  208
del 2018). L'intento  di  contrastare,  con  strumenti  operativi  di
carattere non repressivo, fenomeni socialmente indesiderati «in tutte
le [loro] manifestazioni», come correttamente rilevato  dalla  difesa
regionale, non e' ritenuto contrastante con le  funzioni  statali  in
materia di ordine pubblico e sicurezza (sentenza n.  116  del  2019),
specie nel caso in cui  le  finalita'  delle  azioni  previste  siano
legate alla «diffusione dell'educazione alla responsabilita'  sociale
e della cultura della legalita'» (art. 1, comma 1, sopra richiamato). 
    8.- Il ricorrente ha altresi' censurato gli artt.  4  e  5  della
legge reg. Puglia n. 14 del 2019, che rispettivamente favoriscono «il
metodo  della  concertazione  quale  strumento  strategico   per   la
programmazione e l'attuazione degli interventi»  -  indicando  «quale
prioritaria  modalita'  organizzativa   per   la   programmazione   e
l'attuazione  degli   interventi   sul   territorio   regionale,   la
costituzione  di  reti  stabili  o   la   stipula   di   accordi   di
collaborazione di natura territoriale con enti  locali,  universita',
istituzioni scolastiche e istituzioni formative accreditate,  nonche'
con enti pubblici, organizzazioni di volontariato e  associazioni  di
promozione  sociale  operanti  nel   settore   dell'educazione   alla
legalita' e del contrasto alla criminalita' organizzata e mafiosa sul
territorio regionale secondo il  principio  di  sussidiarieta'»  -  e
dispongono  l'adozione  di  un  «Piano  regionale  integrato  per  il
rafforzamento e la diffusione della cultura della legalita'  e  della
responsabilita'»,  di  durata  triennale,  con  cui   dare   concreta
applicazione ai detti interventi. 
    Trattandosi  degli  strumenti  utili  a  dare   attuazione   alle
finalita'  della  normativa  regionale  individuate  dagli   articoli
precedenti, ne conseguirebbe, «in via derivata, una  invasione  della
competenza statale anche sotto tali aspetti attuativi». 
    8.1.- Pure tali questioni non sono fondate, proprio in forza  del
rapporto intercorrente tra gli artt. 4 e 5 e quelli  precedenti.  Gli
artt. 4 e 5 della legge regionale impugnata,  infatti,  non  meritano
censura,  dal  momento  che  prevedono  gli  strumenti  per   attuare
finalita' ritenute non lesive delle competenze dello Stato. 
    9.- E' impugnato, poi, l'art. 6, commi 1 e 2, lettere  h)  e  k),
della legge reg. Puglia n. 14 del 2019.  Esso  prevede  l'istituzione
della  «Fondazione  antimafia  sociale  -  Stefano   Fumarulo»,   cui
attribuisce la generale funzione di «contrasto  non  repressivo  alla
criminalita' organizzata» e ai «tentativi  di  infiltrazione  mafiosa
nel tessuto sociale ed economico» (comma 1), prevedendo, tra le altre
cose, al comma 2, che essa: «h) propone azioni  idonee  a  rafforzare
gli interventi di prevenzione e contrasto, con particolare attenzione
alle misure per  la  trasparenza  nell'azione  amministrativa  e  nel
settore dei servizi, lavori e forniture e nel settore edile  e  delle
costruzioni  a  committenza  sia  pubblica  sia  privata,  attraverso
l'attivita' dell'Osservatorio legalita' che monitora il fenomeno  del
crimine mafioso  e  organizzato  nel  territorio  regionale,  di  cui
all'articolo 7» e «k) predispone, d'intesa  con  l'Agenzia  dei  beni
confiscati, la banca  dati  dei  beni  confiscati  alla  criminalita'
organizzata esistenti sul territorio regionale, accessibile a  tutti;
nella  banca  dati   devono   essere   individuati,   attraverso   la
georeferenziazione,  tutti  i  beni  ed   evidenziate,   oltre   alle
generalita'  del  soggetto  destinatario  della  confisca,  anche  la
natura, l'estensione, il valore, la destinazione  d'uso  dei  singoli
beni. In caso di concessione  del  bene  a  terzi,  indipendentemente
dalla finalita' perseguita, nella banca dati devono  essere  inseriti
anche i dati identificativi del terzo concessionario, la  descrizione
della tipologia dell'attivita' svolta sul bene, gli estremi dell'atto
di concessione, la durata e la data di scadenza». 
    Ad avviso della difesa statale,  il  fatto  che  le  funzioni  di
questa Fondazione siano enunciate al comma 1 in  termini  cosi'  ampi
non   evita,    «anzi    essenzialmente    determina»,    il    vizio
d'incostituzionalita'  derivante  dalla,   anche   solo   potenziale,
invasione della  competenza  statale  ex  art.  117,  secondo  comma,
lettera h), Cost. Per l'Avvocatura generale, inoltre, la  Banca  dati
dei beni  confiscati  alla  criminalita'  organizzata  esistenti  sul
territorio regionale, che l'art. 6, comma  2,  lettera  k),  vorrebbe
istituire, si sovrappone alla  Banca  dati  nazionale  gia'  operante
presso l'Agenzia nazionale per l'amministrazione  e  la  destinazione
dei beni  sequestrati  e  confiscati  alla  criminalita'  organizzata
(ANBSC, istituita dagli artt. 110 e seguenti del decreto  legislativo
6 settembre 2011, n. 159, recante «Codice  delle  leggi  antimafia  e
delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di
documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13
agosto  2010,  n.  136»,  anche  cod.  antimafia),  determinando   la
violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  h),  Cost.  La
previsione per cui tale Banca dati regionale sarebbe  «accessibile  a
tutti», permettendo la «indiscriminata divulgazione» di  informazioni
sensibili, pure attinenti ai soggetti coinvolti  nella  procedura  di
confisca, violerebbe, inoltre, la competenza statale  in  materia  di
protezione dei dati personali, riconducibile  all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    9.1.-  La  difesa  pugliese  eccepisce  l'inammissibilita'  delle
questioni che riguardano l'art. 6, commi 1 e 2, lettera  h),  per  la
mancata corrispondenza tra il contenuto del ricorso  e  quello  della
delibera di autorizzazione a ricorrere, in quanto quelle disposizioni
non  sarebbero  state  indicate,  nella  delibera,  tra  gli  oggetti
d'impugnazione. Sostiene, altresi', che siano, a ogni modo, questioni
nel  merito  non  fondate,  poiche'  le  competenze  attribuite  alla
Fondazione coincidono con compiti istruttori, consultivi o di  studio
e  ricerca.  Quanto  all'art.  6,  comma  2,   lettera   k),   deduce
l'infondatezza  della  censura,  insistendo,  in  particolare,  sulla
circostanza che, per la predisposizione della Banca  dati  regionale,
e' previsto il raggiungimento di  una  intesa  con  l'ANBSC  e,  che,
dunque, le attivita' portate avanti a livello regionale  e  nazionale
sarebbero  ben   coordinate,   senza   pregiudizio   delle   funzioni
dell'Agenzia nazionale. 
    9.2.- Le questioni relative all'art. 6, commi 1 e 2, lettera  h),
della  legge  reg.  Puglia  n.   14   del   2019   vanno   dichiarate
inammissibili, perche' la volonta' d'impugnare tali disposizioni  non
risulta  dalla  delibera  autorizzativa  al   ricorso.   Secondo   la
giurisprudenza  costante  di  questa  Corte,  infatti,  «la  delibera
governativa  di  impugnazione  della  legge  e  l'allegata  relazione
ministeriale, alla quale si rinvia,  devono  contenere  l'indicazione
delle  disposizioni  impugnate  a  pena  di  inammissibilita'   delle
relative censure» (sentenza n. 269 del 2010 e, cosi', tra  le  altre,
sentenza n. 41 del 2017). 
    9.3.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  6,
comma 2, lettera k), della legge  reg.  Puglia  n.  14  del  2019  e'
fondata, per violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettere  h)  e
l), Cost. 
    La predisposizione della «banca dati  dei  beni  confiscati  alla
criminalita'  organizzata   esistenti   sul   territorio   regionale»
interferisce con la funzione della Banca dati nazionale unica per  la
documentazione antimafia, operante presso l'ANBSC, istituita ai sensi
dell'art. 96 del d.lgs. n. 159 del 2011. Cosi', sovrapponendosi  alla
struttura gia' disciplinata nel legittimo esercizio della  competenza
statale in materia di ordine  pubblico  e  sicurezza,  entro  cui  la
normativa "antimafia" e' senz'altro ricompresa, essa invade gli spazi
di potesta' esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera h),
Cost. 
    Nonostante l'istituzione della Fondazione  non  sia  di  per  se'
lesiva delle competenze riservate alla legge dello Stato,  essendo  a
essa attribuiti, in generale, compiti conoscitivi,  di  studio  e  di
sensibilizzazione, occorre censurare  l'istituzione  della  struttura
informatica operativa nel solo territorio regionale. Questa Corte  ha
gia'  avuto   modo   di   affermare   l'importanza   dell'unitarieta'
dell'azione  e  delle   funzioni   svolte   dall'ANBSC:   «[l]a   sua
competenza»,  infatti,  «non  e'  delimitata  dal  punto   di   vista
territoriale, essendo chiamata a svolgere compiti  relativi  ai  beni
sequestrati e  confiscati  alla  criminalita'  organizzata,  anche  a
supporto  dell'autorita'  giudiziaria,   su   tutto   il   territorio
nazionale». Cosi', «[l]a sfera di azione delle diverse  sedi  non  e'
circoscritta al relativo ambito regionale, ma puo' riguardare beni  e
soggetti situati su tutto il territorio nazionale» (sentenza  n.  159
del 2014; nello stesso senso, sentenza n. 34 del 2012). 
    Sussiste,  inoltre,  l'interferenza  con  la   disciplina   della
protezione dei dati personali, appannaggio del legislatore statale ex
art. 117, secondo comma, lettera  l),  Cost.  (sentenza  n.  271  del
2005). E' evidente che la previsione della legge regionale  impugnata
secondo cui la Banca  dati  dei  beni  confiscati  alla  criminalita'
organizzata  esistenti   sul   territorio   regionale   deve   essere
«accessibile  a  tutti»,  nonche'  evidenziare  una  serie  di  dati,
compresi dati personali del  soggetto  destinatario  della  confisca,
s'inserisce nella  materia  dell'ordinamento  civile  riservata  allo
Stato,  ponendosi  in  sostanziale  contrasto  con   i   limiti   sul
funzionamento, accesso e consultazione  della  Banca  dati  nazionale
unica, previsti da apposito regolamento. 
    Ne'  puo'  essere  decisivo,  per  evitare  tali  violazioni,  il
riferimento  all'intesa  di  cui  alla  lettera  k)   impugnata,   da
raggiungersi tra ANBSC e  «Fondazione  antimafia  sociale  -  Stefano
Fumarulo».  Infatti,  una  volta  affermato  che   «la   disposizione
impugnata ricade in  un  ambito  materiale  riservato  alla  potesta'
legislativa esclusiva statale,  viene  meno  l'obbligo  di  istituire
meccanismi concertativi tra Stato e Regione» (cosi', sentenza n.  234
del 2012). 
    10.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  anche
l'art. 7 della legge reg. Puglia n. 14 del 2019, il quale prevede che
«1. La Fondazione di cui all'articolo 6 istituisce,  quale  struttura
interna, l'Osservatorio legalita'. 2. L'Osservatorio e'  composto  da
sette componenti: a) cinque componenti, di cui due in  rappresentanza
delle minoranze consiliari, nominati dal Consiglio regionale;  b)  un
componente designato dal direttore dell'Ufficio scolastico regionale,
in rappresentanza delle istituzioni  scolastiche;  c)  un  componente
designato dall'assessore regionale competente, in rappresentanza  del
mondo delle associazioni che svolgono attivita'  di  educazione  alla
legalita'  e   contrasto   alla   criminalita'.   3.   I   componenti
dell'Osservatorio devono essere soggetti di  riconosciuta  esperienza
nel campo del contrasto  dei  fenomeni  di  stampo  mafioso  e  della
criminalita'  organizzata  sul  territorio  pugliese  nonche'   della
promozione  della  legalita'  e  della   trasparenza   e   assicurare
indipendenza  di   giudizio   e   azione   rispetto   alla   pubblica
amministrazione e alle  organizzazioni  politiche.  Non  possono  far
parte dell'Osservatorio e, se gia' nominati decadono, coloro i  quali
siano stati condannati, anche con  sentenza  non  definitiva,  per  i
reati previsti nei titoli II e  III  del  libro  secondo  del  codice
penale. 4. L'Osservatorio  e'  organismo  consultivo  in  materia  di
contrasto e di prevenzione dei fenomeni di criminalita' organizzata e
di  stampo  mafioso,  nonche'  di  promozione  della  cultura   della
legalita', a  supporto  della  Giunta  regionale,  della  commissione
consiliare competente, nonche' degli altri organismi  consiliari.  5.
L'Osservatorio redige una relazione annuale sull'attivita' svolta  da
inviare al Presidente della Regione e  al  Presidente  del  Consiglio
regionale. L'Osservatorio inoltre predispone  documentazione,  aperta
alla fruizione  dei  cittadini,  sui  fenomeni  connessi  al  crimine
organizzato  e  mafioso,  con  specifico   riguardo   al   territorio
regionale, al fine di favorire iniziative di carattere culturale, per
la raccolta di materiali e per la diffusione di conoscenze in materia
mediante apposita pubblicazione sui siti internet della Regione e del
Consiglio regionale. 6. L'incarico di componente dell'Osservatorio e'
svolto a titolo gratuito». 
    Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, tale art.  7,  da
un lato, per «la genericita' del riferimento ad ogni possibile azione
di  contrasto  e   di   prevenzione»   dei   fenomeni   d'illegalita'
determinerebbe, o potrebbe determinare, l'invasione delle  competenze
statali su ordine pubblico e sicurezza, violando l'art. 117,  secondo
comma, lettera h), Cost., e, dall'altro, con specifico riferimento al
suo comma 2, lettera b), imporrebbe un obbligo in capo  al  direttore
dell'Ufficio scolastico regionale, incidendo sull'organizzazione  dei
compiti di un organo statale e violando, cosi', l'art.  117,  secondo
comma, lettera g), Cost. 
    10.1.- La  difesa  della  Regione  rileva,  in  via  preliminare,
l'inammissibilita' della censura relativa al contrasto  dell'art.  7,
comma 2, lettera b), della legge reg. con l'art. 117, secondo  comma,
lettera g), Cost.  per  la  mancata  indicazione  di  tale  parametro
costituzionale nella  delibera  di  autorizzazione  al  ricorso;  nel
merito, rileva l'infondatezza della stessa, ponendo in  evidenza  che
il compito di designare un membro non comporterebbe l'imposizione  di
obblighi  capaci   di   incidere   sull'organizzazione   dell'Ufficio
scolastico regionale, diversamente da come sarebbe se s'imponesse  un
obbligo di partecipazione del  direttore  dell'Ufficio  all'organismo
regionale. 
    10.2.- La questione riguardante il contrasto del citato  art.  7,
comma 2,  lettera  b),  con  la  competenza  statale  in  materia  di
organizzazione degli organi dello Stato e' ammissibile,  dal  momento
che questa Corte attribuisce alla difesa del ricorrente  un'autonomia
tecnica nella indicazione dei parametri di  censura,  riconoscendo  a
essa il potere di integrare il tenore della autorizzazione  (sentenza
n. 39 del 2017). Nel caso di specie, l'art. 7 della legge reg. Puglia
n.  14  del  2019  compare  tra  gli  oggetti  di  cui  si  autorizza
l'impugnazione e l'Avvocatura ha piu'  specificamente  articolato  il
motivo delle censure, rimanendo a ogni modo all'interno del perimetro
delle volonta' espresse nella delibera governativa. 
    10.3.- La questione e' anche fondata. 
    Questa Corte ha ritenuto costituzionalmente  illegittimo  che  le
Regioni  incidano  sull'organizzazione  degli  organi   dello   Stato
imponendo  a  funzionari  statali  la  partecipazione   a   organismi
regionali (sentenze n. 2 del 2013, n. 30 del 2006, n. 134 del  2004).
La  disposizione  impugnata,  pur  non  prevedendo  un   obbligo   di
partecipazione  del  direttore  dell'Ufficio   scolastico   regionale
all'Osservatorio, comunque sia gli impone l'obbligo  di  designazione
di un membro,  che  operera'  «in  rappresentanza  delle  istituzioni
scolastiche». La previsione regionale, in altre parole,  finisce  per
impegnare  il  direttore  dell'Ufficio  scolastico  regionale   nella
designazione  di  un  membro  e   per   imporre   la   partecipazione
all'Osservatorio di un'altra  figura,  che  opera  nelle  istituzioni
scolastiche, cosi'  violando  la  competenza  attribuita  allo  Stato
dall'art. 117, comma 2, lettera g), Cost. 
    10.4.- La questione  riguardante  la  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost. da parte  dell'art.  7  della  legge
reg. Puglia n. 14 del 2019 non e' fondata. 
    All'Osservatorio  legalita',  infatti,  la  legge  reg.  pugliese
impugnata attribuisce compiti tutti rivolti allo scopo di  promuovere
la cultura  della  legalita',  tramite  lo  svolgimento  di  funzioni
consultive in favore degli organi politici regionali e di funzioni di
studio, ricerca e diffusione delle conoscenze  nel  territorio.  Tale
genere  di  attivita',  per  giurisprudenza   ormai   costante,   non
pregiudica la competenza statale in  materia  di  ordine  pubblico  e
sicurezza. Quest'ultima, infatti, «riguarda  le  funzioni  dirette  a
tutelare interessi fondamentali, quali l'integrita' fisica e psichica
delle persone, o la sicurezza dei beni (sentenza n.  290  del  2001),
restando estranea a tale ambito l'attivita' di conoscenza, formazione
e  ricerca  che   appare   strutturalmente   inidonea   ad   incidere
sull'assetto della competenza statale (sentenze n. 208 del 2018 e  n.
105 del 2006)» (sentenza n. 116 del 2019). 
    11.- E' altresi' impugnato l'art. 9, commi 1 e 2, lettere  d)  ed
e), della legge reg. Puglia n. 14 del 2019 per contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera h), Cost. Esso prevede che «1. La Regione
Puglia valorizza il ruolo degli enti locali nel  perseguimento  degli
obiettivi della presente legge e  adotta  specifiche  iniziative  per
valorizzare  e  diffondere  le  migliori  politiche  locali  per   la
trasparenza, la legalita' e il contrasto  al  crimine  organizzato  e
mafioso. 2.  La  Regione  istituisce,  con  apposito  regolamento  da
emanare entro il termine di novanta giorni dalla data di  entrata  in
vigore della presente legge, un rating di  buone  prassi  degli  enti
locali in materia di Antimafia sociale, finalizzato a  riconoscere  e
valorizzare le migliori iniziative attuate dagli enti locali  per  il
perseguimento degli obiettivi della presente legge,  con  particolare
riferimento a: [...] d)  promozione  della  conoscenza  e  del  riuso
sociale  dei  beni  confiscati  alla  criminalita'  organizzata;   e)
attuazione di iniziative di  contrasto  al  gioco  d'azzardo  e  alla
proliferazione delle sale da gioco in aree sensibili delle citta'». 
    Secondo la difesa statale, la facolta'  di  adottare  «specifiche
iniziative» per  il  contrasto  al  crimine  organizzato  e  mafioso,
prevista dalle disposizioni impugnate, implica, per il suo  carattere
indeterminato, per lo meno la  possibilita'  che  la  Regione  adotti
misure  di  carattere  immediatamente  organizzativo   o   operativo,
pregiudicando la competenza statale su ordine pubblico  e  sicurezza.
Ad avviso del ricorrente, inoltre, gli interventi per l'ulteriore uso
sociale  dei  beni  confiscati  alla   criminalita'   organizzata   e
l'attuazione di iniziative di contrasto al  gioco  d'azzardo  e  alla
proliferazione delle sale da gioco in  aree  sensibili  delle  citta'
invaderebbero «un campo  interamente  e  analiticamente  disciplinato
dalla legge statale, sempre in attuazione della competenza  esclusiva
ex art. 117 c. 2 lett. h)». 
    11.1.- Le questioni non sono fondate. 
    Le disposizioni impugnate non sono idonee a incidere sull'assetto
della  competenza  statale,  poiche'  le  azioni  da  esse   previste
attengono alla promozione culturale. Esse, evitando  di  disciplinare
direttamente le modalita' di contrasto al crimine  organizzato  o  al
gioco  d'azzardo,  impegnano,  infatti,  la   Regione   Puglia   alla
valorizzazione  delle  migliori  pratiche  per  la  trasparenza,   la
legalita' e il contrasto ai fenomeni  mafiosi,  prevedendo,  inoltre,
l'adozione di un "rating di buone prassi" sull'ulteriore uso dei beni
confiscati e sul contenimento del gioco d'azzardo, gia'  sperimentate
e attuate dagli  enti  locali.  Tale  ricognizione,  funzionale  alla
diffusione sul territorio  delle  esperienze  che  si  ritiene  utile
valorizzare, non e' suscettibile di violare la  sfera  di  competenza
legislativa statale di cui all'art. 117, secondo comma,  lettera  h),
Cost. 
    12.- Il ricorrente impugna, altresi', l'art. 10,  commi  1  e  2,
della legge reg. Puglia n. 14 del 2019, secondo cui  «1.  La  Regione
Puglia promuove interventi per la valorizzazione e il riuso dei  beni
immobili e delle aziende confiscate alla criminalita'  organizzata  e
mafiosa allo scopo di trasformare i mezzi e i proventi  dell'economia
criminale in risorse per la coesione sociale della comunita', per  la
creazione  di  occupazione  e  per  lo   sviluppo   sostenibile   del
territorio, attraverso: a) attivita' di assistenza tecnica agli  enti
locali assegnatari di tali beni e sostegno a progetti per il recupero
e il riuso sociale dei beni e delle aziende confiscate; b) iniziative
per la raccolta, la catalogazione e la diffusione delle  informazioni
relative ai beni confiscati immediatamente disponibili  per  progetti
di riuso sociale; c) azioni di sensibilizzazione  degli  enti  locali
territoriali per incentivare il riuso  sociale  dei  beni  confiscati
iscritti nel  loro  patrimonio  anche  attraverso  la  concessione  a
organizzazioni del terzo settore  con  bando  di  evidenza  pubblica;
promozione  di  interventi  formativi  sul  tema  dell'ulteriore  uso
sociale dei beni confiscati, destinati ad amministratori e dipendenti
pubblici, operatori e aspiranti imprenditori sociali;  d)  promozione
di eventi e iniziative per il coordinamento e la  messa  in  rete  di
enti  locali,  associazioni,   imprese   sociali   e   altri   attori
protagonisti di esperienze di riuso sociale di  beni  confiscati;  e)
sostegno a progetti per il recupero,  la  rifunzionalizzazione  e  il
riuso sociale dei beni confiscati capaci  di  generare  occasioni  di
crescita  economica  e   sociale   in   una   prospettiva   di   auto
sostenibilita' nel tempo, anche attraverso specifiche premialita' nei
bandi e nelle iniziative regionali a  supporto  delle  organizzazioni
del terzo settore; f) erogazione di contributi per  la  rimozione  di
ostacoli che impediscano  il  riutilizzo  a  fini  sociali  dei  beni
confiscati; g) azioni di coinvolgimento della comunita' locale, delle
organizzazioni di categoria e degli attori sociali pubblici e privati
in azioni di accompagnamento e tutoraggio dei progetti di  riuso.  2.
La Regione puo' riconoscere una premialita' a quei  progetti  le  cui
attivita' prevedono il riutilizzo sociale  dei  beni  immobili  e  il
miglior riutilizzo delle aziende confiscate, in particolare di quelle
agricole, confiscati alla criminalita' organizzata e mafiosa. A  tale
scopo, nel rispetto della normativa vigente, la Regione  promuove  la
stipula di intese e accordi di collaborazione con  gli  organi  dello
Stato, altri enti pubblici e privati, nonche' associazioni e soggetti
che  gestiscono  i  beni  confiscati,  allo  scopo  di  coordinare  e
promuovere il migliore utilizzo di beni  e  aziende  confiscate  alla
criminalita'». 
    L'Avvocatura generale afferma che tali  disposizioni  violano  la
competenza statale fissata nell'art. 117, secondo comma, lettera  h),
Cost. Ad avviso della difesa statale, infatti, le previsioni per  cui
la Regione promuove interventi per la  valorizzazione  e  l'ulteriore
uso dei beni immobili e delle aziende  confiscate  alla  criminalita'
organizzata, allo scopo di utilizzare detti beni come risorse per  la
coesione sociale, per la creazione di occupazione e per  lo  sviluppo
sostenibile del territorio, si  sovrappone  alle  previsioni  di  cui
all'art. 48 cod. antimafia,  cosi'  interferendo  con  la  competenza
esercitata dal legislatore statale su ordine  pubblico,  sicurezza  e
repressione dei reati. 
    12.1.- La difesa regionale, dal canto  suo,  rileva  innanzitutto
l'inammissibilita' dell'impugnazione del comma 1, in quanto esso  non
risulta  indicato  quale  oggetto   d'impugnazione   nella   delibera
governativa  di  autorizzazione  al   ricorso,   deducendo   altresi'
l'infondatezza delle censure. 
    12.2.- L'eccezione, riferita all'impugnazione dell'art. 10, comma
1, della legge reg. pugliese, merita di essere accolta  e,  pertanto,
la questione deve dichiararsi inammissibile, per le medesime  ragioni
esposte al punto 9.2. 
    12.3.- La questione di costituzionalita' dell'art. 10,  comma  2,
della legge reg.  impugnata  in  riferimento  all'art.  117,  secondo
comma, lettera h), Cost. non e' fondata. 
    La ragione dell'infondatezza delle censure  risiede,  ancora  una
volta,  nella  carenza  di  capacita'   lesiva   delle   disposizioni
impugnate. Queste ultime, infatti, evitando di  innovare  o  disporre
diversamente dalla disciplina statale in materia di ulteriore uso dei
beni immobili e aziende confiscati alle mafie, si propone di svolgere
attivita'  di  promozione  degli   stessi   valori   propugnati   dal
legislatore statale. In altri termini, la possibilita' di riconoscere
una premialita' ai progetti  sull'ulteriore  uso  dei  predetti  beni
confiscati, anche attraverso intese e accordi con organi dello Stato,
enti o associazioni, non  incide  negativamente  sulla  disciplina  o
sull'attuazione delle regole sull'ulteriore uso dei beni  confiscati,
appartenenti alla legislazione  statale,  ma  si  propone,  anzi,  di
costituire stimolo e impulso ad attivita'  ritenute  -  dallo  stesso
Stato - di significativa importanza. 
    13.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, poi,  impugnato
l'art. 13 della legge reg. Puglia  n.  14  del  2019  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  in  relazione  al  principio  del
contenimento  della  spesa  sanitaria  quale  principio  generale  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    L'articolo impugnato dispone che «1. Agli invalidi vittime  della
mafia, della criminalita' organizzata, del  terrorismo,  del  dovere,
individuati nei modi di cui alla l.  302/1990  e  ai  loro  familiari
conviventi e' riconosciuto il diritto all'assistenza  psicologia  e/o
psichiatrica a carico della Regione Puglia, da esercitarsi presso  le
strutture  sanitarie  pubbliche  o  convenzionate.  2.  Gli  invalidi
vittime della mafia, della criminalita' organizzata, del terrorismo e
del dovere, individuati  nei  modi  di  cui  alla  l.  302/1990  e  i
familiari, inclusi i familiari dei deceduti, limitatamente al coniuge
e ai figli e, in mancanza dei  predetti,  ai  genitori,  sono  esenti
dalla  partecipazione  alla  spesa  per  ogni  tipo  di   prestazione
sanitaria fruita presso le strutture del Servizio sanitario nazionale
o  le  strutture   private   accreditate   e   farmaceutica   nonche'
dall'obbligo di pagare la differenza tra il prezzo  di  rimborso  dei
medicinali generici e il prezzo delle specialita' medicinali  coperte
da brevetto». 
    La  difesa  dello  Stato   censura   tali   previsioni,   poiche'
comporterebbero un ampliamento dell'assistenza sanitaria a carico del
bilancio regionale, mentre una Regione impegnata nel Piano di rientro
dal disavanzo sanitario non  potrebbe  prevedere  spese  ulteriori  a
quelle destinate ai Livelli essenziali d'assistenza (LEA). Il  d.P.R.
7 luglio 2006, n. 243 (Regolamento concernente termini e modalita' di
corresponsione delle  provvidenze  alle  vittime  del  dovere  ed  ai
soggetti  equiparati,  ai  fini  della  progressiva  estensione   dei
benefici gia' previsti in favore delle vittime della  criminalita'  e
del terrorismo, a norma dell'articolo  l,  comma  565,  della  L.  23
dicembre 2005, n. 266) riconosce, infatti, il  diritto  all'esenzione
dal pagamento del ticket per ogni tipo di prestazione sanitaria e  il
diritto all'assistenza psicologica a  carico  dello  Stato  solamente
alle vittime stesse e ai loro familiari superstiti, mentre  la  legge
reg.  pugliese  estenderebbe  i  benefici  ai  familiari  conviventi,
incidendo negativamente sul principio del  contenimento  della  spesa
pubblica. 
    13.1.- La parte resistente deduce l'infondatezza  delle  censure.
Richiamando il contenuto della legge 3 agosto  2004,  n.  206  (Nuove
norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi  di  tale
matrice), che stabilisce che «alle vittime di atti  di  terrorismo  e
delle stragi di tale  matrice  e  ai  loro  familiari  e'  assicurata
assistenza  psicologica  a  carico  dello  Stato»,  afferma  che   la
disposizione regionale, riferendosi ai soli familiari conviventi,  in
realta' non amplia bensi' restringe la platea degli  aventi  diritto.
Inoltre, la difesa  regionale  pone  in  evidenza  che  la  copertura
finanziaria delle prestazioni non e'  posta  a  carico  del  Servizio
sanitario regionale. 
    13.2.- La questione e' fondata. 
    Le disposizioni di cui all'art. 13 della legge reg. Puglia n.  14
del  2019  determinano  l'estensione  dei  soggetti  beneficiari   di
assistenza sanitaria  gratuita,  rispetto  a  quanto  previsto  dalla
legislazione  statale,  comportando  l'inosservanza  del  divieto  di
effettuare spese non obbligatorie, derivante dalla vincolativita' del
Piano di rientro dal disavanzo sanitario (art. 1, comma 796,  lettera
b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante  «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria 2007)»; e dall'art. 2, commi 80  e  95,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»,
quale espressione dei principi di contenimento della spesa  sanitaria
e di coordinamento della  finanza  pubblica,  riconducibili  all'art.
117, terzo comma, Cost. (ex multis, sentenze n. 91 del 2012, n. 163 e
n. 123 del 2011). 
    L'art. 4 del d.P.R. 243 del  2006  stabilisce,  infatti,  che  la
vittima del terrorismo e della criminalita' organizzata o i familiari
«superstiti» abbiano diritto all'esenzione dal pagamento  del  ticket
sanitario e che le vittime del terrorismo, di cui alla legge  n.  206
del  2004,   usufruiscano   di   assistenza   psicologica   gratuita.
Diversamente, l'art. 13 della legge reg. Puglia n.  14  del  2019  ha
previsto che le vittime del  terrorismo  e  della  criminalita'  e  i
familiari «conviventi» beneficino dell'esenzione dal ticket sanitario
e dell'assistenza psicologica e psichiatrica gratuita. Cosi', per  la
disciplina statale,  l'assistenza  psicologica  e'  gratuita  per  la
vittima della criminalita' e, solamente quando questa fosse deceduta,
per il coniuge e i figli; per la legge della  Regione  Puglia  -  che
introduce la formula familiari «conviventi» -  i  benefici,  relativi
all'assistenza psicologica e psichiatrica, spettano a  chi  abbia  un
vincolo familiare e conviva con la vittima della criminalita',  oltre
che alla vittima stessa, e  prima  del  suo  decesso.  Le  previsioni
regionali impugnate aggiungono altresi' al beneficio  concesso  dalla
disciplina statale, di cui all'art. 15 della legge 20  ottobre  1990,
n.  302  (Norme  a  favore  delle  vittime  del  terrorismo  e  della
criminalita' organizzata), consistente nell'esenzione  dal  pagamento
del ticket, quello dell'esenzione dal pagamento della differenza  tra
il prezzo del medicinale generico e il prezzo del medicinale  coperto
da brevetto. 
    L'autonomia  legislativa  regionale,  in  materie  di  competenza
concorrente,  come  piu'  volte  affermato  da  questa  Corte,  «puo'
incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica  e
del contenimento della spesa, peraltro  in  un  quadro  di  esplicita
condivisione, da parte delle Regioni, della necessita' di contenere i
disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 278 del 2014 e  n.  193
del  2007).  Le   disposizioni   impugnate   violano   il   parametro
costituzionale evocato e  le  conseguenti  norme  interposte  per  il
mancato rispetto di detti limiti, in quanto prevedono spese ulteriori
rispetto  a  quelle  destinate  al  finanziamento  delle  prestazioni
essenziali, per  un  tempo  non  circoscritto,  nonche'  per  importi
complessivi difficilmente prevedibili. 
    Questa Corte ha da tempo ritenuto che le esigenze di  risanamento
del disavanzo sanitario e di contestuale garanzia dei  LEA  producano
un «effetto interdittivo» della previsione di spese  che  possano  di
fatto compromettere tali impegni, destinando altrove risorse utili  a
quello scopo (tra le altre, sentenze n. 85  del  2014  e  n.  51  del
2013). Anche di recente, questa Corte ha ribadito, con riferimento  a
una Regione che  esegue  misure  di  consolidamento  degli  obiettivi
fissati nel Piano di rientro, il  valore  prioritario  dell'effettiva
garanzia delle prestazioni  essenziali,  a  cui  vanno  destinate  le
risorse finanziarie a disposizione (sentenze  n.  130  e  n.  62  del
2020). 
    14.- Il ricorrente ha altresi' impugnato l'art. 16, commi 1 e  3,
della legge reg. Puglia n. 14 del 2019 per violazione dell'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost. Esso prevede che «1. Nell'attuazione
delle  politiche  di  prevenzione  e  contrasto   dei   fenomeni   di
illegalita' in materia di tutela dell'ambiente, connessi o  derivanti
da attivita' criminose di tipo  organizzato  o  mafioso,  la  Regione
promuove la conclusione di accordi e la stipula di convenzioni con le
autorita' statali  operanti  sul  territorio  regionale  nel  settore
ambientale, le associazioni di imprese, le organizzazioni  sindacali,
le associazioni di volontariato e  le  associazioni  ambientalistiche
individuate secondo le procedure di legge. [...] 3. La Regione adotta
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore  della  presente
legge un atto  di  indirizzo  per  rafforzare  la  prevenzione  e  il
contrasto della corruzione e degli altri fenomeni di illegalita'  nel
settore sanitario. Le aziende sanitarie  e  gli  altri  soggetti  del
sevizio sanitario  regionale  danno  attuazione  a  quanto  contenuto
nell'atto di indirizzo nei centottanta  giorni  successivi  alla  sua
adozione». 
    Per   la   difesa   statale,    tali    disposizioni    sarebbero
costituzionalmente illegittime, perche', da un lato,  prevedendo  che
la Regione promuova  la  conclusione  di  accordi  con  le  autorita'
statali operanti nel settore  ambientale,  comporterebbero  possibili
sconfinamenti nelle scelte  legislative  sul  contrasto  del  crimine
organizzato e potenzialmente anche  sulla  tutela  dell'ambiente,  e,
dall'altro lato,  prevedendo  l'adozione  di  un  atto  di  indirizzo
regionale  per  rafforzare  la  prevenzione  e  il  contrasto   della
corruzione e di altri fenomeni d'illegalita' nel  settore  sanitario,
invaderebbero la competenza statale in materia di ordine  pubblico  e
sicurezza. 
    14.1.- Le questioni non sono fondate. 
    La  formulazione  delle  disposizioni  impugnate  denota  che  la
Regione non intende intervenire nella disciplina dei reati ambientali
o nella regolamentazione del  contrasto  alla  corruzione  in  ambito
sanitario, bensi' che intende limitarsi all'affiancamento agli organi
statali nel perseguimento del fine di combattere la criminalita'  nei
settori ambientale e sanitario. Le disposizioni - che  prevedono  "la
promozione" di  accordi  tra  Regione  e  autorita'  statali  per  la
prevenzione dei reati in materia ambientale e l'adozione di un  "atto
di indirizzo" per rafforzare il contrasto della corruzione - hanno un
valore, per cosi' dire,  programmatico  e  non  presentano  capacita'
lesiva, pur riferendosi a fenomeni come la criminalita' organizzata e
la corruzione (sentenza n. 285 del 2019). 
    15.- E', ancora, promossa, da parte del Presidente del  Consiglio
dei ministri, questione di costituzionalita' dell'art. 17,  comma  2,
della legge reg. Puglia n. 14 del 2019 per violazione dell'art.  117,
secondo comma, lettera h),  Cost.  Il  comma  impugnato  prevede  che
«[p]er le finalita' di cui al comma 1, la Regione promuove la stipula
di  "Protocolli  di  legalita'"  tra  prefetture  e   amministrazioni
aggiudicatrici,  per  potenziare  gli  strumenti  di  prevenzione   e
contrasto dei fenomeni  corruttivi  e  delle  infiltrazioni  mafiose,
nella realizzazione di opere e prestazioni  di  servizi,  in  materia
urbanistica e di edilizia  privata,  nella  gestione  del  patrimonio
pubblico salvaguardando l'interesse pubblico  da  ogni  tentativo  di
condizionare le attivita' economiche e  finanziarie  nei  settori  di
pubblico interesse, al fine  di:  a)  garantire  la  regolarita'  dei
cantieri e il  rispetto  della  normativa  in  materia  di  lavoro  e
sicurezza dei lavoratori; b) dare  piena  e  concreta  attuazione  ai
piani di prevenzione della corruzione ai sensi della legge 6 novembre
2012, n. 190  [...];  c)  confrontare  e  condividere  valutazioni  e
proposte tra istituzioni, associazioni e cittadini; d) diffondere tra
la cittadinanza la conoscenza dell'esistenza di  misure  di  sostegno
nazionali e regionali in favore delle vittime del reato di usura o di
estorsione». 
    Ad avviso del ricorrente, la  Regione  non  potrebbe  intervenire
sulle normative cosiddette anti-corruzione,  di  pertinenza  statale,
perche' invaderebbe un ambito di  competenza  gia'  disciplinato,  in
particolare, con la legge 6 novembre 2012, n. 190  (Disposizioni  per
la prevenzione e la repressione della corruzione e della  illegalita'
nella pubblica amministrazione). 
    15.1.- La questione non e' fondata, per ragioni simili  a  quelle
addotte a motivo della non fondatezza delle questioni  scrutinate  al
punto 14. 
    Pure in questo caso, valorizzando il dato letterale, si comprende
che la Regione Puglia si limita a promuovere la stipula di Protocolli
per la legalita' tra  prefetture  e  amministrazioni  aggiudicatrici,
nelle procedure di realizzazione di opere o prestazione  di  servizi,
al fine di rafforzare  la  prevenzione  della  corruzione  propugnata
dalla legge statale. Vero e', dunque, che tali  aspetti  trovano  una
disciplina nella legge n. 190 del 2012 - che in proposito prevede che
l'adozione di detti  protocolli  sia  rimessa  alla  discrezionalita'
della singola stazione appaltante, che puo' inserirli all'interno dei
propri bandi di gara, avvisi o lettere d'invito (art. 1, comma 17)  -
ma e' altresi' vero che la  Regione  non  ne  impone  la  stipula  ma
intende solamente promuoverne  l'adozione  con  una  previsione  che,
dunque, non si pone in contrasto con la disciplina statale. Cosi' «la
Regione, nell'esercizio delle proprie  competenze,  svolge  una  mera
attivita' di stimolo e d'impulso, nei  limiti  consentiti,  presso  i
competenti  organi  statali,  all'adozione   di   misure   volte   al
perseguimento del fine della tutela della sicurezza» (sentenza n. 167
del 2010). 
    16.- Il ricorso denunzia, infine, l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 20, commi 2 e 3, della legge reg. Puglia n. 14 del 2019 per
contrasto con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  h),  Cost.  Le
previsioni impugnate stabiliscono che  «2.  La  Regione  e  i  comuni
affidano alle Aziende per la casa e  per  l'abitare  le  funzioni  di
classificazione, ripristino, assegnazione e manutenzione ordinaria  e
straordinaria   del    patrimonio    immobiliare    utilizzabile    o
riconvertibile  a  uso  abitativo  nell'ambito   di   beni   immobili
sequestrati o confiscati ai sensi del vigente  codice  antimafia.  3.
Per le finalita' e l'attuazione di quanto  previsto  al  comma  2  la
Regione Puglia promuove la stipula  di  un  protocollo  d'intesa  con
l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei  beni
sequestrati e confiscati alla criminalita'». 
    Ad avviso della difesa erariale,  queste  disposizioni  sarebbero
incostituzionali,  poiche'  prevedono  che  la  Regione  e  i  Comuni
affidano alle "Aziende per la casa e per l'abitare"  le  funzioni  di
classificazione, ripristino, assegnazione  e  manutenzione  ordinaria
dei beni immobili  sequestrati  o  confiscati  ai  sensi  del  codice
antimafia utilizzabili a scopo abitativo, promovendo a questi fini la
stipula  di  un  protocollo  d'intesa  con  l'ANBSC,  ma   senz'altro
contrastando con la  disciplina  statale  recata  dagli  artt.  40  e
seguenti   del   codice   antimafia.    Questi    ultimi,    infatti,
racchiuderebbero una regolamentazione esauriente e dettagliata  della
gestione dei beni confiscati, e la normativa regionale interferirebbe
con essa, sovrapponendovisi. 
    16.1.- La questione e' fondata. 
    Cambia, innanzitutto,  il  registro  utilizzato  dal  legislatore
regionale, che  nelle  disposizioni  ora  impugnate  afferma  che  la
Regione e i Comuni pugliesi «affidano» alle Aziende per la casa e per
l'abitare funzioni di  classificazione,  ripristino,  assegnazione  e
manutenzione del patrimonio immobiliare confiscato alla  criminalita'
organizzata e riconvertibile  a  uso  abitativo,  fuoriuscendo  cosi'
dalle funzioni di promozione e stimolo innanzi viste  e  ponendo  una
disciplina suscettibile di immediata  operativita'.  Disciplina  che,
pero', si sovrappone ed e' distonica rispetto  alla  gia'  esercitata
competenza legislativa statale. 
    Le disposizioni impugnate, infatti, prevedendo  l'affidamento  di
quelle funzioni ad Agenzie regionali, comprimono le facolta'  che  la
legge statale riconosce agli enti locali destinatari dei  detti  beni
confiscati: l'art. 48 cod. antimafia disciplina anche fasi successive
al trasferimento del bene al patrimonio del Comune  ove  il  bene  si
trova o della Regione. In particolare, non si  vede  come  potrebbero
conciliarsi le previsioni di cui all'impugnato  art.  20  con  quelle
contenute, ad esempio, nell'art. 48, comma 3, lettere c) e  d),  cod.
antimafia, che stabilisce, alla lettera c), che i beni immobili  sono
«trasferiti  per  finalita'   istituzionali   o   sociali,   in   via
prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile e' sito,  ovvero
al patrimonio  della  provincia  o  della  regione.  [...]  Gli  enti
territoriali, anche consorziandosi o attraverso associazioni, possono
amministrare  direttamente  il  bene  o,  sulla  base   di   apposita
convenzione, assegnarlo in  concessione,  a  titolo  gratuito  e  nel
rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicita' e  parita'
di  trattamento,  a  comunita',  anche   giovanili,   ad   enti,   ad
associazioni  maggiormente  rappresentative  degli  enti  locali,  ad
organizzazioni di volontariato [...]. I beni  non  assegnati  possono
essere utilizzati dagli enti territoriali per finalita' di lucro e  i
relativi  proventi  devono  essere  reimpiegati  esclusivamente   per
finalita' sociali. [...] Il comune puo' amministrare direttamente  il
bene oppure, preferibilmente, assegnarlo  in  concessione  [...];  e,
alla lettera d), che «[...] Se entro due anni l'ente territoriale non
ha provveduto alla destinazione del bene, l'Agenzia dispone la revoca
del trasferimento ovvero la  nomina  di  un  commissario  con  poteri
sostitutivi». 
    Le   disposizioni    impugnate    devono    dunque    dichiararsi
costituzionalmente  illegittime  perche'  modificano  le  prerogative
attribuite dalla legge statale, competente a regolare la materia,  ai
soggetti coinvolti nella gestione dei beni immobili confiscati. 
    Questa Corte ha gia' dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
della previsione della «Agenzia regionale della Calabria per  i  beni
confiscati alle organizzazioni criminali», che doveva amministrare  i
beni confiscati e assegnati alla Regione Calabria, censurando proprio
il fatto che «la legge regionale conferisce direttamente  all'Agenzia
regionale, e non alla Regione,  tanto  la  facolta'  di  chiedere  in
assegnazione detti beni, quanto il  compito  di  amministrare  quelli
eventualmente  assegnati  alla  Regione  Calabria.  Le  funzioni   di
vigilanza sul corretto  utilizzo  dei  beni  da  parte  dei  soggetti
assegnatari e sull'effettiva corrispondenza tra la destinazione ed il
loro utilizzo si sovrappongono a quelle previste in  capo  alla  piu'
volte menzionata Agenzia nazionale, la quale, oltre al  potere-dovere
di verificare detto  utilizzo,  dispone  del  potere  di  revoca  del
provvedimento di assegnazione e destinazione»  (sentenza  n.  34  del
2012). D'altra parte, questa Corte ha poi avuto  modo  di  confermare
che «la normativa concernente gli effetti della confisca definitiva a
titolo di misura di prevenzione attiene alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato in  materia  di  ordine  pubblico  e  sicurezza
(sentenza n. 34 del 2012), anche con riferimento all'assegnazione dei
beni e alle funzioni di vigilanza  sulla  corretta  utilizzazione  di
essi da parte degli assegnatari» (sentenza n. 234 del 2012). 
    Discende dalle considerazioni appena  formulate  che  l'art.  20,
commi 2 e 3, del testo  unico  pugliese  viola  l'art.  117,  secondo
comma,  lettera  h),  Cost.,  a  nulla  rilevando  che  il  comma   2
dell'articolo   impugnato   ricerchi    forme    di    collaborazione
interistituzionale,   trattandosi   di   funzioni   regolate    dalla
legislazione statale in una materia di competenza esclusiva. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2,
lettera k), della legge della Regione Puglia 28  marzo  2019,  n.  14
(Testo unico in materia di legalita',  regolarita'  amministrativa  e
sicurezza); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2,
lettera b), della legge reg. Puglia n. 14 del 2019; 
    3) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  13  della
legge reg. Puglia n. 14 del 2019; 
    4) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, commi 2
e 3, della legge reg. Puglia n. 14 del 2019; 
    5)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 1 e 2, lettera h), della legge reg.
Puglia n. 14 del 2019, promosse, in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettera h), della Costituzione, dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    6) dichiara inammissibile la questione  dell'art.  10,  comma  1,
della legge reg. Puglia n. 14  del  2019,  promossa,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.,  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    7)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 2, e 2, comma 1, della legge reg.
Puglia n. 14 del 2019, promosse, in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettera h), Cost., dal Presidente del Consiglio dei  ministri,
con il ricorso indicato in epigrafe; 
    8)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge reg. Puglia  n.  14  del
2019, promosse, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
h), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    9)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 7 della legge reg. Puglia n.  14  del  2019,
promossa, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  h),
Cost., dal Presidente del Consiglio  dei  ministri,  con  il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    10) dichiara non fondata la questione dell'art. 9, commi 1  e  2,
della legge reg. Puglia n. 14  del  2019,  promossa,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.,  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    11)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10, comma 2, della legge reg. Puglia  n.  14
del 2019, promossa,  in  riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera h), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    12) dichiara non fondata la questione dell'art. 16, commi 1 e  3,
della legge reg. Puglia n. 14  del  2019,  promossa,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.,  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    13) dichiara non fondata la  questione  dell'art.  17,  comma  2,
della legge reg. Puglia n. 14  del  2019,  promossa,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera h),  Cost,  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA