N. 60 SENTENZA 7 marzo - 6 aprile 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Comuni,  Province  e  citta'  metropolitane  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Numero massimo di mandati consecutivi a sindaco
  - Elevazione dei limiti a quattro anni, nei comuni con  popolazione
  fino a tremila abitanti e tre, in quelli fino a cinquemila abitanti
  - Sezione regionale dell'albo dei segretari provinciali e  comunali
  - Possibilita' di  iscrizione,  fino  al  dicembre  2024,  per  gli
  istruttori direttivi e i funzionari di ruolo  dei  comuni  e  delle
  province della Regione, in possesso del diploma di  laurea,  e  che
  ricoprano, o abbiano  ricoperto,  l'incarico  di  vicesegretario  -
  Violazione dei limiti statutari in  materia  di  ordinamento  degli
  enti locali, del principio di eguaglianza nell'accesso alle cariche
  elettive   nonche'   dei   principi   del   pubblico   concorso   -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Sardegna 11 aprile 2022, n. 9, artt. 1 e 3. 
- Costituzione, artt. 1, 3, 51, 97, primo e terzo  comma,  114,  117,
  secondo comma, lettere  f),  l)  e  p);  statuto  speciale  per  la
  Sardegna, art. 3, lettera b). 
(GU n.15 del 12-4-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  1  e  3
della legge della Regione Sardegna 11 aprile 2022, n.  9  (Interventi
vari in materia di enti locali della Sardegna. Modifiche  alla  legge
regionale n. 4 del 2012 e  alla  legge  regionale  n.  3  del  2009),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 9 giugno 2022, depositato in cancelleria il  14  giugno
2022, iscritto al n. 38 del registro ricorsi 2022 e pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  29,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 2023 il Giudice  relatore
Nicolo' Zanon; 
    uditi l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati  Floriana  Isola  e  Mattia
Pani per la Regione autonoma Sardegna; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 marzo 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 14 giugno 2022 e iscritto al n.  38
del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
impugnato gli artt. 1 e 3  della  legge  della  Regione  Sardegna  11
aprile 2022, n. 9 (Interventi vari in materia di  enti  locali  della
Sardegna. Modifiche alla legge regionale n. 4 del 2012 e  alla  legge
regionale  n.  3  del  2009),   recanti   disposizioni   concernenti,
rispettivamente, il numero massimo di mandati consecutivi dei sindaci
e  l'iscrizione  alla  sezione  regionale  dell'albo  dei   segretari
provinciali e comunali. 
    1.1.-  La  prima  delle  due  disposizioni  impugnate  (rubricata
«Modifiche alla legge regionale n. 4 del 2012 in  materia  di  durata
del mandato del sindaco») cosi' dispone: «[d]opo l'articolo  1  della
legge regionale 22 febbraio 2012, n. 4  (Norme  in  materia  di  enti
locali e sulla dispersione ed affidamento delle ceneri funerarie), e`
inserito il seguente: "Art. 1 bis (Durata del  mandato  del  sindaco.
Limitazione dei mandati) 1. Ai sindaci  dei  comuni  con  popolazione
fino a 3.000 abitanti e` consentito  un  numero  massimo  di  quattro
mandati consecutivi. 2. Ai sindaci dei comuni con popolazione fino  a
5.000 abitanti  e`  consentito  un  numero  massimo  di  tre  mandati
consecutivi"». 
    Secondo il ricorrente, il citato art. 1 della legge reg. Sardegna
n. 9 del 2022 violerebbe, in primo luogo, gli artt. 3 e 117,  secondo
comma, lettera p), della Costituzione, «in quanto crea disparita`  di
trattamento rispetto al restante territorio nazionale, ed  eccede  le
competenze statutarie della Regione Sardegna», ponendosi in contrasto
con l'art. 3, lettera b),  della  legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 3 (Statuto speciale per  la  Sardegna),  che  attribuisce  a
quest'ultima la competenza  in  materia  di  ordinamento  degli  enti
locali  e  delle  relative  circoscrizioni,  ma  in  armonia  con  la
Costituzione  e   i   principi   dell'ordinamento   giuridico   della
Repubblica. 
    Ricorda il Presidente del Consiglio dei ministri  che  l'art.  51
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267  (Testo  unico  delle
leggi sull'ordinamento degli enti locali)  -  come  modificato  dalla
legge 12 aprile 2022, n. 35 (Modifiche  al  testo  unico  di  cui  al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limitazione
del mandato dei sindaci e di controllo  di  gestione  nei  comuni  di
minori dimensioni, nonche' al decreto legislativo 8 aprile  2013,  n.
39, in materia di inconferibilita' di incarichi negli enti privati in
controllo pubblico), in vigore dal 14 maggio 2022 - prevede, al comma
2, che «[c]hi ha ricoperto per due mandati consecutivi la  carica  di
sindaco e di presidente della provincia  non  e`,  allo  scadere  del
secondo mandato, immediatamente ricandidabile alle medesime  cariche.
Per i sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5.000  abitanti,
il limite previsto dal primo periodo  si  applica  allo  scadere  del
terzo mandato». 
    Correlativamente, l'art. 3, comma 2, della legge n. 35  del  2022
abroga l'art. 1, comma 138, della legge 7 aprile 2014, n. 56, recante
«Disposizioni  sulle  citta'  metropolitane,  sulle  province,  sulle
unioni e fusioni di comuni», che prevedeva il numero massimo  di  tre
mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione  fino  a
tremila abitanti. 
    Aggiunge  l'Avvocatura  generale  dello  Stato   che   il   testo
previgente dell'art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 267 del  2000  (d'ora
in avanti: TUEL) era il seguente: «[c]hi ha ricoperto per due mandati
consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia  non
e`, allo scadere del  secondo  mandato,  immediatamente  rieleggibile
alle medesime cariche»; mentre l'art. 1, comma 138, della legge n. 56
del 2014 stabiliva che «[a]i comuni  con  popolazione  fino  a  3.000
abitanti non si applicano le disposizioni di  cui  ai  commi  2  e  3
dell'articolo 51 del testo unico; ai sindaci dei medesimi  comuni  e'
comunque consentito un numero massimo di tre mandati». 
    La disposizione impugnata, dunque, si porrebbe in  contrasto  sia
con la normativa statale vigente al momento della pubblicazione della
legge regionale medesima (12 aprile 2022) - che  non  consentiva  «la
rieleggibilita' consecutiva del sindaco nei comuni con popolazione  a
partire da 3000 abitanti dopo il secondo  mandato»  e  prevedeva  «il
numero massimo di tre mandati consecutivi per i  sindaci  dei  comuni
con popolazione fino a 3.000 abitanti» - sia con  quella  vigente  in
seguito alle modifiche apportate dalla  legge  n.  35  del  2022,  in
vigore dal 14 maggio 2022, «in quanto consente ai sindaci dei  comuni
con popolazione fino a 3.000 abitanti un numero  massimo  di  quattro
mandati consecutivi  anziche'  di  tre,  e  consente  i  tre  mandati
consecutivi ai sindaci  dei  comuni  con  popolazione  "fino  a  5000
abitanti", anziche', come previsto dalla legge  statale,  ai  sindaci
dei comuni con popolazione "inferiore a 5000 abitanti"». 
    Afferma il Presidente del Consiglio dei ministri  che  le  citate
disposizioni del TUEL hanno valenza di norme fondamentali di  riforma
economico-sociale e comunque di «principi  generali  dell'ordinamento
costituzionale». Come tali, costituirebbero  un  limite  inderogabile
anche per le potesta' legislative primarie  previste  dallo  statuto,
«in quanto poste a presidio: a) della  uniformita'  della  disciplina
degli organi di governo  degli  enti  locali  sull'intero  territorio
nazionale; b) della democraticita' dell'ordinamento degli enti locali
sotto il profilo  del  necessario  periodico  ricambio  della  classe
dirigente». 
    Da  tale  ultimo  punto  di  vista,  la  disposizione   impugnata
violerebbe  anche  «gli  artt.  1   e   114   Cost.   (principio   di
democraticita' della Repubblica  fondata  sulle  autonomie  locali)»,
sempre «in combinazione» con l'art.  3,  lettera  b),  dello  statuto
speciale. 
    Essa, dunque, ponendosi in contrasto con  il  novellato  art.  51
TUEL, da un lato, violerebbe l'art. 117, secondo comma,  lettera  p),
Cost., in materia di legislazione elettorale,  organi  di  governo  e
funzioni fondamentali di comuni, province e citta` metropolitane,  e,
dall'altro, eccederebbe dalle competenze statutarie. Infatti,  l'art.
3, lettera  b),  dello  statuto  speciale  attribuisce  alla  Regione
autonoma Sardegna la competenza legislativa esclusiva in  materia  di
ordinamento degli enti locali, ma in armonia con la Costituzione e  i
principi  dell'ordinamento  giuridico  della  Repubblica  e  con   il
rispetto degli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,
nonche' delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali
della Repubblica, e questo al fine di evitare, «in ossequio» all'art.
3 Cost., ingiustificabili disparita` di trattamento  tra  sindaci  di
diverse  regioni,  senza   che   esistano   «obiettive   ragioni   di
differenziazione della situazione dei comuni sardi rispetto ai comuni
del restante territorio nazionale». 
    Aggiunge il ricorrente che nella sentenza n. 143 del 2010  questa
Corte ha affermato che «l'esercizio del potere legislativo  da  parte
delle Regioni in ambiti, pur ad esse affidati in  via  primaria,  che
concernano la ineleggibilita'  e  la  incompatibilita'  alle  cariche
elettive  incontra  necessariamente  il  limite  del   rispetto   del
principio di eguaglianza specificamente sancito in materia  dall'art.
51 Cost». Ricorda, inoltre, che, con la sentenza n. 288 del 2007,  in
specifico  riferimento  alla  potesta'  legislativa  esclusiva  della
Regione Siciliana in tema di ineleggibilita' e  incompatibilita'  dei
consiglieri  degli  enti  locali,  si  e'  anche  affermato  che  «la
disciplina regionale d'accesso  alle  cariche  elettive  deve  essere
strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa
della esigenza  di  uniformita'  in  tutto  il  territorio  nazionale
discendente  dall'identita'  di  interessi  che  Comuni  e   Province
rappresentano riguardo alle rispettive comunita'  locali,  quale  che
sia la Regione di appartenenza». 
    La  giurisprudenza  costituzionale  avrebbe  anche  chiarito  che
«discipline differenziate sono legittime  sul  piano  costituzionale,
solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni peculiari idonee
a  giustificare  il  trattamento  privilegiato   riconosciuto   dalle
disposizioni censurate» (si cita, ancora,  la  sentenza  n.  143  del
2010) o quando vi  sia  la  «necessita`  di  adattare  la  disciplina
normativa alle particolari  esigenze  locali»  (sentenza  n.  82  del
1982). Da questo punto di vista, in  particolare,  talune  discipline
differenziate in tema di elettorato passivo  adottate  dalla  Regione
Siciliana sono state considerate «non costituzionalmente  illegittime
in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali
siano esclusive per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe  a
raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di  soggetti  nel
restante territorio nazionale, ed in ogni caso per motivi adeguati  e
ragionevoli, e finalizzati alla  tutela  di  un  interesse  generale»
(sentenza n. 84 del 1994). 
    Tale «specialita' di situazione», invece,  non  ricorrerebbe  per
l'impugnata  disposizione  della  Regione  autonoma   Sardegna,   non
potendosi «sostenere  che  in  questa  sussistono  minori  rischi  di
influenze  indebite  sulla  competizione  elettorale,   rispetto   al
restante territorio nazionale o, piu' in generale, che  il  principio
di democraticita' della Repubblica e dei suoi enti  locali  debba  in
Sardegna essere applicato in modo da assicurare  minori  possibilita'
di ricambio della classe dirigente». 
    1.2.- La seconda disposizione  impugnata  (rubricata  «Iscrizione
all'Albo dei Segretari comunali e  provinciali  -  Sezione  regionale
Sardegna») prevede: «[a]l fine di sopperire con  urgenza  all'attuale
carenza  di  Segretari  comunali  iscritti  all'Albo  dei   Segretari
comunali e provinciali - Sezione Regionale Sardegna, in  deroga  alle
ordinarie modalita' di accesso all'Albo stesso di cui all'articolo 13
del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997,  n.  465
(Regolamento recante  disposizioni  in  materia  di  ordinamento  dei
segretari comunali e provinciali, a norma dell'articolo 17, comma 78,
della L. 15 maggio 1997, n. 127), nelle more di una riforma regionale
dell'ordinamento dei Segretari comunali e provinciali, e comunque non
oltre il 31 dicembre 2024, gli istruttori direttivi e i funzionari di
ruolo dei comuni e delle province della  Sardegna,  in  possesso  dei
diplomi di laurea di cui all'articolo 13, comma 1,  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  465  del  1997,  che  ne  facciano
richiesta all'Albo nazionale dei Segretari comunali e  provinciali  e
che ricoprano o abbiano ricoperto alla  data  di  entrata  in  vigore
della presente legge  l'incarico  di  vicesegretario,  sono  iscritti
all'Albo dei segretari comunali e  provinciali  -  Sezione  regionale
Sardegna, nella fascia di appartenenza del  comune  o  provincia  ove
prevalentemente abbiano svolto l'incarico». 
    1.2.1.- L'art. 3 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2022, dunque,
nelle more di una riforma regionale  dell'ordinamento  dei  segretari
comunali e provinciali, e comunque non oltre  il  31  dicembre  2024,
recherebbe misure derogatorie rispetto alla  modalita'  ordinaria  di
accesso  all'albo  dei  segretari  comunali:  cosi'   facendo,   essa
violerebbe gli artt. 3, 97, commi  primo  e  terzo,  e  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., nonche' l'art. 3, lettera b), dello statuto
speciale. 
    Andrebbe sottolineato, innanzitutto,  come  nella  giurisprudenza
costituzionale il pubblico  concorso  sia  sempre  stato  considerato
strumentale al rispetto del principio di imparzialita' della pubblica
amministrazione. 
    L'art. 98  TUEL  -  aggiunge  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  -  prevede  che  l'iscrizione  all'albo  dei  segretari  e`
subordinata  al  possesso  dell'abilitazione  concessa  dalla  Scuola
superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della
pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione  autonoma  della
Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno e che al  relativo
corso si accede mediante concorso nazionale. 
    Al contrario, la legge regionale in esame stabilisce che  possono
iscriversi  all'albo  dei  segretari  comunali  e  provinciali  della
sezione regionale, senza sostenere  lo  specifico  concorso  previsto
dalla legge statale, anche gli istruttori direttivi e i funzionari di
ruolo dei comuni e delle province della Sardegna, purche' in possesso
del titolo di studio di cui all'art. 13, comma  1,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 4  dicembre  1997,  n.  465  (Regolamento
recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali
e provinciali, a norma dell'articolo 17, comma  78,  della  legge  15
maggio 1997, n. 127) e purche' ricoprano o  abbiano  ricoperto,  alla
data di entrata in vigore della legge, l'incarico di vicesegretario. 
    L'iscrizione   indiscriminata   e   senza    concorso    all'albo
segretariale dei soggetti contemplati dalla  disposizione  impugnata,
quindi, contrasterebbe «frontalmente» con l'art. 97,  commi  primo  e
terzo, Cost. 
    Al riguardo, il ricorrente richiama la sentenza n. 95 del 2021 di
questa Corte, che, nel pronunciarsi sulla legittimita' costituzionale
di alcune norme di una legge  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol  relativa  allo  status  giuridico  ed  economico  del
segretario comunale della Provincia autonoma di Trento,  ha  ribadito
come non basti, per l'accesso alla relativa  carriera,  il  requisito
del  previo  superamento  di  una  qualsiasi   selezione,   ancorche'
pubblica, quando essa non  garantisca  che  la  scelta  abbia  natura
concorsuale e sia riferita alla tipologia e al livello delle funzioni
che si e` chiamati a svolgere. 
    1.2.2.- L'Avvocatura generale dello Stato prosegue affermando che
il ruolo e le funzioni dei segretari sono disciplinati  dall'art.  97
TUEL e che si tratta di ruolo e funzioni tuttora statali, sicche'  la
disposizione oggetto di impugnazione contrasterebbe anche con  l'art.
117, secondo comma, lettera f), Cost., che attribuisce allo Stato  la
competenza legislativa esclusiva  in  materia  di  ordinamento  degli
uffici statali:  «e`  pacifico,  infatti,  che  la  disciplina  delle
modalita' di accesso ad una  funzione  statale  fa  parte  integrante
della disciplina organizzativa dei relativi uffici». 
    1.2.3.- Ancora, il segretario comunale svolgerebbe  un  complesso
insieme  di  funzioni  al  servizio  dell'ente  locale  e  per   esso
essenziali, come chiarito nella sentenza di questa Corte  n.  23  del
2019: sotto tale profilo, l'impugnato art. 3 violerebbe  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  p),  Cost.,  che  riserva  allo  Stato   la
competenza legislativa esclusiva in materia di organi  di  governo  e
funzioni fondamentali degli enti locali. 
    La competenza statutaria in materia  di  ordinamento  degli  enti
locali riconosciuta  alla  Regione  autonoma  Sardegna  dall'art.  3,
lettera b), dello statuto speciale  non  potrebbe  essere  esercitata
fino a vanificare le richiamate competenze statali, poiche' la figura
del  segretario  comunale  e`  pacificamente  unitaria  su  tutto  il
territorio nazionale e «non conosce specificita'» per quanto riguarda
gli enti locali delle regioni  a  statuto  speciale:  «qui,  si  puo'
postulare un principio di necessaria uniformita' a livello  nazionale
della figura del segretario comunale o provinciale». 
    1.2.4.- Inoltre, costituendo l'iscrizione all'albo un presupposto
per la stipulazione del contratto di lavoro tra il  segretario  e  il
comune e incidendo, quindi, sulla loro capacita' di agire «in  ordine
alla stipula del contratto di  prestazione  d'opera  come  segretario
comunale o provinciale di  un  dato  ente  locale»,  la  disposizione
impugnata violerebbe anche l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva
in materia di ordinamento civile. 
    1.2.5.-  Infine,  il  differente  trattamento  introdotto   dalla
disposizione regionale impugnata rispetto alla  disciplina  nazionale
determinerebbe  una  ingiustificata  disparita`  di  trattamento  nei
confronti degli iscritti alle altre  sezioni  regionali  dell'albo  e
comunque dei dipendenti degli enti locali  delle  altre  regioni,  ai
quali e` preclusa analoga possibilita' di iscrizione  agevolata,  con
conseguente violazione degli artt. 3 e 51, primo comma, Cost.,  sotto
il profilo dell'uguaglianza e del diritto  di  accedere  ai  pubblici
uffici in condizioni di parita'. 
    Sul punto, viene ricordata la sentenza n. 95 del 2021  di  questa
Corte,   che   avrebbe    sottolineato    l'irragionevolezza    della
sottoposizione alla medesima  disciplina  di  «possessori  di  titoli
abilitativi di valenza oggettivamente diversa». 
    2.- Con atto depositato il 15 luglio 2022, si  e'  costituita  in
giudizio la Regione autonoma Sardegna, eccependo l'inammissibilita' e
la non fondatezza delle questioni proposte in ricorso. 
    2.1.- Quanto a  quelle  relative  all'art.  1  della  legge  reg.
Sardegna n. 9 del  2022,  secondo  la  resistente,  in  primo  luogo,
sarebbe non pertinente  l'evocato  parametro  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera p), Cost., dal  momento  che  la  disposizione
regionale impugnata  non  sarebbe  riconducibile  a  tale  competenza
legislativa esclusiva statale, ma, statuendo sul  numero  di  mandati
dei sindaci, atterrebbe al diritto di elettorato passivo riconosciuto
dall'art. 51 Cost., parametro, questo, che non sarebbe stato  evocato
dal ricorrente. 
    La censura, inoltre, sarebbe formulata in modo  assertivo  e  non
spiegherebbe in alcun modo  le  ragioni  della  lamentata  violazione
dell'ambito  di  competenza  statale,  e  cio'  varrebbe  anche   con
riferimento all'evocazione dei parametri di cui agli artt.  1  e  114
Cost.  Da  qui  la  sua  inammissibilita',  essendo  costante   nella
giurisprudenza  costituzionale  l'affermazione  che  e'   onere   del
ricorrente  non  solo  individuare  le  disposizioni  impugnate  e  i
parametri costituzionali dei  quali  si  lamenta  la  violazione,  ma
altresi' proporre una  motivazione  che  contenga  una  «specifica  e
congrua indicazione»  delle  ragioni  per  le  quali  vi  sarebbe  il
contrasto con i parametri evocati (si citano le sentenze  n.  25  del
2020, n. 201 e n. 83 del 2018). 
    Inammissibili per genericita' e apoditticita' sarebbero anche  le
censure relative all'ampliamento della sfera dei comuni in  cui  sono
consentiti  tre  mandati,  fondate  sull'assunto   che   quelli   con
popolazione fino a cinquemila abitanti sarebbero in  numero  maggiore
di quelli con popolazione inferiore. Si tratterebbe, infatti, di  una
mera asserzione  «che  non  tiene  conto  del  contesto  fattuale  di
riferimento; contesto di cui invece  aveva  contezza  il  legislatore
regionale»: al momento dell'adozione della  legge  non  vi  sarebbero
stati, infatti,  comuni  sardi  con  popolazione  pari  a  cinquemila
abitanti. 
    2.2.- Le questioni  relative  all'art.  1  della  predetta  legge
regionale, nel merito, sarebbero non fondate. 
    2.2.1.- In relazione alla censura di  violazione  dell'art.  117,
secondo  comma,  lettera  p),  Cost.,  secondo  la  Regione  autonoma
Sardegna, la competenza prevista  da  tale  parametro  costituzionale
andrebbe «comparata» con quella di cui all'art. 3, lettera b),  dello
statuto concernente l'ordinamento degli enti locali e delle  relative
circoscrizioni. 
    Il carattere esclusivo della  competenza  legislativa  attribuita
alla Regione autonoma Sardegna  renderebbe  possibili  adattamenti  e
differenziazioni  dell'ordinamento  degli  enti   locali   sardi   in
relazione alle loro specificita'. 
    Peraltro, anche ove si volesse ascrivere la  normativa  impugnata
alla materia elettorale,  essa  sarebbe  comunque  riconducibile  non
all'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost.,  ma  alla  competenza
statutaria  dell'ordinamento  degli  enti  locali  e  delle  relative
circoscrizioni (si cita la sentenza n. 105 del 1957). 
    2.2.2.- Quanto alla lamentata  violazione  dell'art.  3  Cost.  e
dell'art.  3,  lettera  b),  dello  statuto  speciale,   la   Regione
resistente osserva  che  il  ragionamento  del  ricorrente  si  fonda
sull'assunto  che  sia   espressione   di   un   principio   generale
dell'ordinamento non  la  previsione  di  un  ragionevole  limite  al
mandato dei sindaci, ma unicamente  quella  specificamente  contenuta
nell'art. 51 TUEL. 
    Tuttavia, non sarebbe spiegato «perche' la previsione,  in  tutto
il  territorio  nazionale,  di  un   identico   numero   di   mandati
garantirebbe» l'uniformita' di disciplina «e perche',  al  contrario,
detta uniformita' sarebbe lesa a  seguito  della  previsione  di  una
differenza non sostanziale [...] quale quella di un numero di mandati
superiore di una sola unita`». 
    Quanto al limite  al  diritto  di  elettorato  passivo  -  «punto
essenziale  della  questione»  -  questa  Corte  avrebbe  piu'  volte
riconosciuto,  con  riferimento  alla  potesta'  legislativa  di  una
regione a statuto speciale, quale  la  Regione  Siciliana,  che  tale
limite e` dato «dall'esigenza di garantire sul  territorio  nazionale
una sostanziale uguaglianza» (si citano le sentenze n. 143 del  2010,
n. 162 e n. 20 del 1985, e n. 108 del 1969). 
    Cio' significherebbe, secondo la Regione autonoma Sardegna, che i
limiti  al  diritto  in  esame  devono  essere   contestualizzati   e
bilanciati con altri  interessi  e  diritti  fondamentali  ugualmente
garantiti,  come  sarebbe  confermato  dal  fatto   che   lo   stesso
legislatore  statale,  preso  atto  del  numero  sempre   minore   di
candidature nelle  realta'  territoriali  di  dimensione  demografica
ridotta, e` recentemente intervenuto ampliando il numero dei  mandati
consecutivi per i sindaci dei comuni  con  popolazione  inferiore  ai
cinquemila abitanti. 
    La Regione resistente richiama, poi,  l'orientamento  consolidato
di questa Corte, secondo cui «il diritto di elettorato  passivo  puo'
essere  compresso  solo  in  vista  di  esigenze   costituzionalmente
rilevanti» e «l'eleggibilita' e' la regola, mentre  l'ineleggibilita'
e' l'eccezione» (si citano le sentenze n. 25 del 2008, n.  306  e  n.
220 del 2003): la disposizione regionale impugnata  sarebbe  coerente
con la riconosciuta eccezionalita' dei limiti all'eleggibilita'. 
    Andrebbe inoltre sottolineato che «esistono obiettive ragioni  di
differenziazione della situazione dei comuni sardi rispetto a  quelli
del territorio nazionale e che queste sono  state  esplicitate  nella
relazione di accompagnamento alla proposta di legge». 
    Nella  menzionata  relazione,   infatti,   si   legge   che   «lo
spopolamento, la densita' demografica tra le piu' basse d'Italia,  il
livello di perifericita' dei territori rispetto alla rete  di  centri
urbani e rispetto all'accesso  ai  servizi,  rendono  particolarmente
gravoso il compito dei Sindaci il cui impegno  richiede  capacita'  e
responsabilita' che spesso vanno oltre il ruolo che istituzionalmente
sono richiamati a ricoprire», come sarebbe comprovato  dai  «numerosi
commissariamenti registrati nell'Isola negli ultimi anni anche per la
difficolta' a reperire candidati alla carica di Sindaco,  soprattutto
nei Comuni con le caratteristiche sopracitate»; e che  «si  riscontra
la necessita' di consentire all'elettorato di poter  confermare  alla
guida dei rispettivi comuni figure esperte che possano  garantire  la
continuita' dell'azione amministrativa, con  particolare  riferimento
ai procedimenti e alle azioni relative alla realizzazione  del  PNRR,
nonche'  i  procedimenti  di  protezione  civile,  di  mitigazione  e
ricostruzione  derivanti  dalle  emergenze  nazionali   e   regionali
verificatesi  nel  territorio  della  Sardegna,  e  potere   altresi'
consentire stabilita' di indirizzo alle unioni  dei  comuni,  a  loro
volta impegnate nell'utilizzo di  notevoli  risorse  derivanti  dalla
programmazione europea, nazionale e regionale». 
    La questione - prosegue la Regione autonoma  Sardegna  -  sarebbe
non fondata anche in relazione all'art. 3, lettera b), dello  statuto
speciale. 
    Dalle considerazioni svolte sopra, infatti, si evincerebbe che il
legislatore regionale sardo ha esercitato la sua potesta' legislativa
primaria nel rispetto  della  Costituzione,  del  principio  generale
dell'ordinamento   giuridico   in   base   al   quale    il    limite
all'eleggibilita'   deve   essere   contenuto,   dei   principi    di
ragionevolezza  e  proporzionalita'  che  consentono  di  derogare  a
disposizioni statali, garantendo la  tutela  del  principio  generale
sotteso alle medesime  disposizioni  e  di  interessi  costituzionali
altrettanto fondamentali e generali, quale quello  di  assicurare  la
governabilita' dei territori. 
    2.3.- Circa l'impugnazione dell'art. 3 della legge reg.  Sardegna
n.  9  del  2022,  la   resistente   eccepisce,   in   primo   luogo,
«l'inammissibilita'  per  non   pertinenza»   di   alcuni   parametri
costituzionali evocati. 
    In particolare, sarebbe inconferente  il  richiamo  all'art  117,
secondo comma, lettere f)  e  p),  Cost.,  perche',  da  un  lato,  i
segretari comunali  e  i  vicesegretari  (funzionari  comunali)  sono
dipendenti pubblici e non organi dello Stato, e, dall'altro, essi non
sono neanche organi di governo del comune e  le  loro  funzioni,  pur
importanti, non possono essere  ascritte  a  quelle  fondamentali  di
comuni, province e citta` metropolitane. 
    Ne', infine, sarebbe pertinente - e comunque non sarebbe spiegato
in quale rapporto si collochi rispetto alla fattispecie in esame - il
richiamo all'art. 97, primo comma, Cost., che statuisce l'obbligo per
le  pubbliche  amministrazioni  di  assicurare,   in   coerenza   con
l'ordinamento dell'Unione europea,  l'equilibrio  dei  bilanci  e  la
sostenibilita' del debito pubblico. 
    2.4.-   Nel   merito,   secondo   la   Regione   resistente,   le
argomentazioni  esposte  in  ricorso  si  fondano  su   una   lettura
incompleta della disposizione impugnata, finalizzata a risolvere,  in
via  temporanea  e  transitoria,  le  gravi  ed  urgenti   criticita'
conseguenti alla carenza di segretari comunali in Sardegna,  dove  in
circa l'ottanta per cento dei comuni minori si registrano vacanze  di
posti in organico. 
    I tratti salienti  della  disciplina  in  questione  sarebbero  i
seguenti: a) e' stabilito un limite  di  applicazione,  ossia  il  31
dicembre 2024, sicche' non vi sarebbe  alcuna  iscrizione  definitiva
all'albo, ne´  una  regolamentazione  sostitutiva;  b)  possono  fare
richiesta di iscrizione gli istruttori direttivi e  i  funzionari  in
ruolo che abbiano i requisiti  per  partecipare  alla  selezione  per
segretari comunali e che abbiano svolto l'incarico di  vicesegretari,
ossia «funzionari apicali, gia' scelti per le loro competenze e  gia'
ritenuti meritevoli di svolgere  la  funzione  di  vicesegretario  in
periodi di assenza, per i quali  viene  esteso,  sino  a  un  termine
fissato in legge, il periodo  di  espletamento  dell'incarico,  nelle
fattispecie di vacanza della sede»; c) l'iscrizione non e` automatica
e potrebbe essere rifiutata; d) non e' prescritto  alcun  obbligo  di
nomina per i sindaci. 
    Cio' posto, non sarebbe violata la regola del pubblico  concorso,
poiche' non si tratterebbe di accesso  a  impieghi  pubblici,  ma  di
«eventuale [...] conferimento temporaneo di incarico per chi e`  gia'
in ruolo». 
    Peraltro, secondo la  giurisprudenza  costituzionale,  la  deroga
alla regola del  pubblico  concorso  sarebbe  ammissibile  quando  si
presenti    maggiormente     funzionale     al     buon     andamento
dell'amministrazione e ricorrano straordinarie  esigenze  d'interesse
pubblico (si citano le sentenze n. 40 del 2018 e n. 227 del 2013). 
    Infine, la disposizione impugnata non prevedrebbe alcuna modifica
alla disciplina di accesso all'albo, ma,  per  sopperire  alla  grave
carenza di segretari, detterebbe per un limitato periodo di tempo una
regolamentazione transitoria e dalla portata semplificatoria. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    l.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  gli
artt. 1 e 3  della  legge  reg.  Sardegna  n.  9  del  2022,  recanti
disposizioni  concernenti,  rispettivamente,  il  numero  massimo  di
mandati consecutivi dei sindaci e l'iscrizione alla sezione regionale
dell'albo dei segretari provinciali e comunali. 
    2.-  La  prima  delle  due  disposizioni  impugnate  modifica  la
precedente legge reg. Sardegna n.  4  del  2012,  inserendovi  l'art.
1-bis, che consente ai sindaci dei  comuni  con  popolazione  fino  a
tremila abitanti un numero massimo di quattro mandati consecutivi,  e
permette lo svolgimento di un massimo di tre mandati  consecutivi  ai
sindaci dei comuni con popolazione fino a cinquemila abitanti. 
    Nella Regione autonoma Sardegna,  prima  dell'introduzione  della
disposizione impugnata, vigeva l'art. 1, comma 17, della legge  della
Regione Sardegna 7  agosto  2009,  n.  3  (Disposizioni  urgenti  nei
settori economico e sociale), in forza del quale, «[i]n attesa  della
disciplina organica regionale dell'ordinamento degli enti locali,  in
deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 18 agosto  2000,  n.
267 (Testo unico delle leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali),
articolo 51, comma 2, nei comuni  sardi  aventi  popolazione  sino  a
3.000  abitanti»  erano  «consentititi   al   sindaco   tre   mandati
consecutivi». 
    Questa disposizione e' stata abrogata  dall'art.  2  della  legge
reg. Sardegna n. 9 del 2022. 
    Secondo il ricorrente, l'impugnato art. 1 di  quest'ultima  legge
violerebbe gli artt. 3 e  117,  secondo  comma,  lettera  p),  Cost.,
l'art. 3, lettera b), dello statuto speciale,  nonche'  il  principio
costituzionale di parita' di accesso alle cariche elettive.  Infatti,
per i sindaci dei comuni considerati, essa fissa un numero massimo di
mandati consecutivi diverso da  quello  previsto  dalla  legislazione
statale.  Quest'ultima  conterrebbe  norme  fondamentali  di  riforma
economico-sociale  e  comunque  «principi  generali  dell'ordinamento
costituzionale»,  costituenti  limite  inderogabile   alla   potesta'
legislativa primaria della Regione autonoma Sardegna  in  materia  di
ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni. 
    Ad avviso dell'Avvocatura  generale,  questi  principi  sarebbero
posti a  presidio,  da  un  lato,  della  necessaria  uniformita'  di
disciplina degli organi di  governo  degli  enti  locali  sull'intero
territorio nazionale, e,  dall'altro,  della  stessa  «democraticita'
dell'ordinamento degli enti locali sotto il  profilo  del  necessario
periodico ricambio della classe dirigente». 
    Piu' in particolare, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
lamenta  che  la  disposizione  regionale   differisca,   sia   dalla
disciplina statale vigente al momento della sua entrata in vigore (12
aprile 2022) - recata dal combinato  disposto  dell'art.  51  TUEL  e
dell'art. 1, comma 138, della legge n. 56 del 2014 - in  forza  della
quale i sindaci dei comuni fino a tremila abitanti potevano  svolgere
tre mandati consecutivi e i sindaci degli altri comuni due; sia dalla
disciplina statale recata dall'odierno art. 51 TUEL (in vigore dal 14
maggio 2022), in forza del quale i sindaci dei comuni con popolazione
inferiore  a  cinquemila  abitanti  possono  svolgere   tre   mandati
consecutivi e i sindaci degli altri comuni due. 
    3.- Nell'atto di costituzione della Regione resistente si afferma
che il ricorrente non avrebbe  invocato  il  parametro  dell'art.  51
Cost. 
    Se cosi' fosse, la disposizione regionale censurata non  potrebbe
essere scrutinata alla luce del principio costituzionale  di  parita'
di accesso alle cariche elettive, ma l'affermazione della  resistente
non corrisponde al tenore del ricorso. Invero,  le  censure  statali,
considerate complessivamente (tra le tante, sentenze n. 242 del 2022,
n. 281 del 2020 e n. 272  del  2020),  si  incentrano  proprio  sulla
necessita', per le autonomie speciali, di rispettare il principio  di
eguaglianza  nell'accesso  alle  cariche  elettive.  Del  resto,   il
ricorso, conformemente alla delibera del Consiglio  dei  ministri  di
autorizzazione  all'impugnazione,  contiene  ampie  citazioni   della
giurisprudenza costituzionale in  materia,  che  si  riferiscono  con
evidenza, anche testualmente, all'art. 51 Cost., in collegamento  con
l'art. 3 Cost. 
    La disposizione costituzionale in parola, nonche' il principio da
essa stabilito, sono dunque parte del thema decidendum  sottoposto  a
questa Corte. 
    4.-  La  Regione  resistente  solleva,  inoltre,  due   eccezioni
d'inammissibilita'. 
    La prima, basata sulla presunta assertivita'  delle  affermazioni
contenute nel ricorso e sul  difetto  di  motivazione,  attiene  alle
modalita' con le quali  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  avrebbe
evocato gli artt. 1 e 114 Cost. 
    Si tratta, tuttavia, di un'eccezione mal posta: gli artt. 1 e 114
Cost. non sono stati  richiamati  quali  parametri  costituzionali  a
supporto di una censura distinta e autonoma  dalle  altre,  bensi'  a
corredo delle argomentazioni che il ricorso incentra sulla violazione
del principio  contenuto  nell'art.  51  Cost.  I  due  parametri  in
questione, infatti, secondo il ricorrente,  sarebbero  a  loro  volta
espressivi del principio di  «democraticita'  dell'ordinamento  degli
enti locali sotto il profilo del necessario periodico ricambio  della
classe dirigente». Ed e' tale principio, in questa prospettazione,  a
reggere la censura, poiche' esso illuminerebbe la ratio del limite al
numero dei mandati consecutivi dei sindaci, che non  potrebbe  essere
diversamente regolato dalle autonomie speciali, a pena di violazione,
appunto, dell'art. 51 Cost. 
    Con la seconda eccezione, la Regione autonoma Sardegna lamenta la
genericita' e l'apoditticita' della censura relativa  all'ampliamento
della sfera dei comuni ai cui sindaci sono consentiti tre mandati. Il
ricorrente si duole della circostanza che la  disposizione  impugnata
consenta  i  tre  mandati  consecutivi  ai  sindaci  dei  comuni  con
popolazione «fino a 5000 abitanti»,  anziche',  come  previsto  dalla
legge statale, ai sindaci dei comuni  con  popolazione  «inferiore  a
5000 abitanti». La resistente obietta che il ricorso «non tiene conto
del  contesto  fattuale  di   riferimento»,   poiche',   al   momento
dell'adozione della legge regionale impugnata non vi sarebbero  stati
Comuni sardi con popolazione pari a cinquemila abitanti. 
    Anche questa eccezione non e'  fondata,  perche'  la  censura  e'
chiara nel denunziare il discostarsi della legge regionale da  quella
statale,   ritenuta   espressiva   di    un    «principio    generale
dell'ordinamento costituzionale» in grado di imporsi alle  regioni  a
statuto speciale. Da questo punto di vista, la eventuale marginalita'
dello scostamento, che la Regione  resistente  deduce,  potrebbe,  al
piu', rilevare per la valutazione del merito della  censura,  ma  non
quale ragione di inammissibilita'. 
    5.- Nel  merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2022 e'  fondata,  per
violazione dell'art. 3, lettera b), dello statuto  speciale  e  degli
artt. 3 e 51 Cost. 
    6.- La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ricondotto
la disciplina che regola - nelle regioni ad autonomia speciale  -  le
elezioni  degli  enti  locali,  e  le  relative   ineleggibilita'   e
incompatibilita',  alla   competenza   statutaria   in   materia   di
ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni (quanto
alla disciplina elettorale: sentenze n. 168 del 2018, n. 48 del 2003,
n. 230 del 2001, n. 84 del 1997, n. 96 del 1968 e n.  105  del  1957;
quanto a  quella  in  tema  di  ineleggibilita'  e  incompatibilita':
sentenze n. 283 del 2010, n. 288 del 2007, n. 189 del 1971 e  n.  108
del 1969). Alla  stessa  materia  sono  state  altresi'  ascritte  le
disposizioni che pongono un limite ai mandati consecutivi alla carica
di assessore (sentenza n. 133 del 1997). 
    Si tratta, in particolare per quanto riguarda la Regione autonoma
Sardegna, di una competenza statutaria da esercitarsi  «[i]n  armonia
con la Costituzione e i  principi  dell'ordinamento  giuridico  della
Repubblica e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli
interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali  delle  riforme
economico-sociali della Repubblica» (cosi', l'art.  3  dello  statuto
speciale). 
    Intervenendo sui limiti che  le  regioni  ad  autonomia  speciale
incontrano nel disciplinare la  materia  elettorale  e  le  cause  di
ineleggibilita' e incompatibilita' alle cariche elettive, sia  locali
sia  regionali,  questa  Corte  ha  particolarmente   insistito   sul
necessario rispetto del principio di eguaglianza sancito,  quanto  al
diritto di elettorato passivo,  dall'art.  51,  primo  comma,  Cost.,
secondo cui «[t]utti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso  possono
accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive  in  condizioni
di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge». 
    Si e' cosi' affermato che la potesta' legislativa primaria  delle
regioni ad autonomia speciale  deve  «svolgersi  in  armonia  con  la
Costituzione  e   i   principi   dell'ordinamento   giuridico   della
Repubblica,  nonche'  delle  altre  disposizioni  dello  statuto  (da
ultimo, sentenza n. 143 del 2010). Di modo che l'esercizio del potere
legislativo anche da  parte  delle  Regioni  a  statuto  speciale  in
ambiti, pur ad esse affidati  in  via  primaria,  che  concernano  la
ineleggibilita' e la incompatibilita' alle cariche elettive, incontra
necessariamente il limite del rispetto del principio  di  eguaglianza
specificamente sancito in materia dall'art. 51  Cost.»  (sentenza  n.
277 del 2011). 
    Si e' altresi' precisato che «il riconoscimento  di  tali  limiti
non vuol dire disconoscere la potesta' legislativa primaria di cui e'
titolare la Regione, ma significa tutelare il fondamentale diritto di
elettorato  passivo,  trattandosi  "di  un   diritto   che,   essendo
intangibile nel suo  contenuto  di  valore,  puo'  essere  unicamente
disciplinato da leggi generali, che  possono  limitarlo  soltanto  al
fine  di  realizzare  altri  interessi   costituzionali   altrettanto
fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali  tra
cittadino e cittadino,  qualunque  sia  la  Regione  o  il  luogo  di
appartenenza" (cfr. ex plurimis sentenza n. 235 del 1988)»  (sentenza
n. 143 del 2010; in termini, sentenze n. 288 del  2007,  n.  539  del
1990 e n. 189 del 1971). 
    Si e' anche sottolineato, con specifico  riferimento  all'accesso
alle cariche elettive locali, che questa uniformita' di disciplina e'
intimamente connessa all'identita' di interessi che comuni e province
rappresentano riguardo alle rispettive  comunita'  locali,  qualunque
sia la regione in cui gli enti locali si trovino (sentenze n. 288 del
2007 e n. 539 del 1990). 
    Su  queste  basi,  sono   state   dichiarate   costituzionalmente
illegittime  sia  la  introduzione  di  «nuove  o  diverse  cause  di
ineleggibilita'   [...],   sia   la   previsione   come   causa    di
ineleggibilita' di situazioni previste a livello nazionale come cause
di incompatibilita' o di anomale  discipline  della  incompatibilita'
[...], sia la mancata previsione di cause di ineleggibilita' presenti
nella legislazione statale» (sentenza n. 288  del  2007;  in  termini
identici, sentenze n. 539 del 1990 e n. 189 del 1971). 
    Questa Corte ha anche chiarito che  alla  specifica  esigenza  di
uniformita', cosi' affermata, le regioni a statuto  speciale  possono
derogare solo in  presenza  di  «particolari  situazioni  ambientali»
(sentenza n. 283 del 2010) o «condizioni peculiari locali»  (sentenze
n. 143 del 2010 e n. 276 del 1997), o «condizioni  locali  del  tutto
peculiari o eccezionali»  (sentenza  n.  539  del  1990),  ossia  «in
presenza di situazioni concernenti categorie di  soggetti,  le  quali
siano esclusive» per la regione ad  autonomia  speciale,  «ovvero  si
presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse
categorie di soggetti nel restante territorio nazionale» (sentenza n.
288 del 2007; in termini identici, sentenza  n.  108  del  1969),  o,
ancora,  «solo  per  particolari  categorie  di  soggetti  che  siano
esclusive della Regione» (sentenza n. 189 del 1971). 
    A   tale   stregua,   sono   state    eccezionalmente    ritenute
costituzionalmente  legittime  discipline  d'accesso   alle   cariche
elettive locali della Regione Siciliana piu'  restrittive  di  quella
nazionale,     in     ragione     delle     «peculiari     condizioni
dell'amministrazione locale  siciliana,  caratterizzata  da  fenomeni
particolarmente gravi di  pressione  della  criminalita'  organizzata
sulle amministrazioni pubbliche» e del «numero e gravita' di  episodi
di illegalita' amministrativa riscontrati in tale  ambito»  (sentenza
n. 288 del 2007); ovvero in ragione delle «rilevate  connessioni  fra
criminalita' di tipo mafioso e ambiente politico»,  nello  «specifico
ambiente» del mercato del lavoro siciliano (sentenza n. 539 del 1990;
in termini analoghi, con riferimento alle cariche elettive regionali,
sentenza n. 127 del 1987). 
    7.-  Alla  competenza  fin  qui   considerata   sono   ovviamente
riconducibili anche le  disposizioni,  quale  quella  impugnata,  che
pongono un limite ai mandati consecutivi dei sindaci: ma la questione
centrale posta dal ricorso odierno e'  se  la  normativa  statale  in
materia, invocata dal ricorrente, sia idonea a riempire di  contenuto
il principio di cui all'art. 51 Cost., fungendo cosi' da limite  alla
menzionata competenza. 
    La risposta deve essere positiva. 
    Non solo non sono convincenti,  come  si  dira',  le  motivazioni
addotte  dalla  Regione  resistente  per  sottrarre  la  disposizione
impugnata allo  specifico  statuto  costituzionale  cui  soggiace  la
generale disciplina regionale d'accesso alle cariche elettive locali;
ma  gli  argomenti  per  ricondurla  entro  tale   regime   risultano
particolarmente stringenti. 
    Infatti,  come  emergera'  anche  all'esito  della   ricognizione
dell'evoluzione normativa riferita al limite ai  mandati  consecutivi
dei  sindaci,  alla  luce  della  giurisprudenza  comune  che  ne  ha
ricostruito  le  rationes,  il  limite  in  questione  incide   sulle
condizioni di accesso  alla  carica  apicale  dell'ente  locale,  con
rilevanti ricadute sull'assetto  complessivo  dell'ente  medesimo,  e
individua un punto di equilibrio  tra  plurime  esigenze  di  rilievo
costituzionale. 
    Per tali ragioni, anche le  disposizioni  come  quella  impugnata
devono essere conformi «ai principi  della  legislazione  statale,  a
causa della esigenza di uniformita' in tutto il territorio  nazionale
[...] giacche' proprio il principio di cui all'art. 51  Cost.  svolge
il ruolo di garanzia generale di un  diritto  politico  fondamentale,
riconosciuto ad ogni cittadino con  i  caratteri  dell'inviolabilita'
(ex art. 2 Cost.: sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e  n.  539
del 1990)» (sentenza n. 277 del 2011). 
    7.1- Il legislatore statale ha per la prima volta  introdotto  un
limite  al  numero  dei  mandati  consecutivi  dei  sindaci  (e   dei
presidenti delle province) con l'art. 2 della legge 25 marzo 1993, n.
81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del
consiglio comunale e del consiglio provinciale). 
    Dopo avere  stabilito,  al  comma  1,  che  «[i]l  sindaco  e  il
consiglio comunale, il presidente  della  provincia  e  il  consiglio
provinciale durano in carica per un  periodo  di  quattro  anni»,  la
disposizione prevedeva infatti, al comma 2, che chi «ha ricoperto per
due mandati consecutivi la carica di sindaco e  di  presidente  della
provincia non e', allo scadere del  secondo  mandato,  immediatamente
rieleggibile alle medesime cariche». 
    Successivamente, l'art. 51 TUEL - innalzando  a  cinque  anni  la
durata  del  mandato  del  sindaco,  del  Consiglio   comunale,   del
presidente della provincia e del Consiglio provinciale (comma 1) - ha
ribadito la regola del divieto del terzo mandato  consecutivo  (comma
2), ammettendolo, tuttavia, «se uno dei  due  mandati  precedenti  ha
avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un  giorno,  per  causa
diversa dalle dimissioni volontarie» (comma 3). 
    L'art 1, comma 138, della legge n. 56 del 2014  ha  poi  previsto
che «[a]i comuni  con  popolazione  fino  a  3.000  abitanti  non  si
applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 51  del
testo unico; ai sindaci dei medesimi comuni e' comunque consentito un
numero massimo di tre mandati». 
    Dopo che, negli anni successivi, diversi disegni di  legge  volti
alla modifica dell'art. 51 TUEL non erano stati portati a compimento,
nel 2018 (nel corso della XVIII legislatura) veniva  presentata  alla
Camera  dei  deputati  una  proposta  di  legge,  avente  ad  oggetto
«Modifiche al testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti
locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre
disposizioni in materia di status  e  funzioni  degli  amministratori
locali, di semplificazione dell'attivita' amministrativa e di finanza
locale» (A.C. n. 1356), a cui, in fase di  esame,  venivano  abbinate
ulteriori proposte di legge. 
    Nella versione originaria, questo progetto di legge prevedeva  la
possibilita' di un terzo mandato consecutivo per i sindaci dei comuni
con popolazione da  cinquemila  a  quindicimila  abitanti,  e  nessun
limite per i sindaci dei comuni al di sotto dei cinquemila. 
    Nel  corso  dei  lavori  parlamentari,  tuttavia,  una  serie  di
emendamenti modificava alquanto il  testo  originario  del  progetto,
diminuendone  significativamente   la   portata   ampliativa.   Cosi'
modificato, il testo  veniva  approvato  definitivamente  dal  Senato
della Repubblica il 5 aprile 2022, divenendo legge n. 35 del 2022. 
    Quest'ultima,  per  quanto  qui  rileva,  all'art.  3,  rubricato
«Disposizioni concernenti la limitazione del mandato dei sindaci  nei
comuni di minori dimensioni», ha modificato il comma 2  dell'art.  51
TUEL (comma 1) e ha abrogato il comma 138 dell'art. 1 della legge  n.
56 del 2014 (comma 2). 
    A seguito di tali modifiche, la nuova formulazione dell'art.  51,
comma 2, TUEL prevede, a decorrere dal 14 maggio 2022, il  limite  di
tre mandati consecutivi per i  sindaci  dei  comuni  con  popolazione
inferiore a cinquemila abitanti e il limite  di  due  per  gli  altri
(ferma  restando  per  quest'ultimi,  ai  sensi  del  comma   3,   la
possibilita' di un terzo mandato consecutivo se uno dei  due  mandati
precedenti ha avuto durata inferiore  a  due  anni,  sei  mesi  e  un
giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie). 
    Il  vigente  art.  51,  comma  2,  TUEL,  inoltre,  qualifica  il
pregresso svolgimento dei (due o tre) mandati  consecutivi  non  piu'
come causa di ineleggibilita', ma come causa  di  "incandidabilita'",
con la conseguenza che essa e'  rilevabile  prima  dello  svolgimento
delle elezioni ad opera della commissione elettorale. 
    7.2.- E'  comunemente  riconosciuto  che  il  limite  ai  mandati
consecutivi dei sindaci (e dei presidenti di  provincia),  introdotto
con la legge n. 81 del 1993, e' stato pensato quale temperamento  "di
sistema" rispetto alla contestuale introduzione della  loro  elezione
diretta (Corte di cassazione,  sezione  prima  civile,  ordinanza  24
febbraio 2021, n. 5060, nonche' sentenze, 4 dicembre 2012, n.  21685,
5 giugno 2007, n. 13181, e 3 agosto 2002, n. 11661). In  effetti,  la
previsione di un tale limite si presenta quale «punto  di  equilibrio
tra  il   modello   dell'elezione   diretta   dell'esecutivo   e   la
concentrazione del potere in capo a una sola persona che ne  deriva»:
sistema che puo' produrre «effetti negativi anche sulla par  condicio
delle elezioni successive, suscettibili di essere alterate da rendite
di posizione» (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza  9  giugno
2008, n. 2765). 
    Cio' appare vero «soprattutto nei livelli di governo locale, data
la prossimita' tra l'eletto e la comunita', onde il  rischio  di  una
sorta di regime da parte del primo in caso di  successione  reiterata
nelle funzioni di governo  nell'ambito  di  quest'ultima»  (Corte  di
cassazione, sezione prima civile, sentenza 29 marzo 2013, n. 7949; in
termini, Consiglio di Stato, sezione prima, parere 1° febbraio  2016,
n. 179). 
    In generale, come afferma la giurisprudenza di  legittimita'  (in
relazione al divieto del terzo mandato consecutivo per i  comuni  con
popolazione non inferiore a cinquemila abitanti), il limite in parola
ha lo scopo di tutelare «il diritto di voto dei cittadini, che  viene
in questo  modo  garantito  nella  sua  liberta',  e  l'imparzialita'
dell'amministrazione, impedendo  la  permanenza  per  periodi  troppo
lunghi nell'esercizio del potere di gestione degli enti  locali,  che
possono dar luogo ad anomale espressioni di clientelismo»  (Corte  di
cassazione, sezione prima civile, sentenza 26 marzo 2015, n. 6128; in
termini, sezione prima civile, sentenza 6 dicembre 2007,  n.  25497);
serve a «favorire il ricambio ai vertici dell'amministrazione  locale
ed   evitare    la    soggettivizzazione    dell'uso    del    potere
dell'amministratore  locale»  (Corte  di  cassazione,  sezione  prima
civile, sentenze 12 febbraio 2008, n. 3383,  e  20  maggio  2006,  n.
11895), o, ancora, a  «evitare  fenomeni  di  sclerotizzazione  della
situazione politico  amministrativa  locale»  (Corte  di  cassazione,
sezione prima civile, sentenza 9 ottobre 2007, n. 21100). 
    8.- Attraverso l'art. 51, comma 2, TUEL, il  legislatore  statale
ha ritenuto di introdurre una limitazione al  diritto  di  elettorato
passivo giustificata dal concorrere  di  ulteriori  interessi,  tutti
parimenti meritevoli di considerazione. 
    La previsione del numero massimo dei  mandati  consecutivi  -  in
stretta connessione con l'elezione  diretta  dell'organo  di  vertice
dell'ente locale, a  cui  fa  da  ponderato  contraltare  -  riflette
infatti una scelta normativa idonea a inverare e garantire  ulteriori
fondamentali  diritti  e  principi  costituzionali:  l'effettiva  par
condicio tra i candidati, la liberta' di voto dei singoli elettori  e
la  genuinita'  complessiva   della   competizione   elettorale,   il
fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in  definitiva,
la stessa democraticita' degli enti locali. 
    Tali ulteriori interessi costituzionali sono destinati ad operare
in armonia con il principio presidiato dall'art. 51 Cost., in base ad
uno specifico punto di equilibrio la cui individuazione  deve  essere
lasciata nelle mani del legislatore statale. 
    D'altronde, e' proprio  l'art.  51  Cost.  -  nel  dare  compiuta
declinazione all'art. 3 Cost., e  dunque  sancendo  il  principio  di
uguaglianza nell'accesso alle cariche  elettive  -  a  reclamare  una
regolamentazione unitaria su tutto il territorio nazionale. Ed e'  il
legislatore  statale  a  trovarsi  nelle  migliori   condizioni   per
stabilire i contorni di  tale  regolamentazione,  e  per  apprezzare,
sempre  unitariamente,  eventuali  esigenze   che   suggeriscano   di
modificare il punto di equilibrio raggiunto, come del resto ha  fatto
anche di recente, aumentando, per i comuni con popolazione  inferiore
a cinquemila abitanti, il numero dei mandati consecutivi consentiti. 
    Per quanto possa risultare ovvio, non si deve inoltre  trascurare
che la scelta compiuta  dal  legislatore  nazionale  nel  fissare  il
numero massimo in  questione  va  apprezzata  nella  sua  complessiva
declinazione   temporale,   attualmente   articolata    su    mandati
quinquennali: di talche', il limite temporale di permanenza in carica
di un sindaco (o di un presidente di provincia) si ricava dal  numero
dei mandati consecutivi consentiti, moltiplicato  per  la  durata  di
ciascun mandato. Questo evidenzia come  l'alterazione  del  punto  di
equilibrio stabilito a livello statale, pur riguardando il numero dei
mandati consecutivi (di per se' solo  poco  espressivo),  in  realta'
modifica ampiamente il periodo della possibile, ininterrotta,  durata
in carica  del  sindaco  (o  presidente  di  provincia),  ingenerando
scostamenti quantitativi di notevole rilievo. 
    9.-  Nel  consentire  un  numero  massimo  di   quattro   mandati
consecutivi ai sindaci dei comuni  con  popolazione  fino  a  tremila
abitanti e un numero massimo di tre mandati  consecutivi  ai  sindaci
dei  comuni  con  popolazione  fino   a   cinquemila   abitanti,   la
disposizione regionale impugnata differisce dunque: 
    a) dalla disciplina statale vigente al momento della sua  entrata
in vigore (12 aprile 2022), recata dal combinato  disposto  dell'art.
51, comma 2, TUEL e dell'art. 1, comma 138, della  legge  n.  56  del
2014, in forza della quale  i  sindaci  dei  comuni  fino  a  tremila
abitanti potevano svolgere tre mandati consecutivi e i sindaci  degli
altri comuni due; 
    b) dalla disciplina statale recata dall'odierno art. 51, comma 2,
TUEL (in vigore dal 14 maggio 2022), in forza della quale  i  sindaci
dei comuni con popolazione inferiore a  cinquemila  abitanti  possono
svolgere tre mandati consecutivi e i sindaci degli altri comuni due. 
    10.-  Discostandosi  da  quanto  stabilito  da  quest'ultima,  la
disposizione impugnata viola il principio di eguaglianza nell'accesso
alle cariche elettive di cui agli artt. 3  e  51  Cost.,  come  sopra
ricostruito, e, cosi' facendo, eccede i limiti  posti  dallo  statuto
alla competenza primaria della Regione autonoma Sardegna. 
    Non puo' condividersi la tesi della resistente,  secondo  cui  la
diversa regolamentazione da  essa  prevista  si  giustificherebbe  in
ragione delle «peculiari condizioni  dei  Comuni  dell'Isola»,  quali
descritte, originariamente, nella relazione illustrativa della  legge
regionale impugnata (n. 314/A del 25 febbraio 2022) 
    Tali peculiari condizioni consisterebbero  nella  «necessita'  di
consentire  all'elettorato  di  poter  confermare  alla   guida   dei
rispettivi comuni figure esperte che possano garantire la continuita'
dell'azione   amministrativa,   con   particolare   riferimento    ai
procedimenti e alle azioni relative alla realizzazione del  PNRR»,  e
nella «difficolta' a reperire candidati alla carica di  Sindaco»,  in
ragione di fattori quali lo «spopolamento,  la  densita'  demografica
tra le piu' basse d'Italia, il livello di perifericita' dei territori
rispetto alla  rete  di  centri  urbani  e  rispetto  all'accesso  ai
servizi» (cosi', la menzionata relazione illustrativa). 
    Quanto al primo rilievo, la «necessita'» di confermare alla guida
dei piccoli paesi  «figure  esperte»  e'  un'esigenza  legata  non  a
peculiari condizioni dei comuni  sardi,  ma,  piu'  in  generale,  al
valore della continuita' dell'azione politica ed amministrativa,  che
puo' essere invocato trasversalmente  per  tutte  le  amministrazioni
locali di ogni parte del territorio nazionale, e che il  legislatore,
sia  statale  che  regionale,  ha  deciso,  come  si  e'  visto,   di
contemperare con l'opposta esigenza di  favorire  forme  di  ricambio
della classe politica. 
    Nemmeno lo scarso numero o l'assenza di  candidature  nei  comuni
poco popolosi e "periferici" potrebbero rilevare,  ai  fini  che  qui
interessano, quali peculiari condizioni locali. 
    Simili condizioni, infatti, sono comuni a molte, se non a  tutte,
le regioni italiane, e dipendono da un insieme complesso  di  ragioni
(storiche, normative, sociologiche, geografiche et cetera),  come  si
evince  dagli  stessi  atti  parlamentari  che  hanno  portato,   con
disposizione di uniforme efficacia  sul  territorio  nazionale,  alla
ricordata, recente modifica dell'art. 51 TUEL. 
    Si legge, in questi, che i comuni «con abitanti fino a 5.000 sono
quasi 6.000 in Italia -  circa  il  70  per  cento  dei  comuni  -  e
governano piu' della meta' del territorio nazionale». Inoltre,  «come
e' noto, vi e' sempre piu' difficolta' a trovare figure di  candidati
in  questi  comuni,  per  criticita'  legate  alla   responsabilita',
all'indennita', alla carenza di personale  e,  non  da  ultimo,  allo
spopolamento [...]. Consentire, in  questo  caso,  il  terzo  mandato
significa affrontare con realismo  la  situazione  che  viviamo  ogni
giorno sui territori» (Atti parlamentari, XVIII  legislatura,  Camera
dei deputati, seduta n. 590 dell'8 novembre 2021). 
    Cio' conferma quanto gia' affermato, ovvero che e' il legislatore
statale - nel porre disposizioni che assumono il ruolo di principi  -
a dover unitariamente individuare il punto di equilibrio tra tutti  i
diritti  e  gli  interessi  in  considerazione,  e  a  poter   meglio
apprezzare le esigenze che inducano a modificarne i contenuti. 
    11.- Alla luce delle considerazioni che  precedono,  deve  essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1  della  legge
reg. Sardegna n. 9 del 2022 per violazione dell'art. 3,  lettera  b),
dello statuto speciale e degli artt. 3 e 51 Cost.,  con  assorbimento
della censura di violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera p),
Cost. 
    12.- La seconda disposizione impugnata (art. 3 della  legge  reg.
Sardegna n. 9 del 2022) prevede che, al fine di sopperire con urgenza
alla carenza di segretari comunali iscritti  alla  sezione  regionale
dell'albo, nelle more di una riforma regionale  dell'ordinamento  dei
segretari comunali e provinciali, e comunque non oltre il 31 dicembre
2024, in deroga alle ordinarie modalita' di accesso all'albo  stesso,
sono iscritti,  su  richiesta,  alla  citata  sezione  regionale  gli
istruttori direttivi e i funzionari  di  ruolo  dei  comuni  e  delle
province della Sardegna, purche' in possesso dei diplomi di laurea in
giurisprudenza o economia e commercio o scienze politiche, e  purche'
ricoprano o abbiano ricoperto alla data di entrata  in  vigore  della
disposizione l'incarico di vicesegretario. 
    Secondo il  ricorrente,  la  disposizione  violerebbe  molteplici
parametri costituzionali. 
    Essa si porrebbe innanzitutto in contrasto con l'art.  97,  commi
primo e terzo, Cost.,  perche'  consentirebbe  l'iscrizione  all'albo
segretariale  di  soggetti  che  non  hanno  sostenuto  lo  specifico
concorso previsto dalla  legge  statale;  inoltre,  colliderebbe  con
l'art. 117, secondo comma, lettera  f),  Cost.,  perche',  essendo  i
segretari funzionari  statali  ed  essendo  «pacifico  [...]  che  la
disciplina delle modalita' di accesso  ad  una  funzione  statale  fa
parte integrante della disciplina organizzativa dei relativi uffici»,
spetterebbe allo Stato, nell'esercizio della competenza esclusiva  in
materia di ordinamento  degli  uffici  statali,  la  regolamentazione
dell'accesso al ruolo; violerebbe  poi  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera p), Cost., perche'  il  segretario  comunale  svolgerebbe  un
complesso insieme di  funzioni  al  servizio  dell'ente  locale,  con
conseguente competenza legislativa esclusiva dello Stato  in  materia
di organi di governo  e  funzioni  fondamentali  degli  enti  locali;
violerebbe, altresi', l'art. 3, lettera b), dello  statuto  speciale,
poiche' l'unitarieta' della figura del segretario comunale  su  tutto
il   territorio   nazionale   sarebbe   un   principio   fondamentale
dell'ordinamento, costituente limite alla competenza  primaria  della
Regione autonoma Sardegna in materia di ordinamento degli enti locali
e delle  relative  circoscrizioni;  contrasterebbe  con  l'art.  117,
secondo comma,  lettera  l),  Cost.,  poiche'  l'iscrizione  all'albo
sarebbe un «presupposto» per la stipulazione del contratto di  lavoro
tra il segretario e l'ente locale e inciderebbe, quindi,  sulla  loro
capacita' di agire, con conseguente ascrivibilita' della disposizione
alla materia dell'ordinamento civile; infine,  sarebbe  in  conflitto
con gli  artt.  3  e  51,  primo  comma,  Cost.,  «sotto  il  profilo
dell'uguaglianza e del diritto di  accedere  ai  pubblici  uffici  in
condizioni di parita'»,  poiche'  determinerebbe  una  ingiustificata
disparita` di trattamento nei confronti  degli  iscritti  alle  altre
sezioni regionali dell'albo, e comunque  dei  dipendenti  degli  enti
locali delle altre regioni, ai quali e` preclusa analoga possibilita'
di iscrizione agevolata. 
    13.- La questione e' fondata, per violazione dell'art. 3, lettera
b), dello statuto speciale e degli artt. 3, 51 e 97 Cost. 
    14.-  Nel  prevedere  -  nelle  more  di  una  riforma  regionale
dell'ordinamento dei segretari comunali e provinciali e comunque  non
oltre il 31 dicembre 2024 - una modalita'  di  accesso  alla  sezione
regionale dell'albo dei segretari comunali e provinciali  derogatoria
rispetto  a  quella   ordinaria,   la   disposizione   impugnata   e'
riconducibile alla competenza legislativa in materia  di  ordinamento
degli enti locali e delle relative circoscrizioni, «competenza capace
di estendersi, come gia' riconosciuto da questa  Corte  (sentenza  n.
132 del 2006), alla disciplina del relativo personale»  (sentenza  n.
95 del 2021; nello stesso senso, sentenza n. 167 del 2021). 
    Tale competenza, come ricordato,  deve  pur  sempre  operare  «in
"armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento  giuridico
della Repubblica", sia che si vogliano disciplinare le  modalita'  di
instaurazione dei rapporti di lavoro sia  che  si  intendano  dettare
norme in tema di status del personale dipendente» (cosi', ancora,  la
citata sentenza n. 95 del 2021). 
    15.- Cosi' non avviene nel caso di specie. 
    L'art. 3 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2022 viola, in  primo
luogo, il principio del pubblico concorso, espressamente invocato dal
ricorrente  (senza  che  pertanto  rilevi,  contrariamente  a  quanto
eccepito dalla resistente, l'erronea indicazione dei  commi  primo  e
terzo dell'art. 97 Cost., in luogo del quarto). 
    La disposizione impugnata, infatti,  consente  l'iscrizione  alla
sezione regionale dell'albo  dei  segretari  comunali  e  provinciali
degli istruttori direttivi e dei funzionari di  ruolo  dei  comuni  e
delle province della Sardegna al solo ricorrere delle condizioni  del
possesso del titolo  di  studio  della  laurea  in  giurisprudenza  o
economia  e  commercio  o  scienze  politiche  e,  in  virtu'   dello
svolgimento, anche pregresso, alla data di entrata  in  vigore  della
legge, dell'incarico di vicesegretario. 
    L'iscrizione  e'  quindi  consentita  in  assenza  della   dovuta
procedura   concorsuale,   strumento   necessario    per    garantire
l'imparzialita', il buon  andamento  della  pubblica  amministrazione
(sentenze n. 227 e n. 195 del 2021, n. 199 e n. 36 del 2020, e n. 225
del 2010) e l'accesso in condizioni di eguaglianza ai pubblici uffici
(sentenze n. 250 e n. 227 del 2021, e n. 293 del 2009). 
    Non vale ad escludere la violazione del principio  in  parola  il
rilievo, svolto dalla Regione resistente, secondo cui la disposizione
impugnata introdurrebbe, al fine, pur apprezzabile, di sopperire alla
grave carenza di segretari,  una  «regolamentazione»  dalla  «portata
semplificatoria» e «transitoria», tant'e' che essa avrebbe  stabilito
un limite temporale di applicazione, ossia il 31 dicembre 2024. 
    In primo luogo, infatti, tale limite temporale e'  riferito  solo
alla  possibilita',  per  i  soggetti  considerati,   di   iscriversi
all'albo, non gia'  alla  durata  dell'iscrizione:  quest'ultima,  in
difetto  di  previsione  contraria,  non  puo'  quindi   considerarsi
temporanea (anche a non voler considerare che, nella citata  sentenza
n. 95 del 2021, questa Corte ha  comunque  escluso  che  «l'eventuale
temporaneita'» dell'iscrizione possa «restituire razionalita'»  a  un
simile meccanismo di reclutamento). 
    In secondo luogo, la stessa sentenza n. 95 del 2021 ha  ricordato
che gia' il legislatore statale si e' premurato di  far  fronte  alle
carenze  di  organico  che  preoccupano  il  legislatore   regionale,
prevedendo  procedure  semplificate  di  svolgimento   del   concorso
nazionale per segretari, da ultimo  confermate  dall'art.  6-bis  del
decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, recante «Misure  urgenti  per  il
rafforzamento  della   capacita'   amministrativa   delle   pubbliche
amministrazioni funzionale  all'attuazione  del  Piano  nazionale  di
ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia», come
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2021, n.  113,  e
poi dall'art. 12-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4  (Misure
urgenti  in  materia  di  sostegno  alle  imprese  e  agli  operatori
economici,  di  lavoro,  salute  e  servizi  territoriali,   connesse
all'emergenza da COVID-19, nonche' per il contenimento degli  effetti
degli aumenti dei prezzi  nel  settore  elettrico),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 28 marzo 2022, n. 25. 
    16.- L'art. 3 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2022 viola, poi,
il principio dell'accesso in condizione di  eguaglianza  agli  uffici
pubblici, di cui agli  artt.  3  e  51  Cost.  Cio',  a  causa  della
«irragionevole sottoposizione alla medesima disciplina di "possessori
di titoli abilitativi di valenza oggettivamente  diversa"»  (sentenza
n. 95 del 2021), dal momento che nella  sezione  regionale  dell'albo
per segretari comunali e provinciali sono iscritti,  sia  i  soggetti
che hanno superato il corso concorso nazionale,  sia  -  per  effetto
proprio della disposizione impugnata - gli istruttori direttivi  e  i
funzionari di ruolo dei comuni e delle province  della  Sardegna  che
quel concorso non hanno superato. 
    17.-  Sulla  base  di  questi  rilievi,  deve  essere  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale anche dell'art. 3  della  legge  reg.
Sardegna n. 9 del 2022 per violazione dell'art. 3, lettera b),  dello
statuto speciale e degli artt. 3, 51 e  97  Cost.,  con  assorbimento
delle restanti censure. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1 e 3  della
legge della Regione Sardegna 11 aprile 2022, n. 9 (Interventi vari in
materia di enti locali della Sardegna. Modifiche alla legge regionale
n. 4 del 2012 e alla legge regionale n. 3 del 2009). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2023. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA