N. 18 ORDINANZA 14 gennaio - 11 febbraio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Nome - Cognome del figlio nato  fuori  dal  matrimonio  -  Assunzione
  automatica  del  cognome  paterno   in   caso   di   riconoscimento
  contemporaneo da parte di entrambi i genitori  -  Possibilita'  per
  essi, di comune accordo, di trasmettere, al momento della  nascita,
  solo il cognome materno - Omessa previsione - Denunciata violazione
  del diritto all'identita' personale e del principio di uguaglianza,
  anche  in  relazione  agli  obblighi  europei  e  sovranazionali  -
  Pregiudizialita' della questione relativa all'acquisizione del solo
  cognome paterno, anziche'  dei  cognomi  di  entrambi  i  genitori,
  nell'ipotesi di mancato accordo  tra  loro  -  Autorimessione  alla
  Corte della questione  pregiudiziale  -  Sospensione  del  giudizio
  principale - Notifiche conseguenti. 
- Codice civile, art. 262, primo comma. 
- Costituzione, artt. 2, 3 e 117, primo  comma;  Convenzione  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  artt. 8 e 14; Carta dei diritti fondamentali  dell'Unione  europea,
  artt. 7 e 21. 
(GU n.7 del 17-2-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 262,  primo
comma, del codice civile, promosso dal Tribunale ordinario di Bolzano
nel  procedimento  vertente  tra  la  Procura  della  Repubblica  del
Tribunale ordinario di Bolzano e D. G. e altro, con ordinanza del  17
ottobre 2019, iscritta  al  n.  78  del  registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  28,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 13 gennaio  2021  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    deliberato nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 17  ottobre  2019,  il  Tribunale
ordinario  di  Bolzano  ha  sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 262, primo comma, del codice civile che, nel
disciplinare il cognome del figlio nato fuori dal matrimonio, prevede
che «Se il riconoscimento e' stato effettuato  contemporaneamente  da
entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre»; 
    che la disposizione e' censurata nella parte in cui non  consente
ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al  momento
della nascita, il solo cognome materno; 
    che questa preclusione si porrebbe in contrasto, in primo  luogo,
con l'art. 2  della  Costituzione,  sotto  il  profilo  della  tutela
dell'identita' personale; sarebbe, inoltre, violato l'art.  3  Cost.,
sotto il  profilo  dell'uguaglianza  tra  donna  e  uomo,  come  gia'
rilevato  da  questa  Corte  nella  sentenza  n.  286  del  2016;  e'
denunciata, infine, la violazione dell'art. 117, primo comma,  Cost.,
in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la  salvaguardia
diritti dell'uomo e liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, che trovano corrispondenza negli artt. 7 e 21 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a  Nizza
il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; 
    che il Tribunale di Bolzano e' chiamato a decidere in  ordine  al
ricorso proposto dal pubblico ministero, ai sensi  dell'art.  95  del
d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per  la  revisione  e  la
semplificazione  dell'ordinamento  dello  stato   civile,   a   norma
dell'articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), al  fine
di ottenere la rettificazione dell'atto di nascita  di  una  bambina,
cui i genitori, non uniti in matrimonio, hanno  concordemente  voluto
attribuire il solo cognome materno, confermando tale  volonta'  anche
nel corso del procedimento dinanzi al giudice a quo; 
    che, tuttavia, questa scelta dei genitori e'  preclusa  dall'art.
262, primo comma, cod. civ. anche all'esito della sentenza di  questa
Corte n. 286  del  2016,  che  ha  riconosciuto  la  possibilita'  di
aggiungere al patronimico il cognome della madre, mentre nel caso  in
esame la volonta' di entrambi i genitori  e'  volta  all'acquisizione
del solo cognome materno; 
    che,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,   la   questione   di
legittimita' costituzionale  sarebbe  rilevante  poiche',  applicando
l'art. 262, primo comma, cod. civ. con il solo correttivo  introdotto
dalla sentenza richiamata, il ricorso del pubblico ministero dovrebbe
essere accolto e  l'atto  di  nascita  dovrebbe  essere  rettificato;
qualora,  invece,  fosse  accolta  la  presente  questione,   sarebbe
consentita l'assunzione del solo cognome materno, come  richiesto  da
entrambi i genitori, con conseguente rigetto del ricorso; 
    che, ritenendo  esclusa  la  possibilita'  di  un'interpretazione
costituzionalmente  orientata,  il  giudice  a  quo  ravvisa  la  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 262, primo  comma,  cod.  civ.  nella  parte  in  cui  tale
disposizione  non  consente  ai  genitori,  di  comune  accordo,   di
trasmettere al figlio, al momento  della  nascita,  il  solo  cognome
materno; 
    che questa disciplina sarebbe  in  contrasto  sia  con  l'art.  2
Cost., sotto il profilo della tutela  dell'identita'  personale,  sia
con l'art. 3 Cost., sotto il profilo  dell'uguaglianza  tra  donna  e
uomo; 
    che il Tribunale ritiene  che  l'acquisizione  del  cognome  alla
nascita avvenga unicamente sulla base di una discriminazione  fondata
sul sesso dei genitori, anche in presenza  di  una  diversa  volonta'
comune degli stessi;  come  riconosciuto  dalla  stessa  sentenza  di
questa Corte n. 286 del 2016, il sistema  in  vigore  deriva  da  una
concezione patriarcale della famiglia e della potesta' maritale,  che
non e' piu' compatibile con il principio costituzionale della parita'
tra uomo e donna; 
    che la disposizione censurata sarebbe, altresi', in contrasto con
l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 8 e 14  CEDU;
al riguardo, e'  richiamata  la  sentenza  della  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo del 7 gennaio 2014 (Cusan e Fazzo  contro  Italia),
che ha affermato che l'impossibilita' per i genitori di attribuire al
figlio, alla nascita, il cognome della  madre,  anziche'  quello  del
padre,   integra   la   violazione   dell'art.   14    (Divieto    di
discriminazione), in combinato disposto  con  l'art.  8  (Diritto  al
rispetto della vita privata e familiare) CEDU, principi  che  trovano
corrispondenza negli artt. 7 e  21  CDFUE,  che  pure  verrebbero  in
rilievo; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione  sia  dichiarata  inammissibile  e,
comunque, infondata; 
    che  ad  avviso   dell'interveniente   le   questioni   sarebbero
inammissibili,  poiche'  l'intervento  richiesto  richiederebbe   una
operazione manipolativa esorbitante dai poteri di questa Corte  (sono
richiamate le sentenze n. 61 del 2006 e le ordinanze n. 586 e n.  176
del 1988); 
    che, nel merito, le questioni sarebbero manifestamente infondate;
nel caso in esame le censure del giudice  a  quo  sarebbero  volte  a
rimettere ai genitori la scelta del cognome da attribuire  ai  figli,
in particolare attraverso l'indicazione  del  solo  cognome  materno;
tuttavia, la norma di sistema  attributiva  del  cognome  paterno  al
figlio - ferma restando la  possibilita'  di  aggiungere  il  cognome
materno - non consente, proprio a tutela del diritto  del  figlio  al
nome, di far dipendere l'attribuzione del cognome  dalla  scelta  dei
genitori. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di  Bolzano  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 262, primo  comma,
del codice civile che, nel dettare  la  disciplina  del  cognome  del
figlio nato fuori dal matrimonio, prevede che «Se  il  riconoscimento
e' stato effettuato contemporaneamente  da  entrambi  i  genitori  il
figlio assume il cognome del padre»;  la  disposizione  e'  censurata
nella parte in cui non consente ai genitori, di  comune  accordo,  di
trasmettere al figlio, al momento  della  nascita,  il  solo  cognome
materno; 
    che questa preclusione si porrebbe in contrasto, in primo  luogo,
con l'art. 2  della  Costituzione,  sotto  il  profilo  della  tutela
dell'identita' personale; sarebbe, inoltre, violato l'art.  3  Cost.,
sotto il  profilo  dell'uguaglianza  tra  donna  e  uomo,  come  gia'
rilevato  da  questa  Corte  nella  sentenza  n.  286  del  2016;  e'
denunciata, infine, la violazione dell'art. 117, primo comma,  Cost.,
in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la  salvaguardia
diritti dell'uomo e liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, che trovano corrispondenza negli artt. 7 e 21 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a  Nizza
il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; 
    che,  in  via  preliminare,  non  e'   fondata   l'eccezione   di
inammissibilita' sollevata dalla difesa dello Stato per il  carattere
manipolativo dell'intervento richiesto a questa Corte; 
    che, infatti,  il  petitum  del  rimettente  e'  circoscritto  al
riconoscimento della  possibilita',  attualmente  preclusa  dall'art.
262, primo comma, cod. civ., di  trasmettere  al  figlio,  di  comune
accordo, alla nascita, il solo cognome materno; con cio', dunque,  il
giudice  a  quo  chiede  l'addizione   di   una   specifica   ipotesi
derogatoria, ritenuta costituzionalmente imposta, volta a riconoscere
il paritario rilievo dei genitori nella trasmissione del  cognome  al
figlio; 
    che le questioni sollevate  dal  giudice  a  quo,  relative  alla
preclusione della facolta' di scelta del solo cognome  materno,  sono
strettamente connesse alla piu' ampia questione che ha ad oggetto  la
generale disciplina dell'automatica attribuzione del cognome paterno; 
    che la secolare prevalenza  del  cognome  paterno  trova  il  suo
riconoscimento normativo - oltre che nella disposizione  censurata  -
negli artt. 237 e 299 cod. civ.; nell'art. 72, primo comma, del regio
decreto 9 luglio 1939, n.  1238  (Ordinamento  dello  stato  civile);
negli artt. 33 e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n.  396  (Regolamento
per la revisione e la semplificazione  dell'ordinamento  dello  stato
civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della L. 15  maggio  1997,
n. 127); 
    che questa Corte e' gia' stata chiamata,  in  piu'  occasioni,  a
valutare la legittimita'  costituzionale  di  questa  disciplina,  in
riferimento sia al principio di parita' dei genitori, sia al  diritto
all'identita' personale dei figli, sia alla salvaguardia  dell'unita'
familiare; 
    che, sin da epoca risalente, e' stata evidenziata la possibilita'
di introdurre sistemi diversi di determinazione del nome,  egualmente
idonei a salvaguardare  l'unita'  della  famiglia,  senza  comprimere
l'eguaglianza e l'autonomia dei genitori (ordinanze n. 586 e  n.  176
del 1988); 
    che, in tempi piu' recenti, e' stato  espressamente  riconosciuto
che «l'attuale sistema di attribuzione del cognome e' retaggio di una
concezione patriarcale della famiglia, la quale  affonda  le  proprie
radici nel diritto di  famiglia  romanistico,  e  di  una  tramontata
potesta' maritale, non piu' coerente con i principi  dell'ordinamento
e con il valore costituzionale dell'uguaglianza  tra  uomo  e  donna»
(ordinanza n. 61 del 2006); 
    che,  da  ultimo,  ravvisando  il  contrasto  della  regola   del
patronimico con gli artt. 2, 3,  29,  secondo  comma,  Cost.,  questa
Corte  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  della  norma
desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 cod. civ.; 72, primo comma, del
r.d. n. 1238 del 1939; e 33 e 34 del d.P.R. n. 396  del  2000,  nella
parte in  cui  non  consente  ai  genitori,  di  comune  accordo,  di
trasmettere ai figli, al momento  della  nascita,  anche  il  cognome
materno; la dichiarazione di illegittimita' costituzionale  e'  stata
estesa, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale),  all'art.  262,  primo  comma,  cod.  civ.,  e
all'art. 299, terzo comma, cod. civ. (sentenza n. 286 del 2016); 
    che  in  tale  decisione  -  pur  essendo  stata  riaffermata  la
necessita' di ristabilire il principio della parita' dei  genitori  -
si  e'  preso  atto  che,  in  via  temporanea,  «in  attesa  di   un
indifferibile  intervento  legislativo,  destinato   a   disciplinare
organicamente la  materia,  secondo  criteri  finalmente  consoni  al
principio  di   parita'»,   "sopravvive"   la   generale   previsione
dell'attribuzione  del  cognome  paterno,  destinata  a  operare   in
mancanza di accordo espresso dei genitori; 
    che, tuttavia, anche dopo questa pronuncia,  gli  inviti  ad  una
sollecita rimodulazione della disciplina - in grado di  coniugare  il
trattamento paritario delle posizioni soggettive dei genitori con  il
diritto all'identita' personale del figlio - sinora non  hanno  avuto
seguito; 
    che, pertanto, la  prevalenza  del  cognome  paterno  costituisce
tuttora il presupposto  delle  disposizioni,  sopra  richiamate,  che
declinano la regola del patronimico nelle sue  diverse  esplicazioni,
tra le quali rientra certamente la disposizione  censurata  dell'art.
262, primo comma, cod. civ.; 
    che, di conseguenza, anche laddove fosse riconosciuta la facolta'
dei genitori di scegliere, di comune  accordo,  la  trasmissione  del
solo cognome materno, la regola che impone  l'acquisizione  del  solo
cognome paterno dovrebbe essere ribadita in tutte le  fattispecie  in
cui tale accordo manchi o, comunque,  non  sia  stato  legittimamente
espresso; in questi casi,  verosimilmente  piu'  frequenti,  dovrebbe
dunque essere riconfermata la prevalenza del cognome paterno, la  cui
incompatibilita' con il valore fondamentale dell'uguaglianza e' stata
da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte  (sentenze
n. 286 del 2016 e n. 61 del 2006); 
    che, in questo quadro, neppure il consenso, su  cui  fa  leva  la
limitata  possibilita'  di  deroga  alla  generale   disciplina   del
patronimico, potrebbe ritenersi espressione di  un'effettiva  parita'
tra le parti, posto che una di esse non ha bisogno  dell'accordo  per
far prevalere il proprio cognome; 
    che, pertanto,  nella  perdurante  vigenza  del  sistema  che  fa
prevalere il cognome paterno, lo stesso meccanismo consensuale -  che
il rimettente vorrebbe estendere all'opzione del solo cognome materno
- non porrebbe rimedio  allo  squilibrio  e  alla  disparita'  tra  i
genitori; 
    che «il modo in  cui  occasionalmente  sono  poste  le  questioni
incidentali di  legittimita'  costituzionale  non  puo'  impedire  al
giudice delle leggi l'esame pieno del  sistema  nel  quale  le  norme
denunciate sono inserite» (ordinanza n. 183 del  1996;  nello  stesso
senso, sentenza n. 179 del 1976 e ordinanze n. 230 del 1975 e n.  100
del 1970); 
    che, alla luce del rapporto di presupposizione  e  di  continenza
tra la questione  specifica  dedotta  dal  giudice  a  quo  e  quella
nascente dai dubbi di legittimita' costituzionale  ora  indicati,  la
risoluzione della questione  avente  ad  oggetto  l'art.  262,  primo
comma, cod. civ., nella parte in cui impone l'acquisizione  del  solo
cognome  paterno,  si  configura  come  logicamente  pregiudiziale  e
strumentale per definire le questioni sollevate dal giudice a quo (ex
multis, sentenze n. 255 del 2014, n. 179 del 1976, n. 195  del  1972;
nonche' ordinanze n. 114 e n. 96 del 2014, n. 42 del 2001; n.  197  e
n. 183 del 1996; n. 297 e n. 225 del 1995; n. 294 del  1993;  n.  378
del 1992, n. 230 del 1975 e n. 100 del 1970); 
    che d'altra parte, ancorche' siano  legittimamente  prospettabili
soluzioni  normative  differenziate,  l'esame  di  queste  specifiche
istanze di tutela costituzionale, attinenti a  diritti  fondamentali,
non puo' essere pretermesso,  poiche'  «l'esigenza  di  garantire  la
legalita' costituzionale deve, comunque sia, prevalere su  quella  di
lasciare spazio alla discrezionalita' del legislatore per la compiuta
regolazione della materia» (sentenza n. 242 del  2019;  nello  stesso
senso, sentenze n. 96 del 2015, n. 162 del 2014 e n. 113 del 2011); 
    che la non manifesta infondatezza della  questione  pregiudiziale
e' rilevabile nel contrasto della vigente disciplina,  impositiva  di
un solo cognome e ricognitiva di un solo  ramo  genitoriale,  con  la
necessita', costituzionalmente imposta dagli artt. 2 e  3  Cost.,  di
garantire   l'effettiva   parita'   dei   genitori,    la    pienezza
dell'identita' personale del figlio e di salvaguardare l'unita' della
famiglia; 
    che tutto cio' porta a dubitare della legittimita' costituzionale
della disciplina dell'automatica acquisizione del  solo  patronimico,
che trova espressione nell'art. 262, primo comma, cod. civ.; 
    che e' stato osservato sin da epoca risalente che  la  prevalenza
attribuita al ramo paterno nella trasmissione del  cognome  non  puo'
ritenersi  giustificata  dall'esigenza  di  salvaguardia  dell'unita'
familiare, poiche' «e' proprio l'eguaglianza  che  garantisce  quella
unita' e, viceversa, e' la diseguaglianza a metterla in pericolo», in
quanto l'unita' «si rafforza nella misura in cui i reciproci rapporti
fra i coniugi sono governati  dalla  solidarieta'  e  dalla  parita'»
(sentenza n. 133 del 1970); nel caso  in  esame,  ancora  una  volta,
«[l]a perdurante violazione del principio di  uguaglianza  "morale  e
giuridica" dei coniugi [...] contraddice,  ora  come  allora,  quella
finalita' di garanzia dell'unita' familiare, individuata quale  ratio
giustificatrice, in generale, di eventuali deroghe alla  parita'  dei
coniugi» (sentenza n. 286 del 2016); 
    che  «la  previsione  dell'inderogabile  prevalenza  del  cognome
paterno sacrifica il diritto all'identita' del minore, negandogli  la
possibilita' di essere identificato, sin dalla nascita, anche con  il
cognome materno» (ancora sentenza n. 286 del 2016); 
    che, infine, il dubbio di legittimita' costituzionale che investe
l'art. 262, primo comma, cod. civ.,  attiene  anche  alla  violazione
dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 8 (Diritto
al rispetto  della  vita  privata  e  familiare)  e  14  (Divieto  di
discriminazione) CEDU; 
    che, a questo riguardo, la Corte europea dei  diritti  dell'uomo,
nella sentenza 7 gennaio  2014,  Cusan  e  Fazzo  contro  Italia,  ha
ritenuto che la rigidita' del sistema italiano - che fa prevalere  il
cognome paterno e nega rilievo ad una diversa volonta'  concordemente
espressa dai genitori - costituisce una  violazione  del  diritto  al
rispetto della vita privata e familiare,  determinando  altresi'  una
discriminazione ingiustificata tra i genitori, in contrasto  con  gli
art. 8 e 14 CEDU; 
    che, pertanto, questa Corte non  puo'  esimersi,  ai  fini  della
definizione del presente giudizio, dal risolvere pregiudizialmente le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 262, primo  comma,
cod. civ., nella parte in cui, in mancanza  di  diverso  accordo  dei
genitori,  impone  l'automatica  acquisizione  del  cognome  paterno,
anziche' dei cognomi di entrambi i genitori, per  contrasto  con  gli
artt. 2, 3 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione  agli
artt. 8 e 14 CEDU. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) solleva, disponendone la trattazione innanzi a se',  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 262, primo comma, del codice
civile, nella parte in  cui,  in  mancanza  di  diverso  accordo  dei
genitori, impone l'acquisizione alla  nascita  del  cognome  paterno,
anziche' dei cognomi di entrambi  i  genitori,  in  riferimento  agli
artt. 2, 3 e 117, primo comma, della  Costituzione,  quest'ultimo  in
relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva  con  la  legge  4  agosto
1955, n. 848; 
    2) sospende il presente  giudizio  fino  alla  definizione  delle
questioni di legittimita' costituzionale di cui sopra; 
    3) ordina che la cancelleria provveda agli adempimenti di legge. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA