N. 32 SENTENZA 25 gennaio - 28 febbraio 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanita' pubblica  -  Autorizzazione  e  accreditamento  di  strutture
  sanitarie - Norme della Regione Puglia - Modifiche,  ampliamento  e
  trasformazione di strutture  gia'  accreditate  -  Automatismo  tra
  autorizzazione all'esercizio  e  accreditamento  -  Violazione  dei
  principi  fondamentali  in  materia  di  tutela  della   salute   -
  Illegittimita' costituzionale parziale. 
- Legge della Regione Puglia 2 maggio 2017, n. 9, art. 19,  comma  3,
  nel testo vigente anteriormente  alle  modifiche  introdotte  dagli
  artt. 49, comma 1, della legge della  Regione  Puglia  30  novembre
  2019, n. 52 e 9 della legge della Regione Puglia 7 luglio 2020,  n.
  18. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
(GU n.9 del 1-3-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Daria de PRETIS; 
Giudici :Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo  BUSCEMA,  Emanuela  NAVARRETTA,
  Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  19,  comma
3, della legge della Regione  Puglia  2  maggio  2017,  n.  9  (Nuova
disciplina  in  materia  di  autorizzazione  alla   realizzazione   e
all'esercizio,    all'accreditamento    istituzionale    e    accordi
contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche  e
private), nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 49,
comma 1, della legge della Regione Puglia 30  novembre  2019,  n.  52
(Assestamento e variazione al bilancio di previsione per  l'esercizio
finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021), e dall'art.  9,  comma  1,
della legge della Regione Puglia 7 luglio  2020,  n.  18  (Misure  di
semplificazione amministrativa in materia  sanitaria),  promosso  dal
Consiglio di Stato,  in  sede  giurisdizionale,  sezione  terza,  nel
procedimento vertente tra Ars  Radiologica  srl  e  l'Istituto  Santa
Chiara srl e altri, con ordinanza del 24 dicembre 2021,  iscritta  al
n. 13  del  registro  ordinanze  2022  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  9,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2022. 
    Visti gli atti di costituzione  di  Ars  Radiologica  srl,  della
Regione Puglia e dell'Istituto Santa Chiara srl; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  24  gennaio  2023  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi gli avvocati Gianluigi Pellegrino per Ars Radiologica  srl,
Isabella Fornelli per la Regione  Puglia  e  Vincenzo  Di  Gioia  per
l'Istituto Santa Chiara srl; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 gennaio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Consiglio  di  Stato,  in  sede  giurisdizionale,  sezione
terza, ha sollevato, con ordinanza del 24 dicembre 2021 (reg. ord. n.
13 del 2022), questione di legittimita' costituzionale dell'art.  19,
comma 3, della legge della Regione Puglia 2 maggio 2017, n. 9  (Nuova
disciplina  in  materia  di  autorizzazione  alla   realizzazione   e
all'esercizio,    all'accreditamento    istituzionale    e    accordi
contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche  e
private), nella versione antecedente alle modifiche introdotte  dagli
artt. 49, comma 1, della legge della Regione Puglia 30 novembre 2019,
n. 52 (Assestamento  e  variazione  al  bilancio  di  previsione  per
l'esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021) e 9,  comma  1,
della legge della Regione Puglia 7 luglio  2020,  n.  18  (Misure  di
semplificazione amministrativa in  materia  sanitaria),  disposizioni
quest'ultime   gia'   dichiarate   costituzionalmente    illegittime,
rispettivamente, dalle sentenze di questa Corte n. 36 e  n.  195  del
2021. 
    Il  giudice  rimettente  ritiene  che  la  norma  in   questione,
applicabile al giudizio nella formulazione vigente ratione  temporis,
prevedendo che «[l]'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio
non  produce  effetti  vincolanti  ai   fini   della   procedura   di
accreditamento  istituzionale,  che  si   fonda   sul   criterio   di
funzionalita' rispetto alla programmazione regionale, salvo  che  non
si  tratti  di  modifiche,  ampliamento  e  trasformazione   di   cui
all'articolo  5,  comma  2,  inerenti  strutture  gia'  accreditate»,
stabilisca, nell'inciso finale, una serie di  ipotesi  di  deroga  al
principio per cui l'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio
non  produce  effetti  vincolanti  ai   fini   della   procedura   di
accreditamento istituzionale, tali da risultare in  palese  contrasto
con gli artt. 8, 8-bis, 8-ter e 8-quater del decreto  legislativo  30
dicembre  1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina   in   materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421), che dettano i principi  fondamentali  stabiliti  nella  materia
«tutela della salute» dalla legislazione statale in tema di  rapporto
tra autorizzazione ed accreditamento di strutture sanitarie,  con  la
conseguente   violazione   dell'art.   117,   terzo   comma,    della
Costituzione. 
    1.1.- Il giudice rimettente riferisce di essere  stato  adito  da
Ars Radiologica srl per la riforma della sentenza n. 784 del 2021 del
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di
Lecce, sezione seconda, resa  fra  Ars  Radiologica  srl,  l'Istituto
Santa Chiara srl e la Regione Puglia, con cui  il  giudice  di  prime
cure ha accolto il ricorso principale formulato  dall'Istituto  Santa
Chiara srl nella parte relativa all'azione  di  annullamento  e,  per
l'effetto,  ha  annullato  la  determinazione  regionale   impugnata,
respingendo la domanda risarcitoria  e  dichiarando  irricevibile  il
ricorso incidentale. 
    Piu' precisamente, l'Istituto Santa Chiara srl,  titolare  di  un
centro diagnostico nel Comune di Castrignano de'  Greci,  accreditato
istituzionalmente con  l'Azienda  sanitaria  locale  di  Lecce  nella
branca specialistica ambulatoriale della diagnostica per immagini con
utilizzo di grandi macchine, aveva impugnato  -  formulando  altresi'
istanza risarcitoria - la determinazione dirigenziale  della  Regione
Puglia 29 aprile 2019, n. 103 con cui erano stati  concessi,  con  un
unico     provvedimento,     l'autorizzazione     all'esercizio     e
l'accreditamento istituzionale alla  societa'  Ars  Radiologica  srl,
struttura sanitaria privata con  sede  nel  Comune  di  Ruffano,  per
l'attivita' specialistica ambulatoriale di diagnostica  per  immagini
con uso di  grandi  macchine,  in  aggiunta  all'accreditamento  gia'
posseduto   da   tale   struttura   per   l'attivita'   specialistica
ambulatoriale  di  diagnostica  per  immagini  senza  uso  di  grandi
macchine. 
    La  detta  Ars  Radiologica  srl,  all'esito  di   un   pregresso
contenzioso,   aveva   conseguito   il   parere   di   compatibilita'
all'installazione  delle  suddette  apparecchiature   di   cui   alla
determinazione dirigenziale della Regione Puglia 27 febbraio 2017, n.
38, che escludeva espressamente,  al  contempo,  la  possibilita'  di
conseguire l'accreditamento per saturazione del  relativo  fabbisogno
e, in forza di tale  parere,  era  stata  rilasciata  dal  Comune  di
Ruffano, in data 28 luglio 2017, l'autorizzazione alla  realizzazione
del programmato ampliamento  mediante  installazione  di  due  grandi
macchine. 
    Con la menzionata determinazione dirigenziale  regionale  n.  103
del 2019, oggetto della  detta  impugnativa  da  parte  dell'Istituto
Santa Chiara srl, la Regione Puglia aveva dato rilievo  al  mutamento
del quadro normativo e, in particolare, all'art. 19, comma  3,  della
legge reg. Puglia n. 9 del 2017 che prevedeva, nella versione ratione
temporis applicabile, che «[l]'autorizzazione  alla  realizzazione  e
all'esercizio non produce effetti vincolanti ai fini della  procedura
di  accreditamento  istituzionale,  che  si  fonda  sul  criterio  di
funzionalita' rispetto alla programmazione regionale, salvo  che  non
si  tratti  di  modifiche,  ampliamento  e  trasformazione   di   cui
all'articolo 5, comma 2, inerenti strutture gia' accreditate». 
    Tanto  premesso,  ritenendo  la   questione   rilevante   e   non
manifestamente  infondata,  il  Consiglio  di  Stato  ha  sospeso  il
giudizio e sollevato  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 19, comma 3, della legge reg. Puglia n. 9 del 2017. 
    1.2.- Sotto il profilo della rilevanza,  il  Consiglio  di  Stato
osserva come la determinazione dirigenziale reg. Puglia  n.  103  del
2019 costituisca provvedimento applicativo delle previsioni contenute
nel censurato art. 19, comma 3, che pone, in  presenza  di  strutture
gia' accreditate per altre attivita', l'obbligo  dell'amministrazione
di prendere atto, ai fini del rilascio di un ulteriore  provvedimento
di  accreditamento,  della  gia'  intervenuta   autorizzazione   alla
realizzazione e all'esercizio  di  attivita'  costituenti  modifiche,
ampliamento e trasformazione di cui all'art. 5, comma 2, della  legge
reg. Puglia n. 9 del 2017. 
    In questi  casi,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,  verrebbe
introdotta una  deroga  al  principio  fondamentale  stabilito  nella
materia «tutela della salute» dalla legislazione statale secondo  cui
l'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio  delle  strutture
sanitarie e socio-sanitarie non produce effetti  vincolanti  ai  fini
della procedura di accreditamento istituzionale,  che  si  fonda  sul
criterio di funzionalita'  rispetto  alla  programmazione  regionale,
trasformando,  in   contrasto   con   la   disciplina   statale,   il
provvedimento di rilascio dell'accreditamento in un atto dovuto  e  a
contenuto vincolato. 
    Da cio' deriverebbe, ad avviso del giudice a  quo,  la  rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale, in quanto l'eventuale
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma  3,
della  legge  reg.  Puglia  n.  9  del  2017,  quale  fondamento   di
legittimazione della  deroga  di  cui  la  Regione  Puglia  ha  fatto
applicazione,   comporterebbe   l'illegittimita'    della    suddetta
determinazione dirigenziale regionale n. 103 del 2019,  che  di  essa
costituisce diretta e immediata espressione esecutiva. 
    Ne' assumerebbe rilievo, ad avviso del rimettente, la circostanza
che la norma in argomento, vigente all'atto  dell'adozione  dell'atto
impugnato, sia stata successivamente sostituita da altra. 
    Cio'  in  quanto  questa  Corte  ha  costantemente  affermato  la
persistenza della rilevanza della questione anche nel caso in cui  la
norma sottoposta  a  scrutinio  sia  abrogata  o  sostituita  da  una
successiva, dovendo la legittimita' dell'atto  essere  esaminata,  in
virtu' del principio tempus regit actum, con riguardo alla situazione
di fatto e di diritto esistente al momento della sua  adozione  (sono
citate, ex multis, sentenze n. 78 del 2013 e n. 177 del 2012). 
    Neppure, a parere del Consiglio di Stato,  sarebbe  condivisibile
nel caso  in  esame  l'interpretazione  costituzionalmente  orientata
sostenuta  dal  giudice  di  prime  cure  ovvero  qualsivoglia  altra
interpretazione  adeguatrice,   contrastandovi   il   chiaro   tenore
letterale della disposizione. 
    Il giudice rimettente sostiene, infatti, che il giudice di  primo
grado avrebbe trascurato la circostanza che nella detta disciplina il
significato delle accezioni «modifiche, ampliamento e trasformazione»
delle  strutture  sanitarie  e'  stato  fatto  oggetto   di   diretta
definizione da parte del legislatore  nell'art.  5,  comma  2,  della
legge reg. Puglia n. 9 del 2017, a cui il censurato art. 19, comma 3,
della medesima legge regionale rinvia e a cui non  sarebbe  possibile
sovrapporre, a suo parere, «un'autonoma perimetrazione contenutistica
avulsa dalle indicazioni direttamente evincibili da tali precetti». 
    1.3.- Con  riferimento  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione, il giudice a quo  ritiene,  invece,  che  la  disposizione
censurata si ponga in contrasto con l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
in relazione ai principi fondamentali posti dalla legge statale nella
materia «tutela della salute», come declinati agli  artt.  8,  8-bis,
8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, per le medesime  ragioni
gia' evidenziate da questa Corte nelle sentenze n. 195 e  n.  36  del
2021, non  direttamente  applicabili  al  caso,  ma  replicabili  nei
principi ivi affermati, siccome riferiti a una fattispecie  parimenti
governata  «da  una  vincolante   sequenza   di   effetti   giuridici
ampliativi, geneticamente collegati in via  ordinaria  a  distinti  e
autonomi provvedimenti, ma qui scandita, per effetto  di  derogatorie
previsioni normative regionali, da rigidi automatismi ingeneranti una
non consentita sovrapposizione tra autorizzazione e accreditamento». 
    Ad  avviso  del  Consiglio  di  Stato,  infatti,  la   competenza
regionale  in  materia  di  autorizzazione   ed   accreditamento   di
istituzioni sanitarie  private  deve  essere  inquadrata  nella  piu'
generale potesta' legislativa concorrente nella materia «tutela della
salute», che vincola le regioni al rispetto dei principi fondamentali
stabiliti  dalle  leggi  dello  Stato  che,   in   particolare,   con
riferimento al caso in esame, pongono  in  rapporto  di  autonomia  i
provvedimenti di autorizzazione e di accreditamento  delle  strutture
sanitarie. 
    A  parere  del  rimettente,  pertanto,  la  questione   sollevata
dovrebbe ritenersi del tutto analoga rispetto a quelle scrutinate  da
questa Corte nelle pronunce gia' ricordate, venendo  in  rilievo  una
serie di ipotesi, incentrate su  un'autorizzazione  gia'  rilasciata,
che  vincolerebbe,  secondo  la  legge   regionale,   il   successivo
provvedimento di accreditamento. 
    2.- Si e' costituita in giudizio Ars Radiologica srl,  ricorrente
nel giudizio principale, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata
inammissibile o non fondata. 
    La  parte  eccepisce,  innanzitutto,   l'inammissibilita'   della
questione per difetto di rilevanza,  in  quanto,  a  suo  avviso,  il
giudice a quo avrebbe offerto  una  insufficiente  descrizione  della
fattispecie e del complessivo quadro normativo regionale,  omettendo,
in particolare, di considerare che l'atto censurato  risulta  fondato
non solo sull'art. 19, comma 3, della legge  reg.  Puglia  n.  9  del
2017, ma anche su altre distinte e concorrenti  previsioni  normative
(in particolare l'art. 3, comma 32, della legge della Regione  Puglia
31 dicembre 2007, n. 40, recante «Disposizioni per la formazione  del
bilancio previsione  2008  e  bilancio  pluriennale  2008-2010  della
Regione Puglia», e gli artt. 24 e 25 della legge reg. Puglia n. 9 del
2017). 
    La difesa di Ars Radiologica srl sostiene,  inoltre,  che,  sulla
base delle previsioni del regolamento della Regione  Puglia  2  marzo
2006, n. 3, recante «Art. 3, comma 1, lettera a), punto 1) della L.r.
28 maggio 2004, n. 8. Fabbisogno prestazioni per  il  rilascio  della
verifica di compatibilita' e dell'accreditamento  istituzionale  alle
strutture   sanitarie    e    socio-sanitarie»,    il    «"fabbisogno
programmato"»,   con   specifico   riferimento    alle    prestazioni
diagnostiche con grandi macchine, debba ritenersi coincidente con  il
«"fabbisogno complessivo"» considerato per il rilascio del parere  di
compatibilita' ai  fini  dell'autorizzazione  alla  realizzazione  ed
esercizio. 
    In altri termini, secondo la  parte,  con  esclusivo  riferimento
alle  grandi  macchine,  la  disciplina  regionale   opererebbe   una
equiparazione  verso  l'alto,  nel  senso  che  sono   le   strutture
autorizzate  a  coincidere  con  quelle  anche  accreditate,  sicche'
verrebbe  inciso,  rispetto  al  paradigma  delineato  dai   principi
ricavabili dalle norme nazionali, solo l'ambito meno vasto delle mere
autorizzazioni per le grandi macchine, essendo pero' sempre richiesto
che  le  stesse  rispondano  ai  requisiti  ulteriori  previsti   per
l'accreditamento, non essendo contemplata l'ipotesi della sufficienza
del  possesso  dei  requisiti  «minimi»  ai  meri  fini  della   sola
autorizzazione per operare nel libero mercato sanitario. 
    In questa prospettiva, la  parte  sostiene,  inoltre,  che  nelle
disposizioni  regionali  censurate  non  sarebbe  ravvisabile   alcun
«automatismo» che ridondi in  pregiudizio,  in  considerazione  della
necessaria  verifica  del  possesso  dei  requisiti   essenziali   ed
«ulteriori» prescritti ai fini dell'accreditamento e a  tutela  della
salute e quindi  aggiuntivi  alla  verifica  di  quelli  «minimi»  di
sicurezza   e   qualita'   prescritti   per   il   procedimento    di
autorizzazione. 
    Sulla base di tali considerazioni, la questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato  dovrebbe,  pertanto,
ad avviso della difesa di Ars Radiologica srl, ritenersi non fondata,
posto che  la  disciplina  regionale  renderebbe,  in  realta',  piu'
selettivo il novero dei professionisti e  delle  strutture  operanti,
nel pieno rispetto dei principi fondamentali  stabiliti  dalla  legge
nazionale. 
    3.- Si e' costituito in giudizio  l'Istituto  Santa  Chiara  srl,
chiedendo  di  dichiarare  l'inammissibilita'  della  questione   per
sopravvenuto difetto  di  rilevanza  ovvero,  in  via  subordinata  e
alternativa, di accogliere la questione e  per  l'effetto  dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma  3,  della  legge
reg. Puglia n. 9 del 2017, nella versione antecedente alle  modifiche
introdotte dagli artt. 49, comma 1, della legge reg. Puglia n. 52 del
2019 e 9, comma 1, della legge reg. Puglia n. 18 del 2020. 
    Ad avviso della parte, la sentenza n. 36  del  2021  non  avrebbe
dichiarato l'integrale illegittimita'  costituzionale  dell'art.  19,
comma 3, come sostituito dall'art. 49,  comma  l,  della  legge  reg.
Puglia n. 52 del 2019, ma solo limitatamente alle parole «"salvo che"
e  seguenti»,  conservando,  pertanto,  il  nucleo  essenziale  della
disposizione,  da  sempre  presente  nella   legislazione   sanitaria
pugliese, in quanto gia'  enunciato  dall'art.  20,  comma  3,  della
previgente  legge  della  Regione  Puglia  28  maggio  2004,   n.   8
(Disciplina  in  materia  di  autorizzazione  alla  realizzazione   e
all'esercizio,    all'accreditamento    istituzionale    e    accordi
contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche  e
private), ai sensi del quale «[l]'autorizzazione alla realizzazione e
all'esercizio non produce effetti vincolanti ai fini della  procedura
di  accreditamento  istituzionale,  che  si  fonda  sul  criterio  di
funzionalita' rispetto alla programmazione regionale». 
    L'eliminazione di tutto cio' che segue le parole «salvo che»  dal
testo dell'art. 19, comma 3, della legge reg. Puglia n.  9  del  2017
avrebbe, ad  avviso  della  parte,  riportato  la  disposizione  alla
formulazione del previgente art. 20, comma 3, della legge reg. Puglia
n. 8 del 2004, senza soluzione  di  continuita',  rendendo  cosi'  la
questione sollevata dal Consiglio di Stato inammissibile per  difetto
di rilevanza. 
    In via gradata, la parte sostiene la fondatezza  della  questione
di legittimita' costituzionale, alla luce delle  richiamate  pronunce
di questa Corte, evidenziando, in particolare,  che  il  criterio  di
accreditamento censurato dalla sentenza n. 36 del 2021 e  quello  che
ha determinato l'accreditamento di Ars Radiologica srl sono identici,
in quanto l'art. 19, comma 3, della legge reg. Puglia n. 9  del  2017
disponeva una deroga non consentita  ai  principi  statali,  sia  nel
testo applicato dalla determinazione dirigenziale  regionale  n.  103
del 2019, che nella successiva versione impugnata dal Presidente  del
Consiglio dei ministri in via principale e censurata  dalla  sentenza
sopra indicata. 
    4.- Si e' costituita in giudizio la Regione Puglia, chiedendo che
la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata. 
    La difesa regionale contesta,  in  particolare,  l'ammissibilita'
della questione  sotto  lo  specifico  profilo  della  non  manifesta
infondatezza, rilevando che,  secondo  il  costante  orientamento  di
questa  Corte,  «l'omessa  o  insufficiente  motivazione  sulla   non
manifesta infondatezza della questione rende la stessa inammissibile»
(sentenza n. 234 del 2020), in  quanto  priva  «di  un'argomentazione
esaustiva  delle  ragioni  del  preteso  contrasto  con  i  parametri
evocati» (ordinanza n. 202 del 2018). 
    Ad avviso della parte, infatti, il Consiglio di Stato non avrebbe
esaminato  l'argomentazione   relativa   al   fabbisogno,   unico   e
indistinto, previsto dal regolamento reg. Puglia n. 3  del  2006  sia
per   l'autorizzazione   all'esercizio   che   per   l'accreditamento
istituzionale, in  relazione  alle  strutture  e  studi  che  erogano
prestazioni di assistenza specialistica in  regime  ambulatoriale  di
diagnostica per immagini, con utilizzo delle grandi macchine. 
    In ogni caso, secondo la Regione, l'art. 19, comma 3, della legge
reg. Puglia n. 9 del 2017, nella versione in vigore dal 2 maggio 2017
(data della sua emanazione) e fino alla modifica di cui all'art.  49,
comma 1, della legge reg. Puglia n. 52 del 2019, che ha sostituito le
ipotesi di deroga indicate nell'art. 5, comma 2, della  stessa  legge
reg. Puglia n. 9 del 2017 con quelle specifiche attinenti alle grandi
macchine e alla  tomografia  a  emissione  di  positroni  (PET),  non
violerebbe   il   criterio   di   funzionalita'   dell'accreditamento
istituzionale  rispetto  alla  programmazione   regionale,   che   al
contrario  sarebbe  immanente  alla  norma,  in  quanto  la  medesima
troverebbe applicazione a tipologie di strutture il  cui  fabbisogno,
ai fini dell'autorizzazione all'esercizio, coincide con il fabbisogno
previsto  ai  fini  dell'accreditamento  istituzionale   secondo   le
disposizioni del regolamento regionale n. 3 del 2006. 
    Da cio' deriverebbe, a parere della  difesa  regionale,  che  non
risulta configurabile alcun paventato  automatismo  nella  previsione
dell'accreditabilita' degli ampliamenti previsti nella  parte  finale
dell'art. 19, comma 3,  della  legge  reg.  Puglia  n.  9  del  2017,
considerato  che  la  coincidenza  dei  due  diversi  fabbisogni  (di
esercizio e di accreditamento) e' frutto di una scelta programmatoria
esplicata dalla Regione nel regolamento  n.  3  del  2006  e  non  e'
riconducibile alla disposizione di cui all'art. 19,  comma  3,  della
legge reg. Puglia n. 9 del 2017. 
    5.-  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,   le   parti   hanno
depositato memorie integrative,  insistendo  sulle  conclusioni  gia'
formulate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio  di  Stato,  in  sede  giurisdizionale,  sezione
terza, ha sollevato, con ordinanza del 24 dicembre 2021 (reg. ord. n.
13 del 2022), questione di legittimita' costituzionale dell'art.  19,
comma 3, della legge reg.  Puglia  n.  9  del  2017,  nella  versione
vigente all'epoca  dell'adozione  dell'atto  impugnato  nel  giudizio
principale, ossia quella antecedente alle modifiche introdotte  dagli
artt. 49, comma 1, della legge reg. Puglia n. 52 del 2019 e 9,  comma
1, della legge reg. Puglia n. 18 del 2020, ai sensi della quale,  con
riferimento  alle  strutture  sanitarie,   «[l]'autorizzazione   alla
realizzazione e all'esercizio non produce effetti vincolanti ai  fini
della procedura di accreditamento istituzionale,  che  si  fonda  sul
criterio di funzionalita'  rispetto  alla  programmazione  regionale,
salvo che non si tratti di modifiche, ampliamento e trasformazione di
cui all'articolo 5, comma 2, inerenti strutture gia' accreditate». 
    Il rimettente  dubita  della  legittimita'  costituzionale  della
suddetta norma in quanto questa,  nella  sua  parte  finale,  laddove
richiama le ipotesi indicate dall'art. 5, comma 2, della stessa legge
reg. Puglia n. 9 del 2017,  derogherebbe  al  principio  fondamentale
della legislazione  statale  nella  materia  «tutela  della  salute»,
desumibile dagli artt. 8, 8-bis, 8-ter e 8-quater del d.lgs.  n.  502
del 1992, che stabilisce l'autonomia,  individuandone  le  rispettive
differenze,  tra  il  procedimento  di  autorizzazione  e  quello  di
accreditamento  istituzionale  delle  strutture  sanitarie,  violando
cosi' l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Il richiamato art. 5, comma 2, della legge reg. Puglia n.  9  del
2017, alle cui particolari ipotesi rinvia la  norma  censurata  nella
parte  in  cui  collega  all'autorizzazione  alla   realizzazione   e
all'esercizio effetti  vincolanti  ai  fini  dell'accreditamento,  si
riferisce,  peraltro,  non  solo  all'ambito  della  diagnostica  per
immagini, sia con grandi macchine che senza di queste,  a  cui  erano
limitate le tre fattispecie introdotte dall'art. 49, comma  1,  della
legge reg. Puglia n. 52 del 2019, gia' dichiarato  costituzionalmente
illegittimo dalla sentenza di questa Corte n. 36 del 2021. 
    2.- Le eccezioni di inammissibilita'  della  questione  sollevate
dalle parti non sono fondate. 
    2.1.- Va rigettata innanzi tutto l'eccezione di  inammissibilita'
della questione per difetto di rilevanza avanzata dalla difesa di Ars
Radiologica srl, secondo la quale il giudice a  quo  avrebbe  appunto
offerto  «una  insufficiente  descrizione  della  fattispecie  e  del
complessivo quadro normativo regionale». 
    Ai fini dell'apprezzamento  del  requisito  della  rilevanza  nei
giudizi incidentali, questa Corte ha ripetutamente affermato  che  e'
fondamentale la valutazione che il giudice a quo deve  effettuare  in
ordine alla possibilita' che il procedimento pendente  possa  o  meno
essere definito indipendentemente  dalla  soluzione  della  questione
sollevata, potendo questa  Corte  interferire  su  tale  giudizio  di
rilevanza solo se esso, ictu oculi,  appaia  assolutamente  privo  di
fondamento (ex multis, sentenze n. 258 del 2021 e n. 208 del 2019). 
    Nel caso di specie l'ordinanza di rimessione espone  diffusamente
le ragioni per cui  la  decisione  sulla  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata risulta pregiudiziale per la definizione del
processo principale, evidenziando, in  particolare,  che  l'eventuale
declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  della  parte  finale
dell'art. 19, comma 3, della legge reg. Puglia n. 9 del 2017, laddove
questo stabilisce una serie di ipotesi  di  deroga  al  principio  di
autonomia  tra  procedimento  di  autorizzazione  e  procedimento  di
accreditamento, comporterebbe  la  conseguente  illegittimita'  della
determinazione dirigenziale regionale n. 103 del 2019, atto impugnato
nel giudizio principale, che  di  tale  disposizione  costituisce,  a
parere del rimettente, diretta e immediata espressione esecutiva. 
    2.2.- Va, altresi', rigettata l'eccezione di inammissibilita' per
sopravvenuto difetto di rilevanza  della  questione,  proposta  dalla
difesa dell'Istituto Santa Chiara srl, secondo cui, a  seguito  della
sentenza di questa Corte  n.  36  del  2021,  sarebbe  stato  espunto
dall'ordinamento giuridico non solo il testo dell'art. 19,  comma  3,
come sostituito dall'art. 49, comma l, della legge reg. Puglia n.  52
del 2019, ma anche la versione precedente della disposizione. 
    La citata sentenza ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 49, comma 1, della legge reg. Puglia n. 52 del 2019 che, il
30 novembre del 2019, aveva sostituito la parte finale dell'art.  19,
comma 3, della legge reg. Puglia n. 9 del 2017, ma non ha inciso  sul
testo previgente di quest'ultima norma, che non era  stato  all'epoca
tempestivamente impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  e',  infatti,
limitata alla norma impugnata e non puo' estendersi  alla  previgente
versione della disposizione, in mancanza di un'autonoma impugnazione. 
    2.3.- Va rigettata, infine, anche l'eccezione di inammissibilita'
avanzata dalla difesa della Regione Puglia. 
    Questa  Corte  ha,  piu'  volte,  affermato  che   si   configura
un'ipotesi di inammissibilita' della questione,  qualora  il  giudice
non  fornisca  una   motivazione   adeguata   sulla   non   manifesta
infondatezza  della  stessa,  limitandosi  a  evocare   i   parametri
costituzionali, senza argomentare in ordine alla loro violazione  (ex
plurimis, sentenze n. 192 del 2016 e n. 70 del 2015; ordinanze n.  36
del 2015 e n. 158 del 2011). 
    Nel caso in esame, le pretese carenze  argomentative  prospettate
dalla  difesa  regionale   non   inficiano   l'ammissibilita'   della
questione, non trattandosi  di  lacune  tali  da  rendere  oscuro  od
impreciso il senso delle censure avanzate dal giudice a quo. 
    Le osservazioni della difesa regionale,  fondate  sulla  ritenuta
coincidenza  dei  due  diversi   fabbisogni   (quello   relativo   al
procedimento di autorizzazione e quello relativo all'accreditamento),
frutto di una scelta programmatoria che avrebbe effettuato la Regione
Puglia nel regolamento n. 3 del 2006, attengono, infatti, semmai,  al
merito  della  questione,   senza   determinare   una   insufficiente
motivazione sulla non  manifesta  infondatezza  della  questione  che
renda la stessa inammissibile. 
    3.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    3.1.- La censura avente ad oggetto  l'art.  19,  comma  3,  della
legge reg. Puglia n. 9 del 2017 nella  sua  formulazione  originaria,
precedente alle modifiche introdotte dall'art.  49,  comma  1,  della
legge reg. Puglia n. 52 del 2019 e dall'art. 9, comma 1, della  legge
reg. Puglia n. 18 del  2020,  riguarda  il  tema  dell'accreditamento
istituzionale  di  strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie,  di  cui
all'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992,  e  risulta  imperniata
sulla  distinzione   che   corre   tra   tale   istituto   e   quello
dell'autorizzazione, oggetto dell'art. 8-ter dello stesso  d.lgs.  n.
502 del 1992. 
    Nella recente sentenza n. 36 del 2021, questa Corte ha  affermato
che  «"il  regime  delle  autorizzazioni   e   degli   accreditamenti
costituisce  principio  fondamentale  in  materia  di  tutela   della
salute"» e che «occorre "distinguere [...] gli aspetti che  attengono
all''autorizzazione', prevista per l'esercizio di tutte le  attivita'
sanitarie,  da  quelli  che   riguardano   l''accreditamento'   delle
strutture autorizzate", precisando che, quanto  all''autorizzazione',
"gli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del d.lgs. n. 502  del  1992
stabiliscono 'requisiti minimi' di sicurezza  e  qualita'  per  poter
effettuare     prestazioni     sanitarie",     e     che,      quanto
all''accreditamento',  "occorrono,  invece,   'requisiti   ulteriori'
(rispetto a quelli necessari all'autorizzazione) e l'accettazione del
sistema di pagamento a prestazione, ai sensi dell'art.  8-quater  del
d.lgs. n. 502 del 1992" (sentenza  n.  292  del  2012,  punto  4  del
Considerato in diritto)». 
    La stessa sentenza chiarisce, inoltre, che «[l]a  differenza  che
intercorre tra l'autorizzazione e  l'accreditamento  delle  strutture
sanitarie e socio-sanitarie, in base al sistema delineato dagli artt.
8-bis, 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, come interpretati
dalla giurisprudenza  amministrativa,  mostra  che  per  la  prima  i
profili rilevanti "sono quelli inerenti il fabbisogno complessivo  di
prestazioni  sanitarie  nel  territorio  e  in   particolare   quelli
concernenti la localizzazione delle strutture gia'  presenti",  cosi'
da garantire la corretta distribuzione sul territorio  "in  modo  che
siano adeguatamente servite tutte  le  zone,  anche  quelle  a  bassa
redditivita',  che  in  mancanza  di  tale  strumento  non  sarebbero
coperte" (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 7  marzo  2019,
n. 1589). Ai fini dell'accreditamento rileva invece il fabbisogno  di
assistenza  programmato  per  garantire  l'erogazione   dei   livelli
essenziali di assistenza (LEA)». 
    Ora, mentre nel procedimento di autorizzazione e'  richiesta  una
valutazione complessiva, che considera anche le prestazioni ulteriori
rispetto a quelle rientranti nei  livelli  essenziali  di  assistenza
(LEA) e le strutture  private  non  accreditate,  nel  caso,  invece,
dell'accreditamento di strutture  sanitarie,  la  valutazione  ha  ad
oggetto «unicamente i  LEA  e  prevede  il  coinvolgimento,  in  base
all'art. 8-bis, comma 1, del  d.lgs.  n.  502  del  1992,  solo  "dei
presidi direttamente gestiti dalle aziende unita'  sanitarie  locali,
delle  aziende  ospedaliere,  delle  aziende  universitarie  e  degli
istituti di ricovero e  cura  a  carattere  scientifico,  nonche'  di
soggetti accreditati ai sensi dell'articolo  8-quater,  nel  rispetto
degli accordi contrattuali di cui  all'articolo  8-quinquies",  senza
quindi considerare le strutture private non accreditate» (sentenza n.
7 del 2021, punto 4.4. del Considerato in diritto). 
    3.2.-  La  norma  censurata   applica   il   medesimo   principio
informatore che e'  alla  base  delle  disposizioni  gia'  dichiarate
costituzionalmente illegittime dalle sentenze n.  195  e  n.  36  del
2021, consistente  nella  non  consentita  assimilazione,  attesa  la
diversita'  dei   relativi   presupposti   di   legittimazione,   tra
l'autorizzazione  e  l'accreditamento  di  una  struttura  sanitaria,
ponendosi  cosi'  in  contrasto  con  il  principio  generale   della
legislazione statale ricavabile da una lettura sistemica degli  artt.
8, 8-bis, 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    La questione in esame appare invero del tutto  analoga  a  quella
gia' oggetto della sentenza n. 36 del 2021 in quanto, anche in questo
caso, verrebbe  «nuovamente  in  rilievo  una  deroga  incentrata  su
un'autorizzazione gia'  rilasciata  che  vincola,  secondo  la  legge
regionale, il successivo accreditamento». 
    Ne',  come  rilevato  anche  dal  rimettente,  e'  possibile  una
interpretazione  costituzionalmente  orientata  della   disposizione,
ostando a cio' il suo chiaro tenore letterale che, con riferimento ai
casi di «modifiche, ampliamento  e  trasformazione»  delle  strutture
sanitarie, rinvia a  specifiche  ipotesi  fatte  oggetto  di  diretta
definizione dall'art. 5, comma 2, della stessa legge reg. Puglia n. 9
del 2017. 
    3.3.- La norma censurata  prefigura,  pertanto,  nel  suo  inciso
finale,  una  sostanziale  coincidenza  tra   il   provvedimento   di
autorizzazione di una struttura sanitaria e quello di  accreditamento
istituzionale, in palese  contrasto  con  il  principio  fondamentale
della legislazione statale, ricavabile, come  si  e'  detto,  da  una
lettura sistemica degli artt. 8, 8-bis, 8-ter e 8-quater  del  d.lgs.
n.  502  del  1992,  che  ne  stabilisce  invece  l'autonomia  e   le
differenze. 
    E invero, come rilevato anche dal giudice a quo, la  disposizione
censurata  trasforma  i  provvedimenti  di  accreditamento,  che   la
disciplina  statale  configura  come  discrezionali  e   fondati   su
presupposti diversi da quelli stabiliti per l'autorizzazione, in atti
dovuti e a contenuto vincolato  nelle  dette  ipotesi  di  modifiche,
ampliamento e trasformazione di cui all'art. 5, comma 2, della  legge
reg. Puglia n. 9 del 2017, se inerenti strutture gia' accreditate. 
    Ne' tali conclusioni possono essere contestate,  in  alcun  modo,
sulla base delle previsioni del regolamento  reg.  Puglia  n.  3  del
2006, ai sensi del quale la difesa  della  Regione  sostiene  che  il
«"fabbisogno programmato"» ai fini dell'accreditamento, con specifico
riferimento  alle  prestazioni  diagnostiche  con  grandi   macchine,
sarebbe coincidente  con  il  «"fabbisogno  complessivo"»  richiesto,
invece, ai fini dell'autorizzazione. 
    Va, infatti, ribadito quanto gia'  evidenziato  da  questa  Corte
nella sentenza n. 36 del 2021, secondo cui i «due procedimenti  -  di
autorizzazione e di accreditamento -  sono,  in  base  ai  richiamati
principi fondamentali della legge  statale,  tra  di  loro  autonomi,
essendo ciascuno finalizzato alla valutazione di indici di fabbisogno
diversi e non sovrapponibili». 
    Conseguentemente,  deve   ritenersi   preclusa   al   legislatore
regionale la previsione di effetti vincolanti (id est automatici)  da
attribuire    all'autorizzazione    ai    fini    dell'accreditamento
istituzionale. 
    3.4.- Da cio' deriva  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
19, comma 3, della legge reg. Puglia n. 9 del  2017,  nella  versione
antecedente alle modifiche introdotte dagli artt. 49, comma 1,  della
legge reg. Puglia n. 52 del 2019 e  9,  comma  1,  della  legge  reg.
Puglia n. 18 del 2020, limitatamente alle parole «, salvo che non  si
tratti di modifiche, ampliamento e trasformazione di cui all'articolo
5, comma 2,  inerenti  strutture  gia'  accreditate»,  in  quanto  la
previsione     di     effetti     vincolanti      dell'autorizzazione
sull'accreditamento  si  pone   in   contrasto   con   il   principio
fondamentale  della  legislazione  statale,  espresso   dalle   norme
interposte  richiamate,  che  impone,  invece,  l'autonomia  dei  due
procedimenti, con la  conseguente  violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19,  comma  3,
della  legge  della  Regione  Puglia  2  maggio  2017,  n.  9  (Nuova
disciplina  in  materia  di  autorizzazione  alla   realizzazione   e
all'esercizio,    all'accreditamento    istituzionale    e    accordi
contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche  e
private), nel testo vigente anteriormente alle  modifiche  introdotte
dall'art. 49, comma 1, della legge della Regione Puglia  30  novembre
2019, n. 52 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione  per
l'esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021) e dall'art.  9,
comma 1, della legge della  Regione  Puglia  7  luglio  2020,  n.  18
(Misure di  semplificazione  amministrativa  in  materia  sanitaria),
limitatamente alle parole: «, salvo che non si tratti  di  modifiche,
ampliamento e trasformazione di cui all'articolo 5, comma 2, inerenti
strutture gia' accreditate». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2023. 
 
                                F.to: 
                     Daria de PRETIS, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2023. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA