N. 259 SENTENZA 17 novembre - 3 dicembre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Campania - Contributi  o
  agevolazioni per l'edilizia residenziale - Divieto  di  concessione
  per gli interventi di nuova  edificazione  -  Limitazione  ai  soli
  interventi  di  recupero  edilizio  -  Denunciata   disparita'   di
  trattamento e violazione dei principi in  materia  di  governo  del
  territorio - Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n.  5,  art.  1,  comma
  153. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, terzo comma. 
(GU n.50 del 9-12-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
153, della legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n.  5  recante
«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2013   e
pluriennale  2013-2015  della  Regione  Campania  (Legge  finanziaria
regionale 2013)», promosso  dal  Tribunale  amministrativo  regionale
della Campania nel procedimento vertente  tra  la  Aquilone  societa'
cooperativa edilizia e la Regione  Campania,  con  ordinanza  del  12
marzo 2019,  iscritta  al  n.  206  del  registro  ordinanze  2019  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  47,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti  gli  atti  di   costituzione   della   Aquilone   societa'
cooperativa edilizia e della Regione Campania; 
    udito nell'udienza pubblica  del  17  novembre  2020  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato Vincenzo  Scolavino  per  la  Aquilone  societa'
cooperativa edilizia e l'avvocato  Massimo  Consoli  per  la  Regione
Campania, in collegamento da  remoto,  ai  sensi  del  punto  1)  del
decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 17 novembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 12 marzo 2019 (r.o. n. 206  del  2019),  il
Tribunale amministrativo regionale della Campania  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3 e  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  153,
della legge della Regione Campania  6  maggio  2013,  n.  5,  recante
«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2013   e
pluriennale  2013-2015  della  Regione  Campania  (Legge  finanziaria
regionale 2013)». 
    1.1.- Il giudice a quo premette di essere investito  del  ricorso
proposto da una societa' cooperativa edilizia avverso i provvedimenti
di  archiviazione  dei  progetti  di  nuova  edificazione,  da   essa
presentati ai sensi  dell'avviso  pubblico  per  la  definizione  del
programma regionale  di  edilizia  residenziale  sociale  di  cui  al
decreto n. 376 del 28 luglio 2010 della  Direzione  generale  per  il
governo del territorio - settore edilizia  pubblica  abitativa  della
Regione Campania. 
    Al riguardo, il rimettente rileva che il decreto-legge 25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica e la perequazione  tributaria)  ha  previsto,  all'art.  11,
sotto la rubrica «Piano Casa», la realizzazione di un piano nazionale
di edilizia abitativa, con il coinvolgimento di capitali  pubblici  e
privati: piano destinato - secondo quanto si afferma nella  relazione
al disegno di legge di conversione - «a  incrementare  il  patrimonio
immobiliare ad uso abitativo per tutte le categorie  sociali  per  le
quali e' impossibile accedere al libero mercato della locazione». 
    Il comma 3 del citato art. 11 (con  il  quale  si  prevedeva  che
«[i]l Piano nazionale ha ad oggetto la  realizzazione  di  misure  di
recupero del patrimonio abitativo esistente o di costruzione di nuovi
alloggi  [...]»)  e'  stato  interamente  sostituito,  in   sede   di
conversione,  a  opera  della  legge  6  agosto  2008,  n.  133,  con
l'inversione  delle  espressioni  adoperate  e  l'eliminazione  della
particella disgiuntiva, cosi' che la  disposizione  risultante  dalla
conversione recita: «[i]l piano nazionale di edilizia abitativa ha ad
oggetto la costruzione di nuove  abitazioni  e  la  realizzazione  di
misure  di  recupero  del  patrimonio  edilizio   esistente   [...]».
Risulterebbe quindi evidente - secondo il giudice a quo - come si sia
optato  per  una  programmazione  nazionale  volta  a  promuovere  il
soddisfacimento del diritto all'abitazione dei cittadini  con  minori
mezzi economici anche, se non soprattutto, mediante la costruzione di
nuove abitazioni. 
    Il  piano  veniva  approvato  con  decreto  del  Presidente   del
Consiglio dei ministri 16 luglio 2009 (Piano  nazionale  di  edilizia
abitativa). Di seguito, con decreto dell'8 marzo 2010,  il  Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti ripartiva tra le  Regioni  e  le
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  l'importo   di   euro
377.885.270, destinato a finanziare quattro delle linee di intervento
previste dall'art. 1 del  piano,  assegnando  alla  Regione  Campania
risorse economiche per complessivi euro 41.168.899,68. 
    Con il citato decreto dirigenziale n.  376  del  28  luglio  2010
veniva quindi approvato, nella Regione  Campania,  l'avviso  pubblico
«per la definizione del Programma regionale di edilizia  residenziale
sociale», previsto dall'art. 8 del d.P.C.m. 16  luglio  2009:  avviso
che comprendeva tra i progetti ammessi a contributo anche  quelli  di
nuova costruzione. 
    Alla  relativa  procedura  di  selezione  partecipava  anche   la
ricorrente Aquilone societa' cooperativa  edilizia,  presentando  due
distinte proposte per la realizzazione di nuovi fabbricati nei Comuni
di Avellino e di Aiello del Sabato. 
    Nelle more del relativo iter istruttorio  interveniva,  tuttavia,
la legge reg. Campania n. 5 del 2013,  il  cui  art.  1,  comma  153,
stabiliva che, «[i]n attesa dell'adozione di una disciplina  organica
sul contenimento dell'uso del suolo  in  attuazione  della  legge  14
gennaio 2013, n. 10 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani),
la concessione di  nuovi  contributi  o  agevolazioni  in  favore  di
soggetti attuatori legittimati dalle leggi in vigore per il  recupero
e la costruzione di alloggi nella Regione Campania e' consentita solo
per interventi di  recupero  edilizio  e  non  per  quelli  di  nuova
edificazione». 
    A fronte di tale previsione, con decreti del  Direttore  generale
per il governo del territorio  numeri  356  e  395,  privi  di  data,
trasmessi, rispettivamente, il 13 e il 16 giugno 2014, veniva  quindi
disposta l'archiviazione dei due progetti di nuova edificazione della
societa' cooperativa ricorrente. 
    In seguito, peraltro, l'art.  1,  comma  82,  della  legge  della
Regione Campania  7  agosto  2014,  n.  16,  recante  «Interventi  di
rilancio e sviluppo  dell'economia  regionale  nonche'  di  carattere
ordinamentale e organizzativo (collegato  alla  legge  di  stabilita'
regionale 2014)», aggiungeva all'art. 1 della legge reg. Campania  n.
5 del 2013 il comma 153-bis, stabilendo che la disciplina di  cui  al
comma 153 non si applica ai  procedimenti  finalizzati  a  finanziare
attivita' di nuova edificazione ai sensi del d.P.C.m. 16 luglio 2009,
a condizione che essi  siano  stati  avviati  prima  dell'entrata  in
vigore della legge  reg.  Campania  n.  5  del  2013  e  che  vengano
conclusi, con la sottoscrizione della  convenzione,  entro  sei  mesi
dall'entrata in vigore della nuova disposizione. 
    La societa'  cooperativa,  ricorrente  nel  giudizio  principale,
invitava quindi la Regione a disporre  l'annullamento  in  autotutela
dei decreti di archiviazione dei suoi progetti. 
    Non avendo ottenuto riscontro, impugnava i  provvedimenti  stessi
davanti al Tribunale rimettente per violazione di legge ed eccesso di
potere,  sulla   base   di   tre   motivi.   Deduceva,   in   specie,
l'inapplicabilita' dell'art. 1, comma 153, della legge reg.  Campania
n. 5 del 2013 ai progetti inerenti al  piano  nazionale  di  edilizia
abitativa, posto che l'art. 11, comma 3, del d.l. n.  112  del  2008,
come convertito, non  opera  alcuna  distinzione  tra  interventi  di
recupero edilizio e di costruzione di nuovi alloggi.  Denunciava,  in
secondo luogo, l'illegittimita'  costituzionale  della  citata  norma
regionale per contrasto con i principi posti dalla legge  statale  in
materia  di  competenza  concorrente  e  perche'  produttiva  di  una
disparita' di trattamento su base  territoriale.  Sosteneva,  infine,
l'inapplicabilita' della  medesima  norma  regionale  alla  procedura
regolata dall'avviso pubblico del 2010, che  ne  costituisce  la  lex
specialis,  non  modificabile  in  termini  peggiorativi  dallo   ius
superveniens. 
    1.2.- Cio' premesso, il TAR campano  reputa  di  dover  sollevare
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  153,
della legge reg. Campania n. 5 del 2013, ritenendole rilevanti e  non
manifestamente infondate. 
    Ad avviso del giudice a quo, la rilevanza risulterebbe  evidente,
posto che l'archiviazione dei progetti presentati dalla ricorrente e'
stata disposta in ragione di quanto previsto dalla norma censurata. 
    La  ricorrente  non  potrebbe,  d'altra  parte,  giovarsi   della
successiva «disposizione di salvaguardia» introdotta  con  l'art.  1,
comma 82, della legge reg. Campania n.  16  del  2014.  Per  costante
affermazione della giurisprudenza amministrativa, infatti,  in  forza
del  principio  tempus  regit  actum,  la  legittimita'  di  un  atto
amministrativo va accertata sulla base dei presupposti di fatto e  di
diritto esistenti al momento della sua  emanazione.  Di  conseguenza,
l'atto non  puo'  essere  reso  illegittimo  ex  post  da  una  norma
sopravvenuta,  salvo  che  essa  rechi  una  espressa   clausola   di
retroattivita': clausola non rinvenibile nella disposizione regionale
da ultimo citata. Ne', d'altro canto, sarebbe possibile attribuire  a
tale  disposizione  natura  interpretativa:  essa  avrebbe  piuttosto
carattere  innovativo   e   integrativo   della   norma   precedente,
limitandosi ad apportare una «deroga  condizionata»  al  divieto,  da
questa previsto,  di  accordare  benefici  per  interventi  di  nuova
edificazione. 
    Allo stato,  pertanto,  il  ricorso  dovrebbe  essere  rigettato,
avendo i provvedimenti impugnati un contenuto interamente vincolato. 
    1.3.- Quanto, poi, alla  non  manifesta  infondatezza,  la  norma
censurata si porrebbe - secondo il  rimettente  -  in  contrasto  con
l'art.  3  Cost.,  determinando  una  ingiustificata  disparita'   di
trattamento  fra  situazioni  analoghe.  Essa  farebbe  dipendere  la
possibilita' di ottenere  i  benefici  in  questione  dal  mero  dato
cronologico  dell'esame  delle  pratiche,   escludendo   le   istanze
esaminate per prime (oggetto  di  archiviazione,  come  nel  caso  di
specie), mentre quelle scrutinate piu' tardi hanno potuto giovarsi di
quanto disposto con il successivo  intervento  legislativo  regionale
(il comma 153-bis dell'art. 1 della legge  reg.  Campania  n.  5  del
2013). 
    La norma  denunciata  violerebbe,  altresi',  l'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    In sede di scrutinio della norma statale di cui all'art.  11  del
d.l. n. 112 del  2008,  come  convertito,  questa  Corte  ha  infatti
chiarito,  con  la  sentenza  n.  121  del  2010,  che  «la   materia
dell'edilizia residenziale pubblica,  non  espressamente  contemplata
dall'art. 117 Cost., "si  estende  su  tre  livelli  normativi"»,  il
secondo dei quali - riguardante la programmazione degli  insediamenti
di edilizia residenziale e, in particolare, la previsione di un piano
nazionale di  edilizia  abitativa  -  si  colloca  nella  materia  di
competenza concorrente «governo del territorio», ai  sensi  dell'art.
117, terzo comma, Cost. E' stato, quindi, affermato  che  «lo  Stato,
con  il  suddetto  piano,  fissa  i  principi  generali  che   devono
presiedere alla programmazione nazionale ed a  quelle  regionali  nel
settore», esercitando, con  cio',  le  proprie  attribuzioni  in  una
materia di competenza concorrente,  quale  appunto  il  «governo  del
territorio». 
    Nell'ambito di tali principi generali rientrerebbe  anche  quello
stabilito dall'art. 11, comma 3, del  d.l.  n.  112  del  2008,  come
convertito, secondo il quale l'incremento dell'offerta abitativa  per
le categorie sociali con minori mezzi  economici  doveva  realizzarsi
anche,  se  non  soprattutto,  mediante  la  costruzione   di   nuove
abitazioni: principio con il quale la norma censurata si porrebbe  in
evidente contrasto. 
    Dovrebbe, infatti, escludersi che, nella materia considerata,  la
potesta' legislativa regionale possa produrre esiti diversi  rispetto
alla programmazione nazionale. La legislazione  regionale  fruirebbe,
bensi', di spazi per modulare la realizzazione di nuove abitazioni  e
il recupero del patrimonio edilizio esistente  (in  specie,  fissando
priorita' e preferenze e stabilendo modalita' di realizzazione  degli
interventi), ma non potrebbe escludere del tutto le nuove costruzioni
nella determinazione del  programma  regionale  attuativo  del  piano
nazionale, stante l'ineludibile principio di concorrenza delle  nuove
abitazioni con il recupero dei fabbricati preesistenti fissato  dalla
legge statale. 
    2.- Si e' costituita la Aquilone societa'  cooperativa  edilizia,
ricorrente nel giudizio a quo, la  quale  ha  chiesto  l'accoglimento
delle questioni, svolgendo argomenti a sostegno della loro  rilevanza
e fondatezza, sviluppati con successiva memoria. 
    La parte costituita ha sottolineato, in specie, come,  alla  luce
delle indicazioni di questa Corte, la fissazione su  scala  nazionale
degli interventi sia funzionale ad assicurare  i  livelli  minimi  di
offerta abitativa per le  categorie  sociali  svantaggiate,  evitando
squilibri e disparita' di trattamento nel godimento del diritto  alla
casa: prospettiva nella quale la violazione  del  principio  generale
che consente di attuare il piano nazionale, non solo mediante  misure
di  recupero  edilizio,   ma   anche   mediante   nuove   costruzioni
comporterebbe  una  discriminazione  su  base  territoriale  atta   a
compromettere la funzione del piano, lesiva anche dell'art. 3 Cost. 
    3.- Si e' costituita anche la Regione  Campania,  resistente  nel
giudizio principale, chiedendo il rigetto delle questioni. 
    Nella memoria successivamente depositata, la Regione rileva  come
la norma censurata persegua l'obiettivo - rientrante certamente nelle
competenze regionali - di contenere  il  consumo  del  suolo  a  fini
edificatori: esigenza posta in risalto  anche  a  livello  europeo  e
particolarmente  avvertita  nel  territorio   campano,   in   ragione
dell'elevata percentuale di suolo artificiale in esso riscontrabile. 
    La  disposizione  non  avrebbe,  d'altro  canto,  determinato  la
disparita'  di   trattamento   denunciata   dal   rimettente.   Dalla
documentazione prodotta in allegato alla  memoria,  emerge,  infatti,
che  nessun  progetto  di  nuova  edificazione  ha   beneficiato   di
contributi o agevolazioni, ne' dopo la norma regionale del 2013,  ne'
dopo quella del 2014. 
    La norma censurata non violerebbe neppure il principio posto  dal
legislatore statale riguardo all'oggetto del  piano,  in  quanto  non
precluderebbe  affatto  la  realizzazione  di  nuove  abitazioni  nel
territorio  campano  che  non  contemplino  forme  di   finanziamento
pubblico. 
    Dalle disposizioni contenute nell'art. 11 del  d.l.  n.  112  del
2008, come convertito, si desumerebbe, d'altronde, che  il  principio
in questione va adattato alle  singole  realta'  territoriali  e  non
impone,  comunque  sia,  alle   Regioni   di   prevedere   interventi
finanziari:  e  cio'  particolarmente  a  favore  delle   cooperative
edilizie costituite fra soggetti  beneficiari  degli  interventi,  le
quali - alla luce di quanto previsto dal comma  3,  lettera  d),  del
citato art. 11 - dovrebbero fruire soltanto di forme di agevolazione,
anche amministrative. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale della  Campania  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 153, della legge
della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della
Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2013)», il quale  vieta
la concessione di contributi o agevolazioni per interventi  di  nuova
edificazione nella  Regione  Campania,  consentendola  solo  per  gli
interventi di recupero edilizio. 
    Ad avviso del rimettente, la norma regionale censurata violerebbe
l'art.  3  della  Costituzione,  in   quanto   generatrice   di   una
ingiustificata disparita'  di  trattamento  fra  situazioni  analoghe
legata al «mero dato cronologico  dell'esame  delle  pratiche».  Essa
escluderebbe, infatti, dai finanziamenti  previsti  in  relazione  al
piano nazionale di  edilizia  abitativa  approvato  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009 (Piano nazionale
di  edilizia  abitativa)  le  istanze  esaminate  per  prime  e  gia'
archiviate, quando invece quelle scrutinate  successivamente  possono
giovarsi della «disposizione di salvaguardia» di cui al comma 153-bis
dell'art. 1 della legge reg. Campania n. 5 del 2013,  introdotta  con
l'art. 1, comma 82, della legge della Regione Campania 7 agosto 2014,
n. 6,  recante  «Interventi  di  rilancio  e  sviluppo  dell'economia
regionale  nonche'  di  carattere   ordinamentale   e   organizzativo
(collegato alla legge  di  stabilita'  regionale  2014)»,  che  rende
inapplicabile la norma censurata ai procedimenti  gia'  avviati  alla
data di entrata in vigore della legge reg. Campania n. 5 del  2013  e
che si concludano entro sei mesi dalla  data  di  entrata  in  vigore
della nuova disposizione. 
    La norma  denunciata  violerebbe,  altresi',  l'art.  117,  terzo
comma, Cost., per lesione della competenza  legislativa  dello  Stato
nella materia di competenza  concorrente  «governo  del  territorio»:
materia entro la quale ricade - secondo le indicazioni della sentenza
n. 121 del 2010 di questa Corte - la previsione del  piano  nazionale
di edilizia abitativa approvato con  il  citato  d.P.C.m.  16  luglio
2009. La disposizione sottoposta a scrutinio si porrebbe, infatti, in
contrasto con il principio generale fissato dal  legislatore  statale
nell'art. 11, comma 3, del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, in  legge  6
agosto 2008, n.  133,  in  base  al  quale  il  piano  doveva  essere
realizzato, non solo mediante interventi  di  recupero  edilizio,  ma
anche, e prima di tutto, tramite la costruzione di nuovi alloggi. 
    2.- Le questioni  sono  inammissibili  per  difetto  di  adeguata
motivazione sulla rilevanza. 
    3.- Al riguardo, e' indispensabile riepilogare preliminarmente la
complessa vicenda che e' all'origine dei quesiti. 
    L'art.  11  del  d.l.  n.   112   del   2008,   convertito,   con
modificazioni,  in  legge  n.  133  del  2008   (cosiddetta   manovra
finanziaria estiva del 2008), ha previsto - sotto la  rubrica  «Piano
Casa» - l'approvazione di un piano nazionale di  edilizia  abitativa,
volto ad accrescere  l'offerta  di  alloggi  a  favore  di  categorie
sociali svantaggiate, con il coinvolgimento di  capitali  pubblici  e
privati. 
    In base al comma 3 del citato art. 11 - ed  e'  questo  il  punto
nodale - il piano doveva avere ad oggetto «la  costruzione  di  nuove
abitazioni e la realizzazione di misure di  recupero  del  patrimonio
abitativo esistente». 
    Il piano veniva approvato con d.P.C.m. 16 luglio 2009,  al  quale
faceva seguito, con decreto del Ministero delle infrastrutture e  dei
trasporti dell'8 marzo 2010, la ripartizione  tra  le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento  e  di  Bolzano  di  somme  destinate  al
finanziamento di quattro delle sei linee  d'intervento  previste  dal
piano, con assegnazione, in particolare, alla Regione Campania  della
somma di euro 41.168.899,68. 
    Le Regioni erano chiamate,  dal  canto  loro,  a  predisporre  un
programma  degli  interventi  da  finanziare  nel  loro   territorio,
promovendo e valutando, attraverso «procedure di evidenza  pubblica»,
le proposte dei soggetti interessati (art. 8 del  piano  allegato  al
d.P.C.m.  16  luglio  2009):  programma  destinato   a   essere   poi
sottoscritto dal  Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti
nell'ambito di un accordo di programma con la singola Regione  e  gli
enti locali coinvolti (art. 4 del piano). 
    La  Regione  Campania  approvava   l'avviso   pubblico   per   la
definizione del  programma  regionale  con  decreto  della  Direzione
generale per il governo del territorio -  settore  edilizia  pubblica
abitativa n. 376 del 28 luglio  2010,  il  quale  includeva  tra  gli
interventi finanziabili anche le nuove costruzioni (art. 5, comma  1,
lettere c e d). 
    Alla procedura di selezione delle proposte partecipava  anche  la
Aquilone societa' cooperativa edilizia - ricorrente  nel  giudizio  a
quo - presentando due progetti di nuove costruzioni. 
    Nelle more del relativo iter istruttorio sopravveniva,  tuttavia,
la norma regionale censurata (art. 1, comma  153,  della  legge  reg.
Campania n. 5  del  2013),  la  quale  stabiliva  che,  «[i]n  attesa
dell'adozione di una disciplina organica  sul  contenimento  dell'uso
del suolo in attuazione della legge 14 gennaio 2013, n. 10 (Norme per
lo sviluppo degli  spazi  verdi  urbani),  la  concessione  di  nuovi
contributi o agevolazioni in favore di soggetti attuatori legittimati
dalle leggi in vigore per il recupero e  la  costruzione  di  alloggi
nella Regione Campania e' consentita solo per interventi di  recupero
edilizio e non per quelli di nuova edificazione». 
    A fronte di cio', la Regione, con decreti del Direttore  generale
per il governo del territorio  numeri  356  e  395,  privi  di  data,
trasmessi, rispettivamente, il 13 e  il  16  giugno  2014,  disponeva
l'«archiviazione» dei progetti della Cooperativa (il che equivaleva a
esclusione dall'ammissione al contributo). 
    Si  registrava,  tuttavia,  di  li'   a   poco,   una   ulteriore
sopravvenienza normativa.  L'art.  1,  comma  82,  della  legge  reg.
Campania n. 16 del 2014, aggiungendo  all'art.  1  della  legge  reg.
Campania n. 5 del 2013 il comma 153-bis, stabiliva, infatti  -  nella
parte che qui interessa - che il divieto di contributi o agevolazioni
per nuove costruzioni non si applica ai  procedimenti  attuativi  del
piano nazionale di edilizia abitativa di cui al  d.P.C.m.  16  luglio
2009, alla duplice condizione che i procedimenti stessi  siano  stati
avviati prima dell'entrata in vigore della legge reg. Campania  n.  5
del 2013 e che vengano conclusi entro sei mesi dall'entrata in vigore
della novella del 2014. 
    La Aquilone societa' cooperativa edilizia chiedeva, quindi,  alla
Regione di annullare in autotutela i provvedimenti  di  archiviazione
dei  propri  progetti.  Non  avendo  avuto  riscontro,  impugnava   i
provvedimenti  stessi  davanti   al   TAR   rimettente,   deducendone
l'illegittimita' per violazione di legge ed eccesso di potere. 
    4.- Ad avviso del  giudice  a  quo,  il  ricorso  della  societa'
cooperativa dovrebbe essere, allo stato, respinto. 
    La ricorrente non potrebbe, infatti, giovarsi della «disposizione
di salva-guardia» introdotta dall'art. 1, comma 82, della legge  reg.
n. 16 del 2014 (quella  che  esclude  dal  divieto  di  contributi  o
agevolazioni per nuove costruzioni i  procedimenti  gia'  avviati  in
base  al  piano  nazionale  di  edilizia  abitativa),  essendo   tale
disposizione posteriore ai provvedimenti impugnati. 
    Secondo   un   consolidato   indirizzo    della    giurisprudenza
amministrativa, la legittimita' dei provvedimenti  amministrativi  si
valuta sulla base della situazione di fatto e di diritto esistente al
tempo della loro adozione (tempus regit actum). Il provvedimento  non
puo' essere reso, pertanto, illegittimo - "ora per allora" -  da  una
norma sopravvenuta, salvo che questa contenga una  espressa  clausola
di retroattivita': clausola non rinvenibile nella norma regionale del
2014, alla quale, d'altro canto,  non  potrebbe  neppure  attribuirsi
natura interpretativa della  norma  del  2013.  Essa  non  mirerebbe,
infatti, a chiarire il senso di quest'ultima,  ma  avrebbe  piuttosto
carattere innovativo e  integrativo,  limitandosi  ad  apportare  una
«deroga condizionata» al divieto ivi  stabilito,  che  per  il  resto
rimane fermo: opererebbe, dunque, solo per l'avvenire. 
    Di qui - secondo il rimettente -  la  rilevanza  delle  sollevate
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  153,
della  legge  reg.  Campania  n.  5  del  2013,  sulla  cui  base   i
provvedimenti impugnati sono stati adottati. 
    5.- Il ragionamento che fonda la valutazione di  rilevanza  delle
questioni  di  costituzionalita',  ora   ripercorso,   si   presenta,
tuttavia, manchevole. 
    Il giudice a  quo  non  prende,  infatti,  in  considerazione  un
aspetto, che pure forma oggetto di uno dei motivi  di  ricorso  della
cooperativa (come emerge dalla stessa ordinanza di rimessione). 
    La censurata norma regionale del  2013  e',  infatti,  a  propria
volta successiva all'avviso (risalente al luglio del 2010) con cui e'
stata indetta la «procedura di evidenza pubblica»  per  la  selezione
dei progetti da inserire nel  programma  regionale  degli  interventi
ammessi a contributo: avviso che - come gia'  segnalato  -  includeva
tra gli interventi finanziabili anche le nuove costruzioni. 
    La  giurisprudenza  del  Consiglio   di   Stato   e',   peraltro,
assolutamente costante nell'affermare che, nelle  gare  pubbliche  o,
amplius, nelle procedure selettive, la  pubblica  amministrazione  e'
tenuta ad applicare le regole stabilite nel bando di gara,  le  quali
costituiscono la lex specialis,  non  disapplicabile  nel  corso  del
procedimento neppure quando talune di dette regole risultino non piu'
conformi a uno ius superveniens (ex  plurimis,  Consiglio  di  Stato,
sezione quinta, sentenza 7 giugno 2016, n. 2433; Consiglio di  Stato,
sezione quarta, sentenza 18 gennaio 2016, n. 143; Consiglio di Stato,
sezione quinta, 16 giugno 2015, n. 2988). 
    Secondo il giudice amministrativo, deve dunque escludersi che  la
normativa  sopravvenuta  possa  avere  alcun  effetto   diretto   sul
procedimento  di  gara,  anche  per  una  esigenza  di   salvaguardia
dell'affidamento dei soggetti che vi partecipano (Consiglio di Stato,
sezione quinta, sentenza 7 giugno 2016, n. 2433; Consiglio di  Stato,
sezione terza, 1° settembre 2014, n. 4449). Cio',  salvo  l'esercizio
del potere di autotutela (tra le altre, Consiglio di  Stato,  sezione
quarta, sentenza 18 gennaio 2016, n. 143; Consiglio di Stato, sezione
quarta, 7 settembre 2010, n. 6485), inteso specificamente a rimuovere
in via preventiva dal  mondo  giuridico  le  disposizioni  del  bando
(Consiglio di Stato,  sezione  quarta,  16  giugno  2015,  n.  2988):
ipotesi che  non  risulta  essersi,  peraltro,  verificata  nel  caso
oggetto del giudizio a quo. 
    Applicando tale indirizzo nel caso di specie - prospettiva  sulla
cui praticabilita' il rimettente non si sofferma - la Regione avrebbe
dovuto,  dunque,  prendere  in  esame  i  progetti   della   societa'
cooperativa  ricorrente  malgrado  la  sopravvenienza   della   norma
censurata, alla  quale  la  lex  specialis  della  procedura  sarebbe
rimasta insensibile. 
    Questo rilievo pone, peraltro,  nel  dubbio  anche  la  validita'
dell'assunto del giudice a quo, stando al quale la  successiva  norma
regionale di cui all'art. 1, comma 82, della legge reg.  Campania  n.
16 del 2014 non avrebbe natura interpretativa della  norma  censurata
(natura che ne implicherebbe la retroattivita'), apportando piuttosto
ad essa una «deroga condizionata». 
    Dai lavori preparatori relativi alla disposizione del 2014  -  e,
in particolare, dalla relazione  al  disegno  di  legge  d'iniziativa
della Giunta regionale che ad essa ha dato origine - emerge come,  in
realta', la disposizione mirasse proprio a  dissipare  le  incertezze
riguardo alla sorte dei procedimenti per l'ottenimento di  contributi
o agevolazioni gia' avviati,  ma  ancora  in  itinere  alla  data  di
entrata in vigore  della  norma  del  2013,  chiarendo  che  essi  si
concludono sulla base della disciplina precedente:  circostanza  atta
ad imprimere alla disposizione  stessa  una  finalita'  tipica  delle
norme interpretative. 
    Le incertezze apparivano ricollegabili  essenzialmente  al  fatto
che il comma 153 dell'art. 1 della legge reg. Campania n. 5 del  2013
recava, al secondo periodo, una ambigua  previsione  transitoria,  la
quale  demandava  alla  Giunta   regionale   di   procedere   a   una
«ricognizione  degli  interventi  di  nuova  edificazione  ammessi  a
contributo in esecuzione di bandi  gia'  pubblicati  per  i  quali  i
lavori non sono iniziati nei termini previsti, o non sono  proseguiti
per impossibilita' sopravvenuta derivante da causa non imputabile  al
soggetto attuatore, oppure per i quali comunque sussistono motivi  di
annullamento  o  di  revoca  del  provvedimento  di   ammissione   al
contributo»: cio', al  fine  di  pronunciarne  «la  definitiva  [...]
decadenza».  La  circostanza  che  il  legislatore  regionale  avesse
previsto, a determinate condizioni, la caducazione di contributi  per
interventi di nuova edificazione gia' concessi, poteva prestarsi,  in
effetti, ad ingenerare  il  dubbio  che  -  in  deroga  al  principio
generale affermato dalla ricordata giurisprudenza  del  Consiglio  di
Stato (la quale fa salva una diversa previsione espressa della  legge
sopravvenuta) -  il  divieto  posto  dalla  norma  del  2013  dovesse
trovare, in ogni caso, applicazione rispetto ai procedimenti in corso
nei quali non si fosse ancora pervenuti all'ammissione a  contributo:
ipotesi interpretativa che l'art.  1,  comma  82,  della  legge  reg.
Campania n. 16 del 2014 ha inteso per converso  smentire,  quanto  ai
procedimenti avviati sulla base degli atti statali indicati, sia  pur
richiedendo  che  il  procedimento  si  concluda   entro   sei   mesi
dall'entrata in vigore della stessa legge regionale. 
    Su tali aspetti il  giudice  a  quo  non  prende,  comunque  sia,
posizione. 
    6.- La motivazione sulla rilevanza si palesa, di conseguenza, non
sufficiente e adeguata: il che, secondo la costante giurisprudenza di
questa Corte, implica l'inammissibilita'  delle  questioni  sollevate
(ex plurimis, sentenze n. 41 del 2020 e n. 102 del 2018). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  153,  della  legge  della  Regione
Campania 6 maggio 2013, n. 5, recante «Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale  2013  e  pluriennale  2013-2015  della  Regione
Campania  (Legge  finanziaria   regionale   2013)»,   sollevate,   in
riferimento agli artt. 3 e 117, terzo comma, della Costituzione,  dal
Tribunale amministrativo regionale  della  Campania  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2020. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 dicembre 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA