N. 146 SENTENZA 27 maggio - 8 luglio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Edilizia e urbanistica - Reato di lottizzazione  abusiva  -  Sanzione
  della confisca dei terreni e delle opere interessati (c.d. confisca
  urbanistica) - Facolta' per il  giudice  di  graduare  gli  effetti
  della misura ablativa sulla base  della  gravita'  dell'illecito  -
  Omessa previsione - Denunciata violazione del diritto convenzionale
  alla   protezione   della   proprieta'   e   del    principio    di
  proporzionalita' - Inammissibilita' della questione. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art.
  44, comma 2. 
- Costituzione, art. 117, primo comma;  Protocollo  addizionale  alla
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali, art. 1. 
(GU n.28 del 14-7-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  44,  comma
2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di edilizia (Testo A)», promosso dalla Corte d'appello  di
Bari nel procedimento penale  a  carico  di  G.I.  R.  e  altri,  con
ordinanza del 18  maggio  2020,  iscritta  al  n.  161  del  registro
ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 26  maggio  2021  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 27 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte d'appello di Bari, con ordinanza del 18 maggio 2020,
iscritta al n. 161 del registro  ordinanze  2020,  ha  sollevato,  in
riferimento all'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione  e  in
relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,
firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ratificato e  reso  esecutivo  con
legge 4 agosto 1955, n. 848, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 44, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica  6
giugno  2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia (Testo A)», «nella
parte in cui, qualora la confisca dei terreni abusivamente lottizzati
e delle opere abusivamente costruite risulti sproporzionata alla luce
delle indicazioni  della  giurisprudenza  della  C[orte]EDU  espressa
dalla Grande Camera nella sentenza del 28.6.2018,  Giem  e  altri  c.
Italia, non consente l'applicazione in via principale di una sanzione
meno grave, come quella  dell'obbligo  di  procedere  all'adeguamento
parziale delle opere eseguite  per  renderle  integralmente  conformi
alle  legittime   prescrizioni   della   pianificazione   urbanistica
generale, nei confronti dei soggetti rimproverabili per  aver  tenuto
solo una lieve  condotta  colposa  con  riguardo  alla  lottizzazione
abusiva». 
    2.- Il giudice rimettente premette di procedere nei confronti  di
G.I. R. e altri centoquarantadue imputati,  per  avere  concorso  tra
loro nei reati di cui all'art. 44, comma 1, lettere a), b) e c),  del
d.P.R. n. 380 del 2001 (in relazione all'art. 30 del medesimo d.P.R.)
perche', a diverso titolo,  ponevano  in  essere  una  trasformazione
urbanistica ed edilizia  nel  territorio  comunale  di  G.  idonea  a
comportare  una  profonda   alterazione   del   carico   urbanistico,
realizzando  una  lottizzazione  abusiva  di  un'area  destinata   ad
attivita' artigianale di servizio, in violazione di plurimi  standard
urbanistici vigenti e «in totale difformita' anche dalle  N.T.A.  del
Piano  di  Lottizzazione,  definitivamente  approvate  con   Delibera
straordinaria d'urgenza del Consiglio Comunale n. 31 del 12.6.2006». 
    Tale  indebita   trasformazione   si   sarebbe   nella   sostanza
realizzata, all'esito di un complesso iter procedimentale e non senza
la connivenza  dei  responsabili  dell'ufficio  tecnico  comunale  in
«palese  collusione»  con  professionisti  privati,  nell'alterazione
strutturale della vocazione dell'area oggetto di lottizzazione. Essa,
originariamente destinata allo svolgimento in  misura  prevalente  di
attivita' artigianale, sarebbe stata oggetto  di  interventi  che  ne
hanno illegittimamente trasformato la destinazione d'uso,  rendendola
servente a scopi prevalentemente residenziali. In  particolare,  tale
indebita trasformazione si sarebbe concretizzata nel mancato rispetto
della proporzione tra area lottizzata destinata a scopi residenziali,
secondo quanto previsto dagli strumenti urbanistici e dalle correlate
norme tecniche di attuazione (in misura non superiore al 25 per cento
del  totale),  e  area  destinata  allo  svolgimento   di   attivita'
artigianale (pari al residuo 75 per cento). 
    Il giudice a quo riferisce che, dopo la condanna in  primo  grado
degli imputati  con  sentenza  che  ha  contestualmente  disposto  la
confisca di alcuni lotti dell'area interessata  dalla  lottizzazione,
e' intervenuta la prescrizione dei reati; aggiunge  che  l'estinzione
dell'addebito penale gli impone la  verifica  della  possibilita'  di
giungere ad un esito assolutorio o, in caso contrario,  il  controllo
sulla sussistenza dei requisiti di legge per la conferma o la  revoca
della misura della confisca. 
    3.- All'esito di una dettagliata ricostruzione della vicenda,  la
Corte d'appello rimettente conclude  ritenendo  che  sussistano,  nei
confronti  degli  imputati,  i  presupposti  tanto  oggettivi  quanto
soggettivi delle varie tipologie di reato di cui all'art.  44,  comma
1, del d.P.R. n. 380 del 2001,  e  in  particolare,  per  quanto  qui
rileva, di quello di lottizzazione abusiva di cui alla lettera c) del
medesimo comma 1. Da un lato, infatti, l'approvazione di varianti non
conformi all'originario piano di  lottizzazione  ha  determinato  una
trasformazione  urbanistica  dell'area  oggetto   degli   interventi,
conseguente   all'alterazione   della   sua   originaria    vocazione
artigianale e  alla  sua  illegittima  destinazione  a  finalita'  in
prevalenza residenziali, come attestata  da  indici  quali  l'aumento
della cubatura e  dell'altezza  dei  corpi  di  fabbrica,  l'utilizzo
diverso dei piani interrati e la  possibilita'  di  vendere  in  modo
frazionato  unita'  produttive  e  residenziali,  cosi'  «annientando
completamente la ragione stessa per la quale dovevano essere previste
delle residenze». Dall'altro  lato,  quanto  all'elemento  soggettivo
dell'illecito,  l'ordinanza  rimarca  come  rispetto  agli  imputati,
responsabili  di   una   diretta   edificazione   a   seguito   della
partecipazione alla lottizzazione ovvero  in  quanto  acquirenti  dei
beni, questo debba essere  rinvenuto  in  una  partecipazione  almeno
colposa alla realizzazione dell'illecito. 
    Nel caso di specie, i terzi acquirenti degli  immobili  avrebbero
infatti agito in violazione dei requisiti di  ordinaria  diligenza  e
prudenza   nella   partecipazione   al   progetto   lottizzatorio   o
nell'acquisto dei beni da questo interessati, come  dimostrato  dalla
circostanza che la zona risultava qualificata  come  artigianale  nel
piano regolatore generale, negli atti di pianificazione  esecutiva  e
negli stessi atti preliminari o di compravendita.  Malgrado  il  loro
«piano culturale oggettivamente  modesto,  il  livello  non  alto  di
scolarizzazione  e  l'assoluta  mancanza  di  competenze   tecniche»,
secondo il giudice a quo,  questi  avrebbero  quindi  potuto,  usando
l'ordinaria  diligenza  e  prudenza,  rendersi  conto  della  portata
economica dell'intervento lottizzatorio e del rilievo delle modifiche
apportate rispetto agli  originari  strumenti  urbanistici,  tali  da
rendere  evidente   la   «plateale   trasformazione   dell'originaria
destinazione d'uso artigianale imposta a quella zona  dal  principale
piano urbanistico».  A  ulteriormente  avvalorare  tale  mancanza  di
diligenza viene poi richiamata la  circostanza  che  altri  soggetti,
versanti  nella  medesima  condizione,  hanno   tenuto   un   diverso
comportamento, sottraendosi all'acquisto  «per  l'evidente  contrasto
tra il dichiarato e il realizzato». 
    La   sussistenza   degli   elementi   oggettivi   e    soggettivi
dell'illecito  induce   quindi   il   rimettente   a   ravvisare   la
responsabilita' degli acquirenti per gli illeciti di cui  agli  artt.
30 e 44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n.  380  del  2001,  con  la
conseguenza che nei loro confronti sussisterebbero i presupposti  per
l'applicazione della confisca di  cui  al  comma  2  di  tale  ultimo
articolo. 
    4.- Accertatane la rilevanza, la Corte d'appello di Bari  ritiene
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 44, comma 2, del d.P.R.  n.  380  del  2001,
nella parte in cui non consente che il giudice possa applicare in via
principale una sanzione meno  grave,  quale  quella  dell'obbligo  di
procedere all'adeguamento parziale delle opere eseguite per  renderle
integralmente conformi alle  legittime  prescrizioni  della  generale
pianificazione urbanistica, ove  la  misura  della  confisca  sia  da
ritenersi  sproporzionata,  secondo  quanto  stabilito  dalla   Corte
europea dei diritti  dell'uomo,  grande  camera,  nella  sentenza  28
giugno 2018, G.I.E.M. srl e  altri  contro  Italia,  e  gli  imputati
risultino rimproverabili per aver  tenuto  solo  una  lieve  condotta
colposa. 
    Ad avviso del giudice a  quo,  con  la  richiamata  sentenza,  la
grande camera della  Corte  EDU  ha  preso  atto  del  fatto  che  la
giurisprudenza interna, anche in conseguenza di quanto  stabilito  da
questa Corte con la sentenza n. 49 del 2015, si e' adeguata a  quella
convenzionale, secondo cui la confisca puo' essere disposta  solo  se
il reato di lottizzazione abusiva risulti accertato in tutti  i  suoi
elementi soggettivi e oggettivi, indipendentemente dal fatto che tale
accertamento sia contenuto in una  sentenza  di  condanna  o  in  una
sentenza di non  luogo  a  procedere  per  intervenuta  prescrizione,
purche', in  quest'ultimo  caso,  l'affermazione  di  responsabilita'
soddisfi le garanzie stabilite dall'art. 7 della Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 e sia dichiarata in esito a
un procedimento conforme a quanto stabilito dall'art. 6 della  stessa
CEDU. 
    Tuttavia, la  predetta  sentenza  europea  avrebbe  imposto,  tra
l'altro, una verifica della proporzionalita' della  misura  ablativa,
nel rispetto di quanto stabilito dall'art. 1 Prot. addiz. CEDU. 
    In particolare,  la  rimettente  riferisce  che,  secondo  quanto
affermato nel paragrafo 301  della  predetta  sentenza  G.I.E.M.,  il
rispetto del principio di proporzionalita' richiede che  si  prendano
in considerazione parametri come: 
    «- la possibilita' di adottare misure meno restrittive, quali  ad
esempio la  demolizione  di  opere  non  conformi  alle  disposizioni
pertinenti o l'annullamento del progetto di lottizzazione; 
    - la natura illimitata della sanzione  derivante  dal  fatto  che
puo' comprendere indifferentemente aree edificate e non  edificate  e
anche aree appartenenti a terzi; 
    - il grado di colpa o di  imprudenza  dei  ricorrenti  o,  quanto
meno, il rapporto tra la loro  condotta  e  il  reato  in  questione,
aggiungendo (§ 302) che deve essere  offerta  la  possibilita',  alla
persona interessata, di esporre adeguatamente  le  sue  ragioni  alle
autorita' competenti al fine di contestare  efficacemente  le  misure
che violano i diritti garantiti dall'art. 1 del Protocollo n. 1». 
    4.1.- Poste tali premesse, l'ordinanza di rimessione ritiene  che
il rispetto del principio di  proporzionalita',  cosi'  interpretato,
trovi ampio riscontro nella  giurisprudenza  di  legittimita'  quanto
all'ambito di estensione della confisca, mentre una «assoluta novita'
interpretativa» sarebbe rappresentata dalla «prospettata possibilita'
di applicare misure meno restrittive e  di  ponderare  "il  grado  di
colpa o di imprudenza" (non l'assenza di  colpa  o  prudenza)  ed  il
rapporto tra la condotta e il reato», considerato che, al  contrario,
la confisca di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380  del  2001
non richiama tali parametri e si applica in  maniera  sostanzialmente
incondizionata. 
    4.2.- Ad avviso  della  Corte  d'appello  rimettente,  da  quanto
sinora esposto emergerebbe il contrasto della norma censurata  con  i
richiamati principi convenzionali, perche' non consente al giudice di
valutare quali siano gli strumenti piu' adatti alle  circostanze  del
caso, cosi' da bilanciare il legittimo scopo  della  misura  ablativa
con i diritti degli interessati da essa colpiti. 
    Con  riferimento  alle  vicende  oggetto  del  giudizio  a   quo,
l'assenza di proporzionalita' si dedurrebbe, innanzi tutto, dal fatto
che l'abuso lottizzatorio riguarderebbe, per quanto detto,  solamente
la quota di  immobili  realizzati  a  fini  residenziali  in  eccesso
rispetto alla misura del 25 per cento  originariamente  prevista  dal
piano di lottizzazione. In secondo luogo, la  colpa  degli  imputati,
pur sussistente,  sarebbe  tuttavia  «contenuta  e  circoscritta»,  e
concorrerebbe  «con  profili  marcatamente  dolosi  di   altri»,   in
particolare  di  tecnici  e  professionisti,  nonche'  con   «plurimi
soggetti  incardinati  anche  nell'operativita'  dell'ente   comunale
chiamato al controllo»  dell'attivita'  lottizzatoria;  gli  imputati
dunque,  anche  in  ragione  delle  loro  condizioni  personali,   si
sarebbero rivelati, alla prova dei fatti, «solo  molto  ingenui».  La
stessa  amministrazione  comunale,  infine,  avrebbe  contribuito  in
misura  decisiva  a  realizzare  l'intento  lottizzatorio,   mediante
l'adozione di atti illegittimi, con la conseguenza che dalla confisca
dei beni conseguirebbe il «risultato paradossale» della  destinazione
finale degli immobili al patrimonio del Comune stesso. 
    In conseguenza di cio', il giudice a quo ritiene che, in casi del
genere,  gli  imputati  e  i   terzi   coinvolti   nel   procedimento
lottizzatorio debbano essere messi  in  condizione  di  «adeguare  la
destinazione d'uso, mediante apposite opere, alle  prescrizioni  allo
stato ineludibili del piano regolatore generale». 
    4.3.- L'art. 44, comma 2, del d.P.R. n.  380  del  2001,  per  il
fatto di non ammettere sanzioni diverse dalla confisca degli immobili
e dei terreni oggetto di lottizzazione abusiva, si rivelerebbe invece
inutilmente vessatorio, perche' non contempla la possibilita' di  una
graduazione della sua efficacia, come quella che si avrebbe  mediante
la prescrizione  di  un  adeguamento  sostanziale  delle  opere  agli
strumenti urbanistici, sulla falsariga di quanto  disposto  dall'art.
98, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 per rendere le opere conformi
alle disposizioni tecniche in materia antisismica. 
    Non ritenendo, pertanto, possibile un'interpretazione della norma
censurata  conforme  ai  contenuti  ricavabili   dalla   CEDU   (sono
richiamate, tra le altre, le sentenze di questa Corte n. 196 e n.  93
del 2010, n. 348 e n. 349 del 2007) e, in particolare, dal richiamato
art. 1 Prot. addiz. CEDU, la Corte  d'appello  di  Bari  ritiene  che
l'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 si ponga in  contrasto
con tale parametro convenzionale nell'interpretazione che di esso  ha
dato la piu' volte richiamata sentenza G.I.E.M. srl  e  altri  contro
Italia,  che  rappresenta  un   «dato   fermo   e   vincolante»   per
l'ordinamento  interno,  non  superabile  in  via  interpretativa  in
ragione del dato  letterale  della  norma  censurata,  e  che  rende,
pertanto, non manifestamente infondata la  prospettata  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    5.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
comunque non fondata. 
    5.1.- La questione sarebbe in primo luogo  inammissibile  perche'
il giudice a quo  avrebbe  erroneamente  ricostruito  il  presupposto
interpretativo della norma censurata, senza  peraltro  verificare  la
possibilita' di una sua interpretazione conforme alla Costituzione  e
alla CEDU. 
    Ad avviso dell'Avvocatura, infatti, la giurisprudenza della Corte
di cassazione  avrebbe  fatto  propria  da  tempo  un'interpretazione
dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 da cui non consegue
l'applicazione necessaria della misura  della  confisca  in  caso  di
lottizzazione abusiva quando  si  debba  garantire  il  rispetto  del
principio di proporzionalita' richiesto  dalla  giurisprudenza  della
Corte EDU. 
    Proprio alla luce di quanto stabilito nella sentenza G.I.E.M. srl
e altri contro Italia, secondo la Corte di cassazione, l'adozione  di
attivita'  ripristinatorie  in  grado   di   ristabilire   la   piena
conformita'  urbanistica  dei  luoghi  e   delle   opere   realizzate
renderebbe non necessaria l'applicazione della  misura  ablativa  (e'
richiamata Corte di cassazione, sezione  terza  penale,  sentenza  22
aprile 2020, n. 12640). Questo indirizzo giurisprudenziale indurrebbe
a ritenere non necessaria la confisca allorche' il  proprietario  del
bene provveda, nel corso dello svolgimento del  procedimento  penale,
alla demolizione o all'adeguamento urbanistico. 
    Tale esito, in particolare, sarebbe  da  ritenersi  coerente  con
quanto stabilito dalla  richiamata  sentenza  G.I.E.M.  srl  e  altri
contro Italia, posto che essa non ha ravvisato, secondo l'Avvocatura,
una violazione del parametro convenzionale in ragione dell'assenza di
misure alternative alla confisca che il giudice potrebbe applicare in
base a fattori quali il grado di colpevolezza  degli  imputati  o  la
misura della loro partecipazione  al  reato.  Il  vincolo  scaturente
dalla decisione europea, per contro, consisterebbe  unicamente  nella
necessita' che l'applicazione giudiziale della  confisca  consegua  a
una valutazione di proporzionalita', che tenga  conto,  in  via  solo
esemplificativa, degli indici richiamati dal rimettente  e  contenuti
nel paragrafo 301 della citata sentenza. 
    5.2.- La questione sarebbe in ogni caso manifestamente infondata. 
    Secondo l'Avvocatura, l'applicazione della misura della  confisca
nei confronti di chi abbia concorso, anche  solo  a  titolo  colposo,
alla commissione del  reato  di  lottizzazione  abusiva  puo'  essere
infatti legittimamente scongiurata, nel  rispetto  del  principio  di
proporzionalita' di cui all'art. 1  Prot.  addiz.  CEDU,  ove  questi
abbia provveduto a ripristinare  lo  stato  dei  luoghi  in  modo  da
assicurare la conformita' urbanistica dell'area. Laddove cio' non sia
invece avvenuto e il proprietario  «continu[i]  a  beneficiare  della
ferita inferta al corretto assetto urbanistico  del  territorio»,  la
sanzione della confisca non implica alcuna violazione  del  principio
di proporzionalita'. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di Bari, con ordinanza del 18 maggio  2020
(reg. ord. n. 161 del 2020), ha sollevato,  in  riferimento  all'art.
117, primo comma, della Costituzione e in relazione  all'art.  1  del
Protocollo addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmato a Parigi  il
20 marzo 1952, ratificato e reso esecutivo con legge 4  agosto  1955,
n. 848, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44,  comma
2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di edilizia (Testo A)», «nella parte in  cui,  qualora  la
confisca  dei  terreni  abusivamente   lottizzati   e   delle   opere
abusivamente  costruite  risulti  sproporzionata  alla   luce   delle
indicazioni della  giurisprudenza  della  C[orte]EDU  espressa  dalla
Grande Camera nella sentenza del 28.6.2018, Giem e altri  c.  Italia,
non consente l'applicazione in via principale di  una  sanzione  meno
grave, come quella dell'obbligo di procedere all'adeguamento parziale
delle  opere  eseguite  per  renderle  integralmente  conformi   alle
legittime prescrizioni della pianificazione urbanistica generale, nei
confronti dei soggetti rimproverabili per aver tenuto solo una  lieve
condotta colposa con riguardo alla lottizzazione abusiva». 
    1.1.- Il rimettente premette di procedere nei confronti  di  G.I.
R. e altri centoquarantadue imputati, per avere concorso tra loro nei
reati di cui agli artt. 30 e 44, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001,
perche', in qualita' di  funzionari  comunali,  progettisti  e  terzi
acquirenti, ponevano in essere una lottizzazione abusiva  nel  Comune
di G., relativa a un vasto intervento edilizio realizzato  con  gravi
modificazioni rispetto alle  legittime  prescrizioni  dell'originario
piano di lottizzazione, tali da  realizzare  una  trasformazione  non
consentita, con conseguente grave alterazione del carico urbanistico. 
    In particolare, l'abusivo  intento  lottizzatorio  sarebbe  stato
posto  in  essere  modificando  sensibilmente,  con  delle   varianti
illegittime all'originario piano di lottizzazione,  il  rapporto  tra
l'originaria e prevalente vocazione artigianale dell'insediamento  da
realizzare e delle relative opere (fissata nella misura  del  75  per
cento) e la residuale  e  servente  destinazione  d'uso  residenziale
(limitata al restante 25 per cento). 
    La  Corte   d'appello   rimettente,   in   particolare,   ritiene
sussistenti i presupposti tanto oggettivi quanto soggettivi del reato
di lottizzazione abusiva, anche con riferimento ai  terzi  acquirenti
delle opere oggetto dell'intervento lottizzatorio, per i quali  viene
accertato un concorso nel reato a titolo di colpa lieve per non  aver
assolto ad obblighi di prudenza e diligenza al momento dell'acquisto. 
    A fronte di tali dati e nel presupposto che l'abuso lottizzatorio
non  riguarderebbe,  nella  vicenda  devoluta  alla  sua  cognizione,
l'intera trasformazione urbanistica ed edilizia,  ma  solo  le  opere
realizzate in violazione della proporzione originariamente  stabilita
nel  piano  di   lottizzazione   tra   destinazione   artigianale   e
residenziale, il giudice a quo lamenta l'impossibilita'  di  adottare
una misura meno invasiva della confisca, prevista  come  sanzione  da
disporsi in via automatica ai sensi dell'art. 44, comma 2, del d.P.R.
n. 380 del 2001. La misura giudiziale di cui  il  rimettente  auspica
l'introduzione, per il tramite di un intervento  additivo  di  questa
Corte, consisterebbe nell'obbligo per  i  terzi  acquirenti,  attuali
proprietari   dei   beni   immobili    lottizzati,    di    procedere
all'adeguamento parziale delle opere, cosi' da renderle conformi alle
legittime prescrizioni  urbanistiche.  La  Corte  d'appello  di  Bari
deduce pertanto  la  violazione,  da  parte  della  norma  censurata,
dell'art. 117, primo comma, Cost. e, in relazione ad esso,  dell'art.
1 Prot. addiz. CEDU, perche' l'impossibilita' di graduare gli effetti
della misura ablativa, scongiurandone i piu' gravi effetti  in  danno
dei terzi acquirenti, si  pone  in  contrasto  con  il  principio  di
proporzionalita', come interpretato e applicato dalla  grande  camera
della Corte EDU nella sentenza del 28 giugno  2018,  G.I.E.M.  srl  e
altri contro Italia. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, eccependo preliminarmente l'inammissibilita' della questione. 
    La Corte  rimettente  avrebbe  ricostruito  in  modo  erroneo  il
presupposto interpretativo della norma censurata, poiche' non avrebbe
verificato la possibilita' di  applicare  la  misura  della  confisca
urbanistica secondo modalita' idonee  a  eliminare  ogni  ragione  di
contrasto col principio di proporzionalita' di cui all'art.  1  Prot.
addiz. CEDU. Secondo l'Avvocatura generale, la  giurisprudenza  della
Corte di  cassazione,  anche  a  seguito  della  richiamata  sentenza
G.I.E.M., ha fatto propria un'interpretazione dell'art. 44, comma  2,
del d.P.R. n. 380 del 2001 tale da escludere che  la  confisca  debba
essere in ogni caso automaticamente applicata allorche' sia accertata
la commissione del reato di lottizzazione abusiva,  come  ad  esempio
nel caso in cui sia intervenuta la effettiva e integrale eliminazione
di  tutte  le  opere  e  dei  frazionamenti  eseguiti  in  attuazione
dell'intento  lottizzatorio  (e'  richiamata  Corte  di   cassazione,
sezione terza penale, sentenza 22 aprile 2020, n. 12640).  Nel  senso
di un temperamento dell'assolutezza della misura ablativa va anche la
necessita' che questa venga circoscritta alle sole  aree  e  ai  soli
beni  di  fatto  interessati  dall'attivita'   illecita   (Corte   di
cassazione, sezione terza penale, sentenza 9 gennaio 2020, n. 372). 
    Cio',  secondo  l'Avvocatura  generale,  sarebbe  sufficiente   a
rendere le modalita' applicative della confisca  di  cui  alla  norma
censurata conformi al parametro convenzionale asseritamente  violato,
anche e soprattutto alla luce dell'interpretazione  che  di  esso  ha
dato la richiamata sentenza G.I.E.M.,  atteso  che  quest'ultima  non
imporrebbe,  contrariamente   a   quanto   ritiene   il   rimettente,
l'introduzione di misure alternative alla confisca, ma unicamente una
valutazione di proporzionalita' della misura ablatoria «in base  alla
possibilita' che altre misure vengano o meno  prese  e  in  relazione
alla colpevolezza del proprietario». 
    3.-   Prima   di   vagliare   l'eccezione   di   inammissibilita'
dell'Avvocatura generale,  e'  necessario  brevemente  ricostruire  i
tratti essenziali della  confisca  prevista  dalla  norma  censurata,
anche e soprattutto alla luce dell'evoluzione che  ha  caratterizzato
le  modalita'  di  applicazione  di  essa  ad  opera   del   giudice,
all'interno della quale ha assunto un rilievo decisivo il  contributo
fornito  dalla  giurisprudenza  della  Corte  europea   dei   diritti
dell'uomo. 
    3.1.- Gia' nella vigenza dell'art. 19  della  legge  28  febbraio
1985,  n.  47  (Norme  in   materia   di   controllo   dell'attivita'
urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle  opere
abusive), di cui la norma censurata recepisce i contenuti  operandone
una sostanziale novazione, la confisca per lottizzazione  abusiva  (o
altrimenti  detta  "urbanistica")  e'  stata  ritenuta  una  sanzione
amministrativa che consegue a una sentenza che accerti la sussistenza
dei  presupposti  del  reato   in   questione,   anche   prescindendo
dall'adozione di una sentenza  di  condanna  (ordinanza  n.  187  del
1998). 
    Tale regime di accessorieta' e' con tutta evidenza finalizzato ad
assicurare che la  misura  ablatoria  possa  garantire  le  finalita'
perseguite dal legislatore attraverso  la  previsione  del  reato  di
lottizzazione abusiva, consistenti nella salvaguardia della  funzione
pianificatoria e della sua riserva in  capo  all'autorita'  comunale.
Proprio in ragione del fatto che «la lottizzazione abusiva  [e']  una
forma di intervento sul territorio ben piu' incisiva, per ampiezza  e
vastita', di quanto non sia la costruzione realizzata in  difformita'
o in assenza di concessione, con compromissione molto piu' grave, nel
primo caso, della programmazione edificatoria del territorio  stesso»
(sentenza n. 148 del 1994), essa si rivela rivolta a tutelare un bene
giuridico di particolare rilievo, perche'  attinente  non  solo  alla
tutela del paesaggio e dell'ordinato sviluppo urbanistico rispetto  a
forme isolate e puntuali di aggressione, ma anche e soprattutto  alla
salvaguardia della stessa funzione  pianificatoria  comunale,  intesa
come momento terminale e ineludibile della complessiva  strategia  di
programmazione delle forme di intervento sul territorio. 
    3.2.- In base a tali  presupposti,  la  confisca  prevista  dalla
norma censurata e' stata inizialmente interpretata  e  applicata  nel
senso che essa, anche con riguardo ai  terzi  acquirenti  delle  aree
illegittimamente  frazionate  o  dei  beni  abusivamente   costruiti,
potesse essere disposta automaticamente dal giudice per il solo fatto
obiettivo costituito dal carattere abusivo  dell'opera,  prescindendo
cosi'  tanto  da  un  accertamento  della  sussistenza  dell'elemento
psicologico del reato,  quanto  -  ed  e'  il  punto  che  viene  qui
particolarmente in  evidenza  -  da  una  verifica  della  necessaria
proporzionalita' della misura ablatoria. 
    Entrambi questi profili sono stati presi in esame dalla Corte  di
Strasburgo, che, nelle pronunce rese nel caso Sud Fondi srl  e  altri
contro Italia (decisione 30 agosto 2007 e sentenze 20 gennaio 2009  e
10 maggio 2012), ha  ritenuto  che  le  modalita'  applicative  della
confisca fossero, nelle vicende allora al suo esame, in contrasto sia
con l'art. 7 CEDU, perche' la natura punitiva della  stessa  richiede
che venga accertato dal giudice un  grado  di  partecipazione  almeno
colposo per l'autore materiale del reato,  sia  con  l'art.  1  Prot.
addiz. CEDU. Rispetto a quest'ultimo, in particolare,  la  Corte  EDU
ritenne,   allora,   la   portata   generalizzata   della    confisca
sproporzionata rispetto allo scopo da essa  perseguito,  connesso  al
ripristino   della   conformita'    dell'area    alle    prescrizioni
urbanistiche, aggiungendo che «[s]arebbe stato ampiamente sufficiente
prevedere  la  demolizione   delle   opere   incompatibili   con   le
disposizioni  pertinenti  e  dichiarare  inefficace  il  progetto  di
lottizzazione» (sentenza 20 gennaio 2009, paragrafo 140). 
    3.3.-  A  seguito  di  tali  pronunce,   la   giurisprudenza   di
legittimita',  pur  tenendo  ferma  la   qualifica   della   confisca
urbanistica  come   sanzione   amministrativa   (e   la   conseguente
legittimita'  della  sua  applicazione   pur   in   assenza   di   un
provvedimento  formale  di  condanna  ad  opera  del   giudice),   ha
introdotto  plurimi  correttivi  volti  ad  adeguare   le   modalita'
applicative della stessa ai principi enunciati  dalla  Corte  europea
dei diritti dell'uomo. 
    Quanto al primo aspetto, si e' ritenuto  che  la  confisca  debba
essere subordinata all'accertamento della partecipazione  psichica  e
personale   del   soggetto   all'illecito   penale,   dovendo   cosi'
riscontrarsi  nella  condotta  dei  soggetti  colpiti  dalla   misura
ablativa (inclusi i terzi acquirenti  dei  beni)  un  profilo  almeno
colposo, sotto gli aspetti dell'imprudenza, della  negligenza  e  del
difetto di vigilanza (ex multis, Corte di cassazione,  sezione  terza
penale, sentenza 8 ottobre 2009, n.  39078).  Questa  Corte,  con  la
sentenza n. 49 del 2015, ha ulteriormente chiarito che «[s]ia che  la
misura  colpisca  l'imputato,  sia  che  essa  raggiunga   il   terzo
acquirente  di  mala  fede  estraneo  al  reato,  si  rende   percio'
necessario che il giudice penale  accerti  la  responsabilita'  delle
persone che la subiscono, attenendosi ad adeguati standard  probatori
e rifuggendo da clausole di stile che non siano capaci di dare  conto
dell'effettivo apprezzamento compiuto». 
    Quanto, poi, alla verifica della proporzionalita' della confisca,
si e'  ritenuto  -  innovando  rispetto  al  precedente  orientamento
giurisprudenziale  -  che  il  giudice  possa  limitare  l'intervento
ablativo alle sole  aree  e  agli  eventuali  manufatti  direttamente
interessati  dall'illegittima  attivita'  lottizzatoria   (Corte   di
cassazione, sezione terza penale, sentenze 2 ottobre 2008, n. 37472 e
15 aprile 2013, n. 17066). 
    3.4.- Con la sentenza 28 giugno 2018, G.I.E.M. srl e altri contro
Italia, che il rimettente pone a fondamento  delle  sue  censure,  la
Corte EDU e' tornata a ravvisare un contrasto  tra  le  modalita'  di
applicazione della confisca nelle vicende che avevano dato origine  a
quei ricorsi e l'art. 1 Prot. addiz. CEDU, con  particolare  riguardo
al rispetto della necessaria proporzionalita' tra i  mezzi  impiegati
nel limitare il godimento dei beni e lo scopo, di per se'  legittimo,
perseguito  dal  legislatore  mediante  la  previsione  dell'illecito
lottizzatorio e della connessa sanzione di natura reale. 
    In tale pronuncia, la Corte EDU ha ritenuto  che  quel  principio
non fosse stato rispettato, perche' al giudice nazionale  -  chiamato
ad  applicare  in  modo  automatico  la  confisca  per  lottizzazione
abusiva, con l'unica eccezione che questa riguardi i terzi  in  buona
fede - non era stato consentito di valutare gli strumenti piu' adatti
alle  circostanze  del  caso  di  specie  e,  piu'  in  generale,  di
bilanciare lo  scopo  legittimo  perseguito  dal  legislatore  con  i
diritti di coloro i quali sono colpiti dalla  sanzione.  Al  fine  di
valutare la proporzionalita' della confisca, la sentenza in esame per
contro  indica,  quali  elementi  che  «possono   essere   presi   in
considerazione»,   «la   possibilita'   di   adottare   misure   meno
restrittive, quali la  demolizione  delle  opere  non  conformi  alle
disposizioni   pertinenti   o   l'annullamento   del   progetto    di
lottizzazione; la natura  illimitata  della  sanzione  derivante  dal
fatto che essa puo' comprendere indifferentemente  aree  edificate  e
non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa  o
di imprudenza dei ricorrenti, o, quanto meno, il rapporto tra la loro
condotta e il reato in questione» (paragrafo 301). 
    3.4.1.-  Della  necessita'  di  un  adeguamento  delle  modalita'
applicative della confisca per  lottizzazione  abusiva  ai  contenuti
della  sentenza  G.I.E.M.  si  e'   per   tempo   fatta   carico   la
giurisprudenza di legittimita', che  ha  innanzi  tutto  ribadito  la
necessita' che il giudice verifichi la pertinenza delle aree e  delle
eventuali  opere  confiscate  a   quelle   direttamente   interessate
dall'attivita'  lottizzatoria,  cio'  che  richiede  un  accertamento
effettuato dal giudice del merito basato su dati materiali  oggettivi
e supportato da adeguata e specifica motivazione,  sindacabile  anche
in sede di legittimita' (Corte di cassazione, sezione  terza  penale,
sentenze 26 febbraio 2019, n. 8350 e 4 aprile 2019, n. 14743). 
    Tale orientamento ha trovato ulteriore conferma nel principio per
cui in caso di declaratoria di estinzione del reato di  lottizzazione
abusiva  per  intervenuta  prescrizione  all'esito  del  giudizio  di
impugnazione, il giudice d'appello e  la  Corte  di  cassazione  sono
tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis  del  codice  di  procedura
penale, a decidere  sull'impugnazione  agli  effetti  della  confisca
urbanistica anche al fine di verificare il rispetto del principio  di
proporzionalita' della sua applicazione (Corte di cassazione, sezioni
unite penali, sentenza 30 aprile 2020, n. 13539). 
    La recessivita' dell'orientamento secondo cui la confisca e'  una
sanzione  da  applicarsi  automaticamente,  rispetto  alla  quale  il
giudice e' privo di qualsiasi potere di valutarne l'an e il  quomodo,
e' dimostrata anche dal fatto che essa puo' essere  evitata  laddove,
prima che la sentenza che  accerti  la  sussistenza  dei  presupposti
della  lottizzazione  abusiva  diventi  definitiva,  sia  intervenuta
l'integrale demolizione di tutte  le  opere  eseguite  in  attuazione
dell'intento  lottizzatorio,   unitamente   alla   eliminazione   dei
pregressi frazionamenti  e  delle  loro  conseguenze,  cosi'  che  la
riconduzione  dell'area   lottizzata   alle   condizioni   precedenti
all'abuso sia effettiva e integrale  (Corte  di  cassazione,  sezione
terza penale, sentenza 22 aprile 2020, n.  12640,  e  sezione  quarta
penale, sentenza 25 marzo 2021, n. 11464). 
    3.4.2.- L'applicazione della confisca urbanistica  ad  opera  del
giudice risente peraltro, in un'ottica di  tendenziale  residualita',
delle   concorrenti,    legittime    determinazioni    dell'autorita'
amministrativa titolare del potere di programmazione  urbanistica  ed
edilizia. 
    Con riguardo  alla  fase  che  precede  l'adozione  della  misura
giudiziale in discussione, infatti, assumono rilievo i  provvedimenti
adottati dal dirigente o  dal  responsabile  del  competente  ufficio
comunale ai sensi dell'art. 30, commi 7 e 8, del d.P.R.  n.  380  del
2001. Ove venga accertata dall'amministrazione  una  lottizzazione  a
scopo  edificatorio  priva  della  necessaria  autorizzazione,   tali
provvedimenti comportano, tra l'altro, il  divieto  di  disporre  dei
suoli e delle opere con atti tra vivi  e  l'acquisizione  delle  aree
lottizzate al patrimonio  disponibile  del  Comune,  con  l'ulteriore
conseguenza della loro necessaria demolizione, la cui effettivita' e'
anche assistita, in caso di inerzia del  Comune,  dall'intervento  in
funzione sostitutiva della Regione (art. 31, comma 8, del  d.P.R.  n.
380 del 2001). 
    Al di la' di quanto previsto dall'art.  30,  commi  7  e  8,  del
d.P.R. n. 380 del 2001, in vista dell'adozione della misura ablatoria
ad  opera  del  giudice,   possono   inoltre   assumere   rilievo   i
provvedimenti  adottati  dall'autorita'  amministrativa   prima   del
passaggio in giudicato della sentenza, i quali,  pur  non  producendo
effetti riguardo all'accertamento del reato  di  lottizzazione,  sono
ritenuti nondimeno idonei a impedire l'applicazione della confisca ad
opera del giudice, come il riconoscimento ex post  della  conformita'
della lottizzazione agli  strumenti  urbanistici  vigenti  (Corte  di
cassazione, sezione terza  penale,  sentenza  26  febbraio  2019,  n.
8350). Anche dopo il  passaggio  in  giudicato,  infine,  secondo  la
giurisprudenza di legittimita', l'amministrazione conserva una  piena
potesta' di  programmazione  e  di  gestione  del  territorio,  fermo
restando che dall'adeguamento successivo dell'area  e  degli  edifici
acquisiti per effetto della confisca ovvero  dall'adozione  di  nuovi
strumenti    urbanistici    non    puo'     farsi     derivare     un
"retro-trasferimento" della proprieta' in  favore  dei  privati  gia'
destinatari dell'ordine di confisca,  restando  piuttosto  il  Comune
legittimato a trasferire a titolo oneroso la proprieta' dei terreni e
dei manufatti a tutti o a parte dei precedenti proprietari, ove  tale
valutazione sia  assistita  da  una  finalita'  legittima  (Corte  di
cassazione, sezione  terza  penale,  sentenza  29  ottobre  2019,  n.
43880). 
    3.5.- Nella considerazione sistematica della confisca urbanistica
e della sua proporzionalita' non puo', infine, non essere evidenziato
che ai terzi acquirenti destinatari della  misura  ablativa  comunque
applicata dal giudice resta  aperta  la  strada,  nei  confronti  dei
responsabili   diretti   dell'illecito   lottizzatorio,   dell'azione
risarcitoria (Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza  24
gennaio 2017, n. 3606). Cosi' come, sempre  sul  piano  della  tutela
civilistica degli acquirenti, non puo' non rilevarsi che gli atti  di
acquisto di beni oggetto di lottizzazione  abusiva  sono  nulli,  con
tutte le conseguenze che da tale qualificazione discendono in termini
di ripetizione dell'indebito oggettivo e dell'eventuale  risarcimento
del danno. 
    4.- Poste tali necessarie premesse, si puo' tornare ad  esaminare
l'eccezione di  inammissibilita'  avanzata  dall'Avvocatura  generale
dello Stato. 
    4.1.- Tale eccezione non puo' essere accolta. 
    L'Avvocatura  imputa  al  rimettente  di  non   aver   preso   in
considerazione   un'alternativa   ermeneutica   che   tuttavia   esso
evidentemente   esclude,   poiche'   la    eccepita    illegittimita'
costituzionale dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001  non
e' fondata sulla pretesa impossibilita' di scongiurare l'applicazione
della confisca nel caso in cui vi sia un una riconduzione dello stato
dei  luoghi  e  delle  opere  a   quello   precedente   l'intervenuta
lottizzazione, ma sulla diversa  preclusione  della  possibilita'  di
condizionare la confisca all'adeguamento parziale delle opere abusive
alle  prescrizioni  urbanistiche  e  tecnico-edilizie  violate  nella
realizzazione dell'intento lottizzatorio. 
    Muovendo  dall'individuazione  di  tale  motivo  di  censura  nei
confronti della disposizione in esame, la Corte rimettente ha  quindi
consapevolmente escluso una  diversa  interpretazione  della  stessa,
idonea  in  ipotesi  a  renderla  conforme  al  quadro  dei  principi
costituzionali e convenzionali asseritamente violati.  Cio',  secondo
la    costante    giurisprudenza    di    questa    Corte,    esclude
l'inammissibilita' della questione (da ultimo, sentenze n. 59 e n. 32
del 2021, n. 123 e n. 11 del 2020, n. 189 e n. 12 del 2019). 
    5.- La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  44,
comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 sollevata dalla  Corte  d'appello
di Bari deve essere comunque ritenuta inammissibile per  un  distinto
ordine di ragioni. 
    5.1.- Come si e' detto, il rimettente  pone  a  fondamento  delle
censure la necessita' che l'applicazione della  confisca  urbanistica
possa essere graduata dal giudice mediante la previsione di un  onere
di  adeguamento  parziale  delle  opere  realizzate  alle   legittime
prescrizioni urbanistiche, cosi' da porre rimedio  alla  sproporzione
determinata  dal  sacrificio  che  i  terzi  acquirenti   subirebbero
dall'esecuzione della confisca  come  sanzione  da  disporsi  in  via
automatica, pur in presenza di  difformita'  solo  parziali  rispetto
all'originario  piano  di  lottizzazione  e  di  un  grado  lieve  di
partecipazione colposa alla realizzazione dell'illecito. 
    Questa Corte ha gia' chiarito che la natura amministrativa  della
sanzione in esame non e' di per se' incompatibile con  il  fatto  che
essa debba essere irrogata nel rispetto di quanto  prevede  l'art.  7
CEDU per  le  sanzioni  di  natura  punitiva,  considerato  che  cio'
corrisponde alla necessita'  di  salvaguardare  l'effettivita'  delle
garanzie convenzionali e i connessi profili  sostanziali  di  tutela,
senza con questo sacrificare la discrezionalita' del legislatore  nel
configurare gli illeciti amministrativi  come  autonomi  dal  diritto
penale, nel rispetto del principio di sussidiarieta' (sentenza n.  49
del 2015 e ordinanza n. 187 del 2015, in riferimento alla sentenza n.
487 del 1989). Tale doppio binario  garantisce  che  «il  recepimento
della  CEDU  nell'ordinamento  giuridico   si   muov[a]   nel   segno
dell'incremento delle liberta' individuali, e mai del loro detrimento
(sentenza n. 317 del 2009)» (sentenza  n.  68  del  2017),  cosi'  da
consentire ad essa di operare  «quale  strumento  preposto,  pur  nel
rispetto della discrezionalita' legislativa degli Stati, a superare i
profili di inquadramento formale di una fattispecie, per  valorizzare
piuttosto la sostanza dei diritti umani  che  vi  sono  coinvolti,  e
salvaguardarne l'effettivita'» (sentenza n. 49 del 2015). 
    Analogamente, seppure «non puo' dubitarsi  che  il  principio  di
proporzionalita' della sanzione rispetto alla gravita'  dell'illecito
sia applicabile anche alla generalita' delle sanzioni amministrative»
e che la confisca, per la sua incidenza sulla sfera patrimoniale  del
singolo,  sia  vincolata  anche  al   rispetto   del   principio   di
proporzionalita' di cui all'art. 1 Prot. addiz. CEDU (sentenza n. 112
del 2019), e' nondimeno doveroso ritenere che questo  si  atteggi  in
modo diverso, offrendo  corrispondentemente  una  tutela  di  diversa
intensita', a seconda della struttura delle fattispecie sanzionatorie
e delle finalita' da esse perseguite. 
    Cosi', l'impossibilita' di prescindere  -  nella  valutazione  di
adeguatezza della  sanzione  al  caso  specifico  -  dalla  «concreta
valutazione  degli  specifici  comportamenti  messi  in  atto   nella
commissione dell'illecito» (sentenza n. 161 del 2018), se da un  lato
conduce a ritenere non  piu'  conforme  al  quadro  costituzionale  e
convenzionale che l'applicazione della confisca  urbanistica  avvenga
in modo automatico  e  indifferente  alle  circostanze  del  caso  di
specie,  dall'altro  lato,  tuttavia,  non  implica  che  cio'  debba
necessariamente condurre all'attribuzione al giudice di uno strumento
- come quello di cui il rimettente auspica l'introduzione - idoneo  a
trasformare alla radice la sanzione della confisca urbanistica  e  ad
attenuarne  la  portata  e  gli  effetti   rispetto   al   reato   di
lottizzazione  abusiva  cui  essa  accede,  sovvertendone  cosi'   la
funzione  individuata  dal  legislatore  nell'esercizio   della   sua
discrezionalita'. Del resto, la stessa sentenza G.I.E.M., in linea di
continuita' con i precedenti prima richiamati, annovera  la  confisca
per lottizzazione abusiva tra le misure ricadenti nel  perimetro  del
secondo paragrafo dell'art. 1 Prot. addiz. CEDU, ai sensi  del  quale
resta in capo agli  Stati  il  diritto  «di  emanare  leggi  da  essi
ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo  conforme
all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte  o
di altri contributi o delle ammende» (paragrafo 291). 
    5.2.- Come si e' gia'  detto  al  punto  3.1.,  la  lottizzazione
abusiva e' contrassegnata, nel sistema degli illeciti urbanistici, da
un grado di offensivita' particolarmente elevato, in  quanto  attenta
alla stessa funzione programmatoria urbanistica e perche' e' idonea a
dar  luogo  a  un'alterazione   strutturale   (e   in   taluni   casi
irreversibile) delle caratteristiche morfologiche  e  funzionali  del
territorio, atteso che «mette [il Comune] di fronte al fatto compiuto
di insediamenti disordinati e privi  dei  requisiti  di  vivibilita',
ossia  potenzialmente  privi  di  servizi  e   delle   infrastrutture
necessarie al vivere civile»  (Consiglio  di  Stato,  sezione  sesta,
sentenza 17 luglio 2020, n. 4604). 
    Proprio  queste  caratteristiche  si  pongono  a  fondamento  del
complesso sistema sanzionatorio che circonda tale fattispecie  e  che
vede  il  giudice  intervenire  in  via  tendenzialmente  suppletiva,
mediante l'adozione della misura ablatoria, solo laddove a tale esito
non si sia giunti per effetto della previa  adozione,  da  parte  del
Comune, dei provvedimenti previsti dall'art. 30, commi  7  e  8,  del
d.P.R. n. 380 del  2001  e  delle  altre,  eventuali,  determinazioni
dell'autorita' amministrativa richiamate supra, al punto 3.4.2. 
    Tale  specifico   concorso   di   strumenti   (amministrativi   e
giudiziale)  volti  al  ripristino   dell'interesse   pubblico   leso
dall'abusivo     intervento     lottizzatorio     denota     peraltro
l'impossibilita' di  applicare  a  quest'ultimo  forme  di  sanatoria
riconosciute dalla legislazione urbanistica,  come  quella  contenuta
nell'art. 36 del d.P.R.  n.  380  del  2001,  riferita  a  differenti
interventi  abusivi  e   vincolata   al   requisito   della   "doppia
conformita'". Questa Corte, con la richiamata  sentenza  n.  148  del
1994, ha chiarito come il diverso regime tra le due  fattispecie  «si
fonda su peculiarita' di fatto in ordine alle  situazioni  apprezzate
dal  legislatore  che,  lungi  dall'essere  determinate  dalle  norme
denunziate,  attengono  all'entita'   degli   interessi   urbanistici
compromessi nei due casi». 
    Per le medesime ragioni,  non  appare  in  alcun  modo  utilmente
invocabile quale tertium  comparationis  -  contrariamente  a  quanto
sembra ritenere  la  Corte  d'appello  rimettente  -  la  fattispecie
prevista dall'art. 98, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale,
in materia di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche,  consente
al giudice che accerti la violazione delle prescrizioni del  Capo  IV
dello stesso testo unico il potere, in alternativa,  di  ordinare  la
demolizione  delle  opere  ovvero  di  «imparti[re]  le  prescrizioni
necessarie per rendere le opere conformi alle norme stesse,  fissando
il relativo termine». 
    A fronte di tale articolato e differenziato  quadro  normativo  e
dello   specifico   trattamento   sanzionatorio   previsto   per   la
lottizzazione abusiva, il  rimettente  chiede  che,  per  il  tramite
dell'invocata possibilita' di disporre  un  adeguamento  parziale  in
luogo della confisca di cui alla disposizione censurata, si introduca
un nuovo strumento del tutto eccentrico  rispetto  al  sistema  degli
illeciti urbanistici. 
    Un simile intervento additivo, in disparte il problema della  sua
effettiva   riconducibilita'   alle   indicazioni   contenute   nella
richiamata sentenza G.I.E.M., si rivela comunque estraneo  all'ambito
di intervento di questa  Corte,  perche'  comporterebbe  l'immissione
nell'ordinamento di una «novita' di sistema»  (sentenze  n.  103  del
2021, n. 250 del 2018 e n. 250 del 2012; ordinanza n. 266 del  2014),
che  richiede  «soluzioni  normative  che   mai   potrebbero   essere
apprestate  in  questa  sede,  implicando  [...]  scelte   di   modi,
condizioni e termini che non spetta alla Corte  stabilire»  (sentenza
n. 148 del 1994). Sarebbe infatti necessario disciplinare il raccordo
tra autorita' amministrativa e autorita' giurisdizionale, quanto meno
al fine di valutare il tipo di interventi ripristinatori  e  la  loro
conformita' alle regole della pianificazione  urbanistica,  anche  in
considerazione del fatto che «il giudice  penale  non  ha  competenza
"istituzionale" per  compiere  l'accertamento  di  conformita'  delle
opere  agli  strumenti  urbanistici»  (sentenza  n.  370  del   1988;
analogamente, sentenza n. 196 del 2004). 
    La questione di legittimita' costituzionale dell'art.  44,  comma
2, del d.P.R. n. 380 del 2001, sollevata  dalla  Corte  d'appello  di
Bari, deve pertanto essere dichiarata inammissibile. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 44, comma  2,  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative  e  regolamentari  in  materia  di  edilizia
(Testo A)», sollevata, in  riferimento  all'art.  117,  primo  comma,
della  Costituzione  e  in  relazione  all'art.  1   del   Protocollo
addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo
1952, ratificato e reso esecutivo con legge 4 agosto  1955,  n.  848,
dalla Corte d'appello di Bari, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 maggio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA