N. 151 SENTENZA 11 maggio - 12 luglio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanzioni    amministrative    -    Procedimento    per    l'emissione
  dell'ordinanza-ingiunzione o del decreto di archiviazione - Termine
  per  la  conclusione  del  procedimento  -  Omessa   previsione   -
  Denunciata  violazione  dei  principi  di  imparzialita'   e   buon
  andamento della pubblica amministrazione, di legittimo  affidamento
  e di uguaglianza - Inammissibilita' delle questioni - Necessita' di
  un tempestivo intervento legislativo. 
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 18. 
- Costituzione, artt. 3, 97, e 117, primo comma. 
(GU n.28 del 14-7-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  18  della
legge 24  novembre  1981,  n.  689  (Modifiche  al  sistema  penale),
promossi  dal  Tribunale  ordinario  di  Venezia,   in   composizione
monocratica,  con  tre  ordinanze  del  25  ottobre  2019,  iscritte,
rispettivamente, ai numeri 33, 34 e 35 del registro ordinanze 2020  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 11, prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti gli atti di costituzione del Comune di Venezia, nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  maggio  2021  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    uditi l'avvocato Natalia Paoletti per il  Comune  di  Venezia,  e
l'avvocato dello Stato Paola Palmieri per il Presidente del Consiglio
dei ministri, quest'ultimo in collegamento da remoto,  ai  sensi  del
punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 16 marzo 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'11 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con tre ordinanze di identico tenore  del  25  ottobre  2019,
iscritte ai numeri 33, 34 e 35 del registro ordinanze  del  2020,  il
Tribunale ordinario  di  Venezia,  in  composizione  monocratica,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 18 della
legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema  penale),  nella
parte  in  cui  non  prevede  un  termine  per  la  conclusione   del
procedimento        sanzionatorio        mediante         l'emissione
dell'ordinanza-ingiunzione o dell'ordinanza  di  archiviazione  degli
atti, per violazione degli artt. 3, 97  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    1.1.- Il giudice a quo riferisce che nei giudizi principali -  in
cui sono state impugnate ordinanze-ingiunzione irrogative di sanzioni
amministrative pecuniarie per  violazioni  in  materia  di  sicurezza
alimentare, deducendosi la non  configurabilita',  sotto  il  profilo
soggettivo,  delle  ipotesi  di  illecito  contestate  e  la  mancata
applicazione del concorso formale ai sensi dell'art. 8 della legge n.
689 del 1981 - le parti sono state invitate a prendere posizione  sul
lasso temporale, di  oltre  quattro  anni,  intercorso  tra  la  data
dell'accertamento   delle   infrazioni   e   la   notificazione   dei
provvedimenti sanzionatori. 
    1.2.-  Ad  avviso  del  rimettente,  l'assenza  nella  disciplina
generale sulle sanzioni amministrative pecuniarie della previsione di
un  termine  di  conclusione  del  procedimento  -  termine,  invece,
espressamente  contemplato  nel  codice  della  strada   -   consente
all'autorita'  competente  di  emettere   l'ordinanza-ingiunzione   a
distanza di molti anni  dalla  contestazione  dell'illecito  e  dalle
deduzioni difensive dell'incolpato, cosi' ponendosi in contrasto  con
i principi di  imparzialita'  e  di  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione, nonche' con  i  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali. 
    Ritiene,  ancora,  il  giudice  a   quo   che   al   procedimento
sanzionatorio si applichi il principio  espresso  dall'art.  2  della
legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e
che,  tuttavia,  secondo  la  interpretazione  giurisprudenziale,  il
superamento del termine di conclusione del procedimento non  comporta
l'invalidita' dell'ordinanza-ingiunzione che sia stata  emessa  entro
il termine di prescrizione quinquennale, cio' che confliggerebbe  con
l'esigenza di assicurare la certezza dei  diritti  dei  privati,  con
conseguente violazione del legittimo affidamento, la  cui  protezione
e'  riconosciuta  anche  nell'ordinamento  eurounitario   (donde   la
ritenuta  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.),  e  del
principio di proporzionalita' dell'azione amministrativa, potendo  il
termine  prescrizionale  «[t]rovare  applicazione  solo  in  caso  di
attivita' processuale e non amministrativa». 
    Il Tribunale di Venezia prospetta, altresi',  la  violazione  del
principio di uguaglianza, rimarcando che  il  legittimo  affidamento,
quale canone dell'azione amministrativa,  rappresenta  un  corollario
dell'imparzialita' «che affonda le sue radici proprio  nella  nozione
di uguaglianza in senso  sostanziale  consacrata  nell'art.  3  della
Costituzione» e puo' essere generato  sia  da  un  atto  illegittimo,
sindacabile sotto il profilo dell'eccesso di potere, sia da  un  atto
legittimo, ma dannoso, sia dall'inerzia colpevole. 
    2.- Con atti depositati il 31 marzo 2020  si  e'  costituito  nei
giudizi di legittimita' costituzionale il Comune  di  Venezia,  quale
parte opposta nei processi principali, eccependo  l'inammissibilita',
per difetto di rilevanza, delle questioni sollevate  ed  evidenziando
come il rimettente,  limitandosi  a  richiedere  l'individuazione  in
concreto di un termine di  decadenza,  solleciti  l'esercizio  di  un
potere discrezionale riservato al legislatore. 
    2.1.- Ad avviso dell'ente locale, il termine di  cui  all'art.  2
della legge n. 241 del 1990 sarebbe incompatibile con il procedimento
sanzionatorio, avendo quest'ultimo carattere contenzioso e speciale e
necessitando, proprio  nell'interesse  dell'incolpato,  di  tempi  di
definizione piu'  ampi.  Ne'  dalla  inosservanza  di  detto  termine
potrebbe, in ogni caso,  discendere  l'illegittimita'  costituzionale
delle sanzioni opposte. 
    2.2.- Con memorie depositate il 20 aprile 2021 l'ente ha ribadito
le proprie difese, insistendo nelle conclusioni assunte con gli  atti
di costituzione. 
    3.- E` intervenuto nei giudizi dinanzi alla Corte, con  atti  del
medesimo  contenuto,  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
eccependo l'inammissibilita' delle questioni sollevate  per  mancanza
di motivazione, difetto di rilevanza, genericita'  e  perplessita'  e
chiedendone, comunque, il rigetto per manifesta infondatezza. 
    3.1.- Secondo l'Avvocatura la motivazione dell'ordinanza  sarebbe
apodittica e perplessa non solo in punto di rilevanza, ma anche sotto
il profilo della non manifesta infondatezza,  posto  che  il  giudice
rimettente, da un  lato,  ha  denunciato  l'eccessiva  lunghezza  del
termine prescrizionale che il  destinatario  della  sanzione  sarebbe
costretto ad attendere prima di conoscere l'esito del procedimento e,
dall'altro, ha rilevato che lo stesso  puo'  comunque  avvalersi  del
giudizio di ottemperanza ai sensi dell'art. 2 della legge n. 241  del
1990. 
    L'Avvocatura generale dello Stato denuncia  altresi'  la  carente
prospettazione del contrasto dell'art. 18 della legge n. 689 del 1981
con l'art. 117, primo comma, Cost., per avere il rimettente  invocato
tale parametro senza alcuna integrazione con la normativa dell'Unione
europea,  la  mancata   precisazione   della   natura,   additiva   o
caducatoria, dell'intervento richiesto alla Corte,  e,  comunque,  la
sollecitazione  dell'indicazione  di  un  termine  del   procedimento
sanzionatorio,  senza  che  tale  opzione  costituisca   una   scelta
costituzionalmente obbligata. 
    3.2.- Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce
la manifesta infondatezza delle questioni sollevate. 
    Secondo l'interveniente, la censura relativa al  vulnus  all'art.
97   Cost.,   piu'   che   all'imparzialita'    dell'amministrazione,
sembrerebbe riferirsi al principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., la
cui violazione, tuttavia, non sarebbe, nella  specie,  configurabile,
non potendo il procedimento sanzionatorio disciplinato dalla legge n.
689 del 1981  essere  comparato  al  procedimento  amministrativo  in
generale. Infatti, soggiunge l'Avvocatura generale dello  Stato,  se,
da un lato, la fissazione, nell'art. 2 della legge n. 241  del  1990,
di un termine del procedimento e' intesa ad  offrire  all'interessato
uno strumento  generale  di  tutela  per  reagire  all'inerzia  della
pubblica  amministrazione,  dall'altro   -   come   precisato   dalla
giurisprudenza di legittimita' a far data dalla pronuncia della Corte
di cassazione, sezioni unite civili, 27 aprile 2006,  n.  9591  -  il
procedimento  sanzionatorio  e'  connotato  da  specialita'   ed   e'
puntualmente disciplinato nelle sue scansioni temporali  dalla  legge
n. 689 del 1981, che costituisce un  sistema  organico,  compiuto  e,
quindi,  non  necessitante   di   integrazioni   dall'esterno.   Tale
diversita' impedirebbe di valutare  la  ragionevolezza  della  scelta
legislativa mediante il mero raffronto tra i tempi di definizione del
procedimento  amministrativo  e  le  scansioni  temporali  di  quello
sanzionatorio. 
    Sotto   altro    profilo,    l'Avvocatura    rimarca    che    la
predeterminazione  del  tempo  per   la   definizione   dei   singoli
procedimenti e' rimessa alla  discrezionalita'  del  legislatore,  la
quale non e' sindacabile se non sotto il  profilo  dell'arbitrarieta'
della scelta. 
    Ancora, con riguardo alla denunciata  violazione  dell'art.  117,
primo comma, Cost., l'interveniente esclude la configurabilita',  nel
caso di specie, di un affidamento  legittimo  meritevole  di  tutela,
ritenendo  che  di  tale  fattispecie  manchi  il  presupposto  della
sussistenza di una posizione di  vantaggio  consolidata  in  un  arco
temporale tale da convincere il beneficiario  della  sua  stabilita'.
Infatti, nessuna situazione di vantaggio sarebbe ravvisabile in  capo
al  destinatario  del  procedimento   sanzionatorio,   essendo   egli
consapevole delle conseguenze del proprio operato  e  delle  sanzioni
delle  quali  puo'  essere  destinatario  in  caso  di   accertamento
dell'illecito. 
    In ultimo, l'Avvocatura generale dello Stato  sottolinea  che  la
fase decisoria, che si conclude con l'irrogazione  della  sanzione  o
con  l'archiviazione,  non  puo'  essere   contenuta   entro   limiti
cronologici predeterminati, ma necessita  di  una  durata  congrua  a
garanzia degli stessi interessati e che, in ogni  caso,  la  certezza
sui tempi di conclusione del procedimento e' assicurata  dal  termine
di prescrizione del diritto alla riscossione della sanzione  previsto
dall'art. 28 della legge n. 689 del 1981. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario   di   Venezia,   in   composizione
monocratica, ha sollevato, con tre ordinanze di  identico  contenuto,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge  24
novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella  parte  in
cui non prevede  un  termine  per  la  conclusione  del  procedimento
sanzionatorio  mediante  l'emissione   dell'ordinanza-ingiunzione   o
dell'ordinanza di archiviazione degli atti,  per  contrasto  con  gli
artt. 3, 97 e 117, primo comma, della Costituzione. 
    1.1.- Il rimettente, chiamato a decidere su  opposizioni  avverso
ordinanze-ingiunzione emesse a distanza di oltre quattro  anni  dalla
contestazione di  violazioni  in  materia  di  sicurezza  alimentare,
osserva che l'assenza, nella  disciplina  generale  del  procedimento
sanzionatorio, della previsione  di  un  termine,  analogo  a  quello
stabilito   dal   codice   della   strada,   per   la   notificazione
dell'ordinanza-ingiunzione, consentendo all'autorita'  competente  di
emettere il provvedimento sanzionatorio anche a notevole distanza  di
tempo dall'accertamento dell'illecito  e  dalle  deduzioni  difensive
dell'incolpato, contrasta con i principi di imparzialita' e  di  buon
andamento della pubblica amministrazione, oltre che con la tutela del
legittimo affidamento, riconosciuto anche nell'ordinamento europeo, e
con il principio di uguaglianza, dei quali l'imparzialita' dell'agire
amministrativo costituirebbe estrinsecazione. 
    Secondo il giudice a quo, l'esigenza  di  certezza  dei  rapporti
giuridici non sarebbe, nella  specie,  soddisfatta  dall'applicazione
dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia
di procedimento amministrativo e di diritto di accesso  ai  documenti
amministrativi),  giacche',   alla   stregua   della   sua   costante
interpretazione giurisprudenziale, dall'inosservanza del  termine  di
conclusione  del  procedimento  amministrativo  non   puo'   derivare
l'invalidita' del provvedimento sanzionatorio, ove  risulti  comunque
rispettato il termine prescrizionale quinquennale. 
    Non di meno, osservano le ordinanze di  rimessione,  il  richiamo
alla prescrizione sarebbe insoddisfacente,  potendo  questa  «trovare
applicazione  solo  in  caso   di   attivita'   processuale   e   non
amministrativa». 
    2.-  Preliminarmente,  in  considerazione  dell'identita'   delle
questioni, deve essere disposta la riunione dei giudizi, al  fine  di
definirli con un'unica pronuncia. 
    3.- Quanto alle eccezioni di inammissibilita' delle questioni, e'
in primo luogo fondata quella dedotta dall'Avvocatura generale  dello
Stato in relazione all'art. 117, primo comma, Cost., per essere stato
detto  parametro   evocato   genericamente   con   riferimento   alla
intervenuta applicazione del principio del legittimo  affidamento  da
parte della Corte di giustizia. 
    Infatti, mancano  nelle  ordinanze  di  rimessione  l'indicazione
delle norme interposte e un sia pur minimo percorso  argomentativo  a
supporto della denunciata illegittimita' costituzionale. Inoltre,  il
giudice  a  quo  non  svolge  alcuna  puntuale  considerazione  sulle
specifiche ragioni  di  contrasto  tra  il  diritto  nazionale  ed  i
parametri interposti, dei quali non e` illustrata, neppure in termini
sommari, la concreta portata precettiva. 
    Le evidenziate carenze, impedendo di identificare  il  denunciato
vulnus costituzionale, conducono inevitabilmente alla declaratoria di
inammissibilita' della questione sollevata  in  riferimento  all'art.
117, primo comma, Cost. (sentenza n. 311 del 2013). 
    4.-  Con  riferimento  agli  altri  parametri,  e'   fondata   ed
assorbente l'eccezione di inammissibilita'  con  la  quale  tanto  il
Comune di Venezia, quanto il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
sottolineano  come  la  reductio  ad  legitimitatem   auspicata   dal
rimettente postuli un'addizione  non  obbligata,  la  cui  scelta  e'
prioritariamente affidata alla discrezionalita' del legislatore. 
    4.1.-   L'esame   della   eccezione   richiede   una    sintetica
ricostruzione  del  contesto  normativo  in   cui   si   colloca   la
disposizione censurata. 
    Il procedimento sanzionatorio regolato dalla richiamata legge  n.
689  del  1981,  recante  la  disciplina  generale  sulle  violazioni
amministrative, si articola in due  fasi  distinte,  la  prima  delle
quali,   affidata   agli   organi   di   vigilanza,    e'    deputata
all'acquisizione di elementi istruttori, e la seconda, avente  natura
lato sensu contenziosa e decisoria, e' preordinata  all'adozione,  da
parte dell'autorita' titolare della  potesta'  sanzionatoria,  di  un
atto  complesso,  l'ordinanza-ingiunzione,  di   applicazione   della
sanzione pecuniaria e di ingiunzione del relativo  pagamento,  ovvero
dell'ordinanza di  archiviazione.  L'elemento  di  raccordo  tra  gli
indicati  snodi  procedimentali  e'  costituito  dalla  contestazione
dell'illecito, la quale, a norma dell'art. 14 della legge n. 689  del
1981, se non e' effettuata nell'immediatezza dell'accertamento,  deve
essere notificata «agli interessati residenti  nel  territorio  della
Repubblica entro il termine di novanta giorni e  a  quelli  residenti
all'estero   entro   il   termine    di    trecentosessanta    giorni
dall'accertamento». Il superamento di tale termine - che decorre  dal
momento  in  cui  si  e'  compiuta  o  si  sarebbe  dovuta   compiere
l'attivita'  amministrativa  necessaria  a   verificare   l'esistenza
dell'infrazione  -  e'  espressamente  sanzionato  con   l'estinzione
dell'obbligazione pecuniaria. 
    4.1.1.- Analogo  termine  non  e',  invece,  contemplato  per  la
conclusione della fase decisoria, in quanto il censurato art. 18,  al
primo comma, dispone che, «[e]ntro il termine di trenta giorni  dalla
data  della  contestazione  o  notificazione  della  violazione,  gli
interessati possono far pervenire all'autorita' competente a ricevere
il rapporto a norma dell'art. 17  scritti  difensivi  e  documenti  e
possono chiedere di essere sentiti dalla medesima  autorita'»,  e  al
secondo comma che «[l]'autorita' competente, sentiti gli interessati,
ove questi ne abbiano  fatto  richiesta,  ed  esaminati  i  documenti
inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi,  se  ritiene
fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata,  la  somma
dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme  con  le
spese, all'autore della  violazione  ed  alle  persone  che  vi  sono
obbligate  solidalmente;  altrimenti  emette  ordinanza  motivata  di
archiviazione degli atti comunicandola integralmente  all'organo  che
ha redatto il rapporto». 
    L'unico termine assegnato  all'autorita'  decidente  e',  dunque,
quello di prescrizione  quinquennale  del  diritto  alla  riscossione
delle  somme  dovute  per  le  violazioni  amministrative,   previsto
dall'art. 28 della citata legge n. 689 del 1981. 
    4.1.2.- Deve essere, tuttavia, rammentato che,  a  differenza  di
quanto previsto dalla legge generale sulle  sanzioni  amministrative,
per alcuni  trattamenti  sanzionatori  regolati  da  fonti  normative
settoriali, come il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada) e il decreto legislativo 18  dicembre  1997,  n.
472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative  per
le violazioni di norme tributarie, a  norma  dell'articolo  3,  comma
133, della legge  23  dicembre  1996,  n.  662),  il  legislatore  ha
previsto  sia  un  termine  prescrizionale,  sia   uno,   di   natura
decadenziale, entro il quale  deve  essere  emesso  il  provvedimento
sanzionatorio. 
    Talora  il  termine   per   la   conclusione   del   procedimento
sanzionatorio e' stabilito dalla stessa autorita' competente  in  via
regolamentare, oppure, di volta in volta, in sede di avvio  dell'iter
procedimentale.  Emblematica,  al  riguardo,  e'  l'esperienza  delle
autorita' amministrative indipendenti, il cui  potere  sanzionatorio,
pur inserendosi nella piu'  complessa  funzione  di  vigilanza  e  di
controllo, e' comunque soggetto alla legge n. 689 del 1981 (Consiglio
di Stato, sezione sesta, sentenza 8 luglio 2015, n. 3401). 
    5.- Nel procedimento sanzionatorio, riconducibile  nel  paradigma
dell'agere  della  pubblica  amministrazione,  ma  con   profili   di
specialita'  rispetto  al   procedimento   amministrativo   generale,
rappresentando la potesta' sanzionatoria - che vede l'amministrazione
direttamente contrapposta all'amministrato - la reazione autoritativa
alla violazione di un precetto con finalita' di prevenzione, speciale
e  generale,  e  non  lo   svolgimento,   da   parte   dell'autorita'
amministrativa, di un servizio pubblico (Corte di cassazione, sezione
seconda civile, sentenza 15 luglio 2014,  n.  15825),  l'esigenza  di
certezza, nella specifica accezione di prevedibilita'  temporale,  da
parte dei consociati, delle conseguenze derivanti dall'esercizio  dei
pubblici poteri, assume una rilevanza del  tutto  peculiare,  proprio
perche' tale esercizio si sostanzia nella inflizione al  trasgressore
di  svantaggi  non  immediatamente   correlati   alla   soddisfazione
dell'interesse pubblico pregiudicato dalla infrazione. 
    Infatti, in materia di sanzioni amministrative, il  principio  di
legalita' non solo, come  evidenziato  da  questa  Corte,  impone  la
predeterminazione ex  lege  di  rigorosi  criteri  di  esercizio  del
potere,  della  configurazione  della  norma  di  condotta   la   cui
inosservanza e' soggetta a sanzione, della tipologia e  della  misura
della sanzione stessa e della struttura di eventuali  cause  esimenti
(sentenza n. 5 del 2021), ma deve necessariamente modellare anche  la
formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con  specifico
riguardo alla scansione cronologica dell'esercizio del  potere.  Cio'
in quanto la  previsione  di  un  preciso  limite  temporale  per  la
irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale  per
il soddisfacimento dell'esigenza di certezza giuridica, in chiave  di
tutela dell'interesse soggettivo alla  tempestiva  definizione  della
propria situazione giuridica di fronte  alla  potesta'  sanzionatoria
della pubblica amministrazione, nonche'  di  prevenzione  generale  e
speciale. 
    Inoltre, la fissazione di  un  termine  per  la  conclusione  del
procedimento    non    particolarmente    distante    dal     momento
dell'accertamento e della  contestazione  dell'illecito,  consentendo
all'incolpato   di    opporsi    efficacemente    al    provvedimento
sanzionatorio, garantisce  un  esercizio  effettivo  del  diritto  di
difesa tutelato dall'art. 24 Cost. ed e' coerente con il principio di
buon andamento ed imparzialita' della PA di cui all'art. 97 Cost. 
    6.- Alla peculiare finalita' del termine per  la  formazione  del
provvedimento nel modello  procedimentale  sanzionatorio  corrisponde
una particolare connotazione funzionale del  termine  stesso.  Mentre
nel procedimento amministrativo il superamento del limite cronologico
prefissato dall'art. 2 della legge n. 241 del 1990 per l'esercizio da
parte della pubblica amministrazione delle proprie  attribuzioni  non
incide ex se, in difetto di espressa previsione, sul potere (sentenze
n. 176 del 2004, n. 262 del 1997), in quanto il fine della cura degli
interessi pubblici perdura nonostante  il  decorso  del  termine,  la
predefinizione legislativa di un limite temporale  per  la  emissione
della  ordinanza-ingiunzione  il  cui  inutile  decorso  produca   la
consumazione del potere stesso risulta  coessenziale  ad  un  sistema
sanzionatorio  coerente  con   i   parametri   costituzionali   sopra
richiamati. 
    6.1.- A fronte della specifica esigenza di contenere nel tempo lo
stato di incertezza inevitabilmente connesso alla esplicazione di una
speciale prerogativa pubblicistica, quale  e'  quella  sanzionatoria,
capace  di  incidere  unilateralmente  e   significativamente   sulla
situazione giuridica soggettiva dell'incolpato, non risulta  adeguata
la sola previsione del  termine  di  prescrizione  del  diritto  alla
riscossione delle somme  dovute  per  le  violazioni  amministrative,
previsto dall'art. 28 della legge n. 689 del 1981. Esso,  al  di  la'
della varieta' delle ipotesi ricostruttive  cui  la  natura  "ibrida"
della  nozione  legislativa  ha  dato  adito  -  che  ne  individuano
l'oggetto ora nel diritto di credito dell'autorita'  competente,  ora
nell'illecito, ora nello stesso potere sanzionatorio - identifica  il
margine temporale massimo dell'inerzia dell'amministrazione, superato
il quale l'ordinamento presume il venir meno dell'interesse  pubblico
a dare attuazione alla pretesa punitiva. 
    L'ampiezza  di  detto   termine,   di   durata   quinquennale   e
suscettibile di interruzione, lo rende inidoneo a garantire,  di  per
se' solo, la certezza  giuridica  della  posizione  dell'incolpato  e
l'effettivita' del suo diritto di difesa, che richiedono  contiguita'
temporale tra l'accertamento  dell'illecito  e  l'applicazione  della
sanzione. 
    7.- Cio'  posto,  deve,  tuttavia,  rilevarsi  che  la  omissione
legislativa denunciata dal  rimettente  non  puo'  essere  sanata  da
questa  Corte,  essendo  rimessa  alla  valutazione  del  legislatore
l'individuazione  di  termini  che   siano   idonei   ad   assicurare
un'adeguata protezione agli evocati principi costituzionali,  se  del
caso prevedendo meccanismi che consentano di modularne l'ampiezza  in
relazione agli specifici interessi di volta in volta incisi. 
    7.1.- Nel dichiarare l'inammissibilita' delle questioni in  esame
- in ragione del doveroso rispetto della prioritaria valutazione  del
legislatore in ordine alla individuazione dei mezzi  piu'  idonei  al
conseguimento di un fine costituzionalmente necessario  (sentenza  n.
23 del  2013)  -  questa  Corte  non  puo',  tuttavia,  esimersi  dal
sottolineare che il protrarsi della segnalata lacuna normativa  rende
ineludibile, per le ragioni dianzi poste in evidenza,  un  tempestivo
intervento legislativo. Tale  lacuna,  infatti,  colloca  l'autorita'
titolare della potesta' punitiva in una posizione ingiustificatamente
privilegiata che, nell'attuale contesto ordinamentale,  si  configura
come  un  anacronistico  retaggio  della  supremazia  speciale  della
pubblica amministrazione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 18 della legge  24  novembre  1981,  n.  689
(Modifiche al sistema penale), sollevate, in riferimento  agli  artt.
3, 97 e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario
di  Venezia,  in  composizione  monocratica,  con  le  ordinanze   in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 maggio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA