N. 246 SENTENZA 3 - 25 novembre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Demanio e patrimonio dello  Stato  e  delle  Regioni  -  Norme  della
  Regione Veneto - Servizi di comunicazione elettronica - Occupazioni
  del  demanio  idrico  funzionali  all'installazione,  fornitura  ed
  esercizio delle reti - Previsione, a carico degli operatori, di  un
  canone stabilito dalla Giunta regionale - Violazione  dei  principi
  fondamentali nella materia dell'ordinamento della  comunicazione  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Veneto 13 aprile 2001, n. 11,  art.  83,  comma
  4-sexies, aggiunto dall'art. 10, comma 1, della legge della Regione
  Veneto 14 dicembre 2018, n. 43. 
- Costituzione, artt. 3, 117, commi secondo, lettera e), e terzo. 
(GU n.49 del 2-12-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  83,  comma
4-sexies, della legge della Regione Veneto  13  aprile  2001,  n.  11
(Conferimento di funzioni e  compiti  amministrativi  alle  autonomie
locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112),
come aggiunto dall'art. 10, comma 1, della legge della Regione Veneto
14 dicembre 2018, n. 43 (Collegato alla legge di stabilita' regionale
2019), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto,
nel procedimento vertente tra la Telecom  Italia  spa  e  la  Regione
Veneto e altri, con ordinanza del 17 giugno 2019, iscritta al n.  172
del registro ordinanze 2019 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di costituzione della Telecom Italia spa  e  della
Regione Veneto, nonche' l'atto di intervento della Open Fiber spa; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  3  novembre  2020  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi l'avvocato Nico Moravia per la Open Fiber spa, gli avvocati
Francesco Caliandro per la Telecom Italia spa e Andrea Manzi  per  la
Regione Veneto, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1), del
decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 3 novembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 17 giugno 2019 (r.o. n. 172 del  2019),  il
Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Veneto  ha   sollevato
questioni  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   83,   comma
4-sexies, della legge della Regione Veneto  13  aprile  2001,  n.  11
(Conferimento di funzioni e  compiti  amministrativi  alle  autonomie
locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112),
aggiunto al testo originario dall'art. 10, comma 1, della legge della
Regione Veneto 14 dicembre 2018,  n.  43  (Collegato  alla  legge  di
stabilita' regionale 2019), in riferimento agli artt. 3, 117, secondo
comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione. 
    La norma censurata dispone che in caso di occupazione di beni del
demanio idrico per l'installazione e  la  fornitura  di  reti  e  per
l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, cosi' come  per
l'installazione e gestione di sottoservizi e di impianti di  sostegno
di servizi  fuori  suolo,  il  soggetto  richiedente  sia  tenuto  al
pagamento dei canoni nella misura stabilita dalla  Giunta  regionale,
oltre al  versamento  degli  altri  oneri  previsti  dalla  normativa
vigente in materia. 
    2.- Il giudizio principale e' stato promosso  da  Telecom  Italia
spa, operatore di  comunicazione  elettronica  autorizzato  ai  sensi
dell'art. 25 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n.  259  (Codice
delle comunicazioni elettroniche). 
    Detta societa' ha impugnato la nota n. prot. 100127 del 12  marzo
2019, con la quale la Regione Veneto - Genio Civile di  Verona  -  le
aveva comunicato che la sua istanza di  rinnovo  di  una  concessione
idraulica, avente ad oggetto il fiancheggiamento telefonico del fiume
Adige nel territorio del Comune di Bussolengo,  sarebbe  stata  evasa
solo all'esito del pagamento dell'importo ivi meglio  specificato,  a
titolo di canone per l'occupazione di un tratto  di  bene  demaniale,
sulla base della menzionata disposizione regionale. 
    Nel  ricorso,  Telecom  Italia  spa  ha  dedotto,  fra   l'altro,
l'illegittimita' costituzionale della norma regionale presupposta. 
    3.- In ordine  alla  rilevanza  delle  questioni,  il  rimettente
osserva   che   l'unica   questione   dibattuta   nel   giudizio   e'
l'applicabilita' della norma censurata,  che  condiziona  il  rinnovo
della concessione all'assolvimento di un onere  economico;  donde  la
possibilita' di dar corso all'incidente  di  costituzionalita'  anche
nella  fase  cautelare  del  giudizio  principale,  come  in  effetti
accaduto. 
    4.- Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il giudice a
quo rileva anzitutto che la materia  delle  telecomunicazioni  riceve
specifica  disciplina  dal  menzionato  codice  delle   comunicazioni
elettroniche,  destinato  a  prevalere,  in  quanto  testo  normativo
successivo e  speciale,  sulle  disposizioni  contenute  nel  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15  marzo  1997,  n.  59),  che  ha
delegato  alle  Regioni  l'esercizio  delle   funzioni   di   polizia
idraulica, abilitandole ad imporre ai  privati  il  pagamento  di  un
canone per l'occupazione di aree demaniali. 
    4.1.- In  particolare,  l'art.  93,  comma  1,  del  citato  cod.
comunicazioni  elettroniche  stabilisce  una  riserva  di  legge   in
materia, non consentendo alle pubbliche  amministrazioni  di  imporre
agli operatori  della  comunicazione  elettronica  oneri  finanziari,
reali o contributi al di fuori di  quelli  espressamente  contemplati
dal comma  2  (come  interpretato  autenticamente,  e  con  efficacia
retroattiva, dall'art.  12,  comma  3,  del  decreto  legislativo  15
febbraio 2016, n. 33 recante "Attuazione della  direttiva  2014/61/UE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio  2014,  recante
misure  volte  a  ridurre  i  costi  dell'installazione  di  reti  di
comunicazione elettronica  ad  alta  velocita'");  si  tratta,  nello
specifico,  delle  spese  necessarie  alla  sistemazione  delle  aree
pubbliche coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione,
dei  costi  di  ripristino  delle  aree  medesime,  della  tassa  per
l'occupazione di  spazi  ed  aree  pubbliche  (TOSAP)  o  del  canone
previsto al medesimo fine (COSAP). 
    4.2.- Il rimettente osserva  che  detta  previsione,  secondo  il
costante  orientamento  della  giurisprudenza  costituzionale   (sono
richiamate le sentenze n. 47 del 2015, n. 272 del 2010,  n.  450  del
2006 e n. 336 del 2005),  esprime  un  principio  fondamentale  della
materia «ordinamento della comunicazione», poiche' assicura  a  tutti
gli  operatori  del   settore   un   trattamento   uniforme   e   non
discriminatorio; su tali basi, la stessa  giurisprudenza  attribuisce
all'art. 93 del cod. comunicazioni elettroniche anche  una  finalita'
di tutela della concorrenza, con l'obiettivo di garantire parita'  di
trattamento e di non ostacolare  l'ingresso  di  nuovi  soggetti  nel
settore economico di riferimento. 
    4.3.- Cio' posto, il rimettente assume che la norma censurata  si
pone,  anzitutto,  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  in   quanto
l'imposizione, da parte della Regione Veneto, di un onere finanziario
diverso da quelli tassativamente previsti dalla citata legge  statale
per l'occupazione del  demanio  idrico  comporta  una  disparita'  di
trattamento rispetto ad altre Regioni, nelle quali tale onere non  e'
richiesto. 
    Il rimettente denunzia, inoltre, una  violazione  dell'art.  117,
secondo  comma,  lettera  e),   Cost.,   poiche'   l'intervento   del
legislatore regionale invade  la  competenza  esclusiva  dello  Stato
nella materia «tutela della concorrenza»; assume,  infine,  anche  la
violazione dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  poiche'  la  norma
censurata contrasta con un principio fondamentale stabilito con legge
dello Stato  nella  materia  «ordinamento  della  comunicazione»,  di
competenza legislativa concorrente. 
    5.- Con atto depositato il 23 ottobre 2019 si  e'  costituita  in
giudizio Telecom Italia spa, ricorrente nel giudizio principale. 
    5.1.- La societa' ha  dapprima  ricostruito  i  termini  fattuali
della vicenda, caratterizzata da un pregresso  contenzioso  originato
dalla pretesa della  Regione  Veneto  di  ottenere,  in  relazione  a
diversi impianti di telecomunicazione realizzati  previa  concessione
di aree del demanio idrico, il pagamento di canoni, il cui fondamento
era rinvenibile nelle previsioni del d.lgs. n. 112 del 1998. 
    Detto contenzioso era stato definito con il rigetto delle pretese
della  Regione  Veneto,   in   conformita'   all'orientamento   ormai
consolidato della giurisprudenza della  Corte  di  cassazione  e  del
Consiglio di  Stato,  secondo  cui  l'art.  93,  comma  2,  del  cod.
comunicazioni  elettroniche  si  pone  in  rapporto  di   specialita'
rispetto  alla  disciplina  dei  canoni  demaniali  ricavabile  dalle
disposizioni del d.lgs. n. 112 del 1998. 
    5.2.- La Regione Veneto aveva  allora  adottato  la  disposizione
censurata, con la quale era previsto  il  versamento  di  un  canone,
nella  misura  determinata  dalla  Giunta  Regionale,  a  carico  del
richiedente la concessione per l'occupazione del  demanio  idrico  ai
fini dell'esercizio dei servizi di comunicazione; ed in tale contesto
aveva preso avvio il giudizio  principale,  originato  dalla  pretesa
della Regione di subordinare al pagamento di detto canone il  rinnovo
della concessione di un bene del demanio idrico regionale. 
    5.3.- Poste tali premesse, Telecom Italia  spa  ha  concluso  per
l'accoglimento   delle   questioni   sollevate,   riportandosi   alla
giurisprudenza richiamata nella stessa ordinanza di rimessione. 
    6.- Con memoria depositata il 6 novembre 2019 si e' costituita in
giudizio la Regione Veneto. 
    6.1.- Pur  dichiaratamente  consapevole  dell'orientamento  della
giurisprudenza costituzionale, la Regione ha sostenuto che la riserva
di  legge  contenuta  nell'art.  93,  comma  2,   del   citato   cod.
comunicazioni elettroniche non varrebbe ad escludere la  possibilita'
di interventi normativi delle Regioni, in quanto  la  disciplina  del
demanio idrico interseca diverse materie, alcune delle quali (come le
materie «governo del territorio» e «ordinamento della comunicazione»)
sono affidate alla competenza legislativa concorrente; in tal  senso,
ha pertanto sostenuto che una limitazione della potesta'  legislativa
regionale che giungesse  ad  escludere  la  possibilita'  di  imporre
canoni demaniali sarebbe «inammissibile,  anche  e  soprattutto  alla
luce delle indicazioni della Carta». 
    6.2.- Inoltre, avuto riguardo alla natura dello stesso  art.  93,
ha rilevato che  la  riconduzione  ad  unum  della  disciplina  delle
comunicazioni,  in  attuazione   della   Direttiva   2002/21/CE   del
Parlamento Europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che  istituisce
un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di  comunicazione
elettronica, non ha comportato una nuova  articolazione  del  riparto
delle competenze legislative stabilito dalla Costituzione, poiche' le
Regioni dispongono della competenza ad attuare ed eseguire  gli  atti
normativi dell'Unione Europea nelle materie ad esse attribuite,  come
previsto dall'art. 117, quinto comma, Cost. 
    Secondo la Regione, pertanto, la norma censurata atterrebbe  alle
materie   «governo   del   territorio»    ed    «ordinamento    della
comunicazione»,   rispetto   alle   quali   non   puo'   prospettarsi
l'adottabilita',  da  parte  del  legislatore  statale,  di  principi
fondamentali talmente pervasivi da  «comprimere  in  modo  pressoche'
assoluto ogni  competenza  delle  Regioni,  pena  la  violazione  dei
principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza». 
    6.3.- Su tali basi, la Regione ha sostenuto  che  l'art.  93  del
cod. comunicazioni elettroniche farebbe comunque salva l'applicazione
di leggi regionali che stabiliscono canoni e oneri per l'impianto  di
reti o l'esercizio di servizi di comunicazione; ed  ha  chiesto  alla
Corte di sollevare dinanzi a se stessa questione di  legittimita'  di
tale norma (nonche' dell'art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2016,
norma  di  interpretazione  autentica  con  efficacia   retroattiva),
laddove interpretata come affermativa di una riserva di legge statale
in relazione ad  attivita'  che  «implichino  l'occupazione  di  beni
demaniali affidati alla gestione delle Regioni». 
    6.4.- Nel merito, ha poi concluso per il rigetto delle questioni,
assumendo che le disposizioni censurate sarebbero  conformi  «sia  al
diritto dell'Unione  Europea,  sia  all'art.  23  della  Costituzione
[...], sia al riparto  di  competenze  fissato  nell'art.  117  della
Costituzione, sia, infine e in particolare, all'esigenza di  tutelare
la concorrenza»; ed a  tale  ultimo  riguardo  ha  sostenuto  che  le
eventuali differenziazioni  relative  all'obbligo  del  pagamento  di
canoni sarebbero «giustificate dall'attenzione che ogni ente  rivolge
alle peculiarita' del proprio territorio», e che - in ogni caso -  il
canone  demaniale  sarebbe  conforme  ai  requisiti  di  trasparenza,
obiettiva giustificabilita', proporzionalita' e  non  discriminazione
fissati dal citato cod. comunicazioni elettroniche. 
    7.- E' infine intervenuta, con memoria depositata il 12  novembre
2019,  Open  Fiber  spa,  anch'essa  operatrice  autorizzata  per  le
telecomunicazioni, deducendo la propria legittimazione ad intervenire
in base a due distinte circostanze. 
    Da un lato, infatti, detta societa' ha allegato di aver  promosso
un giudizio dal contenuto identico a quello del giudizio  principale,
poi sospeso dal  TAR  in  attesa  della  definizione  della  presente
questione di legittimita', ed ha sostenuto che  da  tale  circostanza
doveva desumersi l'esistenza di un suo interesse diretto ed immediato
rispetto al rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio;  dall'altro
lato, ha documentato di essere comunque intervenuta ad adiuvandum nel
giudizio  principale,  seppur  con  atto   successivo   al   deposito
dell'ordinanza di rimessione. 
    Nel merito, ha concluso per l'accoglimento della questione. 
    8.- Telecom Italia spa  e  la  Regione  Veneto  hanno  depositato
memorie in prossimita'  dell'udienza,  insistendo  nelle  conclusioni
gia' formulate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per  il  Veneto  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4-sexies, della
legge della Regione Veneto 13 aprile 2001,  n.  11  (Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112),  aggiunto  al  testo
originario dall'art. 10, comma 1, della legge della Regione Veneto 14
dicembre 2018, n. 43 (Collegato alla legge  di  stabilita'  regionale
2019), in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettera e), e
terzo comma, della Costituzione. 
    Tale norma prevede che,  in  caso  di  occupazione  di  beni  del
demanio idrico per l'installazione e  la  fornitura  di  reti  e  per
l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, cosi' come  per
l'installazione e gestione di sottoservizi e di impianti di  sostegno
di servizi  fuori  suolo,  il  soggetto  richiedente  sia  tenuto  al
pagamento dei canoni nella misura stabilita dalla  Giunta  regionale,
oltre al  versamento  degli  altri  oneri  previsti  dalla  normativa
vigente in materia. 
    1.1.- Secondo il  rimettente,  la  norma  censurata  derogherebbe
all'art. 93, comma 1, del decreto legislativo 1° agosto 2003, n.  259
(Codice delle comunicazioni elettroniche),  a  mente  del  quale  «Le
Pubbliche amministrazioni, le Regioni, le Province ed  i  Comuni  non
possono imporre per l'impianto di reti o per l'esercizio dei  servizi
di comunicazione elettronica, oneri e canoni che non siano  stabiliti
per legge»;  e  siffatta  deroga,  riguardando  costi  ed  oneri  non
contemplati  in  altre  Regioni,  determinerebbe  una  disparita'  di
trattamento tra operatori economici la cui attivita'  e'  distribuita
sul territorio nazionale,  con  conseguente  violazione  dell'art.  3
Cost. 
    1.2.-  La  stessa  imposizione,   inoltre,   darebbe   luogo   ad
un'alterazione del sistema concorrenziale del mercato nazionale,  con
conseguente invasione della competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato nella materia «tutela della concorrenza»; e poiche', in base al
costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, l'art.  93
del gia' citato cod. comunicazioni elettroniche esprime un  principio
fondamentale nella  materia  «ordinamento  della  comunicazione»,  di
competenza legislativa concorrente, la norma censurata, nel porsi  in
contrasto con tale principio, violerebbe altresi' l'art.  117,  terzo
comma, Cost.. 
    2.- Esercitando il proprio  potere  di  decidere  l'ordine  delle
questioni da affrontare (sentenze n. 258 del 2019 e n. 148 del 2018),
questa  Corte  ritiene  di  esaminare  prioritariamente  quest'ultima
censura. 
    2.1.-  Occorre  anzitutto  rilevare  che,  con  la   disposizione
censurata, la Regione Veneto non ha esercitato la propria  competenza
legislativa nella materia «governo del territorio». 
    La norma, infatti, non  concerne  la  progettazione  tecnica,  la
realizzazione  o  l'allocazione  degli  impianti  di   produzione   o
trasmissione delle comunicazioni,  aspetti  certamente  destinati  ad
interessare l'assetto  urbanistico  e  le  peculiarita'  territoriali
dell'area su cui tali attivita' ricadono  e,  come  tali,  rientranti
nella competenza legislativa  delle  Regioni,  sia  pure  tenute  «ad
uniformarsi  agli standard stabiliti  dal  gestore  della   rete   di
trasmissione nazionale» (sentenza n. 7 del 2004; in  senso  conforme,
sentenza n. 336 del 2005). 
    Essa e', piuttosto, destinata a regolare  l'esercizio,  da  parte
della Regione, delle funzioni amministrative conferitele per  effetto
del decreto legislativo  31  marzo  1998,  n.  112  (Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59), ed in particolare di  quelle  in  materia  di  risorse  idriche,
mediante la disciplina del relativo rapporto concessorio. 
    2.2.- In tale specifico ambito, la disposizione censurata prevede
il pagamento di canoni a carico degli operatori della  comunicazione,
in relazione  a  tutte  le  ipotesi  nelle  quali  l'esercizio  della
relativa attivita' renda necessaria l'occupazione di beni del demanio
idrico; il  canone  e',  infatti,  previsto  «per  l'installazione  e
fornitura di reti e per  l'esercizio  dei  servizi  di  comunicazione
elettronica,  cosi'  come  per  la  installazione   e   gestione   di
sottoservizi e di impianti di sostegno di servizi fuori suolo». 
    Detta  disposizione  va,  pertanto,   ricondotta   alla   materia
«ordinamento della comunicazione», laddove  disciplina  l'imposizione
di oneri pecuniari. 
    2.3.- Nell'ambito di  quest'ultima  materia,  la  disciplina  del
settore  della  comunicazione  elettronica  persegue  il  duplice   e
concorrente obiettivo della liberta'  nella  fornitura  del  relativo
servizio, in quanto di preminente interesse generale, e della  tutela
del diritto di iniziativa economica degli operatori, da svolgersi  in
regime di concorrenza proprio al fine  di  garantire  il  piu'  ampio
accesso all'uso dei mezzi di comunicazione elettronica. 
    Siffatti  obiettivi   hanno   caratterizzato   l'intervento   del
legislatore statale nel settore delle telecomunicazioni, avvenuto con
il citato  cod.  comunicazioni  elettroniche;  tale  intervento,  fra
l'altro, ha attuato una liberalizzazione del mercato con le finalita'
(espressamente rappresentate nelle Direttive 2002/19/CE,  2002/20/CE,
2002/21/CE e 2002/22/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 7
marzo 2002) di garantire agli imprenditori l'accesso al  settore  con
criteri  di  obiettivita',   trasparenza,   non   discriminazione   e
proporzionalita',  nonche'  di  consentire  agli  utenti  finali   la
fornitura  del   servizio   universale,   senza   distorsioni   della
concorrenza. 
    2.4.- Su tali basi, questa Corte ha da tempo affermato che l'art.
93 del cod. comunicazioni elettroniche costituisce espressione di  un
principio  fondamentale  della  materia,  «in  quanto   persegue   la
finalita' di garantire a tutti gli operatori un trattamento  uniforme
e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di  porre
a carico degli stessi oneri o canoni» (sentenza n. 336 del  2005;  in
senso conforme, sentenze n. 47 del 2015, n. 272 del 2010, n. 450  del
2006). 
    La norma censurata si pone, infatti, in netto contrasto con  tale
principio, poiche' impone  agli  operatori  delle  comunicazioni  una
prestazione pecuniaria che rientra nell'ambito di quelle colpite  dal
divieto. 
    2.5.- In ordine alla finalita' perseguita dall'art. 93 del citato
cod. comunicazioni elettroniche, questa Corte  ha  inoltre  precisato
che, in mancanza di tale  divieto,  ogni  singola  Regione  «potrebbe
liberamente prevedere obblighi  "pecuniari"  a  carico  dei  soggetti
operanti sul proprio territorio, con  il  rischio,  appunto,  di  una
ingiustificata  discriminazione  rispetto  ad  operatori   di   altre
Regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere
imposti» (sentenza n. 272 del 2010). 
    Si deve, percio',  escludere  che,  come  invece  ritenuto  dalla
Regione resistente,  la  riserva  di  legge  contenuta  nell'art.  93
consenta anche un intervento del legislatore regionale. 
    Se cosi' non fosse, del resto,  sarebbe  contraddetta  la  stessa
ratio legis, come individuata,  con  la  decisione  poc'anzi  citata,
nella finalita'  di  «evitare  che  ogni  Regione  possa  liberamente
prevedere obblighi "pecuniari" a carico  dei  soggetti  operanti  sul
proprio territorio». 
    3.- La questione  sollevata  in  relazione  all'art.  117,  terzo
comma,  Cost.,  e'  dunque  fondata.  Vengono  assorbiti  i  restanti
profili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  83,  comma
4-sexies, della legge della Regione Veneto  13  aprile  2001,  n.  11
(Conferimento di funzioni e  compiti  amministrativi  alle  autonomie
locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE 
 
 
                                                            Allegato: 
                      Ordinanza letta all'udienza del 3 novembre 2020 
    Rilevato che nel giudizio n. 172  r.o.  del  2019,  promosso  con
ordinanza del Tribunale amministrativo per il Veneto  del  17  giugno
2019, e' intervenuta la Open Fiber spa, la quale, esponendo  di  aver
impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto
un  atto  dal  contenuto  identico  a  quello  oggetto  del  giudizio
principale, e rappresentando altresi' che  il  relativo  giudizio  e'
stato sospeso dallo stesso  Tribunale  in  attesa  della  definizione
della presente questione di legittimita' costituzionale, assume,  per
tale  ragione,  di  essere  legittimata  ad  intervenire,  in  quanto
portatrice di interesse immediato e diretto al  rapporto  sostanziale
dedotto in giudizio; 
    che,  inoltre,  la  stessa  Open  Fiber  spa  afferma  di  essere
intervenuta ad adiuvandum nel giudizio principale con atto notificato
in data 8 novembre 2019. 
    Considerato, quanto a tale ultimo profilo, che  nel  giudizio  di
legittimita' costituzionale in via incidentale possono costituirsi  i
soggetti che erano parti del giudizio a quo al momento dell'ordinanza
di rimessione (ex plurimis, tra le tante, sentenze n. 13 del 2019, n.
217 e n. 180 del 2018; ordinanze allegate alle sentenze  n.  158,  n.
119 e n. 30 del 2020, n. 237, n. 221, n. 159, n.  141  e  n.  98  del
2019, n. 217, n. 194, n. 180 e n. 77 del 2018, n.  29  del  2017,  n.
286, n. 243 e n. 84 del 2016; ordinanze n. 202, n. 111 e  n.  37  del
2020), mentre nel caso di specie il deposito dell'atto di  intervento
e' successivo all'emissione di quest'ultima; 
    che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l'intervento di
soggetti  estranei  al  giudizio  principale  (art.  4  delle   Norme
integrative per i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale)  e'
ammissibile  soltanto  per  i  terzi   titolari   di   un   interesse
qualificato,  inerente  in  modo  diretto  e  immediato  al  rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari
di ogni altro, dalla norma oggetto di censura (ex plurimis,  sentenza
n. 158 del 2018, con allegata  ordinanza  letta  all'udienza  del  10
giugno 2020; sentenza n. 206 del 2019, con allegata  ordinanza  letta
all'udienza del 4 giugno 2019); 
    che,   pertanto,   l'incidenza   sulla    posizione    soggettiva
dell'interveniente deve derivare non gia', come per  tutte  le  altre
situazioni sostanziali disciplinate  dalla  disposizione  denunciata,
dalla pronuncia della Corte sulla legittimita'  costituzionale  della
legge stessa, ma dall'immediato effetto che detta  pronuncia  produce
sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo; 
    che, nel caso in esame, la Open Fiber spa non e' titolare  di  un
interesse  direttamente  riconducibile   all'oggetto   del   giudizio
principale, bensi' di un interesse  riflesso  all'accoglimento  della
questione, in quanto  assoggettata,  come  ogni  altro  operatore  di
comunicazione   elettronica   autorizzato,   alla   norma   regionale
censurata; 
    che, inoltre, per costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  ai
fini dell'ammissibilita' dell'intervento, non rileva che il  giudizio
di  cui  e'  parte  l'interveniente  sia  stato  sospeso  in   attesa
dell'esito dell'incidente di  costituzionalita'  scaturito  da  altro
indipendente giudizio, poiche', ove si ritenesse altrimenti, verrebbe
sostanzialmente soppresso il carattere incidentale  del  giudizio  di
legittimita' costituzionale e non sarebbe consentito  alla  Corte  di
verificare la rilevanza della questione (ordinanza n. 202 del 2020); 
    che, pertanto, l'intervento della  Open  Fiber  spa  deve  essere
dichiarato inammissibile. 
 
                          PER QUESTI MOTIVI 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile l'intervento  della  societa'  Open  Fiber
spa. 
 
               F.to: Mario Rosario Morelli, Presidente