N. 218 SENTENZA 13 settembre - 21 ottobre 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Edilizia residenziale pubblica - Norme della Regione Umbria - Alloggi
  - Cause di decadenza dall'assegnazione - Uso per la commissione  di
  attivita'  illecite,  risultanti  da  provvedimenti   di   pubblica
  sicurezza o della polizia locale - Ricorso del Governo -  Lamentata
  violazione  della  competenza  esclusiva  statale   nelle   materie
  dell'ordine   pubblico   e   sicurezza   e    dell'ordinamento    e
  organizzazione amministrativa dello Stato  e  degli  enti  pubblici
  nazionali - Non fondatezza delle questioni. 
- Legge della Regione Umbria 18 novembre 2021, n. 15, art. 35,  comma
  2. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere h) e g). 
(GU n.43 del 26-10-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni  AMOROSO,  Luca  ANTONINI,  Stefano  PETITTI,
  Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN  GIORGIO,
  Filippo PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  35,  comma
2, della legge della Regione Umbria 18 novembre 2021, n. 15,  recante
«Ulteriori modificazioni ed  integrazioni  alla  legge  regionale  28
novembre 2003, n. 23  (Norme  di  riordino  in  materia  di  edilizia
residenziale sociale)», promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 24  gennaio  2022,  depositato  in
cancelleria il 25 gennaio 2022, iscritto al n. 5 del registro ricorsi
2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  8,
prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Udito nell'udienza pubblica del  13  settembre  2022  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    udito l'avvocato dello Stato Lorenzo D'Ascia  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 13 settembre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con  ricorso  iscritto  al  n.  5  del  reg.  ric.  2022,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 2, della legge  della
Regione  Umbria  18  novembre  2021,  n.   15,   recante   «Ulteriori
modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 28 novembre  2003,
n.  23  (Norme  di  riordino  in  materia  di  edilizia  residenziale
sociale)», lamentando la violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettere h) e g), della Costituzione. 
    La disposizione impugnata  sostituisce  il  testo  dell'art.  39,
comma 1, lettera b), della legge della  Regione  Umbria  28  novembre
2003, n. 23 (Norme di riordino in materia  di  edilizia  residenziale
sociale),   che   stabilisce   una   delle   cause    di    decadenza
dall'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale sociale. Per
effetto della novella,  viene  riformulata  la  previgente  causa  di
decadenza che si riferiva all'assegnatario il quale  avesse  «adibito
l'alloggio a scopi illeciti o immorali». Il nuovo  testo  legislativo
commina la  decadenza  nell'ipotesi  in  cui  l'assegnatario,  ovvero
«altro  componente  il  nucleo  familiare»   (estensione   soggettiva
introdotta dal comma 1 dell'art. 35 della legge reg. Umbria n. 15 del
2021, non impugnato), «abbia usato o  abbia  consentito  a  terzi  di
utilizzare l'alloggio, le sue  pertinenze  o  le  parti  comuni,  per
attivita' illecite che risultino da provvedimenti  giudiziari,  della
pubblica sicurezza o della polizia locale» (cosi' l'impugnato comma 2
dell'art. 35). 
    A  giudizio  del  ricorrente,  la  nuova   previsione   regionale
comporterebbe «una indebita ingerenza nella materia "ordine  pubblico
e sicurezza"», che l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  h),  Cost.
rimette alla competenza legislativa esclusiva  dello  Stato.  Sarebbe
inoltre violato l'ulteriore titolo di competenza  statale  esclusiva,
di cui all'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., concernente la
materia «ordinamento e organizzazione amministrativa  dello  Stato  e
degli enti pubblici nazionali». 
    Quanto al primo profilo di doglianza, il Presidente del Consiglio
dei ministri sostiene che la  disposizione  impugnata  opererebbe  un
richiamo del tutto generico ai provvedimenti di pubblica sicurezza  e
di polizia locale, con «inevitabili incertezze ermeneutiche» tali  da
cagionare «ricadute applicative  nell'ambito  della  legislazione  di
pubblica  sicurezza»  e  rischi  di  conseguente  contenzioso.   Cio'
determinerebbe  un'interferenza  nella  disciplina  «che  governa   i
provvedimenti  di  pubblica  sicurezza  e  di  polizia  locale»,  con
conseguente ingerenza nella materia «ordine  pubblico  e  sicurezza».
Simili forme di  interferenza  del  legislatore  regionale  sarebbero
state «a piu' riprese» sanzionate da questa Corte (sono richiamate le
sentenze n. 236 e n. 177 del 2020). 
    Quanto al secondo profilo di doglianza, il ricorrente osserva che
la norma  contestata  introdurrebbe  «indirettamente  un  obbligo  di
facere in capo al personale delle Forze di  polizia».  Nel  rimarcare
che le informazioni relative ai provvedimenti di  pubblica  sicurezza
sono inserite  nel  centro  elaborazione  dati  istituito  presso  il
Ministero dell'interno, ai sensi dell'art. 6 della  legge  1°  aprile
1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione  della  pubblica
sicurezza), il ricorrente sostiene che «soggetti estranei alle  Forze
di polizia (come i Comuni o l'ATER regionale) non possono accedere ai
dati  contenuti  nel  Centro  elaborazione  dati»,  salve  specifiche
eccezioni stabilite dalla legge statale. La norma regionale impugnata
presupporrebbe, dunque, un «obbligo  generalizzato  di  comunicazione
dei provvedimenti di pubblica sicurezza», cui sarebbero  soggette  le
forze di polizia in favore dei comuni e dell'Azienda territoriale per
l'edilizia residenziale della Regione  Umbria  (d'ora  innanzi:  ATER
regionale). 
    La previsione di tale obbligo, peraltro, si porrebbe al di  fuori
di qualsiasi «cornice pattizia». Si osserva al riguardo che la  legge
reg. Umbria n. 15 del 2021 prevede bensi'  il  ricorso  a  protocolli
d'intesa con le prefetture competenti, ma solo «al fine di assicurare
azioni  di  controllo  efficaci»  sulla  regolarita'  dell'uso  degli
alloggi assegnati (secondo le  disposizioni  dell'art.  41-bis  della
legge reg. Umbria n. 23 del 2003, come introdotto dall'art. 39, comma
1,  della  legge  reg.  Umbria  n.  15  del  2021).  La  disposizione
impugnata, invece,  non  potrebbe  ritenersi  riferita  all'effettiva
stipula di protocolli d'intesa, pur se questi ultimi avrebbero potuto
consentire,  in   tesi,   sia   «la   compiuta   individuazione   dei
provvedimenti a presupposto della decadenza  dall'assegnazione»,  sia
la definizione del «contenuto delle  attivita'  poste  in  capo  agli
organi statali». In definitiva, l'obbligo che, secondo il ricorrente,
sarebbe imposto dalla disposizione regionale impugnata a carico delle
forze di polizia di comunicare ai comuni e all'ATER  i  provvedimenti
di pubblica  sicurezza  che  attestino  il  compimento  di  attivita'
illecite non sarebbe subordinato ad alcun preventivo  atto  pattizio,
in contrasto con i principi elaborati dalla giurisprudenza di  questa
Corte (sono citate le sentenze n. 161 del 2021 e n. 134 del 2004). 
    2.- Con memoria depositata nell'imminenza della pubblica udienza,
il Presidente del Consiglio dei ministri ha  ribadito  gli  argomenti
spesi nel ricorso, insistendo nelle conclusioni gia' formulate. 
    Quanto alla censura incentrata  sull'invasione  della  competenza
statale esclusiva nella materia «ordine  pubblico  e  sicurezza»,  si
lamenta ancora la genericita' della  norma  regionale  impugnata,  la
quale «non specifica  quali  siano  i  provvedimenti  della  pubblica
sicurezza e della polizia locale che attestino il compimento di  atti
illeciti», con la conseguenza che si avrebbe  «l'introduzione  di  un
nuovo tipo di provvedimento delle autorita' di pubblica  sicurezza  e
polizia  locale»,  rispetto  agli  atti  tipizzati  dal   legislatore
statale. 
    In ordine, poi, alla censura riguardante il titolo di  competenza
legislativa statale esclusiva di cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera  g),  Cost.,  si  ribadisce  che  la  disposizione  regionale
impugnata finirebbe con l'«introdurre indirettamente  un  obbligo  di
facere in capo al personale delle Forze di polizia», al di  fuori  di
qualsivoglia cornice pattizia. 
    3.- La Regione Umbria non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 2, della  legge  reg.
Umbria n. 15 del  2021,  denunciando  la  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettere h) e g), Cost. 
    La disposizione impugnata riformula l'art. 39, comma  1,  lettera
b),  della  legge  reg.  Umbria  n.  23  del  2003,  che,  nel  testo
originario, elencava, tra le  cause  di  decadenza  dall'assegnazione
degli  alloggi  di  edilizia  residenziale   sociale,   la   condotta
dell'assegnatario  il  quale  avesse  «adibito  l'alloggio  a   scopi
illeciti o immorali». A seguito della novella del 2021, la  causa  di
decadenza de qua colpisce la condotta dell'assegnatario (ovvero anche
del componente del suo nucleo familiare,  come  prevede  il  comma  1
dell'art. 35 della legge reg. Umbria n. 15 del 2021,  non  impugnato)
il quale «abbia usato  o  abbia  consentito  a  terzi  di  utilizzare
l'alloggio, le sue  pertinenze  o  le  parti  comuni,  per  attivita'
illecite che risultino da provvedimenti  giudiziari,  della  pubblica
sicurezza o della polizia locale». 
    A  giudizio  del   ricorrente,   siffatta   riformulazione,   nel
richiamare i provvedimenti della pubblica sicurezza, invaderebbe  gli
ambiti di competenza riservati al legislatore statale dall'art.  117,
secondo comma, Cost., sia nella materia «ordine pubblico e sicurezza»
(lettera  h),  sia  nella  materia  «ordinamento   e   organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali»  (lettera
g). In particolare, quanto al primo aspetto, si lamenta la  eccessiva
genericita' della disposizione impugnata, che non precisa  ne'  quali
provvedimenti  verrebbero  in  rilievo,  ne'   quali   sarebbero   le
«attivita' illecite» oggetto di comunicazione: da cio'  deriverebbero
«incertezze ermeneutiche»  tali  da  generare  «ricadute  applicative
nell'ambito  della   legislazione   di   pubblica   sicurezza»,   con
conseguente «interferenza» nella disciplina  statale  che  governa  i
provvedimenti di pubblica sicurezza e di polizia  locale.  Quanto  al
secondo aspetto, si deduce che la disposizione impugnata  «presuppone
un  obbligo  generalizzato  di  comunicazione  dei  provvedimenti  di
pubblica sicurezza a carico delle Forze di polizia», ossia  un  nuovo
obbligo di facere in capo all'amministrazione dello  Stato,  peraltro
al di fuori  di  qualsivoglia  modalita'  di  accordo  tra  autorita'
statali e locali. 
    2.- Le questioni non sono fondate. 
    Va premesso che - in disparte taluni  passaggi  poco  chiari  del
ricorso, specialmente laddove si  assume  che  la  genericita'  della
disposizione impugnata possa ridondare in  lesione  delle  competenze
legislative dello Stato - i due profili di censura nei quali esso  si
articola convergono verso un oggetto unico, che costituisce l'aspetto
centrale delle doglianze e che attiene alla disciplina delle forze di
polizia  dello  Stato,  rimessa   alla   competenza   esclusiva   del
legislatore  statale.  Come  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
sottolineare (tra le altre, sentenza n. 170 del 2019, punto 5.4.  del
Considerato in diritto),  tale  disciplina  e'  riconducibile,  sotto
l'aspetto organizzativo e del personale, alla materia «ordinamento  e
organizzazione amministrativa  dello  Stato»  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera g), Cost. (v. anche sentenze n. 81 del 2017  e
n. 89 del 2015) mentre,  sotto  il  profilo  funzionale,  investe  la
materia «ordine pubblico  e  sicurezza»  (art.  117,  secondo  comma,
lettera h, Cost.), oltre a quella  «ordinamento  penale»  (art.  117,
secondo comma, lettera l, Cost.). 
    I due parametri di competenza evocati dal  ricorrente,  pertanto,
risultano  inscindibilmente  connessi,  in  quanto   attinenti   alla
medesima disciplina, riguardata dal lato organizzativo  e  da  quello
funzionale, con la conseguenza  che  le  questioni  sollevate  devono
essere esaminate congiuntamente (di  recente,  sentenza  n.  161  del
2021, punto 2 del Considerato in diritto). 
    2.1.- Cosi' inquadrate le censure del  ricorrente,  e'  dirimente
osservare che esse muovono da un errato  presupposto  interpretativo.
Si assume invero che, con la disposizione impugnata,  il  legislatore
regionale abbia inteso introdurre un obbligo di comunicazione in capo
alle forze di polizia dello Stato, chiamate a informare le competenti
autorita' locali  circa  l'adozione  dei  provvedimenti  di  pubblica
sicurezza dai quali risulti la commissione  di  «attivita'  illecite»
collegate all'uso dell'alloggio  di  edilizia  residenziale  sociale.
Cio', al fine di consentire l'adozione del conseguente  provvedimento
di decadenza dall'assegnazione dell'alloggio stesso. 
    La  disposizione  impugnata,  tuttavia,  nella  sua  formulazione
letterale, si limita a prescrivere che le  attivita'  illecite  siano
causa di  decadenza  ove  risultanti  da  provvedimenti  di  pubblica
sicurezza o della polizia locale. Nulla e' precisato,  invece,  circa
le modalita' con le quali siffatti  provvedimenti  possano  venire  a
conoscenza delle autorita' locali titolari del potere di disporre  la
decadenza. Risulta evidente come, a tal fine,  si  evochi,  sia  pure
implicitamente, il dovere di leale collaborazione che informa di se',
quale principio immanente delle  «forme  di  coordinamento»  previste
dall'art. 118, terzo comma, Cost., i rapporti tra Stato e regioni  in
tema di ordine pubblico e sicurezza. Tale dovere e' anche  alla  base
del rinnovato impegno di Stato, regioni, province  autonome  ed  enti
locali «di concorrere, ciascuno nell'ambito delle proprie  competenze
e responsabilita', alla promozione e  all'attuazione  di  un  sistema
unitario e integrato di sicurezza per il  benessere  delle  comunita'
territoriali», come prescritto  oggi,  proprio  in  attuazione  della
richiamata previsione  costituzionale,  dall'art.  1,  comma  2,  del
decreto-legge 20  febbraio  2017,  n.  14  (Disposizioni  urgenti  in
materia di sicurezza delle citta'), convertito, con modificazioni, in
legge 18 aprile 2017, n. 48. La leale  collaborazione,  che  in  tale
quadro costituisce uno degli strumenti principali per  realizzare  la
cosiddetta «sicurezza integrata», comporta anche l'acquisizione e  la
reciproca comunicazione di informazioni rilevanti  per  la  cura  dei
reciproci, e convergenti, interessi, attinenti ai diversi settori  di
intervento. 
    Del resto, secondo la giurisprudenza di questa  Corte,  «la  mera
acquisizione di elementi informativi non determina di per se' lesione
di  attribuzioni»,  dovendosi  ritenere,   piuttosto,   conforme   al
principio  di  leale  collaborazione  che  lo  Stato  fornisca   alle
competenti strutture regionali, ovvero, se necessario, anche a quelle
locali, i dati di cui sia in possesso (sentenza n. 327 del  2003;  in
precedenza, analogamente, sentenza n. 412 del 1994). 
    La disposizione regionale impugnata, pertanto, lungi dall'imporre
un nuovo obbligo di facere in capo a organi dello Stato, si limita  a
considerare la  possibilita'  -  riconnettendovi  la  sanzione  della
decadenza  dall'assegnazione  dell'alloggio  di  edilizia   economica
sociale  -  che  le  competenti  autorita'  locali  siano   informate
dell'avvenuta adozione di provvedimenti della pubblica sicurezza  dai
quali risulti la commissione di attivita' illecite: come, del  resto,
normalmente accade nella prassi degli ordinari  rapporti  informativi
che intercorrono tra  le  diramazioni  territoriali  delle  forze  di
polizia e le autorita' locali chiamate ad  adottare,  sulla  base  di
apposita istruttoria, gli atti amministrativi consequenziali. E  cio'
ha fatto la Regione Umbria nell'ambito della cura di  un  settore  di
propria competenza, ai sensi  dell'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,
afferente  alla  gestione  del  patrimonio  immobiliare  di  edilizia
residenziale pubblica (sentenza n. 94 del 2007). 
    2.2.- In definitiva, con la disposizione impugnata,  la  predetta
Regione non ha interferito con gli ambiti che funzionalmente ricadono
nella cosiddetta sicurezza primaria,  il  cui  nucleo  essenziale  e'
costituito dalla prevenzione e repressione dei  reati  (ex  plurimis,
sentenza n. 236 del 2020) e che attengono  al  titolo  di  competenza
statale esclusiva nella materia «ordine pubblico e sicurezza»; ne' si
e' indebitamente ingerita nella materia «ordinamento e organizzazione
amministrativa dello Stato», parimenti  riservata  alla  legislazione
esclusiva statale, imponendo nuovi obblighi alle  forze  di  polizia:
obblighi, per quanto chiarito, in realta' inesistenti. 
    3.- Resta poi rimessa alle autorita' competenti  la  possibilita'
di pervenire  alla  conclusione  di  appositi  accordi,  al  fine  di
regolare pattiziamente le forme di collaborazione e di  comunicazione
reciproca. 
    La strada dei protocolli d'intesa,  invero,  e'  suggerita  dalla
medesima legge reg. Umbria n. 15 del  2021,  che  ha  provveduto,  in
parte qua, a innovare, anche sotto questa importante prospettiva,  la
legge relativa alla gestione del patrimonio immobiliare  di  edilizia
residenziale sociale 
    Invero, il nuovo art. 41-bis della legge reg. Umbria  n.  23  del
2003, introdotto dall'art. 39, comma 1,  della  predetta  legge  reg.
Umbria n. 15 del 2021, rubricato «Accertamento cause  di  decadenza»,
demanda ai comuni e all'ATER regionale il  compito  di  «assicura[re]
forme di controllo costanti e coordinate sulla  regolarita'  dell'uso
degli alloggi assegnati», con esplicito riferimento  (tra  le  altre)
anche alla causa di decadenza oggetto della  presente  questione.  In
tale prospettiva, il comma 2 aggiunge che, «[p]er le finalita' di cui
al comma 1», possono essere «attivati protocolli d'intesa  con  [...]
le Prefetture competenti per territorio al fine di assicurare  azioni
di controllo efficaci». 
    Risulta, dunque, evidente che, contrariamente all'interpretazione
riduttiva che propone il ricorrente, i menzionati protocolli d'intesa
- che si inscrivono appieno nella cornice della cosiddetta  sicurezza
integrata, ai sensi del gia' richiamato d.l. n.  14  del  2017,  come
convertito  -  ben  potranno  avere  a  oggetto   le   modalita'   di
accertamento  degli  illeciti  commessi  negli  alloggi  di  edilizia
residenziale  sociale,  e  quindi  anche,  a  monte,  le   forme   di
comunicazione tra le forze di polizia dello Stato e la polizia locale
o le  altre  autorita'  locali  necessarie  a  rendere  operativa  la
previsione della decadenza dall'assegnazione degli alloggi stessi. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 35, comma 2, della legge della Regione Umbria  18  novembre
2021, n. 15, recante «Ulteriori modificazioni  ed  integrazioni  alla
legge regionale 28 novembre 2003, n. 23 (Norme di riordino in materia
di edilizia residenziale sociale)», promosse, in riferimento all'art.
117,  secondo  comma,  lettere  h)  e  g),  della  Costituzione,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 settembre 2022. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore 
                   Igor DI BERNARDINI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2022. 
 
                           Il Cancelliere 
                      F.to: Igor DI BERNARDINI