N. 142 SENTENZA 12 maggio - 8 luglio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego pubblico - Norme  della  Regione  Puglia  -  Istituzione  del
  servizio di psicologia di base e delle cure primarie -  Previsione,
  da parte del piano triennale  di  fabbisogni  del  personale  delle
  aziende  sanitarie  locali  (ASL),  del   dirigente   psicologo   -
  Violazione dei principi fondamentali in  materia  di  coordinamento
  della finanza pubblica - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Puglia 7 luglio 2020, n. 21, art. 2, comma 3. 
- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo. 
(GU n.28 del 14-7-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3,
della legge della Regione Puglia 7 luglio 2020,  n.  21  (Istituzione
del servizio di psicologia di base e delle cure  primarie),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
7-14 settembre 2020, depositato in cancelleria  l'8  settembre  2020,
iscritto al n. 78  del  registro  ricorsi  2020  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  43,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  maggio  2021  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    uditi l'avvocato dello Stato Emanuele Feola per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Isabella Fornelli per la  Regione
Puglia, quest'ultimo in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1)
del decreto del Presidente della Corte del 16 marzo 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso iscritto al n. 78 del registro ricorsi  2020,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3, della  legge  della
Regione Puglia 7 luglio 2020, n.  21  (Istituzione  del  servizio  di
psicologia di base e delle cure primarie),  in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della  Costituzione  e
in relazione all'art. 11 del decreto-legge  30  aprile  2019,  n.  35
(Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria
e  altre  misure  urgenti  in  materia  sanitaria),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, nonche' all'art. 1,
comma  180,  della  legge  30  dicembre   2004,   n.   311,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2005)», e all'art. 2, commi 80  e  95,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2010)». 
    Il citato art. 2, comma 3, dispone: «[d]alla data di  entrata  in
vigore della presente legge, il piano  triennale  di  fabbisogni  del
personale delle aziende sanitarie  locali  (ASL)  deve  prevedere  il
dirigente psicologo per la  programmazione  e  la  valutazione  delle
nuove attivita', nell'ambito del personale a tempo determinato». 
    1.1.- Tale  disposizione,  nel  prevedere  l'assunzione  a  tempo
determinato del dirigente psicologo  al  di  fuori  delle  condizioni
stabilite dall'art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), senza dar conto delle effettive  esigenze
che potrebbero giustificare la stipulazione di contratti di lavoro  a
tempo determinato, violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera  l),
Cost., che attribuisce in via  esclusiva  allo  Stato  la  competenza
legislativa nella materia  «ordinamento  civile»  e  si  porrebbe  in
contrasto anche con l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  eccedendo  le
competenze  regionali  e  invadendo  quella  statale  in  materia  di
«coordinamento della finanza pubblica». 
    Afferma il ricorrente che la potesta' legislativa  delle  Regioni
«incontra alcuni limiti di carattere trasversale»,  tra  i  quali  la
disciplina dei rapporti  di  diritto  privato,  limite  espressamente
codificato dalla riforma del Titolo V della  Costituzione  nel  2001,
che troverebbe fondamento nella stessa esigenza, connessa al precetto
costituzionale  di  eguaglianza,  «di  garantire  l'uniformita'   nel
territorio  nazionale  delle  regole  fondamentali  di  diritto   che
disciplinano i rapporti fra privati» (si cita la sentenza  di  questa
Corte n. 189 del 2007).  A  seguito  della  contrattualizzazione  del
rapporto di pubblico impiego, operata  dall'art.  2  della  legge  23
ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la
revisione  delle  discipline  in  materia  di  sanita',  di  pubblico
impiego, di previdenza e  di  finanza  territoriale),  dall'art.  11,
comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo  per  il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti  locali,  per
la riforma della Pubblica Amministrazione e  per  la  semplificazione
amministrativa), e dai decreti legislativi emanati in  attuazione  di
dette leggi di delegazione, tale  disciplina  atterrebbe  al  diritto
privato. Di conseguenza  rientrerebbero  nella  materia  «ordinamento
civile», di competenza legislativa esclusiva dello  Stato,  le  norme
del d.lgs. n. 165 del 2001  che  disciplinano:  la  costituzione  del
rapporto di pubblico impiego e la mobilita' dei dipendenti  pubblici;
il trattamento giuridico ed economico  del  personale  regionale;  la
dotazione  organica  regionale  di  alcune  figure  dirigenziali,  il
conferimento   degli   incarichi   ai   dirigenti    regionali;    la
responsabilita' dei dipendenti pubblici regionali e il  cumulo  degli
incarichi. 
    1.2.- La norma impugnata violerebbe, altresi', l'art. 117,  terzo
comma, Cost.  in  quanto,  nel  prevedere  la  figura  del  dirigente
psicologo nel piano triennale  dei  fabbisogni  del  personale  delle
aziende sanitarie locali, produrrebbe «un consistente  incremento  di
spesa per gli enti del servizio sanitario  regionale»,  ponendosi  in
contrasto  con  i  principi  fissati  dallo  Stato  in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica nell'art. 11 del d.l. n. 35  del
2019, come convertito.  Tale  disposizione,  introducendo  limiti  di
spesa in materia di  personale  degli  enti  del  Servizio  sanitario
regionale (SSR), vincolerebbe le Regioni a non incrementare le  spese
concernenti detto personale (ivi compreso quello a tempo determinato)
oltre i limiti espressamente stabiliti. 
    1.3.- L'Avvocatura generale dello Stato rammenta, inoltre, che la
resistente ha stipulato, in data 29 novembre 2010, l'«Accordo tra  il
Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze e la
Regione  Puglia  per  l'approvazione  del   piano   di   rientro   di
riqualificazione  e  riorganizzazione  e  di   individuazione   degli
interventi per il perseguimento dell'equilibrio  economico  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 180 della legge 30  dicembre  2004,  n.  311».
L'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191  del  2009  avrebbe  reso
vincolanti, per le Regioni che li hanno sottoscritti, gli  interventi
individuati negli accordi di cui all'art. 1, comma 180,  della  legge
n. 311 del 2004, in quanto finalizzati a realizzare  il  contenimento
della spesa sanitaria e  a  ripianare  i  debiti  anche  mediante  la
previsione di  speciali  contributi  finanziari  dello  Stato  (viene
richiamata la sentenza di questa Corte n. 79 del 2013). 
    In  attuazione  del  citato  piano  e  dei  successivi  programmi
operativi, la Regione Puglia avrebbe  assunto  l'impegno  di  attuare
azioni specifiche per garantire la riduzione della complessiva  spesa
per il personale, anche mediante la «razionalizzazione organizzativa»
e la «riduzione degli incarichi di direzione di struttura  complessa,
semplice,  dipartimentale   e   disposizioni   organizzative   e   di
coordinamento». 
    La norma impugnata,  prevedendo  nuove  assunzioni  di  personale
dirigenziale,  con  incremento   dei   relativi   oneri   finanziari,
pregiudicherebbe il raggiungimento dell'obiettivo di rientro previsto
nel suddetto piano, ponendosi in tal modo  in  contrasto  con  l'art.
117, terzo comma, Cost. in relazione all'art.  1,  comma  180,  della
legge n. 311 del 2004 e all'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191
del 2009. 
    2.- Si e' costituita in giudizio  la  Regione  Puglia,  deducendo
l'inammissibilita'  e,  comunque,  l'infondatezza   delle   questioni
promosse. 
    2.1.-   In   via    preliminare,    la    resistente    eccepisce
l'inammissibilita' della censura formulata  in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost.  per  l'erronea  individuazione
della norma interposta che si assume violata. 
    Ad avviso della Regione,  la  disposizione  cui  rapportarsi  per
verificare  l'eventuale  violazione  della   competenza   legislativa
esclusiva statale non sarebbe da individuare nell'art. 36 del  d.lgs.
n. 165 del 2001, bensi' nell'art. 15-septies del decreto  legislativo
30 dicembre 1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina  in  materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421),  norma  speciale   applicabile   in   campo   sanitario.   Essa
consentirebbe  di  conferire  incarichi  a  tempo   determinato   per
l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza  e  di  interesse
strategico, alla luce della riserva di cui all'art. 6,  comma  6-bis,
del d.lgs. n. 165 del 2001 sull'organizzazione  degli  uffici  e  dei
fabbisogni di personale pubblico, il quale  prevede  che  «[p]er  gli
enti del servizio sanitario nazionale sono fatte salve le particolari
disposizioni dettate dalla normativa  di  settore».  Si  tratterebbe,
nella fattispecie, di contratti di lavoro aventi natura speciale  con
contingente limitato, appositamente  previsto  dal  legislatore,  con
durata limitata nel tempo e con scadenza stabilita nel contratto,  in
ragione degli obiettivi assegnati al dirigente. 
    La non applicabilita' dell'art. 36 del d.lgs.  n.  165  del  2001
emergerebbe, altresi', dalla circolare del 19 marzo  2008,  n.  3,  e
dalla  nota  del  25  febbraio  2008,  n.  17/08/UPPA,  entrambe  del
Presidente del Consiglio dei ministri, in  cui  viene  affermato  che
«gli incarichi a  tempo  determinato  conferiti  ai  sensi  dell'art.
15-septies, commi 1 e 2, del D.  Lgs.  502/1992  si  ritiene  debbano
rientrare tra quelli  dirigenziali  e,  dunque,  tra  quelli  cui  il
legislatore non ha inteso applicare il nuovo regime  normativo.  Tali
sono, pertanto, i contratti in questione esclusi dal regime normativo
introdotto dall'art. 36 d.lgs. 165/2001». 
    Ad avviso della resistente, la normativa  regionale  non  sarebbe
intervenuta nella regolamentazione del rapporto di lavoro,  essendosi
limitata a inserire il dirigente psicologo nel piano  del  fabbisogno
del personale della ASL di riferimento. Tale piano  costituirebbe  un
atto  di  programmazione  per  la  gestione  delle   risorse   umane,
finalizzato a coniugare l'ottimale impiego  delle  risorse  pubbliche
disponibili e gli obiettivi di performance organizzativa, efficienza,
economicita' e qualita' dei servizi ai cittadini e ad assicurare,  da
parte delle amministrazioni, il rispetto degli equilibri  di  finanza
pubblica (viene richiamata la sentenza di questa  Corte  n.  154  del
2019). 
    2.2.- La Regione deduce, inoltre, l'inammissibilita' del ricorso,
in quanto l'art. 2 della  legge  reg.  Puglia  n.  21  del  2020  non
riguarderebbe   l'«ordinamento    civile»,    ma    si    riferirebbe
all'organizzazione   del   Servizio   sanitario   regionale    (SSR),
riconducibile alla materia «tutela della salute»,  di  cui  al  terzo
comma dell'art. 117 Cost. (viene richiamata la sentenza  n.  371  del
2008). Di conseguenza,  sussisterebbe  il  potere  della  Regione  di
disciplinare  gli  aspetti  organizzativi  del   Servizio   sanitario
regionale, nel rispetto  dei  principi  fondamentali  espressi  dalla
legislazione statale. 
    La disposizione impugnata, pertanto, non violerebbe la disciplina
statale, dalla quale non si discosterebbe, risolvendosi, essa, in una
chiara esplicazione delle prerogative regionali di provvedere,  nella
cornice  della  disciplina  nazionale,  alla  tutela  della   salute.
Infatti,  la  disposizione  in  esame  avrebbe  istituito  la  figura
professionale dello psicologo di base e delle cure primarie, a titolo
sperimentale per una durata annuale, in  attuazione  della  legge  11
gennaio 2018, n. 3 (Delega al Governo in materia  di  sperimentazione
clinica di medicinali nonche'  disposizioni  per  il  riordino  delle
professioni sanitarie e per  la  dirigenza  sanitaria  del  Ministero
della salute) - che ha riconosciuto la  professione  dello  psicologo
quale professione sanitaria a tutti gli effetti - e del  d.l.  n.  35
del 2019, come convertito, che all'art. 12, comma 6, lettera  a),  ha
modificato l'art. 8 del d.lgs. n. 502 del  1992.  Quest'ultimo,  alla
lettera b-quinquies) prevede espressamente che le Regioni  provvedano
«alla dotazione strutturale, strumentale e  di  servizi  delle  forme
organizzative di cui  alla  lettera  b-bis)  sulla  base  di  accordi
regionali o aziendali, potendo prevedere  un  incremento  del  numero
massimo di assistiti in carico ad ogni medico  di  medicina  generale
nell'ambito dei modelli organizzativi multi professionali  nei  quali
e' prevista la presenza oltre che del collaboratore di  studio  anche
di personale infermieristico e dello psicologo, senza ulteriori oneri
a carico della finanza pubblica». 
    2.3.- Anche la questione di legittimita' costituzionale  promossa
in  riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  relazione
all'art. 11 del  d.l.  n.  35  del  2019,  come  convertito,  sarebbe
inammissibile o, comunque, non fondata. 
    Ad avviso della difesa regionale, il ricorrente muoverebbe da  un
assunto aprioristico e indimostrato: la pretesa violazione dei limiti
di spesa  imposti  dall'art.  11  del  d.l.  n.  35  del  2019,  come
convertito, si fonderebbe sul presupposto  che  la  stipulazione  dei
contratti  a  tempo  determinato  dei  dirigenti  psicologi  comporti
necessariamente il superamento di detti limiti. L'Avvocatura generale
dello Stato, tuttavia, non ne avrebbe dato alcuna dimostrazione e non
avrebbe tenuto conto che, nel concorrere all'obiettivo  di  riduzione
della spesa pubblica (nel caso specifico alla riduzione  delle  spese
per  il  personale  sanitario),  le  Regioni  avrebbero  facolta'  di
scegliere gli strumenti ritenuti piu' appropriati, nel pieno rispetto
della sfera di competenza legislativa concorrente a  esse  attribuita
in materia di tutela della salute (viene richiamata  la  sentenza  di
questa Corte n. 89 del 2019). 
    2.4.-  Infine,  in  ordine   all'incompatibilita'   della   norma
impugnata con  il  piano  di  rientro,  la  Regione  Puglia  richiama
l'attenzione sul fatto di trovarsi nella fase di positiva conclusione
dello stesso, alla quale  conseguirebbe  la  cessazione  di  tutti  i
vincoli  in  materia  sanitaria.  Evidenzia  inoltre   che,   proprio
all'interno dei livelli essenziali  di  assistenza  (LEA)  del  2017,
sarebbe espressamente prevista  la  prestazione  dello  psicologo  in
molteplici aree di intervento e che  la  figura  dello  psicologo  di
base,  istituita  dalla  legge  reg.  Puglia  n.  21  del  2020,  non
rappresenterebbe una prestazione aggiuntiva ai  LEA,  ma  inciderebbe
solo   sull'organizzazione   preordinata   all'offerta   delle   cure
essenziali, con la conseguenza  che,  pertanto,  non  potrebbe  dirsi
perpetrata alcuna violazione della normativa  statale  sulla  finanza
pubblica. 
    3.-  Con  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  il
Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito la fondatezza delle
censure articolate nel ricorso, la  persistenza  degli  obblighi  del
piano di rientro e la violazione del medesimo attraverso l'assunzione
di nuove figure  dirigenziali,  comportanti  consistenti  aggravi  di
spesa a carico della finanza pubblica regionale. 
    4.-  Con  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  la
Regione Puglia, confermando  quanto  gia'  argomentato  nell'atto  di
costituzione, ha ribadito  l'inammissibilita'  o,  comunque,  la  non
fondatezza delle questioni di  legittimita'  costituzionale  promosse
dal ricorrente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso iscritto al n. 78 del registro ricorsi  2020,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3, della  legge  della
Regione Puglia 7 luglio 2020, n.  21  (Istituzione  del  servizio  di
psicologia di base e delle cure primarie),  in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della  Costituzione  e
in relazione all'art. 11 del decreto-legge  30  aprile  2019,  n.  35
(Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria
e  altre  misure  urgenti  in  materia  sanitaria),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, nonche' all'art. 1,
comma  180,  della  legge  30  dicembre   2004,   n.   311,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2005)», e all'art. 2, commi 80  e  95,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2010)». 
    Il citato art. 2, comma 3, dispone: «[d]alla data di  entrata  in
vigore della presente legge, il piano  triennale  di  fabbisogni  del
personale delle aziende sanitarie  locali  (ASL)  deve  prevedere  il
dirigente psicologo per la  programmazione  e  la  valutazione  delle
nuove attivita', nell'ambito del personale a tempo determinato». 
    1.1.- Tale  disposizione,  nel  prevedere  l'assunzione  a  tempo
determinato del dirigente psicologo  al  di  fuori  delle  condizioni
stabilite dall'art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), senza dar conto delle effettive  esigenze
che potrebbero giustificare la stipulazione di contratti di lavoro  a
tempo determinato, violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera  l),
Cost., che attribuisce in via  esclusiva  allo  Stato  la  competenza
legislativa nella materia «ordinamento civile». 
    La Regione Puglia ha eccepito l'inammissibilita' di tale censura,
in  quanto  la  disposizione  cui  rapportarsi  andrebbe  individuata
nell'art. 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
(Riordino  della   disciplina   in   materia   sanitaria,   a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), norma  speciale
applicabile  in  campo  sanitario,  che  consentirebbe  di  conferire
incarichi a tempo  determinato  per  l'espletamento  di  funzioni  di
particolare rilevanza e  di  interesse  strategico  alla  luce  della
riserva di cui all'art. 6, comma 6-bis, del d.lgs. n. 165  del  2001.
La disposizione impugnata non contrasterebbe con la normativa statale
evocata, poiche' risulterebbe coerente con la differente  e  speciale
disciplina vigente in campo sanitario,  risolvendosi  in  una  chiara
esplicazione  delle  prerogative  di  provvedere,  nell'ambito  della
cornice della disciplina nazionale, alla tutela della salute, secondo
quanto previsto dall'art. 117, terzo comma, Cost. 
    1.2.- Ad avviso del ricorrente,  la  norma  impugnata  violerebbe
altresi' l'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, nel prevedere  la
figura del dirigente psicologo nell'ambito del  piano  triennale  dei
fabbisogni del personale delle aziende sanitarie locali,  produrrebbe
«un consistente  incremento  di  spesa  per  gli  enti  del  servizio
sanitario regionale», con cio' ponendosi in contrasto con i  principi
in materia di coordinamento  della  finanza  pubblica  fissati  dallo
Stato nell'art. 11 del d.l. n. 35 del  2019,  come  convertito.  Tale
disposizione, introducendo limiti di spesa in  materia  di  personale
degli enti del Servizio sanitario regionale, vincolerebbe le  Regioni
a non incrementare le spese concernenti tale personale (ivi  compreso
quello a tempo determinato) oltre i  limiti  espressamente  stabiliti
dal legislatore statale. 
    Ad  avviso  della  difesa   regionale,   tale   censura   sarebbe
inammissibile  o,  comunque,  non  fondata,  poiche'  il   ricorrente
muoverebbe da un assunto aprioristico e indimostrato,  ossia  che  la
stipulazione  dei  contratti  a  tempo  determinato   dei   dirigenti
psicologi comporti necessariamente il superamento dei limiti di spesa
contemplati nella predetta norma. Inoltre, non avrebbe  tenuto  conto
della sussistenza, in capo alle Regioni, della facolta' di scegliere,
nell'ambito della sfera  di  competenza  legislativa  concorrente  in
materia di tutela della salute, gli strumenti  piu'  appropriati  per
conseguire l'obiettivo di riduzione  della  spesa  per  il  personale
sanitario. 
    1.3.- Infine, sostiene  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la
resistente ha stipulato in data 29 novembre 2010  l'«Accordo  tra  il
Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze e la
Regione  Puglia  per  l'approvazione  del   Piano   di   rientro   di
riqualificazione  e  riorganizzazione  e  di   individuazione   degli
interventi per il perseguimento dell'equilibrio  economico  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 180 della legge 30  dicembre  2004,  n.  311».
L'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191  del  2009  avrebbe  reso
vincolanti, per le Regioni che li hanno sottoscritti, gli  interventi
individuati negli accordi di cui all'art. 1, comma 180,  della  legge
n. 311 del 2004, in quanto finalizzati a realizzare  il  contenimento
della spesa sanitaria e  a  ripianare  i  debiti  anche  mediante  la
previsione  di  speciali  contributi  finanziari  dello   Stato.   In
attuazione di detto piano e dei successivi  programmi  operativi,  la
Regione Puglia ha assunto l'impegno di attuare azioni specifiche  per
garantire la riduzione della  complessiva  spesa  per  il  personale,
anche mediante la «razionalizzazione organizzativa» e  la  «riduzione
degli  incarichi  di  direzione  di  struttura  complessa,  semplice,
dipartimentale e disposizioni organizzative e di coordinamento». 
    La norma impugnata,  prevedendo  nuove  assunzioni  di  personale
dirigenziale, provocherebbe un  incremento  degli  oneri  finanziari,
pregiudicando il raggiungimento delle finalita' del piano di  rientro
e dell'obiettivo del riequilibrio economico,  in  tal  modo  violando
l'art. 117, terzo comma, Cost. in relazione all'art.  1,  comma  180,
della legge n. 311 del 2004, e all'art. 2, commi 80 e 95, della legge
n. 191 del 2009. 
    In ordine a  tale  impugnativa  la  Regione  Puglia  sostiene  di
trovarsi, ormai, nella fase di positiva conclusione del piano, a  cui
conseguirebbe il venir meno di tutti i vincoli in materia  sanitaria,
previsti nel predetto piano. Evidenzia, altresi', che la  prestazione
dello psicologo sarebbe prevista all'interno dei  livelli  essenziali
di assistenza (LEA) del 2017 in molteplici aree di intervento  e  che
la figura dello psicologo di base, istituita dalla legge reg.  Puglia
n. 21 del 2020, non rappresenterebbe una  prestazione  aggiuntiva  ai
LEA. Per tale motivo, la disposizione impugnata non  si  porrebbe  in
contrasto con la normativa statale sul  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    2.- Esercitando il proprio  potere  di  decidere  l'ordine  delle
questioni da affrontare (ex plurimis,  sentenza  n.  246  del  2020),
questa  Corte  ritiene  di  esaminare  prioritariamente  quest'ultima
censura, relativa all'incompatibilita' della norma impugnata  con  il
piano di rientro, in ordine alla pretesa  violazione  dell'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  coordinamento  della  finanza   pubblica,   in
riferimento alla riferita violazione  dei  limiti  di  spesa  imposti
dall'art. 11 del d.l. n. 35 del 2019, nonche' all'asserita violazione
dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Occorre premettere che la disciplina dei  piani  di  rientro  dai
deficit sanitari e' riconducibile a un  duplice  ambito  di  potesta'
legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma,  Cost.:
tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica  (sentenze
n. 163 del 2011 e n. 193 del 2007). 
    Con la  legge  n.  311  del  2004  e  con  la  successiva  intesa
Stato-Regioni del 23 marzo 2005 sono stati previsti degli adempimenti
per le Regioni che presentino un bilancio sanitario  deficitario.  In
particolare, l'art. 1, comma  174,  della  legge  n.  311  del  2004,
modificato da successivi interventi normativi - art.  1,  comma  277,
della legge 23 dicembre 2005 n. 266,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2006)»; art. 1, comma 796, lettera  c),  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»;
art. 2, comma 76, della legge n. 191 del 2009 - ha stabilito che,  in
caso di disavanzo di gestione del Servizio sanitario  regionale,  che
persista nel quarto trimestre di un  dato  esercizio  finanziario  (a
partire dal 2005), a fronte del quale non  siano  stati  adottati  in
corso di esercizio i necessari provvedimenti di copertura,  ovvero  i
medesimi non siano risultati sufficienti, il Presidente del Consiglio
dei ministri diffida la Regione ad adottare i provvedimenti necessari
(art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004) entro il  30  aprile
dell'anno successivo;  qualora  la  Regione  persista  nella  propria
inerzia, entro i successivi trenta giorni il Presidente della  Giunta
regionale, in qualita' di commissario ad acta, determina il disavanzo
di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il ripianamento. 
    Nel caso  di  disavanzo  sanitario  strutturale,  la  Regione  e'
obbligata a presentare un piano di rientro di durata non superiore al
triennio, elaborato con l'ausilio dell'Agenzia italiana  del  farmaco
(AIFA) e dell'Agenzia nazionale  per  i  servizi  sanitari  regionali
(AGENAS), sempre ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge n.  311
del 2004. 
    Attraverso i piani di rientro le Regioni e lo  Stato  raggiungono
un accordo per il miglioramento nell'erogazione dei servizi  sanitari
e per il contenimento della spesa pubblica  sanitaria;  il  piano  di
rientro deve comprendere, sia le misure di riequilibrio  del  profilo
erogativo  dei  LEA,  per  renderli  conformi   alla   programmazione
nazionale e al vigente  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  che  li  fissa,  sia  le  misure  finalizzate  a  garantire
l'equilibrio di bilancio sanitario in ciascuno degli anni contemplati
nel piano stesso. 
    La previsione contenuta nell'art. 1, comma 796, lettera b), della
legge n. 296 del 2006 - in cui  viene  stabilito:  «[g]li  interventi
individuati   dai   programmi    operativi    di    riorganizzazione,
qualificazione o  potenziamento  del  servizio  sanitario  regionale,
necessari  per  il  perseguimento  dell'equilibrio   economico,   nel
rispetto dei livelli essenziali di assistenza, oggetto degli  accordi
di cui all'articolo 1, comma 180, della legge 30  dicembre  2004,  n.
311, e successive modificazioni, come integrati dagli accordi di  cui
all'articolo 1, commi 278 e 281, della legge  23  dicembre  2005,  n.
266, sono vincolanti per la regione che ha sottoscritto  l'accordo  e
le determinazioni in esso  previste  possono  comportare  effetti  di
variazione  dei  provvedimenti  normativi  ed   amministrativi   gia'
adottati  dalla  medesima  regione  in  materia   di   programmazione
sanitaria» - ha la finalita' di garantire il rispetto degli  obblighi
comunitari e la realizzazione degli obiettivi  di  finanza  pubblica,
competenza attribuita allo Stato dall'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Analoga valenza riveste l'art.  20  del  decreto  legislativo  23
giugno  2011,  n.  118,   recante   «Disposizioni   in   materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge  5  maggio  2009,  n.  42»  (ex  plurimis,
sentenze n.  62  del  2020  e  n.  197  del  2019),  che  prevede  la
separazione contabile  delle  risorse  destinate  ai  LEA  da  quelle
destinate ai livelli di assistenza superiori ai LEA. 
    Dal combinato di dette  disposizioni  deriva  che  nelle  Regioni
soggette ai piani  di  rientro  non  possono  essere  previste  spese
ulteriori rispetto a quelle inerenti ai livelli essenziali. 
    Il sistema italiano di tutela della salute  si  sviluppa  su  due
livelli di governo: quello statale,  il  quale  definisce  i  livelli
essenziali di assistenza  che  il  Servizio  sanitario  nazionale  e'
tenuto a fornire ai cittadini e l'ammontare complessivo delle risorse
economiche necessarie al loro finanziamento;  quello  regionale,  cui
pertiene il compito  di  organizzare  sul  territorio  il  rispettivo
servizio e garantire l'erogazione delle prestazioni nel rispetto  dei
suddetti LEA. La presenza di due livelli di governo rende  necessaria
la definizione di un sistema di regole che ne disciplini  i  rapporti
di collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze. Cio'  al
fine di realizzare una gestione del sistema  sanitario  efficiente  e
capace di rispondere alle istanze dei cittadini coerentemente con  le
regole di bilancio, le  quali  prevedono  la  separazione  dei  costi
"necessari", inerenti alla prestazione dei  LEA,  dalle  altre  spese
sanitarie, assoggettate  invece  al  principio  della  sostenibilita'
economica (sentenza n. 62 del 2020). 
    L'effettivita'  del  diritto  alla  salute  e'   assicurata   dal
finanziamento  e  dalla  corretta  ed   efficace   erogazione   della
prestazione,  di  guisa  che  il  finanziamento  stesso   costituisce
condizione necessaria, ma non sufficiente, del  corretto  adempimento
del precetto costituzionale. 
    Nei sensi precisati deve essere letta l'affermazione secondo cui,
«una volta normativamente identificato,  il  nucleo  invalicabile  di
garanzie minime per rendere effettivo il diritto  [fondamentale]  non
puo' essere  finanziariamente  condizionato  in  termini  assoluti  e
generali [...]. E' la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere
sul bilancio,  e  non  l'equilibrio  di  questo  a  condizionarne  la
doverosa erogazione» (sentenza n. 275 del 2016). 
    La trasversalita' e la primazia della tutela  sanitaria  rispetto
agli interessi sottesi ai conflitti finanziari tra Stato e Regioni in
tema di finanziamento dei livelli essenziali  impongono  una  visione
della garanzia dei LEA che vede  collocata  al  centro  della  tutela
costituzionale la persona umana, non solo nella  sua  individualita',
ma anche nell'organizzazione  delle  comunita'  di  appartenenza  che
caratterizza la socialita' del servizio sanitario (sentenza n. 62 del
2020). 
    E'  stato  in  proposito   affermato   che   la   separazione   e
l'evidenziazione dei  costi  dei  livelli  essenziali  di  assistenza
devono essere simmetricamente attuate, oltre che nel  bilancio  dello
Stato,  anche  nei  bilanci  regionali  e  in  quelli  delle  aziende
erogatrici secondo la direttiva contenuta nell'art. 8, comma 1, della
legge  n.  42  del  2009.  Cio'  al  fine  di  garantire  l'effettiva
programmabilita' e la reale copertura  finanziaria  dei  servizi,  la
quale - data la natura delle situazioni da tutelare - deve riguardare
non solo la quantita' ma anche la  qualita'  e  la  tempistica  delle
prestazioni costituzionalmente necessarie (sentenza n. 169 del 2017). 
    In sostanza, la determinazione, il finanziamento  e  l'erogazione
dei LEA compongono un  sistema  articolato  il  cui  equilibrio  deve
essere assicurato dalla sinergica coerenza dei comportamenti di tutti
i soggetti coinvolti nella sua attuazione (sentenza n. 62 del 2020). 
    3.- Alla luce di quanto precedentemente considerato, la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3, della legge reg.
Puglia n. 21 del 2020, promossa in riferimento  all'art.  117,  terzo
comma, Cost., quanto al coordinamento della finanza  pubblica,  e  in
relazione agli artt. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, e  2,
comma 95, della legge n. 191 del 2009, e' fondata. 
    La Regione Puglia ha infatti stipulato, in data 29 novembre 2010,
l'«Accordo tra il Ministro della salute, il Ministro dell'economia  e
delle finanze e la Regione Puglia per  l'approvazione  del  Piano  di
rientro di riqualificazione e riorganizzazione  e  di  individuazione
degli interventi per il perseguimento  dell'equilibrio  economico  ai
sensi dell'articolo 1, comma 180 della legge  30  dicembre  2004,  n.
311» e versa in regime di piano di rientro dal deficit sanitario.  In
particolare, con il  piano  di  rientro  e  di  riqualificazione  del
sistema sanitario regionale, approvato con il citato Accordo, nonche'
con i successivi programmi operativi, la Regione  Puglia  ha  assunto
l'impegno di attuare azioni specifiche  per  garantire  la  riduzione
della  complessiva  spesa  per  il  personale,  anche   mediante   la
«razionalizzazione organizzativa» e la «riduzione degli incarichi  di
direzione di struttura  complessa,  semplice,  dipartimentale,  e  di
posizioni organizzative e di coordinamento» (punto B3  del  piano  di
rientro). 
    La  disposizione   censurata,   prevedendo   l'introduzione   del
dirigente psicologo nel piano triennale di fabbisogni  del  personale
delle  aziende  sanitarie  locali,  viene  a  confliggere  con   tali
previsioni e a pregiudicare il raggiungimento dell'obiettivo  assunto
dall'Accordo,  ponendosi  effettivamente  in  contrasto  con   quanto
disposto dall'art. 2, comma 95, della legge n. 191 del 2009,  secondo
cui  «[g]li  interventi  individuati  dal  piano  di   rientro   sono
vincolanti  per  la  regione,  che  e'  obbligata   a   rimuovere   i
provvedimenti, anche legislativi, e a  non  adottarne  di  nuovi  che
siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro». 
    La richiamata norma statale risponde all'obiettivo di  assicurare
il percorso di risanamento finanziario della sanita' regionale che  -
come affermato piu' volte da questa Corte - e' condizione  necessaria
per assicurare  il  buon  andamento  dei  servizi.  L'equilibrio  del
bilancio regionale e degli enti,  che  curano  sul  territorio  della
Regione il servizio sanitario e' condizione necessaria, seppur di per
se' non  sufficiente,  per  assicurare  i  livelli  essenziali  delle
prestazioni (ex plurimis, sentenza n. 62 del 2020). 
    La  resistente  eccepisce  che  l'introduzione  dello   psicologo
dirigente assolverebbe a un'indefettibile esigenza  di  assicurare  i
LEA, poiche' il servizio cui verrebbe assegnato lo psicologo  sarebbe
compreso nel vigente d.P.C.m. del  12  gennaio  2017  (Definizione  e
aggiornamento  dei  livelli  essenziali   di   assistenza,   di   cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502), che enumera e  disciplina  i  predetti  livelli.  Tuttavia,  le
risorse stanziate ai sensi dell'art. 6 della legge reg. Puglia n.  21
del 2020 per l'attuazione della normativa impugnata sono allocate nel
bilancio  regionale,  nella  missione  13,  programma  2,  titolo  1,
«Servizio sanitario regionale - finanziamento aggiuntivo corrente per
livelli di assistenza superiori  ai  LEA»,  cioe'  in  una  posta  di
bilancio destinata a finanziare standard di  assistenza  superiori  a
quelli essenziali previsti dal piano di rientro. 
    Ne deriva la violazione del principio secondo cui, nella fase  di
rientro dal deficit, e' precluso alla Regione e agli enti, finanziati
per  assicurare  le   prestazioni   sanitarie   sul   territorio   di
riferimento, di deliberare  spese  per  l'erogazione  di  livelli  di
assistenza superiori a quelli essenziali. 
    4.-  In  definitiva,  la   disposizione   impugnata,   prevedendo
l'inserimento  del  dirigente  psicologo  nel  piano   triennale   di
fabbisogni del personale delle aziende sanitarie locali  si  pone  in
contrasto  con  l'obiettivo  del  rientro   dal   deficit   sanitario
perseguito con l'Accordo e viola, pertanto, l'art. 117, terzo  comma,
Cost., e la normativa precedentemente richiamata. 
    Restano assorbite le ulteriori questioni promosse dal  Presidente
del Consiglio dei  ministri  in  riferimento  all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), in relazione all'art. 11 del d.l. n. 35 del 2019 e
all'art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  3,
della legge della Regione Puglia 7 luglio 2020,  n.  21  (Istituzione
del servizio di psicologia di base e delle cure primarie). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Angelo BUSCEMA, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA