N. 138 ORDINANZA 10 maggio - 3 giugno 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Assistenza e  solidarieta'  sociale  -  Prestazioni  previdenziali  o
  assistenziali - Beneficiari - Soggetti  successivamente  condannati
  per reati di particolare  allarme  sociale,  sottoposti  al  regime
  alternativo  alla  detenzione  in  carcere  -  Effetti   -   Revoca
  dell'indennita'  di  disoccupazione,  dell'assegno  sociale,  della
  pensione sociale  e  della  pensione  per  gli  invalidi  civili  -
  Denunciata violazione del principio di irretroattivita' della legge
  penale e delle sanzioni sostanzialmente penali ai sensi del diritto
  convenzionale - Manifesta inammissibilita' delle questioni. 
- Legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 2, commi 60 e 61. 
- Costituzione, artt. 25 e  117,  primo  comma;  Convenzione  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  art. 7. 
(GU n.23 del 8-6-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 60
e 61, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in  materia  di
riforma del mercato del  lavoro  in  una  prospettiva  di  crescita),
promosso dalla  Corte  d'appello  di  Venezia,  sezione  lavoro,  nel
procedimento tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)
e G. A., con ordinanza del 6  marzo  2021,  iscritta  al  n.  91  del
registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione dell'INPS; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  10  maggio  2022  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    uditi gli avvocati Patrizia Ciacci e Manuela Massa per l'INPS; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 maggio 2022. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 6 marzo 2021, la Corte  d'appello
di Venezia, sezione lavoro, ha sollevato  questioni  di  legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt.  25  e  117,  primo  comma,
della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  7  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la  legge  4  agosto  1955,  n.  848,
dell'art. 2, commi 60 e  61,  della  legge  28  giugno  2012,  n.  92
(Disposizioni in materia di riforma del mercato  del  lavoro  in  una
prospettiva di crescita), nella parte in cui prevede la revoca  delle
prestazioni previdenziali o  assistenziali  «comunque  denominate  in
base  alla  legislazione  vigente,   di   cui   il   condannato   sia
eventualmente  titolare:  indennita'   di   disoccupazione,   assegno
sociale, pensione sociale e pensione per  gli  invalidi  civili»  nei
confronti dei «soggetti  gia'  condannati  con  sentenza  passata  in
giudicato per i reati di cui al comma  58  [...  ]  con  effetto  non
retroattivo»; 
    che la Corte rimettente riferisce di essere stata adita, con atto
d'appello, dall'Istituto nazionale della  previdenza  sociale  (INPS)
per la riforma della sentenza del Tribunale ordinario di  Rovigo,  in
funzione di giudice del lavoro, n. 152 del 2019, che aveva dichiarato
illegittima  la  revoca  dell'assegno  di  inabilita'  in  precedenza
attribuito dall'Istituto in favore di G. A.; 
    che, in particolare,  il  rimettente  da'  atto  che  l'appellato
risulta essere stato condannato per i delitti di cui agli artt.  110,
575, 577, 61 del codice penale, 12 e 14 della legge 14  ottobre  1994
[recte: 1974], n. 497 (Nuove norme contro la  criminalita'),  nonche'
per il reato di associazione di tipo mafioso e di ricettazione, fatti
commessi in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge  n.  92
del 2012; 
    che il giudice a quo espone, in punto di fatto, che: il Tribunale
di sorveglianza di Roma, con  ordinanza  del  10  dicembre  2013,  ha
ammesso G. A. alla detenzione domiciliare per l'espiazione delle pene
oggetto del provvedimento di cumulo, essendogli stato riconosciuto lo
status di collaboratore di  giustizia;  il  programma  di  protezione
risulta cessato e con esso sono venute meno anche le eventuali misure
di sostegno sul piano economico che lo corredano; la pena e' in  fase
di esecuzione e, a  seguito  di  comunicazione  del  Ministero  della
giustizia, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 92 del 2012,  in  data
19 febbraio 2017, la prestazione di invalidita' civile, di  cui  egli
era in godimento dal maggio 2015, e' stata  revocata  dall'INPS,  con
decorrenza dal l° marzo 2017; 
    che  il  rimettente  da'  atto  che   -   respinto   il   ricorso
amministrativo avverso  detto  provvedimento  (con  delibera  del  20
dicembre 2017 del Comitato provinciale di  Torino),  in  ragione  del
rilievo che il ripristino della prestazione revocata per i condannati
per gravi reati ex art. 2, comma 59, della legge n. 92  del  2012  e'
previsto solo a completa  espiazione  della  pena  -  l'appellato  ha
proposto ricorso al giudice del lavoro del Tribunale  di  Rovigo,  il
quale ha accolto la domanda ritenendo  che  la  prestazione  prevista
dall'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in  legge
del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore  dei
mutilati ed invalidi civili)  non  fosse  fra  quelle  oggetto  della
prevista revoca; 
    che  avverso  tale  decisione   ha   proposto   appello   l'INPS,
«sostenendo che la  stessa  dizione  della  norma,  riferendosi  alle
"prestazioni comunque denominate in base alla legislazione  vigente",
a cui segue l'elencazione ": indennita'  di  disoccupazione,  assegno
sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili"», porta
a ritenere non condivisibile l'interpretazione del citato giudice del
lavoro, il quale  avrebbe  indebitamente  escluso  dalle  prestazioni
suscettibili di revoca l'assegno per invalidi civili di cui  all'art.
13 della legge n. 118 del 1971; 
    che, in punto di non manifesta infondatezza, la  Corte  d'appello
rimettente afferma di dover sollevare le  questioni  di  legittimita'
costituzionale sul presupposto che la norma, in ragione della formula
onnicomprensiva  e  della  espressa  applicazione   ai   «trattamenti
previdenziali a carico degli enti gestori di  forme  obbligatorie  di
previdenza e assistenza, ovvero di forme  sostitutive,  esclusive  ed
esonerative delle stesse», non consente di ritenere escluso l'assegno
per invalidi civili di cui all'art. 13 della legge n. 118 del 1971; 
    che il rimettente, in ordine alla disciplina di cui ai commi 58 e
61 dell'art. 2 della legge n. 92 del 2012, rileva  che  il  comma  58
definisce la revoca della prestazione assistenziale  o  previdenziale
come  «sanzione  accessoria»  della  pena  principale,  qualora   sia
intervenuta condanna per i reati ivi elencati,  mentre  il  comma  61
impone di estendere la revoca a coloro che siano stati condannati con
sentenza gia' passata in giudicato,  pur  limitandone  l'effetto  sul
piano temporale, facendo salve le prestazioni gia' erogate; 
    che - rileva ancora il giudice a quo - mentre  nella  fattispecie
disciplinata dal  comma  58  la  revoca  costituisce  il  trattamento
sanzionatorio accessorio disposto dal giudice  penale,  nel  caso  in
esame, rientrante nella previsione  di  cui  al  comma  61,  essa  e'
disposta dall'ente titolare del rapporto, ma sul presupposto  di  una
condanna penale pronunciata prima dell'entrata in vigore della  norma
che prevede la revoca stessa; 
    che, comunque, comune alle previsioni dei commi 58 e 61 dell'art.
2 della legge n. 92  del  2012  e'  il  presupposto  dell'intervenuta
sentenza di condanna, quale condizione necessaria per la  revoca  del
beneficio, e lo stato di esecuzione della pena irrogata; 
    che il rimettente rileva che in ogni caso la revoca, anche quando
disposta dall'Istituto previdenziale, costituisce conseguenza di  una
condanna per reati di estrema gravita' e di elevato allarme sociale; 
    che, dunque, in relazione alla fattispecie  in  esame,  sarebbero
integrati    i    cosiddetti    "criteri     Engel",     consistenti,
alternativamente,  nella  qualificazione  dell'illecito  operata  dal
diritto nazionale, nella natura della sanzione alla  luce  della  sua
funzione  punitiva-deterrente,  nella  sua  severita',  ossia   nella
gravita' del sacrificio imposto; 
    che il rimettente evidenzia che la misura in esame da'  luogo  ad
un trattamento strettamente connesso alla condanna penale e quindi si
atteggia a sanzione penale in senso sostanziale in  applicazione  dei
richiamati "criteri Engel"; 
    che, ad avviso  del  rimettente,  l'efficacia  retroattiva  della
misura, in riferimento a condanne pronunciate in epoca anteriore alla
previsione legislativa della revoca del  beneficio,  si  traduce  nel
vulnus ai precetti costituzionali  sopra  richiamati,  in  quanto  la
revoca troverebbe applicazione con riferimento a  condotte  poste  in
essere  prima  dell'entrata  in  vigore  della  disposizione  che  la
prevede; 
    che il Presidente del Consiglio dei ministri non  e'  intervenuto
nel presente giudizio di legittimita' costituzionale; 
    che, con atto depositato in data 12 luglio 2021, si e' costituito
l'INPS, chiedendo a questa  Corte  di  dichiarare  l'inammissibilita'
delle questioni per sopravvenuta  carenza  dell'oggetto,  conseguente
alla sentenza n. 137 del 2021,  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale parziale del censurato art. 2, comma 61,  della  legge
n. 92 del 2012; 
    che l'INPS ritiene, inoltre, che le questioni siano inammissibili
in quanto il rimettente non avrebbe distinto, se non nella narrazione
dei fatti, tra soggetti reclusi  in  carcere  e  soggetti  ammessi  a
regimi alternativi alla detenzione; 
    che comunque le questioni sarebbero non fondate,  atteso  che  la
revoca  in   esame   -   operando   in   via   amministrativa   senza
l'intermediazione del provvedimento giurisdizionale penale, che funge
solo da presupposto storico - non ha natura afflittiva, cosi' da  non
poter essere annoverata tra i  provvedimenti  sanzionatori  in  senso
stretto; 
    che, quindi, la fattispecie prevista dall'art. 2, comma 61, della
legge  n.  92  del  2012,  e'  qualificabile  come  un  mero  effetto
extra-penale  della  condanna  e  non  quale  pena  accessoria,   non
presentando  profili  di   incompatibilita'   con   il   divieto   di
irretroattivita' sfavorevole di cui all'art. 25 Cost.; 
    che, infatti, allorche' ricorra l'ipotesi di cui al comma 61,  la
condanna  penale  irrevocabile  e'  assunta  come  mero   presupposto
oggettivo  cui  si  ricollega  un  giudizio  di  «indegnita'  morale»
rispetto alla percezione, da parte di soggetti colpevoli di reati  di
grande allarme sociale, di alcune prestazioni di tipo  assistenziale,
di  talche'  la  revoca  disposta   dall'INPS   rappresenterebbe   la
conseguenza del venir meno di un requisito  ritenuto  essenziale  dal
legislatore per il mantenimento della prestazione e, quindi, elemento
costitutivo della prestazione stessa; 
    che, dunque, la condanna penale definitiva,  ponendosi  come  una
delle condizioni che non  consentono,  a  giudizio  del  legislatore,
l'accesso alle prestazioni sociali, non esige di essere  giustificata
sul piano della retroattivita', poiche' non e' destinata  a  regolare
in modo nuovo fatti del passato; 
    che  il  Centro   di   documentazione   su   carcere,   devianza,
marginalita' e governo delle  migrazioni,  l'Altro  diritto  ODV,  ha
presentato un'opinione scritta, ammessa con decreto presidenziale  ai
sensi dell'art. 4-ter (Amici curiae) delle Norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale, nel testo vigente  ratione
temporis. 
    Considerato che la Corte d'appello di Venezia, sezione lavoro, ha
sollevato questioni di legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
agli artt. 25 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in
relazione all'art.  7  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva  con  la  legge  4  agosto
1955, n. 848, dell'art. 2, commi 60 e 61, della legge 28 giugno 2012,
n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del  lavoro  in
una prospettiva di crescita), nella parte in cui  prevede  la  revoca
delle prestazioni previdenziali o assistenziali, comunque  denominate
in  base  alla  legislazione  vigente,  di  cui  il  condannato   sia
eventualmente  titolare,  quali   l'indennita'   di   disoccupazione,
l'assegno sociale, la pensione sociale e la pensione per gli invalidi
civili, nei confronti  dei  soggetti  gia'  condannati  con  sentenza
passata in giudicato per i reati di cui al comma 58 del medesimo art.
2; 
    che questa Corte, con la sentenza n. 137 del 2021, depositata  in
data  successiva   all'ordinanza   di   rimessione,   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 61, della legge n.
92 del 2012 «nella parte in cui prevede la revoca delle  prestazioni,
comunque  denominate  in  base  alla  legislazione   vigente,   quali
l'indennita'  di  disoccupazione,  l'assegno  sociale,  la   pensione
sociale e la pensione per  gli  invalidi  civili,  nei  confronti  di
coloro che scontino la pena in regime alternativo alla detenzione  in
carcere»; 
    che, inoltre, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n.
87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte
costituzionale) e negli  stessi  termini,  ha,  altresi',  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale consequenziale dell'art. 2, comma 58,
della legge n. 92 del 2012, nella parte in cui prevede «a regime» «la
revoca  delle  prestazioni,  comunque   denominate   in   base   alla
legislazione vigente, quali l'indennita' di disoccupazione, l'assegno
sociale, la pensione sociale e la pensione per gli  invalidi  civili,
nei confronti di coloro che scontino la pena  in  regime  alternativo
alla detenzione in carcere»; 
    che,  per  effetto  di  tale  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale parziale, la disposizione  censurata  e'  venuta  meno
solo in  parte,  ma  e'  vigente  con  un  contenuto  resecato  della
fattispecie  di  chi  espia  la  pena  in  regime  alternativo   alla
detenzione in carcere, riferendosi unicamente  alla  ipotesi  di  chi
espia la pena in carcere; 
    che, quindi, il censurato comma 61 dell'art. 2 della legge n.  92
del 2012 - per effetto della pronuncia di questa Corte - prevede  che
l'elenco  dei  soggetti  gia'  condannati  con  sentenza  passata  in
giudicato per i reati di cui al comma 58 e'  trasmesso  dal  Ministro
della  giustizia,  d'intesa  con  il  Ministro  del  lavoro  e  delle
politiche sociale, all'ente previdenziale (nella  specie,  l'Istituto
nazionale della previdenza sociale - INPS) ai fini della  revoca  del
beneficio ove la pena sia scontata in carcere e non  gia'  in  regime
alternativo; 
    che, pertanto  -  in  ragione  dell'efficacia  retroattiva  delle
sentenze dichiarative di illegittimita' costituzionale,  in  mancanza
di modulazione temporale degli effetti dell'incostituzionalita' -  la
disposizione censurata gia' al  tempo  dell'ordinanza  di  rimessione
aveva tale contenuto piu' limitato nel senso che riguardava  soltanto
chi, condannato con sentenza definitiva per determinati gravi  reati,
stesse espiando la pena in carcere; 
    che nel giudizio a quo, come risulta pacificamente dall'ordinanza
di rimessione, il condannato con  sentenza  definitiva,  destinatario
della revoca dell'assegno di  inabilita'  adottata  dall'INPS,  stava
espiando la pena in regime di detenzione domiciliare; 
    che, dunque, le questioni sono prive  di  rilevanza,  perche'  la
revoca disciplinata dalla disposizione censurata non si applica,  ne'
si applicava, alla fattispecie oggetto del giudizio a quo; 
    che  parimenti  prive  di  rilevanza   sono   le   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 60, della legge n.  92
del 2012, sollevate in riferimento ai medesimi parametri; 
    che, infatti, tale disposizione prevede  che  «[i]  provvedimenti
adottati ai sensi del comma 58 sono comunicati, entro quindici giorni
dalla data di adozione dei medesimi, all'ente titolare  dei  rapporti
previdenziali e assistenziali facenti capo al soggetto condannato, ai
fini della loro immediata esecuzione»; 
    che risulta evidente che la norma si riferisce alla disciplina  a
«regime», di cui al comma 58, per  essere  «la  sanzione  accessoria»
della revoca applicata dal giudice con la sentenza di condanna; 
    che, come piu' volte evidenziato, tale fattispecie non  viene  in
rilievo nel giudizio a quo, di talche' il rimettente  non  deve  fare
applicazione nemmeno di tale disposizione; 
    che,  in  conclusione,  le  questioni  devono  essere  dichiarate
manifestamente inammissibili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 60 e 61,  della  legge
28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato
del lavoro in una prospettiva di crescita), sollevate, in riferimento
agli artt. 25 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in
relazione all'art.  7  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la  legge  4
agosto 1955, n. 848, dalla  Corte  di  appello  di  Venezia,  sezione
lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
                   Igor DI BERNARDINI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 giugno 2022. 
 
                           Il Cancelliere 
                      F.to: Igor DI BERNARDINI