N. 229 ORDINANZA 7 - 30 ottobre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e pene - Sospensione condizionale della pena  -  Concessione  a
  persona  che  ne  ha  gia'  usufruito  -  Possibilita'  subordinata
  all'adempimento dell'obbligo del risarcimento  del  danno  o  delle
  restituzioni - Denunciata disparita'  di  trattamento  -  Manifesta
  inammissibilita' della questione. 
- Codice penale, art. 165, secondo comma, come  modificato  dall'art.
  2, comma 1, lettera b), della legge 11 giugno 2004, n. 145. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.45 del 4-11-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco  VIGANO',  Luca  ANTONINI,
  Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 165,  comma
secondo, del codice penale, come modificato  dall'art.  2,  comma  1,
lettera b), della legge 11 giugno 2004, n. 145 (Modifiche  al  codice
penale e alle relative disposizioni di coordinamento e transitorie in
materia di sospensione condizionale della pena e di  termini  per  la
riabilitazione del condannato), promosso dal Tribunale  ordinario  di
Lecce, in composizione monocratica, nel procedimento penale a  carico
di M. S., con ordinanza del 13 dicembre 2018, iscritta al n.  23  del
registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 7  ottobre  2020  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 ottobre 2020. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 13 dicembre 2018 (reg. ord. n. 23
del  2020),  il  Tribunale  ordinario  di  Lecce,   in   composizione
monocratica,  ha  sollevato,  in   riferimento   all'art.   3   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 165,
comma secondo, del codice penale, come modificato dall'art. 2,  comma
1, lettera b), della legge 11  giugno  2004,  n.  145  (Modifiche  al
codice  penale  e  alle  relative  disposizioni  di  coordinamento  e
transitorie in materia di sospensione condizionale della  pena  e  di
termini per la riabilitazione del condannato),  nella  parte  in  cui
subordina la possibilita' di concedere il beneficio della sospensione
condizionale della pena a chi gia' ne abbia goduto  una  volta,  alla
condizione che egli necessariamente risarcisca il  danno  o  provveda
alle restituzioni, senza assegnare alcuna rilevanza al  caso  in  cui
cio' non sia possibile; 
    che il rimettente premette di procedere ai  sensi  dell'art.  550
del codice di procedura penale nei confronti di M.  S.,  imputato  di
essersi indebitamente appropriato della somma di  euro  4.568  a  lui
consegnata perche' ne operasse il versamento  all'Istituto  nazionale
per la previdenza sociale (INPS) per conto di S. Q., quale  pagamento
trimestrale dei contributi da questi dovuti come datore di lavoro  di
G. G.; 
    che l'imputato, dopo aver inizialmente  manifestato  l'intenzione
di richiedere l'ammissione alla messa alla prova, ha  successivamente
abbandonato tale intendimento in ragione della difficolta' di trovare
un accordo con  la  parte  offesa,  tenuto  conto  delle  sue  esigue
disponibilita'  economiche  e  della  conseguente  impossibilita'  di
risarcire il danno, sia pure  in  forma  rateale,  entro  il  termine
massimo di sospendibilita' del processo; 
    che l'imputato ha quindi  presentato  richiesta  di  applicazione
della pena ai  sensi  dell'art.  444  cod.  proc.  pen.,  in  termini
ritenuti congrui dal rimettente,  subordinatamente  alla  concessione
del beneficio della sospensione condizionale della pena; 
    che, secondo il  rimettente,  ad  ostare  all'accoglimento  della
richiesta sarebbe tuttavia il disposto del censurato art. 165,  comma
secondo, cod. pen., secondo il quale «[l]a  sospensione  condizionale
della pena, quando e' concessa a persona che ne  ha  gia'  usufruito,
deve  essere  subordinata  all'adempimento  di  uno  degli   obblighi
previsti nel comma precedente»; 
    che l'imputato risulta infatti  aver  goduto  in  precedenza  del
beneficio della sospensione condizionale, in relazione a una sentenza
di condanna i cui effetti penali perdurano al momento  del  giudizio,
non essendo medio tempore intervenuta la riabilitazione; 
    che, alla luce di cio', l'ordinanza di rimessione ritiene che  il
beneficio della sospensione condizionale potrebbe essere  concesso  a
chi, come l'imputato nel giudizio a quo, ne ha gia' usufruito,  «solo
subordinandolo all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni o  del
risarcimento» e senza che si possa dare rilievo alle ragioni per  cui
un tale obbligo non possa essere adempiuto, tenuto conto  che  l'art.
2, comma 1, lettera b), della legge n.  145  del  2004  ha  eliminato
dalla disposizione censurata l'inciso per cui l'obbligo al  quale  e'
subordinata la concessione del beneficio deve essere  sempre  imposto
«salvo che cio' sia impossibile»; 
    che, ad avviso del rimettente, con tale sopravvenienza  normativa
il legislatore  avrebbe  manifestato  la  volonta'  di  escludere  la
possibilita' di concedere il beneficio della sospensione condizionale
della pena, per la seconda volta, a «chi  non  sia  in  grado,  anche
senza sua colpa e oltre la sua volonta', di risarcire il danno  o  di
assolvere all'obbligo di procedere alle restituzioni»; 
    che cio' porrebbe la norma  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
perche'   essa   introdurrebbe   una    presunzione    assoluta    di
immeritevolezza del beneficio della sospensione condizionale ove  non
accompagnato dalla condotta tipizzata del risarcimento del danno, con
l'effetto di determinare  una  disparita'  di  trattamento,  «essendo
possibile immaginare forme diverse di comportamento, ben maggiormente
significative di  ravvedimento  (si  pensi  ad  es.  alla  scelta  di
dedicare la propria vita all'assistenza  [a]i  bisognosi,  o[d]  alle
vittime dei reati, o all'educazione dei giovani per recuperarli dalla
devianza, ecc.) che  invece  vengono  irragionevolmente  escluse  dal
novero dei fatti e comportamenti valutabili dal giudice al fine delle
sue valutazioni circa la regolarita'  del  futuro  comportamento  del
reo»; 
    che il medesimo parametro costituzionale sarebbe altresi' violato
per il fatto che la norma censurata determinerebbe una disparita'  di
trattamento tra gli imputati, in quanto, in tal  modo,  l'accesso  al
beneficio in questione finirebbe col dipendere, in casi  come  quello
di cui al giudizio  a  quo,  dalle  loro  condizioni  economiche  (e'
richiamata la sentenza di questa Corte n. 49 del 1975); 
    che,  infine,  la  ritenuta  irrilevanza  della  difficolta'  del
condannato ad  adempiere  all'obbligo  risarcitorio  o  restitutorio,
secondo il significato attribuito dal rimettente all'art. 165,  comma
secondo, cod. pen., conduce quest'ultimo a ritenere  conseguentemente
irrilevante anche l'accertamento in ordine alle  effettive  capacita'
economiche dell'imputato; 
    che, con atto depositato il 16  marzo  2020,  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato; 
    che, ad avviso dell'Avvocatura  generale,  la  questione  sarebbe
innanzi tutto inammissibile, non avendo il rimettente dato conto  del
fatto che la persona offesa o,  comunque,  il  danneggiato  si  siano
costituiti parte civile nel giudizio principale; 
    che,  secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  di   cassazione,
l'obbligo  risarcitorio  e  quello  restitutorio  costituirebbero  la
conseguenza che discende dal danno civile e non dal danno  di  natura
pubblicistica scaturente dalla violazione della norma penale, con  la
conseguenza  che  l'imposizione  di  essi  non  potrebbe  prescindere
dall'esercizio dell'azione civile (e' richiamata, tra le altre, Corte
di cassazione, sezione seconda penale, sentenza 18  dicembre  2013-29
gennaio 2014, n. 3958); 
    che la mancanza di indicazioni, nell'ordinanza di rimessione,  in
ordine alla costituzione delle parti civili impedirebbe  pertanto  di
verificare che il risarcimento  o  l'obbligo  di  restituzioni  siano
effettivamente richiedibili al condannato, rendendo cosi' irrilevante
la questione per come formulata; 
    che la questione dovrebbe comunque ritenersi infondata perche' il
giudice  rimettente,  facendo   esclusivo   riferimento   all'obbligo
costituito dal risarcimento del danno, non avrebbe tenuto  conto  del
fatto che il secondo comma dell'art. 165 cod.  pen.,  rinviando  agli
obblighi previsti dal primo comma dello stesso articolo, include  tra
quelli che debbono essere imposti a chi abbia gia' beneficiato  della
sospensione condizionale anche quello della prestazione di  attivita'
non retribuita in favore della collettivita'; 
    che, in ogni caso, la questione sarebbe infondata  alla  luce  di
quanto questa  Corte  ha  affermato,  sebbene  in  relazione  ad  una
fattispecie diversa da quella oggetto di giudizio, nella sentenza  n.
95 del 2015, e cioe' che una  norma  processuale  che  imponga  oneri
patrimoniali per il raggiungimento di determinati fini e' illegittima
«esclusivamente in  due  ipotesi:  da  un  lato,  quando  ne  risulti
compromesso l'esercizio di un diritto che la Costituzione  garantisce
a tutti paritariamente [...]; dall'altro, quando  gli  oneri  imposti
non  risultino  giustificati  da  ragioni  connesse   a   circostanze
obiettive, cosi' da determinare irragionevoli situazioni di vantaggio
o svantaggio»; 
    che, rispetto alla norma censurata, non  ricorrerebbe  ad  avviso
dell'interveniente ne' la  prima,  ne'  la  seconda  condizione:  sia
perche'  l'onere  patrimoniale   imposto   al   condannato   a   pena
condizionalmente sospesa che ne abbia  gia'  usufruito  e'  reso  non
necessario  dalla  possibilita'  di   imporgli   forme   diverse   di
riparazione del danno criminale, sia perche' e' evidente  l'interesse
pubblico all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato,  anche
per il suo valore sintomatico del processo di ravvedimento del reo. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Lecce, in  composizione
monocratica,  ha  sollevato,  in   riferimento   all'art.   3   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 165,
comma secondo, del codice penale, nella parte  in  cui  subordina  la
possibilita' di concedere il beneficio della sospensione condizionale
della pena a chi gia' ne abbia goduto una volta, alla condizione  che
egli  necessariamente   risarcisca   il   danno   o   provveda   alle
restituzioni, senza assegnare alcuna rilevanza al caso  in  cui  cio'
non sia possibile; 
    che, secondo il rimettente, la norma censurata, per il  fatto  di
prevedere che l'unica condotta riparatoria imponibile al condannato a
pena condizionalmente  sospesa  che  abbia  gia'  usufruito  di  tale
beneficio  in  passato  consista  nel  risarcimento   del   danno   o
nell'obbligo delle restituzioni,  determinerebbe  una  disparita'  di
trattamento,  sia  perche'  escluderebbe  dal  novero  delle   misure
imponibili condotte non economicamente onerose ma espressive  di  una
medesima  esigenza  di  ravvedimento,  sia   perche'   gli   imputati
subirebbero in tal modo un trattamento processuale diverso a  seconda
del loro censo; 
    che la questione e' manifestamente inammissibile; 
    che il censurato art. 165, comma secondo, cod.  pen.,  nel  testo
modificato dall'art. 2, comma 1, lettera b), della  legge  11  giugno
2004, n. 145 (Modifiche al codice penale e alle relative disposizioni
di coordinamento e transitorie in materia di sospensione condizionale
della pena e  di  termini  per  la  riabilitazione  del  condannato),
prevede che «[l]a sospensione  condizionale  della  pena,  quando  e'
concessa a persona che ne ha gia' usufruito, deve essere  subordinata
all'adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente»; 
    che il comma primo  dell'art.  165,  anch'esso  modificato  dalla
legge n. 145 del 2004 (art. 2, comma 1, lettera a) dispone che  «[l]a
sospensione  condizionale  della   pena   puo'   essere   subordinata
all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al  pagamento  della
somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente
assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della  sentenza
a titolo di riparazione del danno; puo' altresi' essere  subordinata,
salvo  che  la  legge  disponga  altrimenti,  all'eliminazione  delle
conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il  condannato
non si oppone, alla prestazione di attivita' non retribuita a  favore
della collettivita' per un tempo determinato comunque  non  superiore
alla durata della pena sospesa, secondo  le  modalita'  indicate  dal
giudice nella sentenza di condanna»; 
    che, per effetto delle modifiche apportate dalla legge n. 145 del
2004, dall'originario testo del  comma  secondo  dell'art.  165  cod.
pen., e' stato eliminato l'inciso per cui l'imposizione di uno  degli
obblighi di cui all'art. 165, comma primo, cod. pen. al condannato  a
pena condizionalmente sospesa, che abbia gia' usufruito del beneficio
in passato, e' obbligatoria «salvo che cio' sia impossibile»; 
    che l'eliminazione di tale riserva valutativa per il giudice  non
puo' che essere  funzionalmente  e  sistematicamente  correlata  alla
modifica contemporaneamente disposta dall'art. 2,  comma  1,  lettera
a), della legge n. 145 del  2004,  che,  come  visto,  ha  introdotto
all'art. 165, comma primo, cod. pen., accanto a quelle gia' previste,
la condotta riparatoria consistente nella «prestazione  di  attivita'
non retribuita a favore della collettivita' per un tempo  determinato
comunque non superiore alla durata della pena sospesa»; 
    che pertanto, alla luce di tali modifiche normative,  al  giudice
che si trovi a concedere il beneficio della sospensione  condizionale
della pena a chi ne abbia gia' usufruito residua sempre  la  facolta'
di imporre al condannato, ove per le piu' diverse ragioni  non  possa
porre a suo  carico  l'obbligo  al  risarcimento  del  danno  o  alle
restituzioni e sempre che il condannato stesso  non  si  opponga,  la
prestazione   di   attivita'   non   retribuita   in   favore   della
collettivita'; 
    che, peraltro, l'esercizio di tale facolta' per il giudice appare
reso  ulteriormente   agevole   dall'orientamento   giurisprudenziale
consolidato  del  giudice  di  legittimita',  secondo  il  quale   la
richiesta del beneficio della sospensione condizionale della pena  da
parte di chi ne abbia gia' usufruito, tanto piu' se  (come  nel  caso
che ha dato origine al presente giudizio) formulata nel  procedimento
di applicazione della pena su richiesta ai sensi  dell'art.  444  del
codice di procedura penale, implica la non opposizione del condannato
alla  subordinazione  del  beneficio  all'adempimento  di  uno  degli
obblighi di cui all'art. 165, comma primo, cod. pen., ivi compresa la
prestazione di attivita' non retribuita in favore della collettivita'
(Corte di cassazione, sezione  sesta  penale,  sentenze  24  aprile-7
maggio 2018, n. 19882 e 20 febbraio-14 aprile 2020, n. 12079); 
    che, alla luce di cio', per il fatto di non aver  considerato  la
possibilita'  di  subordinare  la   concessione   della   sospensione
condizionale della pena, a chi ne abbia gia'  usufruito  in  passato,
all'obbligo consistente nella prestazione di attivita' non retribuita
in favore della collettivita', il  giudice  rimettente  muove  da  un
presupposto  interpretativo  palesemente  erroneo,  che,  in  ragione
dell'incompleta    ricostruzione    del    quadro     normativo     e
giurisprudenziale  di  riferimento,  pregiudica  alla  radice  l'iter
logico che lo conduce a  ritenere  la  questione  non  manifestamente
infondata, determinandone cosi' la manifesta inammissibilita' (tra le
molte, ordinanze n. 42 del 2020, n. 59 del 2019, n. 202 del 2018,  n.
88 e n. 79 del 2017); 
    che restano assorbiti gli ulteriori profili di inammissibilita'. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 165, comma secondo, del  codice
penale, come modificato dall'art. 2, comma 1, lettera b), della legge
11 giugno 2004, n. 145 (Modifiche al codice penale  e  alle  relative
disposizioni di coordinamento e transitorie in materia di sospensione
condizionale della pena  e  di  termini  per  la  riabilitazione  del
condannato), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
dal Tribunale ordinario di Lecce, in  composizione  monocratica,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 30 ottobre 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA