N. 263 SENTENZA 21 ottobre - 4 dicembre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza  -   Norme   della   Regione   Siciliana   -   Trattamenti
  pensionistici erogati dal Fondo pensioni Sicilia - Limite  massimo,
  nel triennio 2014-2016, di  160.000  euro  -  Proroga  al  triennio
  2017-2019 - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza e  di
  ragionevolezza, di  universalita'  dell'imposizione,  di  capacita'
  contributiva e di progressivita' dei tributi, di proporzionalita' e
  adeguatezza del trattamento di quiescenza -  Non  fondatezza  delle
  questioni. 
- Legge della Regione Siciliana 11 giugno 2014, n. 13, art. 13, comma
  2; legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2016, n. 28,  art.  1,
  comma 3. 
- Costituzione, artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 53. 
(GU n.50 del 9-12-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma
2, della legge della Regione Siciliana 11 giugno 2014, n. 13, recante
«Variazioni al bilancio di previsione della Regione  per  l'esercizio
finanziario 2014 e modifiche alla legge regionale 28 gennaio 2014, n.
5 "Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2014. Legge di
stabilita' regionale". Disposizioni varie», e dell'art. 1,  comma  3,
della  legge  della  Regione   Siciliana   29   dicembre   2016,   n.
28 (Autorizzazione  all'esercizio  provvisorio  del  bilancio   della
Regione per l'anno 2017. Disposizioni  finanziarie),  promosso  dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale  d'appello  per  la  Regione
Siciliana, nel procedimento instaurato da P.  D.M.  contro  il  Fondo
pensioni Sicilia, con ordinanza del 23 ottobre 2018, iscritta  al  n.
30 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti l'atto di  costituzione  di  P.  D.M.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente della Giunta regionale della Sicilia; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  20  ottobre  2020  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi gli avvocati Francesco Castaldi e Anna Maria Crosta per  P.
D.M. e l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 23 ottobre 2018,  iscritta  al  n.  30  del
registro ordinanze 2019, la Corte dei conti, sezione  giurisdizionale
d'appello per la Regione Siciliana, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 53 della Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2, della
legge  della  Regione  Siciliana  11  giugno  2014,  n.  13,  recante
«Variazioni al bilancio di previsione della Regione  per  l'esercizio
finanziario 2014 e modifiche alla legge regionale 28 gennaio 2014, n.
5 "Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2014. Legge di
stabilita' regionale". Disposizioni varie», e dell'art. 1,  comma  3,
della  legge  della  Regione  Siciliana  29  dicembre  2016,  n.   28
(Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio della  Regione
per l'anno 2017. Disposizioni finanziarie). 
    Le disposizioni citate fissano, per i trattamenti onnicomprensivi
di pensione a  carico  dell'amministrazione  regionale  e  del  Fondo
pensioni Sicilia, un limite massimo di 160.000,00  euro  annui.  Tale
misura, originariamente applicabile per il periodo dal 1° luglio 2014
al  31  dicembre  2016,  e'  stata  poi  prorogata  per  il  triennio
2017-2019, in virtu' della seconda disposizione censurata. 
    1.1.-  Il  rimettente  espone  di  dovere  decidere  sul  ricorso
proposto da un dirigente della  Regione  Siciliana,  titolare  di  un
trattamento di pensione che e'  stato  decurtato  per  effetto  della
disciplina  impugnata.  Il  ricorrente  nel  giudizio  principale  ha
chiesto la condanna del Fondo pensioni Sicilia a erogare l'originario
importo della pensione e a restituirgli, con gli accessori di  legge,
le somme indebitamente trattenute. La domanda, respinta  dal  giudice
di primo grado, e' stata riproposta in appello. 
    La  Corte   rimettente   reputa   rilevanti   le   eccezioni   di
illegittimita' costituzionale formulate nel  ricorso,  in  quanto  la
fondatezza delle domande non potrebbe essere valutata «a  prescindere
dalla risoluzione  della  problematica  concernente  la  legittimita'
costituzionale» della disciplina in esame. 
    1.2.-  Tali  eccezioni,  oltre  che  rilevanti,   sarebbero   non
manifestamente infondate. 
    Il rimettente, a tale riguardo, ripercorre le pronunce di  questa
Corte in tema di "tetto" retributivo nel comparto pubblico  (sentenza
n. 124 del 2017), di contributo di  perequazione  sulle  pensioni  di
elevato ammontare (sentenza n. 116  del  2013)  e  di  contributo  di
solidarieta' sulle pensioni,  imposto  per  finalita'  solidaristiche
endo-previdenziali dall'art. 1, comma 486, della  legge  27  dicembre
2013, n. 147, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'  2014)»
(sentenza n. 173 del 2016). 
    La disciplina regionale, esaminata alla luce  di  tali  pronunce,
introdurrebbe un  prelievo  forzoso,  che  non  si  conformerebbe  ai
principi di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalita'. 
    1.2.1.- Il giudice a quo muove dal presupposto che la  misura  in
esame abbia natura tributaria, in quanto si attua «mediante  un  atto
autoritativo di carattere ablatorio, con dichiarata destinazione  del
relativo gettito al conseguimento di generici risparmi di spesa ed al
soddisfacimento di, non meglio precisate,  esigenze  di  riequilibrio
del bilancio regionale». Le  disposizioni  in  esame  perseguirebbero
«generici obiettivi di  riequilibrio  finanziario,  senza,  peraltro,
arrecare alcun concreto vantaggio al  sistema  previdenziale  vigente
per gli ex dipendenti regionali». 
    Le disposizioni censurate, nell'imporre un prelievo tributario  a
carico di  «una  ristrettissima  cerchia  di  pensionati  regionali»,
beneficiari di trattamenti  previdenziali  elevati,  contrasterebbero
con i «fondamentali principii di  ragionevolezza  e  di  eguaglianza»
(art. 3 Cost.) e con  gli  inderogabili  principi  «di  universalita'
dell'imposizione, di  correlazione  del  prelievo  con  la  capacita'
contributiva  e  di  progressivita',  sanciti  dall'art.   53   della
Costituzione». 
    1.2.2.-  Il  rimettente  assume,  inoltre,  che   le   previsioni
censurate non attuino «alcun ponderato bilanciamento  dei  molteplici
valori di rango costituzionale in  gioco»  e  percio'  siano  lesive,
anche sotto tale profilo, del principio  di  ragionevolezza  (art.  3
Cost.). 
    Il  prelievo   in   esame   non   rappresenterebbe   una   misura
straordinaria, una  tantum  e  agevolmente  sostenibile,  poiche'  si
estenderebbe per un apprezzabile arco temporale (cinque  anni  e  sei
mesi) e vanificherebbe, in  mancanza  di  specifiche  e  inderogabili
esigenze, il ragionevole  affidamento  nella  sicurezza  giuridica  e
nella stabilita' del trattamento di quiescenza. 
    1.2.3.- L'imposizione di un "tetto" pensionistico  a  carico  dei
soli  pensionati  siciliani  determinerebbe  anche  un   «irrazionale
effetto  discriminatorio»,  in  contrasto   con   il   principio   di
eguaglianza (art.  3  Cost.).  Non  sarebbe  prevista  alcuna  misura
comparabile a  carico  «degli  altri  pensionati  italiani,  sia  del
settore pubblico che di quello privato». 
    1.2.4.-  Le  previsioni  censurate  si  porrebbero  altresi'   in
contrasto con i principi di proporzionalita'  e  di  adeguatezza  del
trattamento di quiescenza (artt.  36,  primo  comma,  e  38,  secondo
comma, Cost.), che deve essere  commisurato  alla  quantita'  e  alla
qualita'  del  lavoro  svolto.  La  disciplina  regionale,   difatti,
determinerebbe un irragionevole "livellamento" di tutte  le  pensioni
di  importo  superiore  a  160.000,00  euro   annui,   senza   alcuna
considerazione  dei   differenti   importi   originari   di   ciascun
trattamento previdenziale,  legati  alla  diversita'  delle  funzioni
ricoperte, delle «anzianita' vantate» e dei contributi versati. 
    2.- Si e' costituita la parte ricorrente nel giudizio  principale
e  ha  chiesto   di   accogliere   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate dal rimettente. 
    La parte ravvisa una natura tributaria nel prelievo imposto dalle
disposizioni censurate, al  fine  di  conseguire  «meri  risparmi  in
favore  del  bilancio  regionale».  La  riduzione   del   trattamento
pensionistico si  tradurrebbe  in  una  «irretrattabile  ablazione  a
vantaggio del  bilancio  della  Regione»,  priva  di  ogni  finalita'
solidaristica o perequativa  interna  al  sistema  previdenziale.  Si
tratterebbe di una imposta speciale a  carico  dei  soli  pensionati,
lesiva del «principio di parita' di prelievo a parita' di presupposto
d'imposta economicamente rilevante» (artt. 3 e 53 Cost.). 
    Il  prelievo,  destinato  a  concorrere  con  quello   a   favore
dell'erario statale e con  il  contributo  di  solidarieta'  previsto
dall'art. 22 della legge della Regione Siciliana 12 agosto  2014,  n.
21, recante «Assestamento  del  bilancio  della  Regione  per  l'anno
finanziario 2014. Variazioni al bilancio di previsione della  Regione
per l'esercizio finanziario 2014 e modifiche alla legge regionale  28
gennaio 2014, n. 5  "Disposizioni  programmatiche  e  correttive  per
l'anno 2014. Legge di stabilita' regionale". Disposizioni varie»,  si
sarebbe oramai trasformato in uno strumento ordinario e  non  sarebbe
piu' preordinato  a  soddisfare  soltanto  «specifiche  e  comprovate
esigenze straordinarie e contingenti». 
    Il livellamento irragionevole dei trattamenti pensionistici  allo
stesso valore di 160.000,00 euro annui violerebbe  il  «principio  di
proporzionalita' e di adeguatezza delle pensioni» e  frustrerebbe  il
legittimo affidamento del lavoratore per  il  tempo  successivo  alla
cessazione dell'attivita' lavorativa. 
    3.-  E'  intervenuto  in  giudizio  il  Presidente  della  Giunta
regionale della Sicilia e  ha  chiesto  di  dichiarare  le  questioni
inammissibili o comunque infondate. 
    3.1.-  In  linea   preliminare,   l'interveniente   ha   eccepito
l'inammissibilita' delle questioni  per  l'insufficiente  descrizione
della fattispecie concreta. Il giudice a quo non avrebbe  specificato
l'ammontare  della  decurtazione  e  non  avrebbe  dato  conto  della
normativa che disciplina il collocamento in quiescenza.  Tali  lacune
impedirebbero di valutare la rilevanza delle questioni sollevate. 
    3.2.- Nel merito, le questioni non sarebbero fondate. 
    Il "tetto" di 160.000,00 euro annui si applicherebbe  a  tutti  i
trattamenti pensionistici della  Regione  Siciliana  e  perseguirebbe
finalita'  di  contenimento  e  complessiva  razionalizzazione  della
spesa, in un contesto di risorse limitate. 
    Le disposizioni censurate inciderebbero soltanto  sulle  pensioni
della gestione "contratto 1", i cui oneri graverebbero sulla  Regione
Siciliana. Dall'attribuzione delle risorse al bilancio regionale  non
si potrebbero evincere argomenti  decisivi  a  favore  del  carattere
tributario della misura, poiche' e' la stessa  Regione,  mediante  il
Fondo pensioni Sicilia, a erogare i trattamenti previdenziali. 
    L'imposizione di un "tetto" sarebbe giustificata dalle condizioni
strutturali di disequilibrio della gestione "contratto 1", relativa a
trattamenti computati secondo il metodo  retributivo  e  secondo  una
base di calcolo particolarmente favorevole, e sarebbe circoscritta  a
un periodo di tempo limitato. 
    Anche per  queste  ragioni,  non  sussisterebbe  la  lesione  dei
principi costituzionali evocati. 
    4.- Nella memoria illustrativa depositata in vista  dell'udienza,
la parte ha ribadito le conclusioni gia' rassegnate. 
    Quanto alle eccezioni di inammissibilita' formulate nell'atto  di
intervento, la parte ha replicato che la motivazione in  ordine  alla
rilevanza delle questioni e' analitica. 
    Nel merito, le censure sarebbero fondate. 
    Nel  caso  di  specie,  non  si  riscontrerebbe  una   situazione
finanziaria di tale gravita' da legittimare una  «compressione  cosi'
fortemente incisiva» dei diritti dei pensionati, che si  risolverebbe
nella «imposizione con effetto retroattivo di un  tetto  su  pensioni
gia' in godimento». Peraltro, per il periodo dal 1° gennaio  2019  al
31 dicembre 2023, il trattamento previdenziale sarebbe ridotto  anche
per effetto dell'applicazione dell'art. 1, comma 261, della legge  30
dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021),
concernente le pensioni che superino  l'importo  di  100.000,00  euro
annui. 
    5.- All'udienza del  20  ottobre  2020,  la  parte  costituita  e
l'interveniente hanno ribadito le conclusioni formulate negli scritti
difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe (reg.  ord.  n.  30  del
2019), la Corte dei conti, sezione giurisdizionale d'appello  per  la
Regione Siciliana, dubita, in riferimento agli  artt.  3,  36,  primo
comma, 38, secondo comma, e 53 della Costituzione, della legittimita'
costituzionale dell'art. 13,  comma  2,  della  legge  della  Regione
Siciliana 11 giugno 2014, n. 13, recante «Variazioni al  bilancio  di
previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2014 e modifiche
alla  legge  regionale  28   gennaio   2014,   n.   5   "Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2014.  Legge  di  stabilita'
regionale". Disposizioni varie», e dell'art. 1, comma 3, della  legge
della Regione Siciliana  29  dicembre  2016,  n.  28  (Autorizzazione
all'esercizio provvisorio del bilancio della Regione per l'anno 2017.
Disposizioni finanziarie). 
    Con  la  prima  delle  disposizioni  censurate,  il   legislatore
siciliano stabilisce che, dal 1° luglio 2014 al 31 dicembre 2016,  «i
trattamenti  onnicomprensivi  di   pensione,   compresi   quelli   in
godimento,  in  tutto  o  in  parte  a  carico   dell'Amministrazione
regionale e del Fondo pensioni  Sicilia»  non  possano  superare  «il
tetto di 160 migliaia di euro annui». La previsione  citata  persegue
l'obiettivo  di  «conseguire  risparmi   di   spesa   attraverso   la
razionalizzazione della spesa pubblica regionale» e di  salvaguardare
gli «equilibri di bilancio». 
    L'art. 1, comma 3, della legge reg.  Siciliana  n.  28  del  2016
conferma tale misura anche per il triennio 2017-2019. 
    Le disposizioni censurate si  correlano  al  particolare  sistema
previdenziale previsto per il personale della Regione Siciliana. Tale
sistema si compone di due gestioni. 
    Alla prima, denominata "contratto 1"  e  imperniata  sul  sistema
finanziario a ripartizione, appartengono i dipendenti in  servizio  o
gia' in quiescenza alla data dell'11 maggio 1986, data di entrata  in
vigore della legge della Regione Siciliana  9  maggio  1986,  n.  21,
recante «Modifiche e integrazioni alla  legge  regionale  29  ottobre
1985,   n.   41,   recante   "Nuove   norme    per    il    personale
dell'Amministrazione  regionale"  e  altre  norme  per  il  personale
comandato,  dell'occupazione  giovanile  e  i  precari  delle  unita'
sanitarie  locali»  (art.  10,  secondo  comma,  della  citata  legge
regionale). 
    In questo caso, gli oneri dei trattamenti di  quiescenza  gravano
sul bilancio della Regione, che provvede al  pagamento  mediante  «il
Fondo  per   il   pagamento   del   trattamento   di   quiescenza   e
dell'indennita' di buonuscita del personale regionale» (da ora: Fondo
pensioni Sicilia), avente «natura  giuridica  di  ente  pubblico  non
economico» (art. 15, commi 2 e 8, della legge della Regione Siciliana
14  maggio  2009,  n.  6,  recante  «Disposizioni  programmatiche   e
correttive per l'anno 2009»). La Regione assegna  al  Fondo  pensioni
Sicilia «appositi trasferimenti», per rendere possibile  l'erogazione
dei trattamenti pensionistici. 
    Attorno  alla  gestione  "contratto  2",  ispirata   al   sistema
finanziario a capitalizzazione, gravita  invece  il  personale  della
Regione Siciliana assunto in data successiva all'11 maggio 1986 (art.
10, primo comma, della legge reg. Siciliana n. 21 del 1986). Il Fondo
pensioni Sicilia sostiene gli  oneri  connessi  all'erogazione  delle
prestazioni  pensionistiche  e  si   giova,   a   tale   scopo,   del
trasferimento  dei  contributi  previdenziali   previsti   a   carico
dell'amministrazione e di ciascun dipendente (art. 15, comma 9, della
legge reg. Siciliana n. 6 del 2009). La Regione Siciliana  si  limita
ad accollarsi le spese  del  funzionamento  degli  organi  del  Fondo
pensioni Sicilia. 
    Dal dettato normativo indicato emerge la particolare  natura  del
Fondo, da intendersi quale struttura operativa di collegamento fra le
diverse gestioni dei trattamenti previdenziali. 
    Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sono  sorte  nel
giudizio promosso da un dirigente della Regione  Siciliana  collocato
in quiescenza, appartenente  alla  gestione  "contratto  1",  che  ha
chiesto il ripristino dell'originario importo  della  pensione  e  la
cessazione delle trattenute effettuate in virtu'  delle  disposizioni
in esame. 
    1.1.- Il giudice a quo denuncia, in primo luogo, il contrasto con
gli artt. 3 e 53 Cost.,  sul  presupposto  che  l'imposizione  di  un
"tetto" pensionistico configuri un prelievo tributario,  destinato  a
sovvenire pubbliche spese e  svincolato  dalla  modificazione  di  un
rapporto sinallagmatico tra le parti. Il  rimettente  rileva  che  le
previsioni in esame mirano a produrre meri risparmi di  spesa  e  non
perseguono una  finalita'  solidaristica  o  perequativa  interna  al
sistema previdenziale, che varrebbe a smentirne la natura tributaria,
nei termini precisati dalla sentenza di questa Corte n. 173 del 2016. 
    La disciplina regionale censurata, nell'introdurre una  rilevante
decurtazione delle pensioni di elevato ammontare,  «in  godimento  di
una ristretta cerchia di ex dirigenti regionali»,  realizzerebbe  uno
speciale intervento impositivo,  «irragionevole  e  discriminatorio»,
lesivo dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza (art. 3 Cost.)
e di «quelli di universalita' dell'imposizione, di  correlazione  del
prelievo  con  la  capacita'  contributiva  e   di   progressivita'»,
enunciati in termini inderogabili dall'art. 53 Cost. e ribaditi dalle
pronunce di questa Corte (si richiama la sentenza n. 116 del 2013). 
    1.2.- L'art. 3 Cost. sarebbe violato  anche  sotto  un  ulteriore
profilo. L'imposizione di un tetto pensionistico di  160.000,00  euro
non  rappresenterebbe  un  «ponderato  bilanciamento  dei  molteplici
valori di rango costituzionale in gioco» e non sarebbe  coerente  con
le indicazioni enunciate a tale riguardo da questa Corte (si menziona
la sentenza n. 124 del 2017). 
    Il prelievo  disposto  dal  legislatore  regionale,  destinato  a
protrarsi per cinque anni e  mezzo,  non  costituirebbe  «una  misura
eccezionale, adottata "una  tantum"  per  sopperire  a  specifiche  e
comprovate esigenze straordinarie  e  contingenti».  Il  prelievo  in
esame avrebbe in tal modo vanificato l'affidamento che il  pensionato
avrebbe potuto ragionevolmente riporre nella «stabilita' del  proprio
trattamento di quiescenza». 
    1.3.- Il rimettente ravvisa, inoltre, il contrasto con  l'art.  3
Cost.,  sotto  il  profilo  della   violazione   del   principio   di
eguaglianza. L'introduzione del tetto  pensionistico  non  troverebbe
riscontro nei confronti degli  altri  pensionati  italiani,  sia  del
settore  pubblico  sia  di  quello  privato,  e  sarebbe,   pertanto,
discriminatorio a danno dei pensionati della Regione Siciliana. 
    1.4.- Il prelievo in  esame  violerebbe  anche  il  principio  di
proporzionalita'  del  trattamento  di   quiescenza   rispetto   alla
quantita' e alla qualita' del lavoro prestato e quello di adeguatezza
(artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost.).  Il  legislatore
regionale appiattirebbe sull'unico valore di  160.000,00  euro  annui
tutti i trattamenti previdenziali di importo superiore,  senza  tener
conto  dei  «loro  differenti   importi   originari»,   legati   alla
«diversita' delle funzioni svolte dai singoli soggetti  interessati»,
alla diversa anzianita' e al diverso importo dei contributi versati. 
    2.-  Occorre  esaminare,   preliminarmente,   le   eccezioni   di
inammissibilita' formulate nell'atto  di  intervento  del  Presidente
della Giunta regionale della Sicilia. 
    Il  rimettente  non  avrebbe  descritto  in  modo   adeguato   la
fattispecie concreta e, in particolare, non avrebbe dato conto  della
posizione previdenziale della parte appellante e del preciso  importo
della decurtazione applicata. 
    Le eccezioni non sono fondate. 
    2.1.- Per quel che attiene al primo profilo, il giudice a quo  ha
ricostruito in maniera particolareggiata gli snodi  essenziali  della
controversia.  La  Corte  dei  conti  argomenta  che  il   ricorrente
appartiene alla «schiera degli  ex  dipendenti  regionali  rientranti
nell'ambito del cosiddetto "contratto 1",  le  cui  pensioni  vengono
materialmente pagate dal Fondo Pensioni Sicilia,  con  l'utilizzo  di
fondi  integralmente   provenienti   dal   bilancio   della   Regione
Siciliana». La motivazione, dunque, non e' lacunosa. 
    2.2.-  Quanto  all'omessa  precisazione  circa  l'importo   della
trattenuta, si deve osservare che  questo  dato  e'  ininfluente  nel
vagliare la rilevanza delle questioni sollevate. 
    Il rimettente puntualizza che la parte  appellante  beneficia  di
una pensione di importo superiore ai  160.000,00  euro  annui  e  che
l'originario  ammontare  e'  stato  ridotto  in  applicazione   delle
disposizioni  censurate.  Tale  aspetto  non  e'  controverso  ed  e'
sufficiente a radicare la rilevanza delle questioni,  che  presuppone
la necessita' di applicare la disciplina in esame  nella  definizione
del giudizio (sentenza n. 174 del 2016, punto 2.1. del Considerato in
diritto). 
    3.- Le questioni, pertanto, possono essere scrutinate nel merito. 
    Esse non sono fondate, in tutti i molteplici profili  in  cui  si
articolano. 
    4.- Il rimettente muove dal  presupposto  che  la  riduzione  del
trattamento pensionistico si configuri come un tributo,  destinato  a
gravare su una limitata platea di  soggetti,  in  contrasto  con  gli
artt. 3 e 53 Cost. 
    Tale presupposto non e' fondato, ne' lo sono le  censure  che  ne
rappresentano il coerente sviluppo. 
    4.1.- La prestazione tributaria annovera - tra i  suoi  requisiti
indefettibili - una disciplina legale «finalizzata in via  prevalente
a provocare  una  decurtazione  patrimoniale  del  soggetto  passivo,
svincolata  da  ogni  modificazione  del   rapporto   sinallagmatico»
(sentenza n. 178 del 2015, punto 9.1. del Considerato in diritto). Le
risorse  derivanti  dal   prelievo,   connesse   a   un   presupposto
economicamente rilevante, rivelatore  della  capacita'  contributiva,
devono essere poi destinate «a sovvenire  pubbliche  spese»  (fra  le
molte, sentenze n. 240  del  2019,  punto  5.1.  del  Considerato  in
diritto, e n. 89 del 2018, punto 7.1. del Considerato in diritto). 
    Con specifico riguardo al prelievo sulle pensioni,  questa  Corte
ha osservato che, se destinato a un circuito di solidarieta'  interna
al  sistema  previdenziale,  esso  si  colloca  fra  le   prestazioni
patrimoniali imposte per legge (art.  23  Cost.).  In  tal  caso,  il
prelievo si sottrae «al principio di  universalita'  dell'imposizione
tributaria, di cui all'art. 53  Cost.,  potendo  trovare  un'autonoma
giustificazione nei principi solidaristici sanciti dall'art. 2 Cost.»
(sentenza n. 234 del 2020, punto 16.1. del  Considerato  in  diritto;
nello stesso senso, la sentenza n. 173 del 2016, punti 9. e  10.  del
Considerato in diritto). 
    4.2.- Nella fattispecie sottoposta al vaglio di  questa  Corte  -
che riguarda una misura in verita'  peculiare  -  non  ricorrono  gli
elementi costitutivi della prestazione tributaria. 
    Non si tratta di prelievo destinato a  incidere  sul  trattamento
pensionistico  di  volta  in  volta  erogato,  ne'  di   decurtazione
finalizzata a sovvenire pubbliche spese. 
    Non si puo', pertanto, fare riferimento  a  quanto  sostenuto  da
questa Corte nella sentenza n. 116 del 2013, in tema di contributo di
perequazione a carico  delle  pensioni  di  piu'  elevato  ammontare,
qualificato come tributo in  ragione  delle  finalita'  espressamente
perseguite (art. 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6  luglio  2011,
n.  98,  recante  «Disposizioni  urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria» convertito, con modificazioni,  nella  legge  15  luglio
2011, n. 111). 
    La  fissazione  di  un  limite   ai   trattamenti   previdenziali
differisce  anche  dal  contributo  di  solidarieta'  sulle  pensioni
(sentenza n. 173 del 2016), regolato dall'art. 1,  comma  486,  della
legge  27  dicembre  2013,  n.  147,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (Legge  di
stabilita' 2014)», e dal prelievo sulle  pensioni  di  piu'  cospicuo
importo, introdotto dall'art. 1, comma 261, della legge  30  dicembre
2018,  n.  145  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021),
scrutinato di recente da questa Corte (sentenza n. 234 del 2020). 
    La disciplina censurata non introduce un prelievo o un contributo
straordinario sulle pensioni, volto a far fronte  a  pubbliche  spese
(sentenza  n.  116  del  2013),  ne'  e'   improntata   a   finalita'
solidaristiche  o  perequative  interne  al  circuito   previdenziale
(sentenze n. 234 del 2020 e n. 173 del 2016).  Tale  disciplina  deve
essere peraltro valutata nel contesto dell'intervento disposto  dalla
Regione Siciliana prima per  due  anni  e  sei  mesi  e  poi  per  un
ulteriore triennio, al fine di contenere le spese su di essa gravanti
sia per le retribuzioni del  proprio  personale,  sia  per  la  spesa
previdenziale. Il limite di 160.000,00 euro,  infatti,  accomuna,  da
questo punto di vista, la spesa della Regione per il personale  e  la
spesa previdenziale. 
    La normativa in esame si prefigge, piuttosto, di determinare, per
un  preciso  arco  temporale,  l'importo  massimo   dei   trattamenti
pensionistici che gravano sul bilancio della Regione, originariamente
commisurati a criteri particolarmente favorevoli. 
    Le caratteristiche evidenti della misura in questione sono dunque
di razionalizzazione  della  spesa  previdenziale  e  di  complessivo
riequilibrio del sistema e valgono a differenziarla -  dal  punto  di
vista tanto strutturale quanto finalistico - dalla logica che  permea
sia l'imposizione tributaria (sentenza n. 240  del  2019,  il  citato
punto 5.1.) sia quella delle  prestazioni  patrimoniali  disciplinate
dall'art. 23 Cost. 
    La disciplina regionale deve essere ricondotta alle modificazioni
sfavorevoli  che  il  legislatore,  per  la   tutela   di   interessi
costituzionalmente  rilevanti,  puo'  introdurre  con   riguardo   al
rapporto previdenziale,  senza  spingersi  a  sacrificare  il  nucleo
intangibile dei diritti tutelati dagli artt. 36 e 38 Cost. 
    E' in questa prospettiva che si deve ora svolgere il sindacato di
questa Corte. 
    5.-  Il  rimettente  denuncia  la  violazione  dei  principi   di
proporzionalita' e di  adeguatezza  del  trattamento  di  quiescenza,
sanciti dagli artt. 36, primo  comma,  e  38,  secondo  comma,  Cost.
L'assetto delineato dal legislatore, proprio perche' non sorretto  da
un  ragionevole  bilanciamento,  sarebbe  lesivo  del  principio   di
eguaglianza e violerebbe l'affidamento dei pensionati siciliani. 
    Le censure, tra loro connesse, non sono fondate. 
    6.- Innanzitutto, e' utile ripercorrere nei loro tratti  salienti
- in modo da precisarne la portata - le pronunce di questa Corte, che
lo stesso rimettente ha richiamato a fondamento delle censure. 
    6.1.-  Quanto  al  limite   posto   dal   legislatore   regionale
all'importo massimo dei trattamenti di quiescenza, si devono ribadire
le considerazioni gia' svolte in riferimento al "tetto"  stabilito  a
livello nazionale per le  retribuzioni  nel  settore  pubblico  (art.
23-ter  del  decreto-legge  6  dicembre   2011,   n.   201,   recante
«Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici», convertito, con modificazioni,  nella  legge  22
dicembre 2011, n. 214, e art.  13,  comma  1,  del  decreto-legge  24
aprile 2014, n. 66, recante «Misure urgenti per la  competitivita'  e
la giustizia sociale», convertito, con modificazioni, nella legge  23
giugno 2014, n. 89) e al cumulo tra pensioni e retribuzioni a  carico
delle finanze pubbliche (art. 1, comma 489, della legge  n.  147  del
2013). 
    Nel  dichiarare  non  fondate  le   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate con riguardo alla normativa  citata,  questa
Corte ne ha valorizzato la finalita' generale. Per  porre  rimedio  a
disparita' di trattamento prive di una giustificazione plausibile, il
legislatore in quella circostanza ha  ancorato  a  un  parametro  non
inadeguato  il  contemperamento  non  irragionevole  tra  i   diversi
interessi di risalto costituzionale,  in  un  ambito  contraddistinto
dall'esiguita' delle risorse disponibili. 
    6.2.- Nel caso ora in esame vengono in rilievo sia l'esigenza  di
una  ripartizione  razionale  e  trasparente  di  risorse   pubbliche
limitate, sia la tutela di diritti  previdenziali,  presidiata  dagli
artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost. 
    La garanzia dell'art. 38 Cost. - come questa Corte ha precisato -
e' connessa all'art. 36 Cost., e dunque  alla  proporzionalita'  alla
quantita' e alla qualita'  del  lavoro  prestato,  «ma  non  in  modo
indefettibile e strettamente  proporzionale»  (sentenza  n.  173  del
2016, punto 11.1. del Considerato in diritto e, da  ultimo,  sentenza
n. 234 del 2020, punto 15.2. del Considerato in diritto). 
    Spetta all'apprezzamento discrezionale del legislatore  apportare
correttivi   che,   giustificati   da   «esigenze    meritevoli    di
considerazione», non  intacchino  i  criteri  di  proporzionalita'  e
adeguatezza  «con  riferimento  alla   disciplina   complessiva   del
trattamento pensionistico» (sentenza n. 208 del 2014, punto 4.2.  del
Considerato in diritto). 
    Poiche'   sono   molteplici   le   variabili   sottese   a   tale
bilanciamento, si  impone,  «con  riguardo  alla  proporzionalita'  e
all'adeguatezza  del  trattamento  di  quiescenza,  una   valutazione
globale  e  complessiva,  che  non  si   esaurisca   nella   parziale
considerazione delle singole componenti» (sentenza n. 259  del  2017,
punto 3.1. del Considerato in diritto). 
    Questa Corte e' dunque  chiamata  a  valutare  tutti  gli  indici
rivelatori di un eventuale sacrificio sproporzionato.  Nel  sindacato
di legittimita' costituzionale, oltre alla carenza di giustificazione
delle misure adottate, «rivestono rilievo cruciale  l'arco  temporale
delle misure  restrittive,  l'incidenza  sul  nucleo  essenziale  dei
diritti  coinvolti,  la  portata  generale   degli   interventi,   la
pluralita' di variabili e la  complessita'  delle  implicazioni,  che
possono  anche  precludere  una  stima  ponderata  e  credibile   dei
risparmi» (sentenza n. 20 del 2018, punto 3.2.1. del  Considerato  in
diritto). 
    7.- I criteri ora richiamati servono a tracciare il percorso  che
conduce alla disamina del complesso contesto in cui  le  disposizioni
censurate si collocano, per apprezzarne a fondo la peculiarita'. 
    7.1.- La disciplina oggi sottoposta al sindacato di questa  Corte
si raccorda al  particolare  sistema  previdenziale  previsto  per  i
dipendenti della Regione Siciliana. 
    Come si desume dall'ordinanza  di  rimessione,  suffragata  dagli
elementi forniti dallo stesso  Fondo  pensioni  Sicilia,  l'art.  13,
comma 2, della legge reg. Siciliana n. 13  del  2014  «ha,  fin  qui,
trovato concreta applicazione esclusivamente  nei  confronti  di  una
particolare categoria di pensionati regionali che fruiscono, nel loro
trattamento di quiescenza, dell'applicazione delle norme della  legge
regionale n. 2/1962 e successive modifiche ed integrazioni» (nota  n.
7835 del 2 marzo 2016). Alle  disposizioni  censurate,  dunque,  sono
assoggettati in larga parte  alcuni  dirigenti  che  hanno  ricoperto
incarichi  di  vertice  nell'amministrazione  regionale  e   ricadono
nell'ambito applicativo della gestione "contratto 1". 
    7.2.- Le misure  di  risparmio,  introdotte  con  la  legge  reg.
Siciliana n. 13 del 2014, traggono origine da notevoli criticita' del
sistema previdenziale siciliano e incidono  in  misura  preponderante
sulla  gestione  "contratto  1",  alimentata  con  le  risorse  della
Regione. 
    Le condizioni strutturali di disequilibrio in tale gestione  sono
state segnalate dalla Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione
Siciliana in sede di controllo, sin dal 2014 e  sono  state  ribadite
anche nelle relazioni sugli esercizi 2017 e 2018 riferite al predetto
Fondo, che hanno posto in risalto la particolare  gravosita'  per  il
bilancio regionale degli oneri inerenti alla gestione citata. 
    L'intervento  del  legislatore  regionale  mira  a  garantire  la
sostenibilita'  del  sistema  previdenziale   regionale,   «anch'esso
espressione dell'art. 38 Cost., quale norma ispirata dal  presupposto
per  cui  detta  sostenibilita'   (ossia   l'equilibrio   tra   spesa
previdenziale ed entrate a copertura della stessa)  venga  assicurata
anzitutto all'interno dello stesso  sistema»  (sentenza  n.  235  del
2020, punto 4.7. del Considerato in diritto). 
    Al fine di conseguire un tale obiettivo, la disciplina  censurata
si applica con valenza generale a tutti i trattamenti pensionistici a
carico dell'amministrazione regionale e del Fondo  pensioni  Sicilia.
Essa, peraltro, e' parte integrante  di  un  piu'  ampio  disegno  di
razionalizzazione, che contempla altre misure di  contenimento  della
spesa pubblica  regionale,  come  l'imposizione  di  un  limite  alle
retribuzioni dei dipendenti regionali (art. 13, comma 3, della  legge
reg. Siciliana n. 13 del 2014), e trova il suo necessario  compimento
nel percorso di progressiva armonizzazione del sistema  previdenziale
siciliano con la normativa statale (artt. 51 e 52 della  legge  della
Regione  Siciliana  7  maggio  2015,  n.  9,  recante   «Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2015.  Legge  di  stabilita'
regionale»). 
    In sostanza, il sacrificio indotto dalle disposizioni  censurate,
nell'intervenire   su    trattamenti    pensionistici    inizialmente
determinati secondo regole di particolare favore  (Corte  dei  conti,
sezioni riunite per  la  Regione  Siciliana  in  sede  di  controllo,
decisione n. 2 del 2014), si propone  una  finalita'  di  complessivo
riequilibrio. 
    8.- Inquadrate in questa piu' articolata prospettiva, si rivelano
infondate le censure di arbitraria disparita' di trattamento. 
    Il sistema previdenziale applicabile ai dipendenti della  Regione
Siciliana,  pur  se  in  via  di  tendenziale  e  ancora   incompiuta
assimilazione al regime  statale,  e'  contraddistinto  da  rilevanti
particolarita',  tali  da  non  renderlo  comparabile  all'eterogeneo
apparato di tutela previsto per  gli  altri  pensionati  del  settore
pubblico o privato. 
    Inoltre,   le   condizioni   di   criticita'   prima   richiamate
giustificano il trattamento piu' rigoroso che, per un arco  temporale
limitato, e' indirizzato al personale  regionale  in  pensione  e  la
conseguente diversita' di disciplina censurata dal giudice a quo. 
    9.-  L'esigenza  di  preservare  la  sostenibilita'  del  sistema
previdenziale regionale, in un'ottica di piu' ampia razionalizzazione
della spesa, e le finalita' di complessivo riequilibrio, sottese alle
limitazioni in esame, destituiscono altresi' di fondamento le censure
riguardanti l'irragionevolezza dell'assetto normativo. 
    I vincoli posti all'ammontare dei trattamenti pensionistici  sono
avvalorati da una giustificazione appropriata  e  calibrati  in  modo
tale da non infrangere il canone di proporzionalita'. 
    9.1.- Le disposizioni  impugnate  investono  i  soli  trattamenti
pensionistici di importo piu' ragguardevole. Nell'imporre  il  limite
invalicabile di 160.000,00 euro annui, che corrisponde a un parametro
non  esiguo,  il  legislatore  regionale  non  ha   irragionevolmente
compresso  l'adeguatezza  e  la   proporzionalita'   di   trattamenti
pensionistici caratterizzati da un elevato ammontare. 
    9.2.- Anche l'arco temporale segna la  specificita'  dell'odierna
vicenda. 
    L'imposizione di un  limite  ai  trattamenti  pensionistici,  pur
protraendosi per un tempo apprezzabile, presenta comunque una  durata
definita e non e' stata reiterata sine die. 
    Questa delimitazione nel tempo  non  e'  arbitraria,  poiche'  fa
riscontro all'acuirsi delle criticita' della  gestione  previdenziale
regionale,  costanti  lungo  tutto  il  periodo  di   vigenza   delle
restrizioni censurate. Dalle considerazioni svolte  dalla  Corte  dei
conti  in  sede  di  controllo  emerge,  infatti,  con  chiarezza  il
permanere delle condizioni di squilibrio in concomitanza con l'intera
applicazione delle misure relative al "tetto" pensionistico. 
    9.3.- Non si puo',  in  conclusione,  ritenere  irragionevole  il
bilanciamento  attuato  dal  legislatore  siciliano.  Il   sacrificio
imposto ai pensionati dell'amministrazione regionale, destinatari  di
un trattamento complessivamente  favorevole,  risulta  sostenibile  e
rispettoso  delle  garanzie  di  proporzionalita'  e  di  adeguatezza
sancite dagli artt. 36 e 38 Cost. 
    10.- Per le  medesime  ragioni,  si  deve  escludere  la  lesione
dell'affidamento dei titolari delle pensioni in esame. 
    10.1.-  Nell'ambito  dei  rapporti  di  durata,  non   sorge   un
affidamento meritevole di tutela  nell'immutabilita'  della  relativa
disciplina (sentenza n. 127 del 2015, punto 8.1. del  Considerato  in
diritto). Ben puo', infatti, il legislatore introdurre  modificazioni
in  senso  sfavorevole,  anche  con  riguardo  a  diritti  soggettivi
perfetti, a  condizione  che  l'intervento  attuato  «trovi  adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza e non trasmodi  in  un
regolamento  irrazionale  lesivo  del   legittimo   affidamento   dei
cittadini» (sentenza n. 234 del 2020, punto 17.3.1.  del  Considerato
in diritto). 
    Questa Corte, d'altronde, sin da epoca risalente, ha ribadito che
sono   precluse   quelle   modificazioni   che   peggiorino,   «senza
un'inderogabile esigenza, in misura notevole e in maniera  definitiva
un  trattamento  pensionistico  in  precedenza  spettante,   con   la
conseguente,   irrimediabile    vanificazione    delle    aspettative
legittimamente nutrite dal lavoratore per il  tempo  successivo  alla
cessazione della propria attivita'» (sentenza n. 349 del 1985,  punto
5. del Considerato in diritto). 
    10.2.- Nel caso di specie, la disciplina censurata  non  soltanto
e' assistita da una congrua giustificazione, legata alla salvaguardia
dell'equilibrio  del  sistema   previdenziale   regionale   e   della
razionalita' e dell'efficienza  della  gestione  demandata  al  Fondo
pensioni Sicilia, ma non implica neppure una riduzione sproporzionata
e definitiva del trattamento pensionistico. 
    Non si puo' ritenere, pertanto, che una misura  cosi'  congegnata
abbia leso in maniera arbitraria un affidamento meritevole di tutela. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 2, della legge della Regione Siciliana 11  giugno
2014, n. 13, recante «Variazioni  al  bilancio  di  previsione  della
Regione per l'esercizio  finanziario  2014  e  modifiche  alla  legge
regionale 28  gennaio  2014,  n.  5  "Disposizioni  programmatiche  e
correttive  per  l'anno  2014.  Legge   di   stabilita'   regionale".
Disposizioni varie», e  dell'art.  1,  comma  3,  della  legge  della
Regione  Siciliana  29   dicembre   2016,   n.   28   (Autorizzazione
all'esercizio provvisorio del bilancio della Regione per l'anno 2017.
Disposizioni finanziarie), sollevate, in riferimento  agli  artt.  3,
36, primo comma, 38, secondo comma, e 53  della  Costituzione,  dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale  d'appello  per  la  Regione
Siciliana, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE