N. 86 SENTENZA 24 marzo - 5 maggio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Norme della Regione autonoma Sardegna - Gestione dei resti
  della pianta marina posidonia sulle spiagge - Possibilita',  per  i
  Comuni  o  i  gestori  concessionari,  previa  comunicazione   alla
  Regione, di spostare temporaneamente gli accumuli di  posidonia  in
  aree idonee appositamente individuate  all'interno  del  territorio
  del Comune -  Violazione  della  competenza  esclusiva  statale  in
  materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
Ambiente - Norme della Regione autonoma Sardegna - Gestione dei resti
  della pianta marina posidonia sulle spiagge - Divieto di  procedere
  allo smaltimento della posidonia in discarica  -  Violazione  della
  competenza esclusiva statale in materia di tutela  dell'ambiente  e
  dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale. 
Ambiente - Norme della Regione autonoma Sardegna - Gestione dei resti
  della pianta marina  posidonia  sulle  spiagge  -  Possibilita'  di
  effettuare la vagliatura del materiale organico spiaggiato nel sito
  in cui e' conferita la  posidonia  -  Violazione  della  competenza
  esclusiva  statale   in   materia   di   tutela   dell'ambiente   e
  dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
Ambiente - Norme della  Regione  autonoma  Sardegna  -  Gestione  dei
  materiali e biomasse vegetali depositati sulle sponde  di  laghi  e
  fiumi e sulla  battigia  del  mare,  diversi  dalla  pianta  marina
  posidonia - Applicazione della normativa sui rifiuti - Esclusione -
  Violazione della competenza esclusiva statale in materia di  tutela
  dell'ambiente e dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Sardegna 21 febbraio 2020, n. 1, art. 1,  commi
  1, 4, 5 e 8. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale
  per la Sardegna, artt. 3 e 4. 
(GU n.18 del 5-5-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1,
4, 5 e 8, della legge della Regione  autonoma  Sardegna  21  febbraio
2020, n. 1 (Disposizioni sulla gestione della posidonia  spiaggiata),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 22-27 aprile 2020,  depositato  in  cancelleria  il  28
aprile 2020, iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2020 e pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  21,  prima   serie
speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 2021 il Giudice relatore
Giovanni Amoroso; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Sonia Sau  per  la
Regione autonoma Sardegna, in collegamento da remoto,  ai  sensi  del
punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 16 marzo 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 marzo 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 28 aprile 2020, il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione e agli artt. 3 e 4 della legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n.  3  (Statuto  speciale  per  la  Sardegna),  nei
confronti dell'art. 1, commi 1, 4, 5 e 8, della legge  della  Regione
autonoma Sardegna 21 febbraio 2020, n. l (Disposizioni sulla gestione
della posidonia spiaggiata). 
    Il ricorrente osserva che le  disposizioni  impugnate,  le  quali
hanno  ad  oggetto  la  disciplina  dei  resti  della  pianta  marina
denominata "Posidonia oceanica", eccedono dalla competenza statutaria
della Regione autonoma Sardegna e  contrastano  con  la  legislazione
emanata dallo Stato nell'esercizio della propria competenza esclusiva
in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art.
117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.,  cui  e'  riconducibile  la
disciplina in materia di rifiuti. 
    Le disposizioni  regionali,  in  particolare,  si  porrebbero  in
contrasto con gli artt. 180-bis, comma  1-bis,  182,  183,  comma  1,
lettere n) e bb), 184, comma, 2, lettera d), 185,  comma  l,  lettera
f), e 193 del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  recante
«Norme in materia  ambientale»  (d'ora  in  poi:  cod.  ambiente),  e
dell'art. 39, comma 11, del decreto legislativo 3 dicembre  2010,  n.
205  (Disposizioni  di  attuazione  della  direttiva  2008/98/CE  del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008  relativa  ai
rifiuti e che abroga alcune direttive). 
    Ad avviso del ricorrente gli  accumuli  di  posidonia  spiaggiata
sono, infatti, da qualificarsi rifiuti ai sensi dell'art. 184,  comma
2, lettera d), cod. ambiente,  il  quale  dispone  che  costituiscono
«rifiuti urbani»  i  rifiuti  «di  qualunque  natura  o  provenienza,
giacenti [...] sulle spiagge marittime e lacuali  e  sulle  rive  dei
corsi d'acqua» e sono, quindi, soggetti alla disciplina generale  sui
rifiuti contenuta nella Parte quarta cod. ambiente. 
    L'art. 39, comma 11, del d.lgs. n. 205 del 2010 dispone, inoltre,
che nel caso sussistano elementi univoci  che  facciano  ritenere  la
presenza di posidonia e di meduse spiaggiate direttamente  dipendenti
da  mareggiate  o  altre  cause  comunque  naturali,  e'   consentito
l'interramento  in  sito  dei  materiali  sopracitati,  purche'  cio'
avvenga senza trasporto ne' trattamento. 
    Nel ricorso si pone  in  rilievo,  poi,  come  al  fine  di  dare
corretta attuazione alle  disposizioni  legislative  in  materia,  il
Ministero dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare ha
emanato le circolari, prot. n. 8123 del 17 marzo 2006 e n.  8838  del
20 maggio 2019, entrambe  aventi  ad  oggetto  la  «[g]estione  degli
accumuli di Posidonia oceanica spiaggiati», allo scopo di  fornire  a
tutte le Regioni le corrette modalita' di gestione di tali materiali. 
    Cio' posto, e passando alle specifiche  disposizioni,  la  difesa
statale osserva che con riferimento all'art. 1, comma 1, della  legge
reg. Sardegna n. 1 del 2020, il legislatore regionale ha previsto che
nel caso in cui il mantenimento in loco della posidonia impedisca  la
regolare fruizione della spiaggia a fini  turistici,  i  Comuni  o  i
gestori concessionari, previa  comunicazione  alla  Regione,  possono
spostare temporaneamente gli accumuli di  posidonia  in  zone  idonee
dello stesso arenile o,  qualora  non  disponibili,  in  aree  idonee
appositamente individuate all'interno del territorio del Comune. 
    Tale disposizione sarebbe censurabile nella parte in cui  prevede
lo spostamento temporaneo degli accumuli di posidonia in «aree idonee
appositamente individuate all'interno del territorio del  comune»,  e
quindi, in  zone  diverse  da  quelle  individuate  dalla  disciplina
statale  e  dalle  disposizioni  di  prassi  adottate   in   materia,
implicando altresi' attivita' di trasporto che deve essere esercitata
nel rispetto del regime previsto dall'art. 193 cod. ambiente. 
    L'art. 183, comma 1, lettera n), cod. ambiente, infatti,  esclude
dall'ambito  di  gestione  dei  rifiuti,  e  consente  di  esercitare
liberamente, soltanto  le  operazioni  di  prelievo,  raggruppamento,
cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o  sostanze
naturali derivanti da eventi atmosferici  o  meteorici,  ivi  incluse
mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine
antropica,  che  siano  effettuate  nel  tempo  tecnico  strettamente
necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi  li  hanno
depositati. 
    Il ricorrente, nel richiamare la circolare ministeriale prot.  n.
8838 del 2019, afferma che  tutt'altro  genere  rivestono  invece  le
operazioni di spostamento verso  non  ben  specificate  «aree  idonee
individuate all'interno del territorio  comunale»,  consentite  dalla
norma regionale impugnata. 
    In tal caso si determinerebbe  un'attivita'  di  vera  e  propria
gestione di rifiuti, che deve  essere  pienamente  assoggettata  alla
legislazione statale di riferimento. 
    Il citato art. 183, comma l, lettera n),  cod.  ambiente  dispone
infatti che qualunque operazione di raccolta, trasporto,  recupero  e
smaltimento dei rifiuti deve essere considerata attivita' di gestione
dei rifiuti, al di fuori delle ipotesi sopra indicate. 
    Inoltre,  il  ricorrente  osserva  che,  se   con   la   generica
espressione «aree idonee appositamente  individuate  all'interno  del
territorio  del  comune»,  il  legislatore  regionale  avesse  voluto
riferirsi al deposito temporaneo, la norma si porrebbe, comunque,  in
contrasto con la disposizione di cui all'art. 183, comma  l,  lettera
bb), cod. ambiente, che prevede che sia effettuato nel  luogo  stesso
in cui i rifiuti sono stati prodotti e nella tassativa ricorrenza  di
tutte le condizioni previste dall'art. 185-bis cod. ambiente. 
    In particolare, in considerazione degli impatti che  le  sostanze
cosi' accumulate possono produrre sull'ecosistema, e' necessario  che
l'invio sia effettuato presso aree ricomprese negli specifici  centri
di raccolta previsti dall'art. 180-bis, comma l-bis,  cod.  ambiente,
che richiama il successivo art. 183, comma 1, lettera  mm)  -  e  non
presso  gli  spazi  generici  cui  fa  riferimento  la   disposizione
impugnata - che possano costituire valido presidio di garanzia per la
salute e per l'ambiente. 
    Quanto al comma 4 dell'art. 1 della legge reg. Sardegna n. 1  del
2020, che prevede un divieto assoluto di procedere  allo  smaltimento
in discarica, il ricorrente rileva il  contrasto  con  la  disciplina
statale di cui all'art. 182 cod. ambiente,  secondo  cui  si  ricorre
allo smaltimento in discarica ogni qualvolta non  sia  possibile  dal
punto di  vista  tecnico  ed  economico  eseguire  le  operazioni  di
recupero o accedervi a condizioni ragionevoli, anche considerando  il
rapporto costi/benefici. 
    In riferimento, poi, al comma 5 dello stesso art. l  della  legge
regionale in esame, che consente  di  effettuare  la  vagliatura  del
materiale organico spiaggiato, anche presso il sito  ove  si  intende
conferire la posidonia, ai sensi del comma 1, il  ricorrente  osserva
che la disposizione si pone in  contrasto  con  quanto  espressamente
stabilito dall'art. 183, comma 1,  lettera  n),  cod.  ambiente,  che
considera   estranea   all'attivita'   di   gestione   dei    rifiuti
esclusivamente l'esecuzione  delle  operazioni  di  cernita  che  sia
compiuta presso il medesimo sito ove gli eventi li hanno depositati. 
    Infine, il comma 8 dell'art. 1  della  medesima  legge  regionale
esclude dal campo di applicazione  della  normativa  sui  rifiuti,  i
materiali costituiti di materia vegetale di  provenienza  agricola  o
forestale, che si siano depositati naturalmente sulle sponde di laghi
e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici  o
meteorici, ivi incluse le mareggiate e le piene, anche ove  frammisti
ad altri materiali di origine antropica. 
    Anche questa disposizione, ad avviso del  ricorrente,  prevedendo
l'esclusione   dalla   normativa   ambientale   dei   materiali   non
espressamente previsti  dall'art.  185,  comma  l,  lettera  f),  cod
ambiente, si pone in contrasto con la normativa statale,  e  potrebbe
altresi'  comportare  l'apertura  di  una  procedura  di   infrazione
comunitaria. 
    Le    norme    regionali     impugnate     sarebbero     pertanto
costituzionalmente illegittime, non potendo le  Regioni  invadere  le
competenze attribuite in via esclusiva allo  Stato,  come  quelle  in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema; ne' gli artt. 3  e
4 dello statuto reg. Sardegna attribuiscono alla  Regione  competenze
legislative in materia ambientale. 
    Infine, osserva  il  ricorrente,  richiamando  la  giurisprudenza
costituzionale, che i profili di tutela ambientale sono assorbenti  e
prevalenti rispetto ad ogni altra questione  che  possa  incidere  su
altre materie interferenti, che siano  ricomprese  nell'ambito  delle
proprie competenze statutarie. 
    2.- Con atto depositato in data 27 maggio 2020, si e'  costituita
in giudizio la Regione autonoma Sardegna ed ha chiesto di  dichiarare
le questioni non fondate. 
    La resistente, in via generale, osserva come ai sensi degli artt.
183, comma 1, lettera a), e 184, commi  2,  lettera  d),  e  5,  cod.
ambiente, la posidonia spiaggiata sia qualificabile come  rifiuto  e,
quindi, soggetta alla relativa disciplina, soltanto in presenza della
volonta' di disfarsene. 
    Le Regioni, pertanto, sarebbero  legittimate  a  disciplinare  le
modalita' di utilizzo della posidonia spiaggiata  quale  risorsa  per
contrastare l'erosione dei litorali e  salvaguardare  gli  ecosistemi
costieri, in assenza di una disciplina statale in merito, al di fuori
di  quanto  stabilito  nelle  circolari,  le  quali   non   sarebbero
vincolanti. 
    Cio' precisato, secondo la difesa della Regione,  il  legislatore
regionale  ha  inteso   disciplinare   l'utilizzo   della   posidonia
unicamente quale risorsa, in conformita' alla sua naturale attitudine
di barriera contro l'erosione dei litorali e  di  salvaguardia  degli
ecosistemi costieri. 
    Passando alle specifiche censure,  con  riferimento  all'art.  1,
comma l, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020, la difesa regionale
osserva che l'art. 183,  comma  l,  lettera  n),  trova  applicazione
esclusivamente nelle ipotesi in cui il materiale da  gestire  sia  un
rifiuto, ovvero un materiale di cui si intenda disfarsi. 
    Ed anche l'art. 39, comma 11, del d.lgs. n. 205 del  2010,  trova
applicazione esclusivamente nell'ipotesi in  cui  si  sia  deciso  di
disfarsi della posidonia spiaggiata, dal momento  che  introduce  una
modalita' alternativa di smaltimento. 
    La circolare ministeriale prot. n. 8838 del  2019  -  secondo  la
difesa regionale -  disciplina  i  casi  in  cui  si  sia  deciso  di
mantenere la posidonia nella sua naturale funzione di  barriera  anti
erosione e di presidio a  tutela  dell'ecosistema  costiero.  Sarebbe
quindi evidente che al legislatore regionale e' contestato di essersi
discostato dal  contenuto  di  una  circolare  ministeriale,  facendo
discendere da tale scostamento  la  qualifica  della  posidonia  come
rifiuto, con conseguente pretesa applicabilita'  della  normativa  in
materia. 
    Quanto all'obbligo di gestione in loco, la resistente osserva che
esso e' previsto esclusivamente nella citata circolare del  2019,  la
cui   eventuale   violazione   non   puo'   comportare   l'automatica
trasformazione della  posidonia  spiaggiata,  che  si  e'  deciso  di
mantenere alla sua funzione, da risorsa a rifiuto. 
    Neanche il richiamo dell'art. 183,  comma  l,  lettera  n),  cod.
ambiente sarebbe pertinente, dal momento  che  lo  stesso  disciplina
l'attivita' di gestione  di  rifiuti,  quale  certamente  non  e'  la
posidonia spiaggiata spostata per il periodo estivo in  luogo  idoneo
diverso da quelli di cui ad una circolare ministeriale e in attesa di
essere riposizionata in una spiaggia al fine di impedirne l'erosione. 
    L'affermazione del ricorrente, secondo cui «in tutti  i  casi  in
cui il materiale organico viene prelevato dalla spiaggia  per  essere
trasportato altrove, si  rende  necessaria  l'integrale  applicazione
della normativa sui  rifiuti»  e,  quindi  dell'art.  183,  comma  l,
lettera bb), cod. ambiente (che disciplina il deposito temporaneo  di
rifiuti)  non  poggerebbe  su  alcun  supporto  normativo  e  sarebbe
contraddetta, oltre che dalle circolari  ministeriali  citate,  anche
dalle direttive comunitarie e dagli accordi  internazionali  in  esse
richiamate. 
    Nella circolare prot. n. 8123 del 2006, osserva la resistente, e'
previsto lo spostamento stagionale degli  accumuli,  rimettendo  agli
enti competenti l'individuazione delle localita'  di  destinazione  e
delle modalita' dello spostamento, senza limitazione alcuna. 
    Viene anche chiarito che non vi sono  evidenze  scientifiche  per
possibili meccanismi di  criticita'  delle  biomasse  spiaggiate  nei
confronti della salute dell'uomo. 
    Inoltre, nella circolare prot. n. 1005  del  1°  aprile  2015  e'
ribadito che le localita' di spostamento e le modalita' dello  stesso
sono rimesse agli enti parco o alla  Regione  competente,  sentiti  i
Comuni interessati. Soltanto nella circolare prot. n. 8838  del  2019
sono imposte le zone di spostamento  e  le  modalita'  dello  stesso,
senza peraltro alcun riferimento alle  motivazioni  per  cui  si  sia
introdotta tale  modifica  rispetto  alle  precedenti  circolari,  in
particolare alle ragioni di tutela ambientale. 
    Il comma 1 dell'art. 1 impugnato, che disciplina le modalita' per
il mantenimento della pianta marina nella  sua  funzione  naturale  -
discostandosi dalle indicazioni ministeriali che, per la prima  volta
nel 2019, hanno previsto che lo spostamento stagionale potesse essere
effettuato solo nelle spiagge situate all'interno della stessa unita'
fisiografica - non ha quindi ad oggetto la gestione di rifiuti. 
    Secondo la difesa  regionale,  poi,  la  locuzione  «aree  idonee
individuate all'interno del comune» sarebbe certamente  riferibile  a
quelle situate all'interno della stessa unita' fisiografica, cio'  in
quanto il concetto di idoneita' non puo' non includere  la  distanza,
anche  perche'  il  miglior   rapporto   costi/benefici   impone   la
prossimita'. 
    Per quanto concerne il comma  4  dell'art.  1  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2020, la Regione osserva  come  la  ratio  non  sia
quella di vietare lo smaltimento  della  posidonia,  posto  che  tale
scelta sarebbe illogica ove della stessa  non  potesse  essere  fatto
alcun utilizzo. L'intento  sarebbe,  invece,  quello  di  vietare  il
previo spostamento degli accumuli destinati allo smaltimento. 
    La  disposizione  e',  infatti,  collocata  dopo  i   commi   che
prevedono, quale opzione preferibile, il mantenimento della posidonia
alla sua funzione naturale  (commi  1  e  2)  e,  ove  cio'  non  sia
possibile,  la  rimozione  permanente  con  conferimento  prioritario
presso  impianti  di  recupero  e/o  riciclaggio  e/o  lavaggio,   in
particolare di compostaggio. 
    La Regione non ha quindi vietato  il  conferimento  in  discarica
tout court, ma individuate le priorita', ha  pero'  chiarito  che  il
materiale  da  smaltire  non  deve  essere  soggetto  a   spostamenti
intermedi. 
    Per cio' che riguarda il comma 5 dell'art.  1  della  legge  reg.
Sardegna n. l del 2020 la difesa osserva  che  l'invocato  art.  183,
comma 1, lettera n), cod. ambiente  non  troverebbe  applicazione  in
quanto, come piu' volte ribadito, la cernita della posidonia  non  ha
ad oggetto un rifiuto. 
    Nessuna  norma,  pertanto,  impone  che  la  vagliatura   avvenga
esclusivamente  nel  sito  di  provenienza,  non  comprendendosi   la
finalita' di tale limitazione, posto che in ogni caso l'operazione e'
destinata a garantire  il  recupero  della  sabbia  da  destinare  al
ripascimento dell'arenile di provenienza. 
    Peraltro, la disposizione impugnata impone che le  operazioni  di
raccolta,  spostamento  e  riposizionamento  siano  precedute   dalla
separazione della sabbia e dalla rimozione dei rifiuti. La vagliatura
nel  sito  di  spostamento  temporaneo  si  configura  pertanto  come
operazione ulteriore, ove necessaria. 
    Quanto al comma 8 dell'art.  1  impugnato,  la  difesa  regionale
osserva che esso non ha ad oggetto la posidonia e che la disposizione
intendeva recepire il contenuto dell'art. 5, comma 3, del disegno  di
legge recante «Disposizioni per il recupero dei  rifiuti  in  mare  e
nelle acque interne e per  la  promozione  dell'economia  circolare»,
cosi' detta "legge SalvaMare", gia' approvata dalla Camera e in esame
al Senato  (A.S.  n.  1571),  nella  convinzione  che  sarebbe  stata
celermente approvata. 
    3.- Con memoria depositata in data 9 febbraio 2020, il Presidente
del Consiglio dei ministri ha replicato alle argomentazioni difensive
della  Regione  autonoma  Sardegna,  insistendo  nella  richiesta  di
declaratoria di illegittimita' costituzionale. 
    Osserva in proposito che l'elemento volitivo, cui fa  riferimento
l'art. 183, comma l, lettera a), cod. ambiente, riguarda il  soggetto
che intenda trasformare una "sostanza" o un "oggetto" da lui detenuti
in un rifiuto, mediante l'abbandono e la conseguente interruzione del
rapporto con la cosa. 
    Il soggetto che venga in possesso  di  una  "sostanza"  o  di  un
"oggetto" abbandonato, invece,  non  manifesta  nessuna  volonta'  ed
acquista la posizione di "detentore del  rifiuto",  ed  e'  per  cio'
stesso obbligato ad osservare integralmente l'inderogabile disciplina
relativa al trattamento di tale categoria di materiali. 
    La sua volonta' si potra' riferire dunque solo ed  esclusivamente
alle modalita' di trattamento del rifiuto da  lui  detenuto,  optando
tra le varie possibilita' offerte dalla legge. 
    In tale contesto, egli potra' anche considerare il  rifiuto  come
sostanza  da  recuperare  per  altre  finalita';  ma  tale   recupero
comportera' solo la perdita della sua qualificazione come rifiuto, ai
sensi dell'art. 184-ter cod. ambiente, e non escludera'  affatto  che
esso dovesse essere considerato tale  ab  origine  e  dovesse  essere
assoggettato  alla  relativa  disciplina  nel  tempo  precedente.  In
particolare, la difesa statale precisa che la nozione  di  "utilizzo"
(o di "riutilizzo") si distingue da quella di "recupero"  perche'  si
riferisce a materiali che non hanno acquisito  la  qualificazione  di
"rifiuto" e che possano essere «reimpiegati per la  stessa  finalita'
per la quale erano stati concepiti» (art. 183, comma  l,  lettera  r,
cod. ambiente). 
    Il ricorrente dunque ribadisce che la  lettera  a)  del  comma  1
dell'art. 183 cod. ambiente si riferisce alla volonta' di disfarsi di
una  sostanza  detenuta  per  trasformarla  in  rifiuto,  mentre   la
fattispecie descritta «riguarda la volonta' di "recuperare" (e non di
"utilizzare") un rifiuto in proprio possesso, considerandolo come una
risorsa e facendo cosi' cessare tale qualificazione». 
    Infatti, nell'ipotesi della posidonia ricorre un caso di recupero
del rifiuto che si ha quando esso  puo'  «svolgere  un  ruolo  utile,
sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati
per assolvere una particolare funzione». 
    Per il resto, la difesa statale ribadisce le argomentazioni  gia'
svolte nel ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 28 aprile 2020, il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione e agli artt. 3 e 4 della legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n.  3  (Statuto  speciale  per  la  Sardegna),  nei
confronti dell'art. 1, commi 1, 4, 5 e 8, della legge  della  Regione
autonoma Sardegna 21 febbraio 2020, n. l (Disposizioni sulla gestione
della posidonia spiaggiata). 
    Il ricorrente afferma che i resti della pianta marina  denominata
"Posidonia oceanica" sono assoggettabili alla disciplina sui rifiuti,
ai sensi dell'art. 184, comma 2, lettera d), del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia  ambientale»  (d'ora
in poi: cod. ambiente), secondo cui  costituiscono  «rifiuti  urbani»
quelli «di  qualunque  natura  o  provenienza  giacenti  [...]  sulle
spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua». 
    La qualificazione degli accumuli della posidonia spiaggiata  come
sostanze assoggettate alla  disciplina  sui  rifiuti  determinerebbe,
secondo  il  ricorrente,  che  le  disposizioni  regionali  impugnate
eccederebbero dalla  competenza  statutaria  della  Regione  autonoma
Sardegna  e   contrasterebbero   con   plurime   norme   del   codice
dell'ambiente, espressione dell'esercizio della competenza  esclusiva
statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., cui e'  riconducibile
la disciplina in materia di rifiuti. 
    Piu' specificamente, quanto alle  singole  norme,  il  ricorrente
afferma che l'art. 1, comma 1, della legge reg.  Sardegna  n.  1  del
2020, nella parte in cui prevede lo  «spostamento  temporaneo»  degli
accumuli di  posidonia  in  «aree  idonee  appositamente  individuate
all'interno del territorio del comune», contrasta  con  i  menzionati
parametri  costituzionali,  in  quanto  individua  zone  di  deposito
temporaneo, diverse da quelle stabilite dalla  disciplina  statale  e
«dalle disposizioni di prassi» adottate in materia. 
    La norma impugnata, inoltre, nel  prevedere  lo  spostamento  dei
resti  della  pianta  marina  presso  non  meglio  specificate   aree
implicherebbe, altresi', un'operazione di trasporto in contrasto  con
la specifica disciplina di cui all'art. 193 cod. ambiente. 
    La difesa statale impugna, poi, l'art. 1, comma  4,  della  legge
reg. Sardegna n. 1 del  2020,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che
«[q]ualora si proceda allo  spostamento  della  posidonia,  e'  fatto
assoluto divieto procedere al suo smaltimento in discarica». 
    Tale norma recherebbe una disciplina in contrasto con  quella  di
cui all'art. 182 cod. ambiente che, invece, prevede  la  possibilita'
di ricorrere allo smaltimento in discarica  ogni  qualvolta  non  sia
possibile, dal punto di  vista  tecnico  ed  economico,  eseguire  le
operazioni di recupero o accedervi a  condizioni  ragionevoli,  anche
considerando il rapporto costi/benefici. 
    E' inoltre,  impugnato  l'art.  1,  comma  5,  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2020, nella parte in cui consente di effettuare  la
«vagliatura» del materiale  organico  spiaggiato,  consistente  nella
separazione della sabbia dal  materiale  organico,  anche  presso  il
«sito in cui e' conferita la posidonia». 
    Tale norma si porrebbe in  contrasto  con  la  disciplina  recata
dall'art. 183, comma  1,  lettera  n),  cod.  ambiente,  secondo  cui
l'esecuzione delle operazioni di «cernita», solo se  compiute  presso
il  medesimo  sito  ove  gli  eventi  naturali  hanno  depositato  la
posidonia, e'  estranea  all'attivita'  di  «gestione  dei  rifiuti»,
rilevante ai fini dell'applicazione della Parte quarta cod. ambiente. 
    Infine, il ricorrente impugna l'art. 1, comma 8, della legge reg.
Sardegna n. 1 del 2020, nella parte  in  cui  prevede  l'applicazione
dell'art. 185, comma  1,  lettera  f),  cod.  ambiente  ai  «prodotti
costituiti di materia vegetale di provenienza agricola  o  forestale,
depositata naturalmente  sulle  sponde  di  laghi  e  fiumi  e  sulla
battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici o  meteorici,  ivi
incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di
origine antropica», in tal modo sottraendo tali sostanze dal campo di
applicazione della normativa sui rifiuti. 
    Ad  avviso  della  difesa  statale,  la  disposizione  regionale,
ampliando il catalogo dei materiali  sottratti  alla  disciplina  dei
rifiuti, recherebbe una  disciplina  incompatibile  con  l'art.  185,
comma l, lettera f), cod. ambiente. 
    2.-  Nell'atto  difensivo  la  Regione  resistente   confuta   le
argomentazioni del ricorrente assumendo che la posidonia  spiaggiata,
oggetto dell'art. 1, commi 1, 4 e 5, della legge reg. Sardegna  n.  1
del 2020, sia assoggettabile alla  disciplina  statale  sui  rifiuti,
soltanto  in  presenza  della  volonta'  di  disfarsene,  secondo  il
disposto di cui agli artt. 183, comma 1, lettera a), e 184, commi  2,
lettera d), e 5, cod. ambiente. Le disposizioni  regionali,  infatti,
perseguirebbero l'unico fine di disciplinare l'utilizzo della  pianta
marina quale risorsa ambientale, in  conformita'  alla  sua  naturale
attitudine  di  barriera  contro  l'erosione  dei   litorali   e   di
salvaguardia degli ecosistemi costieri, non essendo espressive  della
volonta' del legislatore regionale di disfarsene. 
    Quanto al comma  8  dell'art.  1  impugnato,  avente  ad  oggetto
materiali diversi dalla posidonia, la difesa regionale osserva che la
disposizione intendeva recepire il contenuto dell'art.  5,  comma  3,
del disegno di  legge  recante  «Disposizioni  per  il  recupero  dei
rifiuti  in  mare  e  nelle  acque  interne  e  per   la   promozione
dell'economia  circolare»,  cosi'  detta  "legge   SalvaMare",   gia'
approvata dalla Camera e in esame al Senato  (A.S.  n.  1571),  nella
convinzione che sarebbe stata celermente approvata. 
    3.- In via preliminare deve osservarsi  che,  successivamente  al
ricorso, plurime disposizioni della Parte quarta cod.  ambiente  sono
state modificate dall'art. 1  del  decreto  legislativo  3  settembre
2020, n. 116, recante «Attuazione della direttiva (UE)  2018/851  che
modifica la direttiva 2008/98/CE relativa  ai  rifiuti  e  attuazione
della direttiva (UE) 2018/852 che modifica  la  direttiva  1994/62/CE
sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio». 
    Ai soli fini che qui interessano, deve rilevarsi che per  effetto
dell'art. 1, comma 9, lettera a), del d.lgs.  n.  116  del  2020,  il
riferimento normativo indicato dal ricorrente per  la  qualificazione
dei resti di posidonia quale rifiuto urbano si rinviene, attualmente,
nell'art. 183, comma 1, lettera b-ter), numero 4), cod. ambiente. 
    Inoltre, l'art. 1, comma 9, lettera e), del  d.lgs.  n.  116  del
2020, ha sostituito la lettera  n),  dell'art.  183,  comma  1,  cod.
ambiente, inserendo tra  le  attivita'  di  «gestione  dei  rifiuti»,
soggette alla disciplina di cui alla Parte quarta cod.  ambiente,  la
«cernita» quale attivita' espletabile in funzione  del  recupero  dei
rifiuti,  e  introducendo  tra  le   attivita'   che,   invece,   non
costituiscono «attivita' di gestione», la «selezione» dei  materiali,
confermando per il resto il contenuto della norma. 
    Si tratta di modifiche,  dunque,  che  non  assumono  rilievo  in
ordine alle censure del ricorrente. 
    4.- Prima  di  passare  all'esame  delle  censure  contenute  nel
ricorso, occorre soffermarsi sul quadro normativo nel cui  ambito  si
colloca la disciplina della  pianta  marina  della  posidonia  e,  in
particolare, dei suoi residui, i quali soltanto  sono  oggetto  della
disciplina regionale impugnata. 
    Le praterie di posidonia, ai sensi dell'art. 1 della Direttiva n.
92/43/CEE, recepita in Italia con il d.P.R. 8 settembre 1997, n.  357
(Regolamento recante attuazione della  direttiva  92/43/CEE  relativa
alla conservazione degli habitat  naturali  e  seminaturali,  nonche'
della flora e della fauna  selvatiche),  sono  classificate  tipi  di
habitat naturali prioritari, ossia tipi di habitat che  rischiano  di
scomparire  e  per  la  cui  conservazione  la  «Comunita'   ha   una
responsabilita' particolare». 
    Tali  piante  marine  sono,  inoltre,  tutelate  dal   Protocollo
relativo alle aree specialmente protette  e  alla  biodiversita'  nel
Mediterraneo (ASPIM), sottoscritto nell'ambito della Convenzione  per
la protezione del Mare Mediterraneo dall'inquinamento (Convenzione di
Barcellona), ratificato con legge 27 maggio 1999, n. 175 (Ratifica ed
esecuzione dell'Atto  finale  della  Conferenza  dei  plenipotenziari
sulla  Convenzione   per   la   protezione   del   Mar   Mediterraneo
dall'inquinamento, con relativi protocolli, tenutasi a Barcellona  il
9 e 10 giugno 1995). 
    Si tratta di  atti  normativi  che  perseguono,  tra  gli  altri,
l'obiettivo di salvaguardare gli ecosistemi marini, quali habitat che
sono  in  pericolo  di  estinzione  o  che  sono  necessari  per   la
sopravvivenza di specie animali e vegetali, nel cui ambito sono state
inserite anche le praterie di "Posidonia oceanica". 
    Mentre per la pianta marina in esame  e'  dunque  apprestata  una
significativa normativa di tutela, nazionale  e  sovranazionale,  non
altrettanto puo' affermarsi per i suoi residui  spiaggiati,  i  quali
pero' svolgono una fondamentale funzione di conservazione delle coste
e dei loro ecosistemi. 
    E' univocamente affermato, infatti, che  le  strutture  lamellari
(cosi'  dette  banquettes)  presenti  lungo  i  litorali  costieri  -
composte dagli accumuli delle foglie morte, dei rizomi  e  dei  resti
fibrosi della posidonia frammisti alla sabbia  -  svolgono  un  ruolo
importante nella protezione dei  litorali  dall'erosione,  in  quanto
ostacolano l'azione e l'energia del moto  ondoso,  contribuendo  alla
stabilita' delle spiagge e della costa. 
    In assenza di una specifica  disciplina  statale  sulla  gestione
delle biomasse vegetali spiaggiate,  derivanti  da  piante  marine  o
alghe - allo stato  e'  all'esame  del  Senato  della  Repubblica  il
disegno di legge recante «Disposizioni per il recupero dei rifiuti in
mare  e  nelle  acque  interne  e  per  la  promozione  dell'economia
circolare», cosi' detta "legge SalvaMare", approvata dalla Camera dei
deputati il 24 ottobre 2019 (A.S. n. 1571) -  l'importante  ruolo  di
protezione ambientale e' oggetto di  considerazione  delle  circolari
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare
(MATTM), contenenti puntuali  indicazioni  volte  a  contemperare  la
rilevante funzione ecologica  dei  residui  della  posidonia  con  la
necessita' di rendere fruibili  le  spiagge;  cosi'  da  tutelare  le
esigenze turistico-ricreative dei concessionari demaniali, degli enti
interessati e, comunque, della collettivita' in generale. 
    Infatti, gia' la circolare prot. n. 8123 del 17 marzo 2006  aveva
rilevato come la preferibile soluzione del mantenimento in loco della
posidonia spiaggiata potesse spesso  confliggere  con  l'esigenza  di
rendere usufruibili le spiagge ed aveva  percio'  indicato  ulteriori
soluzioni  legate  alla   specificita'   dei   luoghi.   Accanto   al
mantenimento in situ degli accumuli quale opzione  auspicabile  nelle
aree marine protette, aveva indicato lo spostamento  di  accumuli  in
zone meno frequentate della stessa spiaggia  o  in  spiagge  diverse,
stabilendo  che  le  modalita'  dello  spostamento  dovessero  essere
stabilite con provvedimento da adottarsi da parte degli enti parco  o
della Regione, sentiti i Comuni interessati. In presenza, poi, di una
oggettiva incompatibilita' tra gli accumuli dei residui di  posidonia
e  la  possibilita'  di  utilizzo  delle  spiagge,  nella  menzionata
circolare si  era  prevista  anche  la  rimozione  permanente  ed  il
trasferimento in discarica. 
    In merito alle possibili misure gestionali dei resti  spiaggiati,
poi, la recente circolare prot.  n.  8838  del  20  maggio  2019,  in
aggiunta al mantenimento in loco o allo  spostamento  in  zone  della
stessa  spiaggia  o  in  spiagge  limitrofe,  ha  indicato  ulteriori
possibili rimedi. 
    In particolare, si e' previsto l'interramento in sito,  ai  sensi
dell'art. 39, comma 11, del decreto legislativo 3 dicembre  2010,  n.
205  (Disposizioni  di  attuazione  della  direttiva  2008/98/CE  del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008  relativa  ai
rifiuti e  che  abroga  alcune  direttive);  il  trasferimento  degli
accumuli presso gli  impianti  di  riciclaggio;  la  reimmissione  in
ambiente marino previa vagliatura volta a rimuovere eventuali rifiuti
e la sabbia. 
    Infine, e soltanto per impossibilita' di ricorrere alle soluzioni
descritte, la circolare ha indicato la soluzione del trasferimento in
discarica. 
    In sintesi,  la  disciplina  sia  della  posidonia,  come  pianta
marina, sia dei residui della stessa  che  il  moto  ondoso  deposita
sugli  arenili  ricade  nella  materia   «tutela   dell'ambiente»   e
«dell'ecosistema», di competenza esclusiva  del  legislatore  statale
(art. 117, secondo comma, lettera s,  Cost.);  la  gestione  di  tali
accumuli  -  come  si  dira'  in  seguito  -  e'   assoggettata,   in
particolare, alla disciplina dei "rifiuti", quale prevista  dal  cod.
ambiente. 
    Questa Corte ha ripetutamente affermato che  «la  disciplina  dei
rifiuti va ricondotta alla "tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema"
[...], materia naturalmente trasversale, idonea  percio'  a  incidere
sulle competenze regionali» (sentenza n. 289 del 2019  che  richiama,
ex multis, le sentenze n. 215 e n. 151 del 2018, n. 54 del  2012,  n.
380 del 2007 e n. 259 del 2004; piu' recentemente, in senso conforme,
la sentenza n. 227 del 2020). 
    5.-  In  questo  contesto  normativo  e'  intervenuta  la   legge
regionale n. 1 del 2020 con cui il legislatore sardo sul  presupposto
della importanza del ruolo della posidonia  spiaggiata  -  proclamata
gia' nell'incipit della disposizione di cui al comma 1  dell'art.  1,
secondo cui  la  «Regione  riconosce  la  posidonia  spiaggiata  come
strumento di  difesa  naturale  contro  l'erosione  costiera  e  come
risorsa  riutilizzabile»  -  ha  inteso  approntare   una   specifica
disciplina  di  protezione  che  pero',  al  contempo,  favorisca  il
turismo, facendo si' che le coste e gli arenili  possano  presentarsi
sgombri da tali accumuli nella stagione estiva. Ed infatti l'art.  2,
comma 1 -  disposizione  non  impugnata  dal  Governo  -  enuncia  in
generale che «[l]a Regione promuove e incoraggia  il  recupero  e  il
riuso  dei  residui  di  posidonia,  rimossi   durante   il   periodo
primaverile-estivo che non e' possibile ridistribuire  nelle  spiagge
di provenienza o in altre idonee, in particolare presso  impianti  di
trattamento». 
    E',  dunque,  ben  chiaro  il  meritevole  fine  del  legislatore
regionale di predisporre  una  disciplina  che  miri  a  contemperare
l'esigenza di rendere maggiormente fruibili le  spiagge  nel  periodo
estivo - nel contesto della  disciplina  del  «turismo»,  espressione
della potesta' legislativa di  cui  all'art.  3,  lettera  p),  dello
statuto speciale, pur con il limite delle  norme  fondamentali  delle
riforme economico-sociali della Repubblica - con la necessita'  della
salvaguardia ambientale  e  del  possibile  recupero  e  riuso  della
posidonia. 
    6.- Il ricorso del Governo si  e'  mosso  proprio  tenendo  conto
delle esigenze di tutela e sostegno del turismo, sottese  alla  legge
reg. Sardegna n. 1 del 2020, dal momento  che  l'impugnativa  non  ha
riguardato tutta la legge, ma selettivamente solo quelle disposizioni
che sono state ritenute in frizione  con  la  disciplina  statale  in
materia di  rifiuti,  senza  che,  ad  opera  delle  stesse,  vi  sia
un'elevazione dello standard di tutela ambientale. 
    E infatti non sono state impugnate varie  altre  norme  contenute
nella stessa  legge  regionale:  quelle  sul  riposizionamento  della
posidonia  spiaggiata  (art.  1,  comma  2),  sulla   sua   rimozione
permanente (art. 1, comma 3), sull'utilizzo dei mezzi  meccanici  per
il suo spostamento e riposizionamento (art. 1, comma 6), sul recupero
degli accumuli antropici (art. 1, comma 7), sui contributi ai  Comuni
per lo svolgimento di tali attivita' (art. 1, comma 9), nonche'  piu'
in generale sul «Piano di gestione della posidonia»  (art.  1,  comma
11). 
    Accanto  alla  fondamentale  funzione  ecologica  degli  accumuli
spiaggiati, il legislatore regionale ha inteso valorizzare anche  gli
ulteriori impieghi  di  tali  materiali,  potendosi  per  questi  far
riferimento all'utilizzo per la produzione di fertilizzanti, ai sensi
dell'art. 1 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75 (Riordino e
revisione della disciplina  in  materia  di  fertilizzanti,  a  norma
dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88). 
    In particolare la legge  regionale  impugnata  prevede  anche  la
concessione agli operatori di «appositi contribuiti in conto capitale
[...]  da  destinarsi  alla  realizzazione  e  all'adeguamento  degli
impianti di trattamento, recupero e compostaggio» (art. 2, comma 2). 
    7.- Alla luce di tali premesse, che valgono anche  a  fissare  la
perimetrazione delle censure mosse  dal  Governo,  e'  ora  possibile
affrontare, nel merito, le questioni di  legittimita'  costituzionale
che pone il ricorso. 
    8.- Deve rilevarsi, in  primo  luogo,  come  la  sopra  ricordata
naturale vocazione della posidonia - sia  quale  pianta  marina,  sia
come accumulo dei suoi residui depositati sulle coste e sugli arenili
- alla tutela dell'ambiente  comporti  che  la  sua  regolamentazione
ricada in  ogni  caso  nella  competenza  esclusiva  del  legislatore
statale in materia di «tutela dell'ambiente» e  «dell'ecosistema»  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    In proposito questa Corte ha affermato  che  le  Regioni  possono
esercitare competenze legislative proprie per la  cura  di  interessi
funzionalmente collegati con quelli propriamente  ambientali  purche'
l'incidenza nella materia di competenza esclusiva statale sia solo in
termini di maggiore e piu' rigorosa tutela dell'ambiente (ex  multis,
sentenze n. 227, n. 214, n. 88 del  2020  e  n.  289  del  2019).  In
particolare, con riferimento ad altra  Regione  a  statuto  speciale,
questa  Corte  (sentenza  n.  215  del  2018)  ha  precisato  che  la
competenza esclusiva statale in materia di «tutela  dell'ambiente»  e
«dell'ecosistema» puo' incontrare altri interessi e  competenze,  con
la conseguenza che - ferma rimanendo la riserva allo Stato del potere
di  fissare  livelli  di  tutela  uniforme   sull'intero   territorio
nazionale - possono dispiegarsi le competenze proprie  delle  Regioni
per  la  cura  di  interessi  funzionalmente  collegati  con   quelli
propriamente ambientali. 
    Tali  sono,  nella  fattispecie,  quelli   legati   al   turismo,
importante fonte di risorse per  l'economia  della  Regione  autonoma
Sardegna,  ed  essi  possono  intercettare  profili   che   attengono
all'ambiente, ma sempre che comportino un'elevazione  dello  standard
di tutela. 
    La questione, quindi, se i  residui  della  posidonia  depositati
sulle coste e sugli arenili costituiscano, o no,  "rifiuti"  -  sulla
quale ha incentrato le proprie argomentazioni la difesa della Regione
- in realta' non revoca in dubbio la radicale considerazione  che  la
loro regolamentazione riguardi comunque l'ambiente, sicche'  in  ogni
caso la competenza legislativa in materia e' quella esclusiva statale
di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., mentre  quella
regionale in materia di «turismo» puo' essere esercitata, quanto alla
sua incidenza sulla regolamentazione  della  posidonia  come  risorsa
ambientale, soltanto  in  quanto  non  risulti  in  frizione  con  la
disciplina statale. 
    9.- Peraltro,  nella  fattispecie  plurimi  indicatori  normativi
concorrono univocamente a qualificare come "rifiuti" tali  residui  -
accumuli di foglie morte e altri detriti vegetali - nel senso che  si
tratta di materiali, certamente rilevanti per l'ecosistema in ragione
del  loro  impatto  ambientale,  ma  che  il   legislatore   statale,
nell'esercizio  della  sua  competenza   esclusiva,   assoggetta   in
particolare alla disciplina dettata dalla Parte quarta cod. ambiente,
recante, tra l'altro, norme in materia di gestione dei «rifiuti». 
    Va pero' precisato che  la  riconducibilita'  dei  residui  della
posidonia alla  nozione  di  «rifiuto»  non  ha  quella  connotazione
negativa associata a tale termine nel linguaggio corrente, ma esprime
solo la qualificazione giuridica da  cui  discende  l'assoggettamento
alla specifica regolamentazione  dettata  dal  cod.  ambiente  per  i
"rifiuti". 
    Segnatamente rileva innanzi tutto l'art  183,  comma  1,  lettera
b-ter), numero 4), cod. ambiente, secondo cui i rifiuti «di qualunque
natura o  provenienza,  giacenti  [...]  sulle  spiagge  marittime  e
lacuali e sulle  rive  dei  corsi  d'acqua»,  costituiscono  «rifiuti
urbani», si' da ricomprendere a  pieno  titolo  in  tale  definizione
anche la posidonia spiaggiata. 
    Inoltre, l'art. 39, comma 11, del d.lgs. n. 205 del  2010  -  nel
contesto quindi della  disciplina  europea  dei  rifiuti  -  prevede,
espressamente per la posidonia spiaggiata, non diversamente  che  per
le meduse che il moto ondoso deposita sugli  arenili,  una  specifica
norma, stabilendo che essa possa essere oggetto  di  interramento  in
loco «laddove sussistano univoci elementi che  facciano  ritenere  la
loro presenza sulla battigia direttamente dipendente da mareggiate  o
altre cause comunque  naturali,  [...]  purche'  cio'  avvenga  senza
trasporto ne' trattamento». 
    Sicche', come affermato dalla giurisprudenza di legittimita',  se
non sussistono tutte le condizioni previste da  tale  norma,  non  e'
possibile derogare alla disciplina sui rifiuti: il  trasporto  ed  il
deposito temporaneo della posidonia devono sottostare alla disciplina
di cui  alla  Parte  quarta  cod.  ambiente,  dovendosi  in  mancanza
ravvisare la sussistenza  del  reato  di  discarica  non  autorizzata
(Corte di cassazione, sezione  terza  penale,  sentenza  17  dicembre
2014-28 gennaio 2015, n. 3943). 
    Gia' in passato la giurisprudenza aveva ritenuto, con riferimento
alle alghe marine depositate sugli arenili, che il loro stoccaggio in
assenza di autorizzazione configurasse il reato di cui  all'art.  51,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997,  n.  22
(Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti,  della  direttiva
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della  direttiva  94/62/CE  sugli
imballaggi e sui  rifiuti  di  imballaggio),  qualificando  le  alghe
stesse come rifiuti urbani non pericolosi ex art. 7, comma 2, lettera
d), del citato d.lgs. n. 22 del 1997 (Corte  di  cassazione,  sezione
terza penale, sentenza 21 marzo-12 aprile 2006, n. 12944). 
    Rileva  altresi'  l'art.  14,  comma  8,  lettera   b-bis),   del
decreto-legge 24 giugno 2014, n.  91  (Disposizioni  urgenti  per  il
settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico
dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e  lo  sviluppo
delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche, nonche'  per  la  definizione  immediata  di  adempimenti
derivanti dalla normativa europea),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 11 agosto 2014, n. 116, che  ha  modificato  l'art.  183,
comma 1, lettera n), cod. ambiente, in riferimento  alla  definizione
della attivita' non costituenti «gestione dei rifiuti» ai fini  della
applicazione della Parte quarta del medesimo codice. La  disposizione
statale ha aggiunto nella lettera n) dell'art.  183,  comma  1,  cod.
ambiente, un  ulteriore  periodo  secondo  cui  «[n]on  costituiscono
attivita'  di  gestione  dei  rifiuti  le  operazioni  di   prelievo,
raggruppamento, cernita  e  deposito  preliminari  alla  raccolta  di
materiali o sostanze  naturali  derivanti  da  eventi  atmosferici  o
meteorici, ivi incluse mareggiate e piene,  anche  ove  frammisti  ad
altri materiali di origine antropica effettuate,  nel  tempo  tecnico
strettamente necessario, presso il  medesimo  sito  nel  quale  detti
eventi li hanno depositati». 
    Pertanto, con riferimento agli accumuli  di  posidonia,  soltanto
quando le indicate attivita'  siano  espletate  in  situ,  non  trova
applicazione l'articolata disciplina sui rifiuti di  cui  alla  Parte
quarta cod. ambiente. 
    Si e' cosi' ammessa una  piu'  spedita  rimozione  dei  materiali
portati dalle piene, dalle mareggiate o da altri  eventi  atmosferici
rendendo piu' snelle le indicate  operazioni,  ma  a  condizione  che
siano effettuate presso il medesimo sito nel quale gli  eventi  hanno
depositato  i  materiali,  consentendo  -  come  risulta  dagli  atti
parlamentari - «l'utilizzo anche di soggetti non iscritti nell'ambito
dei gestori ambientali», requisito necessario per lo svolgimento, tra
le altre, delle attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti ai sensi
dell'art. 212 cod. ambiente. 
    In   definitiva,   dal    descritto    contesto    normativo    e
giurisprudenziale discende, dunque, che  i  residui  della  posidonia
depositati sulle coste e sugli arenili hanno una peculiare natura per
essere, al contempo, risorsa di salvaguardia ambientale da un lato, e
sostanza da assoggettare alla disciplina sui rifiuti, dall'altro. 
    Da tale speciale connotazione deriva che tali accumuli,  al  pari
di altri materiali  spiaggiati,  sono  assoggettati  alla  disciplina
statale in tema di rifiuti, che espressamente  ne  prevede  l'esonero
nei soli casi in cui gli stessi siano "trattati" in situ;  disciplina
che non puo' essere inficiata da una scelta normativa regionale. 
    10.- Sulla base di queste premesse, le questioni di  legittimita'
costituzionale sono tutte fondate. 
    Dall'analisi complessiva della legge reg. Sardegna n. 1 del  2020
risulta l'obiettivo del  legislatore  regionale  di  assicurare,  ove
possibile,  l'impiego  della  posidonia  spiaggiata  in  funzione  di
risorsa   ambientale   di   contrasto   all'erosione   delle   coste,
contemperandolo con l'esigenza di mantenere le spiagge "pulite" anche
alla vista, maggiormente fruibili in chiave turistica. 
    Nel  perseguire  tale  intento,  pero',  il  legislatore   sardo,
limitatamente alle  norme  impugnate,  ha  esorbitato  dalle  proprie
competenze statutarie, sovrapponendosi in modo  contrastante  con  la
disciplina recata dal cod.  ambiente  in  tema  di  rifiuti  e  senza
elevare, in questa parte, il livello di tutela dell'ambiente. 
    11.- In particolare la prima delle disposizioni  impugnate  (art.
1, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 1  del  2020)  prevede,  per
l'ipotesi in cui non sia possibile  il  mantenimento  in  loco  della
posidonia spiaggiata, e i depositi impediscano la regolare  fruizione
delle spiagge durante la stagione estiva, che  i  Comuni  interessati
possano  procedere,  anche  tramite  i  titolari  delle   concessioni
demaniali, previa comunicazione  ai  competenti  uffici  regionali  e
statali, allo «spostamento temporaneo» dei relativi accumuli, in zone
idonee dello stesso arenile o qualora non disponibili «in aree idonee
appositamente individuate all'interno del territorio del comune». 
    Le operazioni previste dalla disposizione  regionale,  in  quanto
non svolte in situ, costituiscono una effettiva attivita' di gestione
dei rifiuti che, come tale, e' assoggettata alla normativa statale di
riferimento  al   fine   di   tutela   dell'ambiente.   Infatti,   lo
«spostamento» dei residui presso  aree  individuate  all'interno  del
territorio comunale integra una attivita' di trasporto che trova  una
specifica e articolata disciplina nell'art. 193 cod. ambiente. 
    Inoltre,  la   temporaneita'   dello   spostamento   implica   la
realizzazione di una attivita'  di  «deposito  temporaneo»,  definita
dall'art. 183 comma 1, lettera bb), cod.  ambiente  a  seguito  delle
modifiche introdotte dal d.lgs. n. 116 del 2020, ed  e'  disciplinata
dall'art. 185-bis cod. ambiente. 
    Ed,  ancora,  la  previsione  di   «aree   idonee   appositamente
individuate  all'interno  del  territorio  del  comune»,  presso  cui
spostare i depositi di posidonia, realizza una attivita' di raccolta,
le cui condizioni sono indicate nell'art. 183, comma 1, lettera  mm),
cod. ambiente. 
    Si tratta di operazioni che, per non essere effettuate presso  il
medesimo sito nel quale  gli  eventi  naturali  hanno  comportato  il
deposito di materiale organico, non possono sottrarsi alla disciplina
della Parte quarta cod. ambiente, stante il gia' richiamato  disposto
dell'art. 183 comma 1, lettera n), dello stesso codice. 
    Si  ha  quindi  che  la  disposizione  regionale  impugnata,  nel
consentire che i residui di posidonia possono essere prelevati  dalle
spiagge per essere trasportati temporaneamente in altri luoghi, senza
il rispetto delle prescrizioni  di  cui  alla  normativa  statale  di
riferimento, si pone in contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., senza elevare il  livello  di  tutela  ambientale,
bensi'  riducendolo  in  un'ottica  di  deregolamentazione  di   tale
attivita', seppur al fine di semplificare e accelerare le  operazioni
di pulizia delle spiagge; cio' che senz'altro e' possibile fare,  per
favorire il turismo estivo, ma nel rispetto della  normativa  statale
sui rifiuti. 
    Deve pertanto essere dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 1, della  legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2020,
limitatamente alla parte in cui  prevede  lo  spostamento  temporaneo
degli accumuli di posidonia in aree idonee appositamente  individuate
all'interno  del  territorio  del  Comune;  spostamento   che   sara'
possibile solo con il rispetto della normativa statale. 
    12.- Viene poi in rilievo l'art. 1, comma  4,  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del  2020  secondo  cui,  «[q]ualora  si  proceda  allo
spostamento della posidonia spiaggiata,  e'  fatto  assoluto  divieto
procedere al suo smaltimento in discarica». 
    La norma regionale, con  l'intento  di  valorizzare  il  recupero
degli accumuli di posidonia, stabilendo  il  divieto  assoluto  dello
smaltimento  degli  stessi  in   discarica,   si   e'   indebitamente
sovrapposta alla norma statale di cui  all'art.  182  cod.  ambiente,
secondo  cui  occorre  procedere  allo  smaltimento  ogni   qualvolta
sussista  l'impossibilita'  tecnica  ed  economica  di  espletare  le
procedure di recupero di cui all'art. 181 cod. ambiente,  anche  alla
luce della valutazione dei costi e dei vantaggi delle stesse. 
    Del resto lo stesso comma 3 del medesimo art. 1 della legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2020 prevede l'ipotesi che, a causa di  particolari
condizioni, sia «necessario optare per la  rimozione  permanente  dei
depositi di posidonia non altrimenti gestibili». 
    La disposizione impugnata, intervenendo  sulla  disciplina  delle
attivita' di smaltimento dei rifiuti, viola la competenza legislativa
esclusiva dello Stato nella materia «tutela dell'ambiente». 
    Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 4, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020. 
    Rimane comunque applicabile la gia' richiamata norma prevista dal
successivo art. 2, comma 1, non impugnato dal Governo, secondo cui va
privilegiato in ogni caso il recupero  e  il  riuso  dei  residui  di
posidonia, rimossi durante il periodo primaverile-estivo, che non  e'
possibile ridistribuire nelle  spiagge  di  provenienza  o  in  altre
idonee. 
    13.- E' impugnato, poi, l'art.  1,  comma  5,  della  legge  reg.
Sardegna n.  1  del  2020  secondo  cui  «[t]utte  le  operazioni  di
raccolta,  spostamento  e  riposizionamento  sono  effettuate  previa
separazione della sabbia dal materiale organico,  con  rimozione  dei
rifiuti frammisti di origine antropica al  fine  del  recupero  della
sabbia da destinare al ripascimento dell'arenile di provenienza. Tale
vagliatura puo' avvenire nella spiaggia di prelievo o nel sito in cui
e' conferita la posidonia». 
    La disposizione - al  pari  del  comma  1  gia'  esaminato  -  e'
impugnata limitatamente alla parte in cui consente di  effettuare  la
«vagliatura» del materiale organico spiaggiato anche «nel sito in cui
e' conferita la posidonia» e quindi non soltanto in situ. 
    Deve rilevarsi - come gia' considerato in riferimento al comma  1
del medesimo art. 1 - che  la  norma  regionale,  nel  consentire  la
«vagliatura» anche in un sito diverso da  quello  in  cui  i  residui
della posidonia sono depositati per effetto del moto ondoso del mare,
implica il loro previo spostamento e dunque il  trasferimento  presso
il sito di destinazione, si' da essere assoggettata  alla  disciplina
statale quanto alla gestione dei  rifiuti.  Sotto  tale  profilo,  la
norma regionale,  disciplinando  direttamente  questo  aspetto  della
gestione dei residui della posidonia spiaggiata, si  sovrappone  alla
disciplina statale, contrastando con essa. 
    Le operazioni  di  «vagliatura»,  consistenti  nella  separazione
della sabbia (da recuperare per  il  ripascimento  dell'arenile)  dal
materiale organico, con rimozione dei rifiuti  frammisti  di  origine
antropica, integrano  un'attivita'  soggetta  alla  disciplina  della
Parte quarta cod. ambiente, ad eccezione del caso in cui essa avvenga
in situ, ossia nel luogo in cui gli accumuli di posidonia sono  stati
depositati a causa degli eventi atmosferici; cio' che  e'  consentito
dalla stessa norma regionale  (art.  1,  comma  5)  nella  parte  non
oggetto di impugnazione. 
    Invece la norma regionale, laddove stabilisce che  le  operazioni
di vagliatura possono essere espletate anche  «nel  sito  in  cui  e'
conferita la posidonia», reca una  disciplina  incompatibile  con  la
Parte quarta cod. ambiente e si pone in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Va, dunque, dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
1, comma 5, della legge reg. Sardegna n. 1  del  2020,  limitatamente
alla parte in cui prevede che la vagliatura possa avvenire  nel  sito
in cui e' conferita la posidonia; cio' che e' possibile si',  ma  nel
rispetto della normativa statale sui rifiuti. 
    14.- Infine, e' impugnato l'art. 1, comma  8,  della  legge  reg.
Sardegna n. 1  del  2020,  che  dispone  che  «[f]atto  salvo  quanto
previsto dal presente articolo, ai  prodotti  costituiti  di  materia
vegetale di provenienza agricola o forestale, depositata naturalmente
sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da
eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche
ove frammisti ad altri materiali  di  origine  antropica  si  applica
l'articolo 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)». 
    Il rinvio all'art  185,  comma  1,  lettera  f),  cod.  ambiente,
rubricato «Esclusioni dall'ambito di applicazione», determina la  non
assoggettabilita' dei prodotti ivi indicati, diversi dalla  posidonia
spiaggiata, alla disciplina della Parte quarta cod. ambiente. 
    Cosi' facendo, pero', la norma regionale amplia il  catalogo  dei
materiali  esclusi   dall'applicazione   della   normativa   statale,
intervenendo nella  materia  «tutela  dell'ambiente»  riservata  alla
competenza esclusiva del legislatore statale. 
    Deve essere, dunque, dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
anche dell'art. 1, comma 8, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione autonoma Sardegna 21 febbraio  2020,  n.  1
(Disposizioni   sulla   gestione   della    posidonia    spiaggiata),
limitatamente alla parte in cui  prevede  lo  spostamento  temporaneo
degli accumuli di posidonia in aree idonee appositamente  individuate
all'interno del territorio del Comune; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4,
della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020; 
    3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 5,
della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020, limitatamente alla parte  in
cui prevede che la «vagliatura» puo' avvenire  nel  sito  in  cui  e'
conferita la posidonia; 
    4) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8,
della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA