N. 193 SENTENZA 7 - 25 luglio 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Fallimento   e   procedure   concorsuali   -   Liquidazione    coatta
  amministrativa - Norme della Regione Siciliana - Enti  soppressi  e
  messi in  liquidazione  da  essa  vigilati  (in  particolare:  Ente
  Acquedotti Siciliani) -  Liquidazione  deficitarie  -  Liquidazione
  coatta amministrativa disposta con  decreto  del  Presidente  della
  Regione - Violazione della  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
  materia di giurisdizione  e  norme  processuali  e  di  ordinamento
  civile - Illegittimita' costituzionale. 
Fallimento   e   procedure   concorsuali   -   Liquidazione    coatta
  amministrativa -  Norme  della  Regione  Siciliana  -  Liquidazione
  coatta amministrativa disposta con  decreto  del  Presidente  della
  Regione - Delega delle funzioni di vigilanza -  Disposizione  priva
  di  autonoma  portata  normativa  rispetto  ad   altra   dichiarata
  costituzionalmente  illegittima  -  Illegittimita'   costituzionale
  consequenziale. 
- Legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8, art. 4, commi  1
  e 1-bis. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera l). 
(GU n.30 del 27-7-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della
legge della Regione Siciliana  9  maggio  2017,  n.  8  (Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2017.  Legge  di  stabilita'
regionale),  promossi  dal  giudice  dell'esecuzione  del   Tribunale
ordinario di Palermo con ordinanza del 21 aprile 2021 e dal Tribunale
amministrativo regionale per la Sicilia con ordinanza del 20  gennaio
2022, iscritte, rispettivamente, al n.  218  del  registro  ordinanze
2021 e al n.  7  del  registro  ordinanze  2022  e  pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, numeri 3 e
7 dell'anno 2022. 
    Visti gli atti di costituzione dell'Ente Acquedotti Siciliani  in
liquidazione  coatta  amministrativa,  in  persona  del   commissario
liquidatore e della Regione Siciliana; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2022 e nella  camera  di
consiglio del 6 luglio  2022  il  Giudice  relatore  Filippo  Patroni
Griffi; 
    uditi l'avvocato Mauro Renna per l'Ente Acquedotti  Siciliani  in
liquidazione  coatta  amministrativa,  in  persona  del   commissario
liquidatore e l'avvocato Giuseppa Mistretta per la Regione Siciliana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 21 aprile 2021,  iscritta  al  n.  218  del
registro ordinanze 2021, il  giudice  dell'esecuzione  del  Tribunale
ordinario di Palermo  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  della   Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 4  della  legge  della  Regione
Siciliana  9  maggio  2017,  n.  8  (Disposizioni  programmatiche   e
correttive per l'anno 2017. Legge  di  stabilita'  regionale),  nella
parte in cui dispone, per gli enti soppressi e posti in liquidazione,
che, «[p]er le liquidazioni deficitarie, con decreto  del  Presidente
della Regione si fa luogo alla liquidazione coatta amministrativa». 
    Il rimettente premette che la Dea Capital  SGR  spa  ha  promosso
azione  esecutiva  di  espropriazione  presso  terzi  contro   l'Ente
Acquedotti Siciliani in liquidazione (EAS), che il terzo pignorato ha
reso dichiarazione positiva e che,  a  seguito  della  sottoposizione
dell'ente a liquidazione coatta amministrativa (d'ora  in  poi:  LCA)
con decreto del Presidente della  Regione  Siciliana  del  2  gennaio
2020, emanato in attuazione della predetta disposizione regionale, la
difesa del debitore ha richiesto la declaratoria di interruzione  del
processo esecutivo, mentre  il  creditore  intervenuto  AMAP  spa  ha
lamentato  l'illegittimita'  costituzionale  della  norma  recata  da
quella disposizione. 
    Il Tribunale afferma, in punto di rilevanza della questione,  che
l'apertura  della  procedura  concorsuale  dell'ente,  fondata  sulla
disposizione censurata, determina l'improcedibilita'  della  promossa
azione esecutiva individuale secondo la regola di  cui  al  combinato
disposto degli artt. 51 e 201 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
(Disciplina    del    fallimento,    del    concordato    preventivo,
dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
amministrativa).   Tale   regola,   infatti,   e'   ritenuta    dalla
giurisprudenza costantemente applicabile anche alle LCA degli enti di
diritto pubblico e non risulta superata dall'art. 9, comma 1-ter, del
decreto-legge 15 aprile  2002,  n.  63  (Disposizioni  finanziarie  e
fiscali urgenti in  materia  di  riscossione,  razionalizzazione  del
sistema  di  formazione  del   costo   dei   prodotti   farmaceutici,
adempimenti    ed    adeguamenti    comunitari,    cartolarizzazioni,
valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle  infrastrutture),
introdotto, in sede di conversione, nella legge 15  giugno  2002,  n.
112, che, nel  prevedere  la  liquidazione  coatta  di  enti  statali
soppressi con  liquidazioni  gravemente  deficitarie,  non  contempla
specifica disciplina derogatoria. 
    L'ordinanza da' conto, inoltre, di essere a conoscenza del  fatto
che il decreto del Presidente della Regione Siciliana, che  ha  posto
l'EAS in  liquidazione  coatta  amministrativa,  e'  stato  impugnato
dinanzi al giudice amministrativo, ricevendo  in  fase  cautelare  il
rigetto della  richiesta  di  sospensione,  ma  osserva  che  il  suo
eventuale   annullamento   giurisdizionale   non   avrebbe    effetti
retroattivi  secondo  quanto  previsto  dall'art.  18   della   legge
fallimentare, estensibile alla LCA per come affermato dalla Corte  di
cassazione, sezione terza civile, con ordinanza 3  ottobre  2005,  n.
19293, e,  dunque,  esclude  che  l'esito  del  giudizio  dinanzi  al
Tribunale  amministrativo   regionale   possa   ripercuotersi   sulle
intervenute dichiarazioni di improcedibilita' delle azioni  esecutive
individuali. 
    In punto di non manifesta infondatezza, l'ordinanza di rimessione
espone che la legge regionale censurata, prevedendo  la  possibilita'
di apertura della liquidazione coatta amministrativa con decreto  del
Presidente della Regione, contrasterebbe con  la  competenza  statale
esclusiva  nelle  materie  «giurisdizione  e  norme  processuali»   e
«ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.),  in
ragione dei peculiari effetti sostanziali e  processuali,  derogatori
al regime  ordinario,  derivanti  per  i  creditori  dalla  procedura
concorsuale. 
    La violazione dei  richiamati  parametri  costituzionali  sarebbe
gia' stata riconosciuta da questa Corte  nella  sentenza  n.  25  del
2007, in relazione ad una norma di legge della Regione Puglia analoga
a quella censurata ed avente ad oggetto le soppresse unita' sanitarie
locali; nella sentenza sarebbe  stato  chiarito  che  il  riferimento
dell'art. 2 del r.d. n. 267 del 1942 alla «legge» che  «determina  le
imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per  le
quali la liquidazione coatta amministrativa puo'  essere  disposta  e
l'autorita' competente a disporla»  non  puo'  che  essere  a  quella
statale, proprio per i rilevanti effetti sulla tutela giurisdizionale
e sostanziale delle situazioni creditorie,  conseguenti  all'apertura
della procedura. 
    Afferma ancora il giudice a quo che l'art.  4  della  legge  reg.
Siciliana n. 8 del 2017  non  puo'  trovare  giustificazione  neanche
nella sua autonomia speciale, in quanto  la  portata  della  relativa
disciplina esorbita dai  confini  della  materia  «ordinamento  degli
uffici e degli enti regionali», che l'art. 14, lettera p), del  regio
decreto legislativo 15 maggio  1946,  n.  455,  convertito  in  legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n.  2  (Approvazione  dello  statuto
della Regione siciliana) riserva alla sua legislazione esclusiva. 
    1.2.- Con atto depositato il 27 gennaio 2022, e'  intervenuta  in
giudizio la Regione  Siciliana,  eccependo  l'inammissibilita'  della
questione sollevata dal rimettente e concludendo,  comunque,  per  la
sua non fondatezza. 
    In primo luogo, la  difesa  regionale  ha  lamentato  la  carenza
motivazionale   dell'ordinanza   sia   per   mancato   tentativo   di
interpretazione conforme a Costituzione della  norma  censurata,  sia
per  non  aver  considerato  la   ratio   dell'intervento   normativo
denunciato. 
    A suo dire, la disposizione regionale, da ascrivere al  legittimo
esercizio della competenza legislativa primaria di cui  all'art.  14,
lettera p), dello statuto in materia di «ordinamento [...] degli enti
regionali»,  sarebbe  intervenuta  per   colmare   un   vuoto   nella
disciplina, limitandosi a  declinare  per  gli  enti  vigilati  dalla
Regione la previsione statale della sottoposizione a LCA  degli  enti
vigilati dallo  Stato,  ove  insolventi,  dettata  dall'art.  15  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 15 luglio 2011, n. 111. 
    In secondo  luogo,  ha  osservato  che,  diversamente  da  quanto
prospettato  dall'ordinanza,  la  questione  e'  irrilevante  perche'
sollevata «in seno  ad  una  procedura  esecutiva  di  espropriazione
presso  terzi  che  si  sviluppa  parallelamente   al   giudizio   di
accertamento dell'obbligo del terzo»: si trascenderebbe, dunque,  dal
giudizio esecutivo individuale soggetto all'improcedibilita'  di  cui
all'art. 51 della legge fallimentare  e  si  avrebbe,  piuttosto,  un
giudizio di cognizione sussumibile in quelle «diverse disposizioni di
legge» in relazione alle quali l'art.  52  della  legge  fallimentare
consente l'accertamento del  credito  al  di  fuori  della  procedura
concorsuale, in sede contenziosa ordinaria. 
    Infine, in ordine al profilo della non fondatezza, la Regione  ha
evidenziato che il giudice dell'esecuzione del Tribunale  di  Palermo
ha omesso di enucleare univocamente i principi  fondamentali  che  si
assumono violati, peraltro  relativi  ad  ambiti  materiali  diversi,
identificazione  ancor  piu'  necessaria  per  il   ricorrere   della
competenza legislativa primaria riservata dallo statuto in materia di
«ordinamento degli uffici e degli enti regionali». 
    1.3.- In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione  Siciliana
ha  depositato  memoria,  nella  quale,  insistendo  nelle   spiegate
eccezioni,   ha   ulteriormente   dedotto   essere   conferma   della
legittimita'  del  proprio  intervento  normativo   la   sopraggiunta
previsione dell'art. 12, comma 6-bis,  del  decreto-legge  31  maggio
2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e
prime misure di rafforzamento delle  strutture  amministrative  e  di
accelerazione e snellimento delle procedure), introdotto, in sede  di
conversione, nella legge 29 luglio 2021, n. 108. 
    La novella statale - che introduce il comma  5-bis  nell'art.  15
del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, -  avrebbe  corroborato  la
legittimita'  della  norma  regionale   impugnata,   prevedendo   ora
espressamente per gli enti sottoposti alla vigilanza  delle  Regioni,
al pari di quanto previsto per quelli sottoposti alla vigilanza dello
Stato, che puo' essere disposta la liquidazione coatta amministrativa
con  deliberazione  delle  rispettive  Giunte  quando  la  situazione
economica,  finanziaria  e  patrimoniale  raggiunga  un  livello   di
criticita'  tale  da  non  potersi  assicurare  la  sostenibilita'  e
l'assolvimento delle funzioni indispensabili, oppure  quando  non  si
possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili  nei  confronti  dei
terzi. 
    2.- Con ordinanza del 20 gennaio  2022,  iscritta  al  n.  7  del
registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale per la
Sicilia, nel giudizio di impugnazione proposto dall'AMAP spa  avverso
il decreto del Presidente della Regione Siciliana 2 gennaio 2020  che
ha posto in  liquidazione  coatta  amministrativa  l'Ente  Acquedotti
Siciliani in liquidazione, reso in attuazione dell'art. 4 della legge
reg. Siciliana n. 8 del 2017, ha parimenti sollevato la questione  di
legittimita' costituzionale di tale articolo  ove  dispone,  per  gli
enti soppressi  ed  in  liquidazione,  che,  «[p]er  le  liquidazioni
deficitarie, con decreto del Presidente della  Regione  si  fa  luogo
alla liquidazione coatta  amministrativa»  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Premette  il  TAR  che  la  ricorrente  ha  esposto   di   essere
creditrice,  secondo  quanto  accertato  in  sentenze   del   giudice
ordinario, dell'EAS in  liquidazione  e  di  non  avere  ottenuto  il
pagamento del dovuto, ne' da tale ente ne' dalla  Regione  Siciliana,
obbligata solidale ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge  della
Regione Siciliana 5 novembre 2004, n. 15 (Misure finanziarie urgenti.
Assestamento del bilancio della Regione e del  bilancio  dell'Azienda
delle  foreste  demaniali  della   Regione   siciliana   per   l'anno
finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini  per  la  richiesta  di
referendum), nonche' terzo  pignorato  sulla  base  di  ordinanze  di
assegnazione del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Palermo. 
    La Regione, in particolare,  a  dire  della  ricorrente,  avrebbe
eluso  l'adempimento  delle   proprie   obbligazioni   sia   mediante
l'approvazione della menzionata legge reg. Siciliana n. 8  del  2017,
che consente per le liquidazioni deficitarie l'apertura, ad opera del
Presidente della Regione, della liquidazione  coatta  amministrativa,
sia con la  legge  della  Regione  Siciliana  8  maggio  2018,  n.  8
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2018.  Legge  di
stabilita' regionale), il cui art. 33, comma 1, prevede la cessazione
della garanzia solidale suddetta, tanto che, a seguito di notifica di
atto di precetto, le era stata comunicato che, con  l'apertura  della
procedura concorsuale,  la  Regione  era  liberata  dalle  passivita'
dell'EAS e che erano inibite le procedure esecutive individuali. 
    Il  giudice  a  quo  da',  inoltre,  conto,  in  relazione   allo
svolgimento del processo, di avere, con ordinanza n.  532  del  2020,
accolto  la  domanda  cautelare  -  decisione  questa  riformata  dal
Consiglio di giustizia amministrativa per la  Regione  Siciliana  con
ordinanza, sezione giurisdizionale, 22 giugno 2020, n.  534  -  e  di
avere preso atto che il Tribunale di  Palermo  ha  sollevato  analoga
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge reg.
Siciliana n. 8 del 2017. 
    Soffermandosi  sulle  questioni   preliminari,   l'ordinanza   di
rimessione afferma la  sussistenza  dell'interesse  della  ricorrente
alla impugnazione, stante l'incidenza sulla sua posizione  creditoria
del  provvedimento  di  sottoposizione  dell'ente  alla  liquidazione
coatta;  da  questa,  infatti,  derivano:  a)  la  sospensione  della
decorrenza degli interessi (art. 55  della  legge  fallimentare);  b)
effetti sulla tutela giurisdizionale del credito (artt. 43 e 51 della
legge fallimentare); c)  l'impossibilita'  di  dare  attuazione  alle
ottenute ordinanze di assegnazione  e  d)  la  concorrenza  di  altri
creditori chirografari sui crediti oggetto  di  assegnazione  in  suo
esclusivo favore. 
    Venendo   alla   rilevanza   della   questione,   il    Tribunale
amministrativo,  dopo  avere   escluso   la   possibilita'   di   una
interpretazione costituzionalmente orientata, osserva che il  ricorso
per l'annullamento del decreto del Presidente della Regione  lamenta,
quale unico motivo, la sua invalidita' derivata dalla  illegittimita'
costituzionale dell'art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del  2017,
cui il provvedimento da' attuazione, per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. 
    Aggiunge, inoltre, che, la pretesa sostanziale  della  ricorrente
e' specificamente condizionata dalla efficacia del decreto impugnato,
da  cui  deriva,  ai  sensi  degli  artt.  51  e  201   della   legge
fallimentare, l'improseguibilita' delle azioni esecutive individuali,
regola, questa, costantemente affermata  dalla  giurisprudenza  anche
per le ipotesi di LCA di enti di  diritto  pubblico  e  non  derogata
dall'art. 9, comma 1-ter, del d.l. n. 63 del 2002, come convertito. 
    In relazione alla non manifesta infondatezza, il giudice  a  quo,
con  motivazione  analoga  a  quella   dell'ordinanza   del   giudice
dell'esecuzione  del  Tribunale   di   Palermo,   denuncia   che   la
disposizione regionale in esame, nel prevedere la possibilita' di far
luogo alla liquidazione coatta  amministrativa  tramite  decreto  del
Presidente della Regione,  si  pone  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla potesta' esclusiva
dello  Stato  le  materie  «giurisdizione  e  norme  processuali»   e
«ordinamento civile». 
    Il rimettente rammenta che il contrasto  con  tale  parametro  di
analoga norma regionale e' stato riconosciuto da questa  Corte  nella
sentenza n. 25 del 2007,  in  considerazione  dei  rilevanti  effetti
sostanziali e processuali che derivano per i creditori dalla apertura
della procedura concorsuale. 
    Anche  il  TAR  esclude  che  la  norma  censurata,  per  la  sua
significativa incidenza sulle situazioni  creditorie,  possa  trovare
giustificazione nella previsione della potesta' legislativa  primaria
di cui all'art. 14, lettera p), dello statuto speciale. 
    2.1.- Con atto depositato il 24  febbraio  2022,  e'  intervenuta
anche  in   questo   giudizio   la   Regione   Siciliana,   eccependo
l'inammissibilita' e deducendo  la  non  fondatezza  della  questione
sollevata dal rimettente. 
    In primo luogo, la difesa regionale ha lamentato, per  come  gia'
esposto nel giudizio iscritto al registro ordinanze n. 218 del  2021,
la carenza nell'atto di  rimessione  sia  del  tentativo  di  esegesi
conforme a Costituzione della norma censurata, sia della  valutazione
che essa costituisce, nell'esercizio della sua competenza legislativa
primaria  di  cui  all'art.  14,  lettera  p),  dello  statuto,  mera
trasposizione agli enti vigilati dalla  Regione  di  quanto  disposto
dall'art. 15 del d.l.  n.  98  del  2011,  come  convertito,  per  la
sottoposizione a LCA degli enti pubblici vigilati dallo Stato. 
    In secondo luogo, ha eccepito la  carenza  di  motivazione  sulla
rilevanza, per essere stata la questione sollevata «in relazione agli
effetti»  derivanti  dall'applicazione  dell'art.  51   della   legge
fallimentare, senza che il TAR si sia fatto carico di  verificare  se
ricorresse una delle speciali ipotesi in cui l'art.  52  della  legge
fallimentare, nell'imporre l'accertamento dei crediti nel seno  della
procedura concorsuale, consente in via derogatoria l'accertamento  in
sede  di  contenzioso  ordinario  («salve  diverse  disposizioni   di
legge»). 
    Infine, in ordine alla manifesta infondatezza, ha evidenziato che
il  rimettente  ha  omesso  di  enucleare  univocamente  i   principi
fondamentali che si assumono violati, enucleazione indispensabile  in
virtu' della  sua  competenza  legislativa  primaria  in  materia  di
«ordinamento degli uffici e degli enti regionali». 
    2.2.- Si e' costituito in giudizio l'Ente Acquedotti Siciliani in
liquidazione  coatta  amministrativa,  eccependo   l'inammissibilita'
della questione e, comunque, affermandone la non fondatezza. 
    In via preliminare, anche  l'ente  ha  sostenuto  il  difetto  di
rilevanza della questione, contestando, a sua volta che  la  ritenuta
sussistenza dell'interesse a ricorrere  dell'AMAP  spa  possa  essere
giustificata   dalla   improseguibilita'   delle   azioni   esecutive
individuali in esito alla sottoposizione, con il  decreto  impugnato,
alla LCA: il creditore, infatti, gia' tre anni prima di quel  decreto
aveva  ottenuto  diverse  ordinanze  di  assegnazione,  che   avevano
definito i relativi processi di espropriazione presso  terzi,  mentre
non vi e' deduzione di ulteriori azioni esecutive in corso. 
    L'EAS in LCA ha, in secondo luogo, sollecitato questa Corte  alla
restituzione degli atti al giudice a quo  a  fronte  dell'entrata  in
vigore «nel corso del giudizio» dell'art. 12, comma 6-bis,  del  d.l.
n. 77 del 2021, introdotto, in sede di conversione,  nella  legge  n.
108 del 2021. La novella, introducendo il comma  5-bis  nell'art.  15
del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, consente ora  alle  Regioni
di  sottoporre  gli  enti  sottoposti   alla   sua   vigilanza   alla
liquidazione coatta amministrativa con deliberazione della Giunta, al
pari di quanto previsto dal comma  1  per  gli  enti  vigilati  dallo
Stato. 
    Tale  disposizione,  infatti,   secondo   l'ente   sanerebbe   il
denunciato vizio di incompetenza legislativa e avrebbe dovuto  essere
oggetto, quanto meno, di valutazione dal TAR rimettente. 
    Nel merito, l'EAS in LCA ha sostenuto che la norma censurata  non
soffre della illegittimita' costituzionale prospettata, in quanto  si
fonda sulla potesta' legislativa primaria della Regione Siciliana  in
materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali» prevista
dall'art. 14, lettera p), dello statuto, limitandosi a  stabilire  le
condizioni in cui per gli enti regionali operi la liquidazione coatta
disciplinata dalla legge fallimentare, cosi' regolando i rapporti tra
Regione ed enti vigilati, senza  incidere  su  istituti  civilisti  e
processuali. 
    La norma, inoltre, non avrebbe  fatto  altro  che  anticipare  la
corrispondente previsione della novella  statale  del  2021,  che  ne
determinerebbe,    comunque,    la    «legittimita'    costituzionale
sopravvenuta». 
    L'ente pubblico ha escluso, infine, l'applicabilita' alla  specie
delle affermazioni della sentenza di questa Corte  n.  25  del  2007,
come della successiva n. 22 del 2021, in quanto concernenti Regioni a
statuto ordinario non aventi analoga potesta' legislativa primaria. 
    2.3.- Anche in questo giudizio la Regione Siciliana,  in  data  8
giugno 2022, ha depositato memoria difensiva, sostenendo  ancora  che
la legittimita' costituzionale della  norma  regionale  censurata  e'
dimostrata dall'intervento dell'art. 12, comma 6-bis, del d.l. n.  77
del 2021 introdotto, in sede di conversione, nella legge n.  108  del
2021. 
    3.-  In  vista  dell'udienza  pubblica  anche  l'EAS  in  LCA  ha
depositato memoria, ove ha aggiunto  che  l'esigenza  di  colmare  il
vuoto legislativo per regolare i rapporti patrimoniali degli enti  in
dissesto  era  stata  avvertita  anche  da  altre  Regioni  come   il
Friuli-Venezia Giulia, la cui legge regionale 18 gennaio 1999,  n.  3
(Disciplina dei consorzi di sviluppo industriale), all'art. 14, comma
5-nonies, e' stata di recente oggetto di  questione  di  legittimita'
costituzionale dichiarata inammissibile da questa Corte con ordinanza
n. 53 del 2022. 
    Ribadendo anch'essa  che  la  disciplina  della  norma  regionale
censurata ha  trovato  piena  conferma  nella  norma  sostanzialmente
coincidente contenuta nell'art. 12, comma 6-bis, del d.l. n.  77  del
2021, introdotto, in sede di conversione,  dalla  legge  n.  108  del
2021, ha osservato che in ragione di tale sopravvenienza la eventuale
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della  prima  sarebbe,
comunque, inutiliter data. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 21 aprile 2021,  iscritta  al  n.  218  del
registro ordinanze 2021, il  giudice  dell'esecuzione  del  Tribunale
ordinario di Palermo - in un procedimento  di  espropriazione  presso
terzi per debito dell'Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione (EAS)
- ha sollevato, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4 della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017,  n.  8
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2017.  Legge  di
stabilita' regionale), nella parte  in  cui  dispone,  per  gli  enti
soppressi e  posti  in  liquidazione,  che,  «[p]er  le  liquidazioni
deficitarie, con decreto del Presidente della  Regione  si  fa  luogo
alla liquidazione coatta amministrativa». 
    Con ordinanza del 20 gennaio 2022, iscritta al n. 7 del  registro
ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia,
nel giudizio di annullamento del decreto del Presidente della Regione
Siciliana che ha posto detto ente  pubblico  in  liquidazione  coatta
amministrativa, ha  parimenti  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale della medesima porzione normativa  dell'art.  4  della
legge reg. Siciliana n.  8  del  2017,  lamentandone,  anch'esso,  il
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Secondo  entrambi  i  rimettenti,   la   disposizione   censurata
invaderebbe  le  materie  «giurisdizione  e  norme   processuali»   e
«ordinamento civile», riservate alla potesta'  legislativa  esclusiva
allo  Stato,  in  ragione  dei  peculiari   effetti   sostanziali   e
processuali derivanti per i creditori dalla procedura concorsuale  in
deroga al regime ordinario. 
    2.- In via preliminare, in ragione  della  sostanziale  identita'
della questione sollevata, deve disporsi  la  riunione  dei  predetti
giudizi, che  vanno  definiti  con  un'unica  pronuncia  (ex  multis,
sentenze n. 105 del 2022, n. 235, n. 134 e n. 22 del 2021). 
    3.- Devono innanzitutto essere esaminati  i  profili  preliminari
che interessano i due giudizi. 
    3.1.-  La   Regione   Siciliana   ha   sostenuto   per   entrambi
l'inammissibilita' della questione sollevata, con quattro convergenti
eccezioni. 
    3.1.1.- Ha eccepito, in primo luogo, che  entrambi  i  rimettenti
hanno  omesso   di   esperire   il   tentativo   di   interpretazione
costituzionalmente orientata. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Secondo la costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  ai  fini
dell'ammissibilita' della questione di  legittimita'  costituzionale,
e' necessario e sufficiente che il giudice a quo abbia  esplorato  la
praticabilita'  di  una   interpretazione   adeguatrice   e   l'abbia
consapevolmente esclusa (tra le tante, sentenze n. 18 del 2022, n. 59
e n. 32 del 2021, e n. 32 del 2020); tale onere, inoltre, viene meno,
lasciando il  passo  all'incidente  di  legittimita'  costituzionale,
allorche' il tenore letterale  della  disposizione  non  consenta  di
trarre una norma conforme a Costituzione (da ultimo, sentenze n.  96,
n. 34, n. 19 e n. 18 del 2022). 
    Con riferimento al giudizio iscritto al registro ordinanze n. 218
del 2021, il Tribunale di Palermo ha  esaustivamente  argomentato  la
ritenuta  non  manifesta   infondatezza   sulla   base   dell'univoco
significato letterale della disposizione censurata,  il  quale,  come
detto, costituisce il naturale limite dello stesso dovere del giudice
di interpretare la legge in senso conforme alla Costituzione. 
    Con  riferimento,  invece,  al  giudizio  iscritto  al   registro
ordinanze n. 7 del 2022, a confutazione  dell'eccezione,  e'  agevole
rilevare che  il  TAR  Sicilia  ha  espressamente  affermato  di  non
ravvisare i  presupposti  per  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata. 
    3.1.2.- La Regione  Siciliana,  in  secondo  luogo,  ha  eccepito
l'inammissibilita'  perche'  l'ordinanza  non  sarebbe  adeguatamente
motivata. 
    I due rimettenti non avrebbero considerato  che  la  disposizione
impugnata, da un lato, e' una mera  estensione  agli  enti  regionali
siciliani della disciplina dettata dallo Stato, con l'art. 15,  comma
1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti  per
la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella
legge 15 luglio 2011, n. 111, per la risoluzione del  dissesto  degli
enti   statali;   dall'altro,   che   essa   trova    giustificazione
nell'esercizio della competenza  regionale  primaria  in  materia  di
«ordinamento degli uffici e degli enti regionali», ai sensi dell'art.
14, lettera p), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455,
convertito  in  legge  costituzionale  26   febbraio   1948,   n.   2
(Approvazione dello statuto della Regione siciliana). 
    In tal modo,  tuttavia,  la  difesa  regionale  non  denuncia  la
genericita' o contraddittorieta' dell'ordinanza  di  rimessione,  che
condizionerebbe  l'ammissibilita'  della  questione  di  legittimita'
costituzionale,  bensi'  propone  un'argomentazione  che  attiene  al
merito della stessa, in quanto volta a dimostrarne la non  fondatezza
(ex multis, sentenze n. 139 del 2020, n. 142 e n. 40 del 2018). 
    3.1.3.- Lamenta, ancora, l'interveniente il difetto di rilevanza,
potendo ambedue i giudizi a quibus  proseguire  a  prescindere  dalla
soluzione del quesito  di  legittimita'  costituzionale  della  norma
regionale   che   fonda   l'apertura   della   liquidazione    coatta
amministrativa (d'ora in poi: LCA): a suo avviso, i processi non sono
interessati  dal  divieto  di  avvio  o  prosecuzione  delle   azioni
esecutive  individuali  che  consegue  all'apertura  della  procedura
concorsuale, secondo quanto previsto  dal  combinato  disposto  degli
artt. 51 e 201 del regio decreto 16 marzo 1942,  n.  267  (Disciplina
del  fallimento,  del  concordato  preventivo,   dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa).  Infatti,  i
rimettenti avrebbero potuto definire i rispettivi  giudizi  invocando
le  «diverse  disposizioni  di  legge»  che  la   diversa   combinata
disposizione degli artt. 52 e 201 della  legge  fallimentare  esclude
dall'ambito applicativo della regola del necessario accertamento  dei
crediti nel procedimento endoconcorsuale della formazione dello stato
passivo. 
    Anche questa eccezione non e' fondata. 
    Con riguardo al giudizio introdotto dal Tribunale di Palermo,  in
particolare,   la   Regione   Siciliana   fonda    l'assunto    sulla
considerazione  che  esso  sarebbe  un  giudizio  di  cognizione   di
accertamento dell'obbligo del terzo. 
    Tale assunto e' tuttavia erroneo. 
    Dalla lettura dell'ordinanza di  rimessione  risulta  chiaramente
che  il  procedimento  incardinato  dinanzi  al  rimettente  e'   una
esecuzione presso  terzi  in  cui  il  terzo  ha  reso  dichiarazione
positiva (di essere, cioe', debitore del debitore),  a  fronte  della
quale  il  giudice  dell'esecuzione  avrebbe   dovuto,   in   difetto
dell'apertura della  LCA,  definire  il  giudizio  con  ordinanza  di
assegnazione del  credito  ai  sensi  dell'art.  553  del  codice  di
procedura civile. Non  ricorrevano  pertanto  i  presupposti  per  un
giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, nelle forme previste
dal codice di rito; sicche', trattandosi  di  un  processo  esecutivo
individuale, il rimettente  correttamente  ha  ritenuto  non  potesse
proseguire, sul presupposto della efficacia della norma  censurata  e
ai  sensi  dei  piu'  volte  citati  artt.  51  e  201  della   legge
fallimentare (applicabili alla fattispecie ratione temporis,  pure  a
seguito dell'entrata in vigore del  decreto  legislativo  12  gennaio
2019, n. 14, recante «Codice della crisi d'impresa e  dell'insolvenza
in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155»). 
    Anche  con  riguardo  al  giudizio  introdotto  dal  TAR  Sicilia
l'eccezione, in verita' non chiara nella sua esatta portata,  e'  non
fondata. 
    Nell'ordinanza, in primis, e' chiaramente spiegato che  la  parte
ricorrente, creditrice dell'EAS in LCA, ha agito  per  l'annullamento
del decreto di  apertura  della  procedura  concorsuale  prospettando
quale unico motivo di  illegittimita'  la  sua  invalidita'  derivata
dall'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della  legge  reg.
Siciliana n. 8 del 2017, che costituisce il fondamento della relativa
potesta',  sicche'  la  soluzione  della   corrispondente   questione
condiziona la definizione del giudizio. 
    La motivazione sulla rilevanza risulta per cio' solo  sufficiente
e plausibile, senza che  rilevino  le  ulteriori  considerazioni  del
rimettente sull'utilita' concreta che le parti  in  causa  potrebbero
trarre dall'esito del giudizio (da ultimo, sentenze n. 88  del  2022,
n. 172 e n. 59 del 2021) e che la Regione contesta  con  la  spiegata
eccezione. 
    3.1.4.-  Sostiene,  infine,   l'interveniente   la   carenza   di
motivazione di ambedue le ordinanze di rimessione con  riguardo  alla
non manifesta infondatezza, per omissione  della  individuazione  dei
principi fondamentali delle materie di legislazione  statale  che  si
assumono valicate. 
    L'eccezione, peraltro genericamente formulata, non e' fondata. 
    I giudici a quibus hanno  individuato  chiaramente  il  parametro
costituzionale che la  norma  regionale  lederebbe  e  specificato  i
motivi per cui ritengono sussistere la sua violazione  (ex  plurimis,
sentenza n. 91 del 2022 e ordinanza n. 159 del 2021). In particolare,
essi  hanno  affermato  l'invasione  da  parte   della   disposizione
censurata della potesta' legislativa esclusiva statale nelle  materie
«giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento civile», ed  hanno
escluso che essa trovi giustificazione nella  competenza  legislativa
primaria della Regione a statuto  speciale  in  materia  «ordinamento
degli uffici e degli enti regionali»; non vi e' spazio, pertanto, per
«principi fondamentali» che  la  Regione  avrebbe  dovuto  rispettare
nell'esercizio di proprie potesta' legislative  e,  correlativamente,
non vi e'  onere  per  i  rimettenti  di  individuarli  nel  presente
giudizio. 
    3.2.- Nel giudizio iscritto al registro ordinanze n. 7  del  2022
l'Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione coatta amministrativa  ha
eccepito l'inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza,
sostenendo la carenza di interesse ad agire  della  parte  creditrice
ricorrente nel giudizio amministrativo. L'AMAP spa sarebbe  da  tempo
assegnataria  di  crediti  in  esito  alla  definizione  di  processi
esecutivi presso terzi e, quindi, non risulterebbe interessata  dalla
regola della improseguibilita' di quelli in corso. 
    L'eccezione non ha fondamento. 
    Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la valutazione
dell'interesse a ricorrere e degli altri presupposti  concernenti  la
legittima instaurazione del giudizio a quo e'  riservata  al  giudice
rimettente, mentre la verifica di questa Corte e' meramente esterna e
strumentale al riscontro di una  adeguata  motivazione  in  punto  di
rilevanza della questione  di  legittimita'  costituzionale,  con  la
conseguenza  che  il  vaglio  del  rimettente  sull'esistenza   della
condizioni   dell'azione   puo'   essere   sindacato   solo   laddove
implausibile (si vedano, tra le tante e da ultimo,  sentenze  n.  240
del 2021, n. 268, n. 224 e n. 168 del 2020). 
    Nella specie, l'ordinanza di rimessione spiega  puntualmente  che
la ricorrente ha interesse ad ottenere l'annullamento del decreto che
ha disposto la LCA dell'EAS; infatti, dalla apertura della  procedura
concorsuale deriva una serie  di  conseguenze  sulla  sua  situazione
soggettiva creditoria, ulteriori  rispetto  al  divieto  di  avvio  e
prosecuzione  delle   azioni   esecutive,   individuate:   a)   nella
sospensione della decorrenza degli interessi  (art.  55  della  legge
fallimentare);  b)  nell'impossibilita'  di  dare   attuazione   alle
ordinanze di assegnazione gia'  ottenute;  c)  nella  concorrenza  di
altri creditori chirografari sui crediti oggetto di  assegnazione  in
suo esclusivo favore. Infatti, il creditore che, pur assegnatario del
credito, non ne  abbia  ottenuto  il  pagamento  dal  terzo,  sarebbe
costretto ad insinuarsi al passivo e soddisfarsi, in concorrenza  con
gli altri creditori, in moneta fallimentare. 
    4.- L'Ente Acquedotti Siciliani in  LCA  assume  avere  rilevanza
preliminare, nel presente giudizio, l'intervento dell'art. 12,  comma
6-bis, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del  Piano
nazionale di ripresa e resilienza e  prime  misure  di  rafforzamento
delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle
procedure), introdotto, in sede di conversione, dalla legge 29 luglio
2021, n. 108, il quale, inserendo il comma  5-bis  nell'art.  15  del
d.l. n. 98 del 2011, come convertito, ha conferito, a far data dal 31
luglio 2021, alla Giunta delle  Regioni  il  potere  di  disporre  la
liquidazione coatta per gli enti in dissesto da esse vigilate. 
    4.1.- Tale intervento normativo e' richiamato dall'ente, in primo
luogo, a sostegno della richiesta di restituzione degli atti  al  TAR
rimettente. 
    La modifica normativa, entrata in vigore il 31  luglio  2021,  e'
tuttavia antecedente alla ordinanza di  rimessione,  adottata  il  20
gennaio  2022,  sicche'  non  puo'  considerarsi   ius   superveniens
(sentenze n. 177 e n. 43 del 2018, ordinanza n. 200 del 2017). 
    4.2.- In secondo luogo, lo  stesso  Ente  sostiene  che  l'omessa
considerazione,   nell'ordinanza   di   rimessione,   della    citata
disposizione statale sia di ostacolo all'esame del merito. 
    La prospettata carenza, tuttavia, non e' tale  da  condurre  alla
inammissibilita' della questione. 
    L'incompleta   ricostruzione   della   cornice   legislativa    e
giurisprudenziale di riferimento,  infatti,  rende  inammissibili  le
questioni sollevate  solo  se  compromette  irrimediabilmente  l'iter
logico  argomentativo  posto  a  fondamento  delle  valutazioni   del
rimettente, sia sulla rilevanza, sia sulla non manifesta infondatezza
(ex multis, sentenze n. 258 e n. 61 del 2021, n. 136 del 2020, n. 150
del 2019 e n. 27 del 2015; ordinanze n. 108 del 2020, n. 136 e n.  30
del 2018, n. 88 del 2017). 
    Nella specie, il Tribunale amministrativo ha limitato la  propria
argomentazione alla norma censurata, la quale, secondo  il  principio
del tempus regit actum, e'  l'unico  parametro  di  legittimita'  del
provvedimento impugnato. La norma adottata dallo  Stato,  non  avendo
efficacia retroattiva, e' dunque certamente ininfluente nel  giudizio
a quo. 
    Tanto basta per rigettare l'eccezione. 
    5.- Ancora in  via  preliminare,  va  esclusa  la  necessita'  di
restituire gli atti  al  giudice  dell'esecuzione  del  Tribunale  di
Palermo, in ragione della richiamata  normativa  statale,  in  questo
caso, invece, sopravvenuta rispetto alla ordinanza di rimessione. 
    Il citato ius superveniens risulta,  infatti,  ininfluente  nella
definizione  del  giudizio  principale,  per  un  duplice  ordine  di
ragioni. 
    Innanzitutto,  la  norma  statale,  attribuendo  per  il   futuro
all'organo regionale un potere  in  precedenza  non  attribuito,  non
conferisce validita' postuma al decreto del Presidente della Regione,
ne' puo' fondare un potere di ratifica dello stesso. 
    Inoltre, nella materia concorsuale, il legislatore  fa  decorrere
dalla data di apertura della liquidazione coatta  amministrativa  una
serie di rilevanti effetti per il debitore, per i creditori e per gli
atti compiuti, con la conseguenza che la sottoposizione del  medesimo
ente alla medesima procedura in virtu' della norma  sopraggiunta,  ma
con  decreto  emesso  successivamente,  non  sarebbe   giuridicamente
indifferente. Con particolare riferimento a quanto e'  rilevante  nel
giudizio a quo, il divieto di azioni esecutive di cui agli artt. 51 e
201 della legge fallimentare esplica effetto proprio  dalla  data  di
apertura della liquidazione coatta. 
    6.- Nel merito, la questione di  legittimita'  costituzionale  e'
fondata. 
    6.1.-  La  liquidazione  coatta  amministrativa  e'  procedimento
collettivo "speciale" di liquidazione forzata su  tutti  i  beni  del
debitore, modellata per taluni effetti  sulla  procedura  concorsuale
"generale" del fallimento. 
    In particolare,  per  quanto  qui  rileva,  la  disciplina  della
liquidazione coatta amministrativa  prevede:  a)  l'accertamento  dei
crediti,  dei  diritti   reali   e   personali   con   la   procedura
endoconcorsuale di formazione dello stato passivo (artt.  52,  201  e
207  e  seguenti,  della  legge  fallimentare);  b)  il  divieto  per
creditori di coltivare azioni esecutive individuali (artt. 51  e  201
della legge fallimentare), con conseguente improcedibilita' di quelle
gia' avviate; c) la soddisfazione  delle  obbligazioni  con  l'attivo
della procedura secondo la regola della par condicio creditorum e nel
rispetto delle cause di prelazione (artt. 111 e seguenti e 212  della
legge fallimentare). 
    Proprio in ragione del delineato regime sostanziale e processuale
delle situazioni creditorie  costituente  marcata  deroga  al  regime
ordinario previsto dal codice civile e da quello di procedura  civile
in  punto,  rispettivamente,  di   responsabilita'   patrimoniale   e
accertamento  dei  crediti,   questa   Corte   ha   gia'   dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  di  norme  di  Regioni  a   statuto
ordinario che, analogamente a quella qui censurata, hanno previsto la
liquidazione  coatta  amministrativa  per  enti  regionali,   perche'
ritenute in contrasto con l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost., venendo a incidere sulle  materie  di  competenza  legislativa
statale esclusiva  «ordinamento  civile»  e  «giurisdizione  e  norme
processuali» (sentenze n. 22 del 2021 e n. 25 del 2007). 
    La tutela differenziata del ceto  creditorio,  che  deriva  dalla
sottoposizione del debitore alla procedura concorsuale speciale,  non
puo' infatti «essere  definita  in  modo  disomogeneo  dalle  singole
legislazioni regionali, dovendo viceversa corrispondere  all'esigenza
di uniformita' sottesa alla riserva di competenza statale»  (sentenza
n. 22 del 2021). 
    Si e' affermato in tali  pronunce,  dunque,  che  il  riferimento
contenuto nell'art. 2  della  legge  fallimentare  alla  «legge»  che
determina le imprese sottoposte a procedura  di  LCA  e  le  relative
condizioni di apertura non puo' che essere inteso nel senso di  legge
statale, in quanto idonea  ad  incidere  sul  regime,  sostanziale  e
processuale, delle situazioni giuridiche soggettive  coinvolte  nella
procedura. 
    6.2.- Venendo alla fattispecie in esame, e' necessario  valutare,
per un verso, se quanto affermato nelle  citate  sentenze  di  questa
Corte valga anche a fronte della potesta' legislativa primaria  della
Regione  Siciliana  in  materia  di  «ordinamento  [...]  degli  enti
regionali» (art. 14, lettera p, dello statuto  speciale)  e,  per  un
altro, se la normativa statale di cui all'art. 12, comma  6-bis,  del
d.l. n. 77 del 2021, come convertito, sia  tale  da  escludere,  come
affermano la Regione Siciliana e l'EAS,  la  ricorrenza  del  dedotto
vizio di legittimita' costituzionale. 
    6.2.1.- Con riguardo al primo aspetto, va rammentato che, secondo
la costante giurisprudenza costituzionale, nell'individuazione  della
materia cui ascrivere la norma censurata occorre  tener  conto  della
sua  ratio,  della  finalita'  che  persegue  e  del  suo  contenuto,
tralasciando  la  considerazione  degli  aspetti  marginali  e  degli
effetti riflessi (tra le altre, sentenze n. 70 del 2022,  n.  56  del
2020, n. 164, n. 137 e n. 116 del 2019). 
    Nella materia «ordinamento [...] degli  enti  regionali»  possono
sussumersi,   allora,   solo   le   norme   concernenti   i   profili
pubblicistico-organizzativi (sentenze n. 25 del  2021  e  n.  25  del
2020) e non  quelle  che  si  spingono  a  disciplinare  i  correlati
rapporti privatistici  e  quelle  che  regolano  il  relativo  regime
processuale, rispettivamente attratte nei  diversi  ambiti  materiali
dell'«ordinamento civile» e della «giurisdizione e norme processuali»
di esclusiva competenza legislativa statale. 
    La  Regione  Siciliana,  prevedendo  con   la   norma   censurata
l'apertura della liquidazione coatta amministrativa per gli  enti  da
essa vigilati, tra l'altro gia' soppressi, non si limita  a  incidere
sulla loro organizzazione, ma disciplina anche il loro rapporto con i
creditori, imponendo l'accertamento delle pretese in sede concorsuale
e la soddisfazione secondo la regola della par condicio. 
    6.2.2.- Diversamente da quanto prospettato delle parti,  inoltre,
nessuna «costituzionalita'  sopravvenuta»  della  norma  censurata  o
conferma della sua legittimita' proviene dalla introduzione di quella
statale che, a far data dal 31 luglio 2021, ha attribuito alla Giunta
regionale la competenza a porre gli enti  regionali  in  dissesto  in
liquidazione coatta amministrativa. 
    Occorre in proposito rammentare che il comma 5-bis  dell'art.  15
del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, e' stato introdotto per dar
seguito al monito rivolto allo Stato, con la sentenza di questa Corte
n. 22 del  2021,  per  l'adozione  di  una  disciplina  che,  in  via
uniforme,  consentisse  alle  regioni  di  risolvere  la   crisi   di
solvibilita' degli enti strumentali da esse vigilati. 
    Il legislatore statale ha cosi' esteso la  previsione,  contenuta
nell'art. 15, comma 1, del d.l. n.  98  del  2011,  come  convertito,
della sottoposizione degli  enti  statali  alla  liquidazione  coatta
amministrativa - nel caso, tra gli altri, in  cui  non  possano  fare
fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi -  agli
enti regionali e delle Province autonome, conferendo alla  Giunta  il
potere di disporla. 
    Con  tale  norma  lo  Stato,  esercitando  la  propria   potesta'
legislativa in materia di «ordinamento  civile»  e  «giurisdizione  e
norme processuali», ha inciso soltanto  sul  piano  delle  competenze
amministrative, attribuendo per l'avvenire alle Giunte  regionali  un
potere in precedenza a esse non  spettante.  La  novella  non  opera,
invece, ne' potrebbe farlo, sulla disposizione  regionale  censurata,
la cui illegittimita' costituzionale e' determinata proprio dal fatto
di avere invaso un ambito  di  potesta'  legislativa  riservata  allo
Stato. 
    7.-  In  conclusione,  deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n.  8
del  2017,  limitatamente  alle   parole   «[p]er   le   liquidazioni
deficitarie, con decreto del Presidente della  Regione  si  fa  luogo
alla liquidazione coatta amministrativa». 
    8.- La dichiarazione di illegittimita' costituzionale deve essere
estesa, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
al comma 1-bis del medesimo art. 4 della legge reg.  Siciliana  n.  8
del 2017, introdotto  dall'art.  109,  comma  3,  della  legge  della
Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e
correttive per l'anno 2021. Legge di  stabilita'  regionale):  venuta
meno la norma che consente l'apertura della procedura di liquidazione
coatta amministrativa, quest'ultima disposizione -  che  consente  al
Presidente della Giunta di delegare  l'esercizio  delle  funzioni  di
vigilanza  sulla  procedura  -  rimane  priva  di  autonoma   portata
normativa. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1,
della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2017.  Legge  di  stabilita'
regionale),  limitatamente  alle  parole   «[p]er   le   liquidazioni
deficitarie, con decreto del Presidente della  Regione  si  fa  luogo
alla liquidazione coatta amministrativa»; 
    2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art.  27  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento   della   Corte    costituzionale),    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1-bis, della legge  reg.  Siciliana
n. 8 del 2017. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                  Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA