N. 184 SENTENZA 5 luglio - 29 settembre 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sport - Ordinamento sportivo - Modifiche alle modalita'  di  elezione
  degli  organi  direttivi  centrali   delle   federazioni   sportive
  nazionali  e  delle  discipline   sportive   associate   -   Limite
  irreversibile, vigente ratione temporis, di tre mandati elettivi  -
  Conseguente preclusione di candidature presentate da chi abbia gia'
  raggiunto, complessivamente, il numero massimo di mandati  permessi
  (nel caso di  specie:  nei  Comitati  regionali  della  Federazione
  italiana tennis delle regioni Toscana e Marche)  -  Violazione  del
  corretto sviluppo della personalita' individuale, della liberta' di
  associazione e del principio di proporzionalita'  -  Illegittimita'
  costituzionale parziale. 
- Decreto legislativo 23 luglio 1999,  n.  242,  art.  16,  comma  2,
  ultimo periodo, come sostituito dall'art. 2, comma 1,  della  legge
  11 gennaio 2018, n. 8; legge 11 gennaio 2018, n. 8, art. 6, commi 1
  e 2. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 18, 41,  42,  48,  e  117,  primo  comma;
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali, art.  11;  Carta  dei  diritti  fondamentali
  dell'Unione europea, art. 12. 
(GU n.40 del 4-10-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI,  Stefano  PETITTI,  Angelo  BUSCEMA,  Maria
  Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 2,
del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 (Riordino del Comitato
olimpico nazionale italiano - CONI, a norma  dell'articolo  11  della
legge 15 marzo 1997, n. 59), come sostituito dall'art.  2,  comma  1,
della legge 11 gennaio 2018, n.  8,  recante  «Modifiche  al  decreto
legislativo 23 luglio 1999, n. 242, in materia di limiti  al  rinnovo
dei mandati degli organi del  Comitato  olimpico  nazionale  italiano
(CONI)  e  delle  federazioni  sportive  nazionali,  e   al   decreto
legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al  rinnovo
delle  cariche  nel  Comitato  italiano  paralimpico   (CIP),   nelle
federazioni  sportive   paralimpiche,   nelle   discipline   sportive
paralimpiche e negli enti  di  promozione  sportiva  paralimpica»,  e
dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge n. 8  del  2018,  promossi  dal
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,  sezione  prima-ter,
con due sentenze non  definitive  del  30  dicembre  2022,  iscritte,
rispettivamente, ai numeri 23 e 30  del  registro  ordinanze  2023  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 10 e  12,
prima serie speciale, dell'anno 2023. 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  R.  P.,  C.  C.  e  della
Federazione italiana tennis e  padel  (FITP),  nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udita  nell'udienza  pubblica  del  5  luglio  2023  la   Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    uditi gli avvocati Andrea Panzarola e Claudia Pezzi per R.  P.  e
C. C., Massimo Luciani per la FITP e l'avvocato dello  Stato  Ruggero
Di Martino per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 5 luglio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il  Lazio,  sezione
prima-ter, con sentenza non definitiva del 30 dicembre 2022, iscritta
al  n.  23  reg.  ord.  2023,  solleva  questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 16, comma  2,  del  decreto  legislativo  23
luglio  1999,  n.  242  (Riordino  del  Comitato  olimpico  nazionale
italiano - CONI, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo  1997,
n. 59), come sostituito dall'art. 2, comma 1, della legge 11  gennaio
2018, n. 8, recante «Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999,
n. 242, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi  del
Comitato olimpico  nazionale  italiano  (CONI)  e  delle  federazioni
sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43,
in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel  Comitato  italiano
paralimpico (CIP), nelle  federazioni  sportive  paralimpiche,  nelle
discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione  sportiva
paralimpica», e dell'art. 6, commi 1 e 2, della stessa legge n. 8 del
2018, «nella parte in cui esclud[ono] agli  associati  della  FIT  la
possibilita' di candidarsi nell'ambito degli organi direttivi qualora
abbiano gia' svolto tre mandati elettivi», per violazione degli artt.
2, 3, 18,  41,  42,  48  e  117,  primo  comma,  della  Costituzione,
quest'ultimo in relazione all'art. 11 della Convenzione  europea  dei
diritti dell'uomo e all'art. 12 della Carta dei diritti  fondamentali
dell'Unione europea. 
    Il rimettente riferisce che R. P., ricorrente nel giudizio a quo,
ha svolto sette mandati consecutivi nel  Comitato  regionale  Toscana
della Federazione italiana tennis (oggi Federazione italiana tennis e
padel - FITP), dal 1981 al 2008, e che  il  Presidente  dello  stesso
Comitato, con comunicazione del 9 dicembre 2020, ha respinto  la  sua
candidatura alla carica di consigliere del Comitato, in  ragione  del
superamento del limite massimo di tre mandati, ai sensi dell'art. 54,
comma 2,  dello  statuto  FITP  e  dell'art.  1.1.4  del  regolamento
organico FITP, modificati sulla  base  dell'art.  16,  comma  2,  del
d.lgs. n. 242  del  1999.  Tale  disposizione  stabiliva  (nel  testo
all'epoca vigente, giacche', come si vedra' infra piu'  precisamente,
essa  e'  stata  modificata   nel   corso   del   presente   giudizio
costituzionale con la legge 10 agosto 2023, n. 112, che ha convertito
il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, recante «Disposizioni urgenti
in materia di  organizzazione  delle  pubbliche  amministrazioni,  di
agricoltura, di sport, di lavoro e per l'organizzazione del  Giubileo
della Chiesa  cattolica  per  l'anno  2025»),  con  riferimento  alle
federazioni sportive nazionali e alle discipline  sportive  associate
(DSA), che «[i]l presidente e i membri degli organi direttivi restano
in carica quattro anni e non possono svolgere piu'  di  tre  mandati»
(secondo periodo) e, nell'ultimo periodo, che «[l]a disciplina di cui
al presente comma si applica anche agli enti di promozione  sportiva,
nonche' ai presidenti  e  ai  membri  degli  organi  direttivi  delle
strutture territoriali delle federazioni sportive nazionali  e  delle
discipline sportive associate». 
    R. P. ha dapprima impugnato il rifiuto della candidatura  davanti
alla Corte federale d'appello presso la FITP, e contro  la  decisione
del 18 dicembre 2020, n.  7,  ha  proposto  gravame  al  Collegio  di
garanzia dello sport presso il CONI, ai sensi dell'art. 59 del codice
di giustizia sportiva e dell'art.  12-bis  dello  statuto  del  CONI,
modificato dal Consiglio nazionale con deliberazione 9 marzo 2022, n.
1707, e approvato con dPCm del 19 luglio 2022. Avverso  le  decisioni
con cui il Collegio di garanzia ha respinto il ricorso (del 27 aprile
2021, n. 557, recante solo il dispositivo, e del 5 agosto 2021, n. 63
recante le motivazioni), R. P. ha  promosso  ricorso  giurisdizionale
davanti al TAR Lazio (contro la prima) e motivi aggiunti  (contro  la
seconda). 
    Il giudice a quo, in primo luogo, dichiara non  fondati  i  primi
due motivi  di  ricorso  (ripresi  nei  motivi  aggiunti):  il  primo
attinente alla mancata disapplicazione,  da  parte  del  Collegio  di
garanzia, dell'art. 54,  comma  2,  dello  statuto  FITP  e,  dunque,
dell'art. 16, comma 2, del d.lgs.  n.  242  del  1999,  per  asserito
contrasto con l'art. 11 CEDU  e  con  l'art.  12  CDFUE;  il  secondo
attinente alla mancata instaurazione  del  giudizio  di  legittimita'
costituzionale (relativo all'art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 242  del
1999) ad opera del Collegio di garanzia. 
    In secondo luogo, il rimettente precisa di  ritenere  preferibile
«percorrere la strada dell'incidente interno di  costituzionalita'  e
non quell[a] del rinvio pregiudiziale alla CGUE», per  la  prevalenza
del profilo costituzionale, rispetto a  quello  «euro-unitario»,  dal
momento che le norme censurate non lederebbero solo  la  liberta'  di
associazione (art. 11 CEDU, art. 12 CDFUE e art.  18  Cost.)  ma  una
serie «ben piu' ampia» di principi  costituzionali,  contenuti  negli
artt. 2, 3, 41, 42 e 48 Cost. Inoltre, il giudice a quo  osserva  che
la liberta' di associazione garantita dagli artt. 11 CEDU e 12  CDFUE
non differirebbe da  quella  prevista  dall'art.  18  Cost.,  e  cio'
rappresenterebbe un'ulteriore ragione di preferenza per  il  giudizio
di  legittimita'  costituzionale,  che  consentirebbe  (in  caso   di
accoglimento) di espungere definitivamente dall'ordinamento la  norma
censurata: cio' che non sarebbe consentito alla  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea. 
    1.1.- Il rimettente da' conto innanzitutto della rilevanza  delle
questioni relative all'art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 242 del 1999 e
all'art. 6, commi 1 e 2, della legge n. 8 del 2018. 
    Il citato art. 16, comma 2 (come modificato dall'art. 2, comma 1,
della legge n. 8 del 2018), disponeva (prima della  citata  legge  n.
112 del 2023) quanto segue: «Gli statuti delle  federazioni  sportive
nazionali  e  delle  discipline  sportive  associate   prevedono   le
procedure per l'elezione del presidente e  dei  membri  degli  organi
direttivi, promuovendo le pari opportunita' tra donne  e  uomini.  Il
presidente e i  membri  degli  organi  direttivi  restano  in  carica
quattro anni e non possono svolgere piu' di tre mandati. Qualora  gli
statuti prevedano la rappresentanza per delega, il CONI, al  fine  di
garantire una piu' ampia partecipazione alle  assemblee,  stabilisce,
con proprio provvedimento, i principi generali  per  l'esercizio  del
diritto di voto per delega in assemblea al fine, in  particolare,  di
limitare le concentrazioni di deleghe di voto mediante una  riduzione
del numero delle deleghe medesime che possono essere  rilasciate,  in
numero comunque  non  superiore  a  cinque.  Qualora  le  federazioni
sportive nazionali e le discipline sportive associate non adeguino  i
propri statuti alle predette disposizioni, il CONI,  previa  diffida,
nomina un commissario ad acta che vi provvede entro  sessanta  giorni
dalla data della  nomina.  Gli  statuti  delle  federazioni  sportive
nazionali e delle discipline sportive associate possono prevedere  un
numero di mandati inferiore al limite di cui al presente comma, fatti
salvi gli  effetti  delle  disposizioni  transitorie  in  vigore.  La
disciplina di cui al presente comma si applica  anche  agli  enti  di
promozione sportiva, nonche' ai presidenti e ai membri  degli  organi
direttivi delle strutture  territoriali  delle  federazioni  sportive
nazionali e delle discipline sportive associate». 
    Le altre disposizioni censurate (commi 1 e 2  dell'art.  6  della
legge n. 8 del 2018) stabiliscono quanto  segue:  «1.  Entro  quattro
mesi dalla data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  il
Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) adegua  lo  statuto  alle
disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto  legislativo
23 luglio  1999,  n.  242,  come  sostituito  dall'articolo  1  della
presente  legge.  Entro  il  medesimo  termine,  il  CONI  adotta  il
provvedimento di cui all'articolo 16, comma  2,  terzo  periodo,  del
decreto legislativo n. 242 del 1999, come sostituito dall'articolo  2
della presente legge. 2. Entro sei mesi dalla  data  di  approvazione
delle  modifiche  statutarie  del  CONI,  le   federazioni   sportive
nazionali e le discipline sportive associate,  nonche'  gli  enti  di
promozione sportiva, adeguano i loro statuti alle disposizioni di cui
all'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 23 luglio 1999,  n.
242, come sostituito dall'articolo 2 della presente legge». 
    Il rimettente riferisce che, in mancanza  dell'adeguamento  dello
statuto FITP, il CONI ha nominato un commissario ad  acta,  ai  sensi
del citato art.  16,  comma  2,  del  d.lgs.  n.  242  del  1999.  Il
commissario, con decreto  del  20  giugno  2019,  ha  modificato  nei
termini  seguenti  l'art.  54,  comma  2,  dello  statuto  FITP:  «Il
presidente  federale,  i  presidenti  regionali  e   provinciali,   i
componenti  del  consiglio  federale  e  dei  consigli  regionali   e
provinciali della FITP non possono svolgere  piu'  di  tre  mandati».
Secondo il giudice a quo, dunque, l'art. 54, comma 2,  dello  statuto
FITP  costituirebbe  «una  chiara  e  pedissequa  applicazione  della
disposizione contenuta nella norma primaria» (art. 16, comma  2,  del
d.lgs. n. 242 del 1999), con  la  conseguenza  che  lo  scrutinio  di
legittimita'   costituzionale   riguarderebbe   «in   via    diretta»
quest'ultima. 
    Il  rimettente  precisa,  inoltre,  di  ritenere  impossibile  il
superamento del dubbio di legittimita' costituzionale tramite  l'art.
6, comma 4, della legge  n.  8  del  2018,  in  base  al  quale  «[i]
presidenti e i membri degli organi direttivi nazionali e territoriali
delle  federazioni  sportive  nazionali,  delle  discipline  sportive
associate e degli enti di promozione sportiva che sono in carica alla
data di entrata in vigore della  presente  legge  e  che  hanno  gia'
raggiunto il limite di cui all'articolo 16, comma 2, secondo periodo,
del decreto legislativo 23  luglio  1999,  n.  242,  come  sostituito
dall'articolo 2 della presente legge, possono svolgere, se eletti, un
ulteriore  mandato.  Nel  caso  di  cui  al  periodo  precedente,  il
presidente uscente candidato  e'  confermato  qualora  raggiunga  una
maggioranza non inferiore  al  55  per  cento  dei  votanti».  A  suo
giudizio, infatti, una «piana  lettura»  di  tale  norma  transitoria
escluderebbe la possibilita'  di  applicarla  a  coloro  che  avevano
concluso il mandato prima dell'entrata in vigore della legge n. 8 del
2018. 
    1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza,  il  rimettente  si
sofferma  innanzitutto  sulla  natura  giuridica  della   FITP,   che
qualifica come associazione di diritto privato, sulla base  dell'art.
15, comma 2, del d.lgs. n. 242 del  1999  («Le  federazioni  sportive
nazionali  e  le  discipline  sportive  associate  hanno  natura   di
associazione con personalita' giuridica di diritto privato») e  della
sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, 15 luglio  2021,  n.
5348. 
    Osserva  poi  che  la  norma   censurata   «rende   l'interessato
interdetto in via definitiva dalla possibilita' di  far  parte  degli
organi  direttivi  della  FIT»,  impedendogli   di   prendere   parte
all'attivita' gestionale e di indirizzo dell'associazione.  La  norma
in questione si porrebbe in contrasto con gli artt. 2, 3 e 18  Cost.,
prevedendo una misura sproporzionata ed irragionevole  rispetto  agli
obiettivi che il legislatore si era prefissato,  «soprattutto  se  si
tratta  di  incidere  su  un'associazione  di  diritto  privato   che
contribuisce  allo   sviluppo   della   personalita'   dell'individuo
nell'ambito di una formazione sociale come la Federazione sportiva». 
    Il rimettente riconosce che la ratio dell'art. 16, comma  2,  del
d.lgs. n. 242 del 1999 consiste «nell'evitare "rendite di  posizione"
da  parte  di  coloro  che  siedono  negli  organi  direttivi   delle
Federazioni, in modo da favorire un ricambio all'interno degli organi
di rappresentanza,  cio'  nell'intento  di  promuovere  una  maggiore
partecipazione    alla    vita    associativa».    La     «definitiva
incandidabilita'» sancita  dalla  norma  censurata  non  supererebbe,
tuttavia, il test di proporzionalita', in quanto la misura  prescelta
non sarebbe la «meno restrittiva dei diritti» fra  quelle  possibili.
Tale misura «restrittiva e definitiva» determinerebbe  una  rilevante
compressione della liberta' di associazione dell'individuo,  che,  in
maniera   sproporzionata   ed   irragionevole,   verrebbe    «escluso
definitivamente dalla vita attiva dell'associazione di  riferimento».
Inoltre, la norma de qua renderebbe difficile reperire candidati  per
ricoprire  le  cariche  elettive,  con  conseguente  rischio  per  il
funzionamento stesso dell'associazione.  Cio'  si  tradurrebbe  nella
violazione dell'art. 3 Cost., «a maggior  ragione  se  rapportata  ai
richiamati artt. 2 e 18 della Cost. (e, quindi, anche  all'art.  117,
comma 1, Cost. con riferimento ad art. 11 CEDU, e all'art.  12  Carta
di Nizza)». 
    Il rimettente osserva che, nella maggior parte dei casi, le norme
limitative dei mandati  (anche  nell'ambito  di  organismi  pubblici)
fanno  riferimento  ai  mandati  svolti  consecutivamente,   ma   non
inibiscono  mai  in  via  definitiva   l'elettorato   passivo   degli
interessati (e' richiamata la sentenza n.  173  del  2019  di  questa
Corte).  Un  divieto  riferito   ai   mandati   consecutivi   sarebbe
sufficiente  a   favorire   il   fisiologico   ricambio   all'interno
dell'organo,  a  evitare  il  rischio  di  «cristallizzazione   della
rappresentanza» e a garantire condizioni di eguaglianza per l'accesso
alle cariche elettive. Cio' dovrebbe valere a maggior ragione per  le
associazioni private, dato che, in base agli artt. 41 e 42 Cost.,  le
restrizioni della liberta' di iniziativa privata non  dovrebbero  mai
«sfociare  nell'arbitrarieta'  e  nell'incongruenza»   delle   misure
adottate per assicurare l'utilita' sociale. 
    La misura introdotta sarebbe  dunque  sproporzionata  perche'  lo
stesso obiettivo avrebbe potuto  essere  conseguito  con  misure  non
definitive. 
    La norma censurata violerebbe poi gli  artt.  2  e  48  Cost.  in
quanto limiterebbe il diritto di elettorato passivo, avente carattere
inviolabile nell'ambito di un ente  privato  in  cui  si  esplica  la
personalita'. 
    1.3.- Il rimettente precisa che  «non  viene  direttamente  e  in
primo luogo ipotizzato un intervento additivo»  da  parte  di  questa
Corte  «con  riferimento  all'elemento  della  "consecutivita'"   dei
mandati». Trattandosi -  nel  caso  in  esame  -  di  un'entita'  con
personalita' giuridica di  diritto  privato,  sarebbe  questa  stessa
Corte a dover «valutare qual e' il limite che  al  legislatore  possa
essere imposto per poter incidere sul diritto di  elettorato  passivo
di un membro di un'associazione privata, nella misura in  cui  questa
svolga comunque funzioni  nell'ambito  di  un  settore  (come  quello
sportivo) di sicuro rilievo dal punto di vista pubblicistico». 
    1.4.- Con atto depositato il 27 marzo 2023 si  e'  costituito  in
giudizio R. P., ricorrente nel giudizio a quo. 
    La parte si sofferma sulla rilevanza della questione sollevata  e
in particolare, in relazione alla  sua  non  manifesta  infondatezza,
sulla natura giuridica della FITP, confermando che si tratterebbe  di
un'associazione privatistica. A sostegno di  tale  assunto,  osserva,
fra  l'altro,  che  la  FITP  non  e'  compresa   nell'elenco   delle
amministrazioni  pubbliche  elaborato  dall'Istituto   nazionale   di
statistica  (ISTAT),  cita  decisioni  della  Corte  dei  conti   che
avrebbero censurato  l'illegittimo  inserimento  in  tale  elenco  di
alcune federazioni sportive e  richiama  la  delibera  dell'Autorita'
nazionale anticorruzione (ANAC) 27 luglio 2022, n. 367. 
    La parte osserva poi che le norme censurate non  supererebbero  i
test  di  ragionevolezza  e  di  proporzionalita',  in  quanto,   per
perseguire  l'obiettivo  del  ricambio   delle   cariche   direttive,
impongono un divieto assoluto di candidatura a chi ha gia' svolto tre
mandati, comprimendo cosi' in  modo  permanente  il  suo  diritto  di
elettorato passivo. L'irragionevolezza delle disposizioni emergerebbe
con evidenza dalla vicenda oggetto del giudizio a quo, nella quale  a
R. P. e' stato impedito di candidarsi dodici  anni  dopo  il  termine
dell'ultimo mandato svolto. Nel caso di specie, il divieto  censurato
non produrrebbe nessun beneficio ai fini del ricambio delle cariche. 
    Inoltre, la parte  ricorda  che  i  dirigenti  delle  federazioni
sportive svolgono la loro attivita'  a  titolo  gratuito  (e'  citato
l'art. 52, comma 7, dello statuto  FITP)  e  rileva  che  il  divieto
censurato, impedendo la candidatura di molti  soggetti,  rischierebbe
di pregiudicare il regolare funzionamento delle federazioni stesse. 
    La  parte  lamenta  ancora  la  violazione   del   principio   di
eguaglianza,   in   quanto   la   norma   censurata    determinerebbe
un'irragionevole disparita' di  trattamento  tra  gli  iscritti  alle
federazioni e gli iscritti ad altre associazioni private  senza  fine
di lucro. Analogamente, viene censurata la disparita' di  trattamento
rispetto all'accesso alle cariche pubbliche,  per  le  quali  sarebbe
previsto solo un limite ai mandati svolti consecutivamente, e non  un
limite assoluto come nel caso di specie. A questo proposito riferisce
che la citata sentenza n. 173 del 2019, nel dichiarare non fondata la
questione relativa alla norma che fissa  il  limite  di  due  mandati
consecutivi per i consigli circondariali forensi, avrebbe valorizzato
appunto il carattere temporaneo dell'incandidabilita'. 
    1.5.- Con atto depositato il 28 marzo 2023 si  e'  costituita  in
giudizio  la  FITP,  resistente  nel  giudizio   a   quo,   chiedendo
l'accoglimento della questione sollevata. 
    La  parte  si  sofferma  sull'ammissibilita'   della   questione,
affermando che il giudice a  quo  ha  indicato  in  modo  univoco  il
petitum,  chiedendo  a  questa  Corte  un   «"ordinario"   intervento
ablativo». Poiche', peraltro, «il  piu'  contiene  il  meno»,  questa
Corte potrebbe dichiarare l'illegittimita' costituzionale della norma
censurata  «solo  in   riferimento   all'ipotesi   di   mandati   non
consecutivi». Un esito di questo tipo  sarebbe  possibile  senza  che
cio' renda la questione «ancipite». 
    Nel  merito,  la  FITP  distingue  i  profili  di  illegittimita'
«generale» della norma in questione - derivanti dall'introduzione  di
un limite all'espletamento dei mandati in associazioni private  -  da
quelli di illegittimita' «specifica», che derivano  dalla  previsione
di un limite permanente, non circoscritto ai mandati consecutivi. 
    Quanto  al  primo   profilo,   le   norme   censurate   sarebbero
costituzionalmente illegittime  perche'  pretendono  di  assoggettare
associazioni private a un limite di mandati,  «anche  a  prescindere,
dunque, da come tale regola e'  in  concreto  declinata».  La  misura
violerebbe, in particolare,  gli  artt.  2  e  18  Cost.,  in  quanto
comprimerebbe il diritto di elettorato sia attivo che  passivo  degli
iscritti alle federazioni sportive e avrebbe un impatto negativo  sul
perseguimento dei fini statutari delle associazioni. 
    Quanto al secondo profilo, la parte  osserva  che,  in  relazione
alle cariche  pubbliche,  sono  spesso  previsti  limiti  ai  mandati
consecutivi e che la indicata sentenza n. 173 del  2019  ha  ritenuto
tale  regola  non   irragionevole   per   il   carattere   temporaneo
dell'incandidabilita'.  La  natura  permanente  dell'incandidabilita'
prevista dalla norma censurata sarebbe, invece, irragionevole  e  non
proporzionata.  Il  limite  ai  mandati  servirebbe  a  evitare   «il
consolidamento, in favore di alcuni associati a discapito  di  altri,
di un forte legame con una parte dell'elettorato», e a  «favorire  un
fisiologico ricambio  all'interno  dell'organo  rappresentativo»,  ma
tali obiettivi potrebbero essere perseguiti semplicemente ponendo  un
limite ai mandati consecutivi. 
    1.6.- Con atto depositato il 28  marzo  2023  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    La difesa erariale sottolinea come, in  un  ambito  connotato  da
ampia   discrezionalita'   del   legislatore,   il    controllo    di
costituzionalita' si dovrebbe limitare  a  verificare  se  sia  stato
superato il limite della  manifesta  irragionevolezza.  Nel  caso  di
specie,  la  norma  censurata   non   provocherebbe   una   rilevante
compressione della liberta' di associazione perche' il limite dei tre
mandati consente  comunque  l'assunzione  di  cariche  direttive  per
dodici  anni.  Tale  consistente  arco  temporale  permetterebbe   di
«realizzare un progetto sportivo compiuto». La  norma  in  questione,
inoltre,   non   escluderebbe   i   membri    dalla    vita    attiva
dell'associazione, ma solo dalle cariche direttive. 
    Ancora, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  rileva  che,
nelle federazioni sportive internazionali, sarebbe  «prassi  diffusa»
la previsione di vincoli al numero di mandati direttivi e cita l'art.
21 dello statuto della Federazione internazionale tennis e l'art.  67
delle Fifa Governance Regulations. Cio', da un lato, confermerebbe la
ragionevolezza della norma censurata, diretta a prevenire «rendite di
posizione» e a garantire l'avvicendamento  nei  ruoli  apicali  delle
federazioni  sportive;  dall'altro,  ne  rivelerebbe  l'idoneita'  ad
armonizzare l'ordinamento sportivo nazionale a quello internazionale. 
    L'Avvocatura richiama il principio di  democrazia  interna  delle
federazioni sportive, enunciato nel comma 1 dello stesso art. 16  del
d.lgs. n. 242 del 1999, e ne desume la necessita' dell'alternanza dei
titolari  delle  cariche  direttive.  Le  federazioni   svolgerebbero
innegabilmente  attivita'  di  rilievo   pubblicistico   (cioe',   la
promozione dello sport di riferimento) e il  ricambio  nelle  cariche
direttive  favorirebbe   «un   sistema   virtuoso   in   un   settore
caratterizzato dalla contribuzione pubblica». 
    Il richiamo dell'art. 48 Cost. sarebbe contraddittorio,  data  la
ritenuta - dal rimettente -  natura  privatistica  delle  federazioni
sportive. Quanto all'art. 51 Cost., gli  obiettivi  perseguiti  dalla
norma censurata valorizzerebbero le condizioni di eguaglianza che  la
disposizione costituzionale «pone alla base dell'accesso alle cariche
elettive», eguaglianza che sarebbe compromessa se  un  legame  troppo
stretto tra eletti ed elettorato determinasse rendite di posizione. 
    Gli stessi obiettivi, inoltre, concreterebbero  le  finalita'  di
utilita' sociale che escluderebbero qualsiasi violazione degli  artt.
41 e 42 Cost. 
    2.- Il TAR Lazio, sezione prima-ter, con sentenza non  definitiva
del 30 dicembre 2022, iscritta al  n.  30  reg.  ord.  2023,  solleva
questioni di legittimita' costituzionale delle medesime  disposizioni
censurate dalla sentenza non definitiva iscritta al n. 23  reg.  ord.
2023, con riferimento ai medesimi parametri. 
    Nella vicenda oggetto di questa seconda sentenza,  il  ricorrente
C. C. aveva svolto cinque mandati consecutivi nel Comitato  regionale
Marche della FITP, dal 1981 al 2000, e  il  Presidente  dello  stesso
Comitato, con comunicazione del 10 febbraio 2021, aveva  respinto  la
sua candidatura alla carica di consigliere del Comitato,  in  ragione
del superamento del limite massimo di tre mandati, ai sensi dell'art.
54, comma 2, dello statuto FITP e  dell'art.  1.1.4  del  regolamento
organico FITP, modificati sulla  base  dell'art.  16,  comma  2,  del
d.lgs. n. 242 del 1999 (nel testo anteriore alla citata legge n.  112
del 2023). 
    C. C. si e' visto  respingere,  sia  il  ricorso  con  cui  aveva
impugnato il rifiuto della candidatura davanti  alla  Corte  federale
d'appello presso la FITP, sia quello con  cui  aveva  successivamente
impugnato la decisione di quest'ultima (del 19 febbraio 2021,  n.  2)
davanti al Collegio di garanzia dello sport presso il CONI, ai  sensi
dell'art. 59 del codice di  giustizia  sportiva  e  dell'art.  12-bis
dello statuto del CONI. Avverso la decisione del Collegio di garanzia
(del 24 agosto  2021,  n.  67)  C.  C.  ha  quindi  proposto  ricorso
giurisdizionale davanti al TAR Lazio. 
    Nella  sua  parte  in  diritto,  questa  seconda   sentenza   non
definitiva corrisponde alla prima, sia quanto alla  dichiarazione  di
infondatezza dei primi  due  motivi  del  ricorso,  sia  quanto  agli
argomenti a sostegno della rilevanza della questione e della sua  non
manifesta infondatezza. 
    2.1.- Anche in questo secondo  giudizio  si  sono  costituite  la
parte ricorrente nel giudizio a quo, con atto depositato il 27  marzo
2023, e la FITP, resistente nel giudizio a quo, con  atto  depositato
il 10 aprile 2023. Entrambe chiedono l'accoglimento  della  questione
sollevata, con argomenti coincidenti con quelli  fatti  valere  dalle
parti costituite nel primo giudizio. 
    Similmente,   il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'
intervenuto anche in questo secondo giudizio, con atto depositato  il
6 aprile 2023, chiedendo che la questione sia dichiarata non  fondata
per le ragioni gia' esposte sopra, in relazione alla  causa  iscritta
al n. 23 reg. ord. 2023. 
    3.- Il 14 giugno 2023 R. P. e la FITP  hanno  depositato  memorie
integrative   nel   primo   giudizio,   ribadendo    l'illegittimita'
costituzionale della norma  censurata  e  replicando  agli  argomenti
della difesa erariale. 
    Nella stessa data C.  C.  e  la  FITP  hanno  depositato  memorie
integrative nel secondo giudizio, coincidenti con quelle relative  al
giudizio iscritto al n. 23 reg. ord. 2023. 
    4.- In entrambi i giudizi  di  legittimita'  costituzionale  sono
state  depositate  tre  opinioni  scritte  di  amici  curiae  (trenta
federazioni sportive, due discipline  sportive  associate  e  quattro
enti di promozione  sportiva),  ai  sensi  dell'art.  6  delle  Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Tutte le
opinioni sono state ammesse dalla Presidente della Corte con  decreto
del 24  maggio  2023.  Una  delle  opinioni  depositate  nel  secondo
giudizio e' stata accompagnata da otto  verbali  e  dichiarazioni  di
organi federali, che attestano  la  difficolta'  di  trovare  persone
disponibili  a  ricoprire   le   cariche   direttive   negli   organi
territoriali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il  Lazio,  sezione
prima-ter, con due sentenze non  definitive  del  30  dicembre  2022,
iscritte  al  n.  23  e  al  n.  30  reg.  ord.  2023,  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 2, del d.lgs. n.  242
del 1999, come sostituito dall'art. 2, comma 1, della legge n. 8  del
2018, e dell'art. 6, commi 1 e 2, della stessa legge n. 8  del  2018,
«nella  parte  in  cui  esclud[ono]  agli  associati  della  FIT   la
possibilita' di candidarsi nell'ambito degli organi direttivi qualora
abbiano gia' svolto tre mandati elettivi», per violazione degli artt.
2, 3, 18, 41, 42, 48 e  117,  primo  comma,  Cost.,  quest'ultimo  in
relazione all'art. 11 CEDU e all'art. 12 CDFUE. 
    L'art. 16, comma 2, del d.lgs.  n.  242  del  1999,  oggetto  del
presente  giudizio,  dispone  quanto  segue:  «[g]li  statuti   delle
federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive  associate
prevedono le procedure per l'elezione del  presidente  e  dei  membri
degli organi direttivi, promuovendo le pari opportunita' tra donne  e
uomini. Il presidente e i membri degli organi  direttivi  restano  in
carica quattro anni e non  possono  svolgere  piu'  di  tre  mandati.
Qualora gli statuti prevedano la rappresentanza per delega, il  CONI,
al fine di garantire una piu' ampia  partecipazione  alle  assemblee,
stabilisce,  con  proprio  provvedimento,  i  principi  generali  per
l'esercizio del diritto di voto per delega in assemblea al  fine,  in
particolare,  di  limitare  le  concentrazioni  di  deleghe  di  voto
mediante una riduzione del numero delle deleghe medesime che  possono
essere rilasciate, in numero comunque non superiore a cinque. Qualora
le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive  associate
non adeguino i propri statuti alle predette  disposizioni,  il  CONI,
previa diffida, nomina un commissario ad acta che vi  provvede  entro
sessanta  giorni  dalla  data  della  nomina.   Gli   statuti   delle
federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive  associate
possono prevedere un numero di mandati inferiore al limite di cui  al
presente  comma,  fatti  salvi   gli   effetti   delle   disposizioni
transitorie in vigore. La disciplina di  cui  al  presente  comma  si
applica anche agli enti di promozione sportiva, nonche' ai presidenti
e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali delle
federazioni  sportive   nazionali   e   delle   discipline   sportive
associate». 
    Le altre disposizioni censurate (commi 1 e 2  dell'art.  6  della
legge n. 8 del 2018) stabiliscono a  loro  volta  quanto  segue:  «1.
Entro quattro mesi dalla data di entrata  in  vigore  della  presente
legge, il Comitato  olimpico  nazionale  italiano  (CONI)  adegua  lo
statuto alle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto
legislativo 23 luglio 1999, n. 242, come sostituito  dall'articolo  1
della presente legge. Entro il medesimo termine, il  CONI  adotta  il
provvedimento di cui all'articolo 16, comma  2,  terzo  periodo,  del
decreto legislativo n. 242 del 1999, come sostituito dall'articolo  2
della presente legge. 2. Entro sei mesi dalla  data  di  approvazione
delle  modifiche  statutarie  del  CONI,  le   federazioni   sportive
nazionali e le discipline sportive associate,  nonche'  gli  enti  di
promozione sportiva, adeguano i loro statuti alle disposizioni di cui
all'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 23 luglio 1999,  n.
242, come sostituito dall'articolo 2 della presente legge». 
    Il rimettente ritiene che le norme citate violino: a)  gli  artt.
2, 3 e 18 Cost., in quanto  la  «definitiva  incandidabilita'»  degli
interessati, dopo lo svolgimento del terzo mandato,  rappresenterebbe
una misura sproporzionata ed irragionevole  rispetto  agli  obiettivi
che il legislatore si era prefissato, «soprattutto se  si  tratta  di
incidere su un'associazione di diritto privato che contribuisce  allo
sviluppo  della  personalita'  dell'individuo  nell'ambito   di   una
formazione sociale come la  Federazione  sportiva»;  b)  l'art.  117,
primo comma, Cost., in relazione  all'art.  11  CEDU  e  all'art.  12
CDFUE, che garantiscono la liberta' di associazione,  per  le  stesse
ragioni appena esposte; c) gli artt.  41  e  42  Cost.,  perche'  «le
restrizioni della liberta' di iniziativa privata» non dovrebbero  mai
«sfociare  nell'arbitrarieta'  e   nell'incongruenza   -   e   quindi
nell'irragionevolezza  -  delle  misure   adottate   per   assicurare
l'utilita' sociale»; d)  gli  artt.  2  e  48  Cost.,  in  quanto  le
disposizioni  censurate  limiterebbero   in   misura   sproporzionata
rispetto agli obiettivi prefissati «il diritto di elettorato passivo,
avente carattere inviolabile, peraltro  nell'ambito  di  un  ente  di
diritto privato in cui [...] si esplica la personalita'». 
    2.- Le questioni sono state sollevate dal TAR  con  due  sentenze
non definitive, coincidenti sia quanto a norme censurate e  parametri
evocati, sia per gli argomenti  utilizzati,  ragion  per  cui  i  due
giudizi  possono  essere  riuniti  per  essere  decisi  con  un'unica
pronuncia. 
    3.- Nelle more della redazione della  presente  sentenza,  l'art.
16, comma 2, del d.lgs. n. 242 del 1999  e'  stato  modificato  dalla
legge n. 112 del 2023, che in sede di conversione ha aggiunto  l'art.
39-bis nel d.l. n. 75 del 2023. I primi  tre  periodi  dell'art.  16,
comma 2, del d.lgs. n. 242 del 1999 sono ora  cosi'  formulati:  «Gli
statuti delle  federazioni  sportive  nazionali  e  delle  discipline
sportive  associate  prevedono  le  procedure  per   l'elezione   del
presidente e dei membri degli organi direttivi, promuovendo  le  pari
opportunita' tra donne e uomini.  Il  presidente  e  i  membri  degli
organi direttivi restano in carica quattro anni  e  possono  svolgere
piu' mandati. I soggetti di  cui  al  secondo  periodo,  in  caso  di
candidatura successiva al terzo mandato consecutivo,  sono  eletti  a
condizione che conseguano un numero di voti pari almeno ai due  terzi
del totale dei voti validamente espressi». 
    Sebbene nel nuovo testo la norma  censurata  dal  rimettente  sia
dunque venuta meno, lo jus superveniens  non  muta  i  termini  della
presente   questione.   Oggetto   del   giudizio   di    legittimita'
costituzionale e' invero la norma da applicare nei giudizi a  quibus,
nei quali e' impugnata la decisione del Collegio  di  garanzia  dello
sport presso il CONI che ha respinto il ricorso del privato contro la
decisione della Corte federale d'appello  che,  a  sua  volta,  aveva
respinto il ricorso proposto contro il  rifiuto  di  candidatura.  In
base al principio tempus regit actum, il rimettente decide  su  detti
ricorsi applicando le norme all'epoca vigenti,  risultando  cosi'  le
successive modifiche dell'art. 16, comma 2, del  d.lgs.  n.  242  del
1999 ininfluenti sulle odierne questioni (ex multis, sentenze n.  113
del 2023 e n. 165 del 2022). 
    4.- Il carattere alquanto articolato  della  norma  censurata  in
parte qua e lo specifico oggetto dei giudizi a quibus  impongono,  in
via preliminare, la delimitazione del thema decidendum. 
    4.1.- In un primo senso, si osserva infatti che il censurato art.
16, comma 2, del d.lgs. n. 242  del  1999  contiene  in  realta'  una
pluralita' di disposizioni. Dopo il primo periodo,  che  affida  agli
statuti delle  federazioni  sportive  nazionali  e  delle  discipline
sportive associate (DSA) il compito  di  regolare  le  procedure  per
l'elezione del presidente e dei membri  degli  organi  direttivi,  il
secondo periodo stabiliva che  «[i]l  presidente  e  i  membri  degli
organi direttivi  restano  in  carica  quattro  anni  e  non  possono
svolgere piu' di tre mandati». In base poi all'ultimo periodo,  «[l]a
disciplina di cui al presente comma si applica  anche  agli  enti  di
promozione sportiva, nonche' ai presidenti e ai membri  degli  organi
direttivi delle strutture  territoriali  delle  federazioni  sportive
nazionali e delle discipline sportive associate». 
    E' dunque a quest'ultima previsione che va ricondotto il  divieto
di candidatura oltre il terzo mandato per le cariche direttive  nelle
strutture territoriali delle federazioni sportive nazionali  e  delle
discipline sportive associate, giacche' alla luce  di  tale  espressa
specificazione l'ambito applicativo del  citato  secondo  periodo  va
logicamente  ristretto   agli   organi   direttivi   centrali   delle
federazioni e delle DSA. 
    In un secondo senso, rileva il fatto che i giudizi a quibus hanno
ad oggetto il rifiuto opposto, sulla base del divieto  censurato  dal
rimettente, alla richiesta dei ricorrenti di candidarsi  alla  carica
di consigliere di due comitati regionali della FITP (della Toscana  e
delle Marche). Il TAR non chiarisce quale (o quali) periodi dell'art.
16, comma 2, intende  censurare,  sicche',  considerato  che  i  casi
oggetto dei giudizi a quibus riguardano due comitati regionali  della
FITP, si deve ritenere che il rimettente implicitamente riferisca  la
censura all'unica disposizione  rilevante  per  il  suo  giudizio,  e
dunque all'ultimo periodo dell'art. 16, comma 2, del  d.lgs.  n.  242
del 1999, che segnatamente riferisce  il  divieto  in  questione  «ai
presidenti  e  ai  membri  degli  organi  direttivi  delle  strutture
territoriali delle federazioni sportive nazionali e delle  discipline
sportive associate». 
    4.2.- Sempre in tema di definizione  del  thema  decidendum,  non
puo' essere presa in considerazione la distinta questione prospettata
dalle  parti  costituite,  volta  a  denunciare  la  violazione   del
principio   di   eguaglianza,   in   quanto   la   norma    censurata
determinerebbe,  da   un   lato,   un'irragionevole   disparita'   di
trattamento tra gli iscritti alle federazioni e gli iscritti ad altre
associazioni private  senza  fine  di  lucro;  dall'altro  lato,  una
disparita'  di  trattamento   rispetto   all'accesso   alle   cariche
pubbliche, per le quali sarebbe previsto solo un  limite  ai  mandati
svolti consecutivamente, e non un limite assoluto come  nel  caso  di
specie. 
    Per costante giurisprudenza di questa Corte,  infatti,  l'oggetto
del giudizio di legittimita' costituzionale  in  via  incidentale  e'
limitato alle norme  e  ai  parametri  indicati  nelle  ordinanze  di
rimessione, con esclusione della possibilita' di ampliare  lo  stesso
al  fine  di  ricomprendervi  questioni  formulate  dalle  parti  (ex
plurimis, sentenze n. 63 e n. 15 del 2023, n. 228, n. 213  e  n.  198
del 2022). 
    5.- Ancora in via preliminare, va  dichiarata  l'inammissibilita'
di alcune delle questioni sollevate. 
    5.1.- Sono inammissibili,  innanzitutto,  le  questioni  relative
all'art. 6, commi 1 e 2, della legge n. 8 del 2018,  che  riguardano,
rispettivamente, il dovere del CONI di adeguare  il  proprio  statuto
all'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 242 del 1999  e  il  dovere  delle
federazioni sportive nazionali, delle DSA e degli enti di  promozione
sportiva di adeguare i propri statuti all'art.  16,  comma  2,  dello
stesso decreto. 
    Il TAR si concentra esclusivamente sulla norma  che  sancisce  la
definitiva incandidabilita' dei soggetti che hanno  gia'  svolto  tre
mandati (cioe', sull'art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 242  del  1999),
senza mai soffermarsi sulle disposizioni appena  citate  in  tema  di
adeguamento degli statuti. 
    Piu' precisamente, quanto alla rilevanza, il  rimettente  osserva
che la questione «riguarda in via diretta la norma primaria contenuta
nell'art. 16, comma 2, [...] di cui l'art. 54, comma 2, dello Statuto
FIT [...] costituisce mera applicazione», e che e' lo stesso art. 16,
comma  2,  ad  aver  «costituito  il  fondamento   che   ha   portato
all'esclusione  del  ricorrente  dalle  elezioni».  Quanto  alla  non
manifesta  infondatezza,  il  TAR  da'  conto  esclusivamente   della
ritenuta illegittimita' costituzionale della norma che «esclude  agli
associati della FIT la possibilita' di candidarsi  nell'ambito  degli
organi direttivi qualora abbiano gia' svolto tre  mandati  elettivi»,
senza svolgere alcuna censura in relazione all'art. 6, commi 1  e  2,
della legge n. 8 del 2018. 
    Ne consegue l'inammissibilita' delle questioni aventi ad  oggetto
queste ultime disposizioni, per carenza di motivazione in ordine alla
loro rilevanza (ex multis, sentenze n. 52 del 2023 e n. 213 del 2022;
ordinanza n. 76 del 2022) e non manifesta  infondatezza  (ex  multis,
sentenze n. 42 e n. 2 del 2023, n. 266 del 2022). 
    5.2.-  In  secondo  luogo,  e'  inammissibile,  per  carenza   di
motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza,  la  questione
sollevata dal  rimettente  in  relazione  all'art.  12  CDFUE,  quale
parametro interposto rispetto all'art. 117, primo comma, Cost. 
    Come piu' volte affermato da questa Corte,  «affinche'  la  CDFUE
possa essere invocata quale parametro interposto in  un  giudizio  di
legittimita' costituzionale, occorre che il giudice a quo  dia  conto
della riconducibilita' della fattispecie regolata dalla  legislazione
interna all'ambito di applicazione del diritto dell'Unione europea ai
sensi  dell'art.  51   CDFUE,   cio'   che   condiziona   la   stessa
applicabilita' delle norme della Carta (ex plurimis, sentenze n. 33 e
n. 30 del 2021)» (sentenza n.  185  del  2021;  nello  stesso  senso,
sentenze n. 213 del 2021, n. 278 e n. 254 del 2020). 
    Il rimettente non fornisce, tuttavia,  alcuna  motivazione  delle
ragioni per le quali ritiene che la fattispecie regolata dalla  norma
censurata rientri nell'ambito di applicazione  del  diritto  europeo,
ne' offre alcun'altra indicazione dalla  quale  se  ne  possa  trarre
implicita giustificazione. 
    6.- Nel merito, e' fondata la questione sollevata in  riferimento
agli artt. 2, 3 e 18 Cost. 
    6.1.- In primo luogo, e' opportuno precisare che l'art. 18  Cost.
e' invocato in  modo  pertinente  con  riferimento  alle  federazioni
sportive nazionali e alle discipline sportive associate (DSA). 
    Quanto alle prime, l'art. 2, comma 1,  lettera  v),  del  decreto
legislativo 28 febbraio 2021, n. 36 (Attuazione dell'articolo 5 della
legge 8  agosto  2019,  n.  86,  recante  riordino  e  riforma  delle
disposizioni  in  materia  di  enti   sportivi   professionistici   e
dilettantistici,  nonche'   di   lavoro   sportivo),   definisce   la
federazione  sportiva  nazionale  come   «l'organizzazione   sportiva
nazionale, affiliata  alla  Federazione  sportiva  internazionale  di
appartenenza, posta al vertice di una  disciplina  sportiva  o  a  un
gruppo di  discipline  affini».  Quanto  alle  seconde,  e'  definita
disciplina sportiva associata - dalla lettera r) dello stesso art. 2,
comma 1 - «l'organizzazione sportiva nazionale, priva  dei  requisiti
per il  riconoscimento  quale  Federazione  Sportiva  Nazionale,  che
svolge attivita' sportiva sul territorio nazionale». 
    Entrambe - federazioni sportive nazionali e  discipline  sportive
associate - «hanno natura di associazione con personalita'  giuridica
di diritto privato», «non perseguono fini di lucro e  sono  soggette,
per quanto non espressamente  previsto  nel  presente  decreto,  alla
disciplina  del  codice  civile  e  delle  relative  disposizioni  di
attuazione» (art. 15, comma  2,  del  d.lgs.  n.  242  del  1999),  e
«svolgono l'attivita' sportiva in armonia con le deliberazioni e  gli
indirizzi del CIO, delle federazioni internazionali e del CONI, anche
in considerazione della valenza pubblicistica di specifiche tipologie
di attivita' individuate nello statuto del CONI» (art. 15,  comma  1,
del d.lgs. n. 242 del 1999). 
    In attuazione di tali previsioni legislative, lo statuto del CONI
individua  le  attivita'  delle  federazioni   che   hanno   «valenza
pubblicistica» (art. 23, comma 1, dello statuto, come modificato  dal
Consiglio nazionale il  9  marzo  2022),  pur  precisando  che  «[l]a
valenza pubblicistica dell'attivita' non modifica l'ordinario  regime
di diritto privato dei singoli atti  e  delle  situazioni  giuridiche
soggettive connesse» (comma 1-bis). 
    Si e' cosi' in  presenza  di  un  fenomeno  organizzativo  -  non
sconosciuto al  nostro  ordinamento  -  nel  quale  «la  connotazione
privatistica  della  forma  associativa  dalle  stesse  [federazioni]
rivestit[a] convive, per definizione, con la valenza pubblicistica di
parte delle attivita' svolte» (Consiglio di  Stato,  sezione  quinta,
sentenza 15 luglio 2021, n. 5348), e nel quale, dunque, tale  seconda
caratteristica  non  fa  venir  meno  la  prima,  ossia   la   natura
associativa privata delle  federazioni  sportive  nazionali  e  delle
discipline sportive associate. Con la conseguenza che il  riferimento
all'art. 18 Cost. e' pertinente, come conferma del resto la  sentenza
n. 160 del 2019 di  questa  Corte,  secondo  cui  «anche  il  sistema
dell'organizzazione sportiva, in quanto  tale  e  nelle  sue  diverse
articolazioni organizzative  e  funzionali,  trova  protezione  nelle
previsioni costituzionali che riconoscono e  garantiscono  i  diritti
dell'individuo, non solo come  singolo,  ma  anche  nelle  formazioni
sociali in cui si esprime la sua personalita' (art. 2  Cost.)  e  che
assicurano il diritto di associarsi liberamente per fini che non sono
vietati al singolo dalla legge penale (art. 18)». 
    6.2.- Quella assicurata  dall'art.  18  Cost.  e'  una  «ampia  e
significativa garanzia costituzionale della liberta' di associazione»
(sentenza n. 417 del  1993),  che  si  traduce  nella  tutela  di  un
«ventaglio» di diritti correlati a tale liberta' (sentenza n. 241 del
2014) che, anche al di la' del diritto dell'individuo di  associarsi,
si estendono alla protezione degli organismi  nei  quali  gli  stessi
individui agiscono in forma associata. 
    Accanto ai diritti di coloro  che  aspirano  ad  associarsi  -  e
segnatamente   al   «diritto   di   associarsi   liberamente,   senza
autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla  legge
penale», riconosciuto espressamente dal primo comma (salvi i  divieti
fissati  nel  secondo  comma),  e  alla  speculare  liberta'  di  non
associarsi (ex multis, sentenze n. 248 del 1997 e n. 69 del  1962)  -
la norma costituzionale tutela infatti i diritti  di  coloro  che  si
sono associati (sentenze n. 173 del 2019, n. 417 del 1993  e  n.  454
del 1991), dando vita ad organismi che rientrano fra  le  «formazioni
sociali ove si svolge la [...]  personalita'»  degli  individui  (sul
collegamento fra art. 2 e art. 18 Cost. si vedano le sentenze n.  160
del 2019, n. 239 del 1984 e n. 190 del 1975). E in questo contesto si
tratta di diritti individuali strettamente interconnessi e funzionali
anche alla stessa liberta' delle  associazioni,  di  qualsiasi  tipo,
nella  misura  in  cui  ne  assicurano   essenzialmente   l'autonomia
normativa e organizzativa (ex multis, sentenze n. 173 del 2019, n. 32
del 2012 e n. 301 del 2003). 
    Al pari di tutti i diritti  costituzionalmente  garantiti,  anche
quelli riconducibili alla liberta' di associazione tutelata dall'art.
18 Cost. - a  partire  dal  diritto,  espressamente  menzionato,  «di
associarsi liberamente», per il quale questa Corte ha sottolineato la
tipicita'  dei  limiti  che  la  legge  puo'  apporvi  in  base  alla
disposizione costituzionale (sentenze n. 193 del 1985  e  n.  69  del
1962) - sono suscettibili di un piu' generale bilanciamento con altri
diritti o interessi pubblici di analogo rango (ex multis, sentenze n.
173 e n. 160 del 2019, n. 12 del 1970, nonche' in generale n. 85  del
2013), sempre che sussista  la  «necessaria  connessione  strumentale
[del vincolo] con il fine»  (sentenza  n.  40  del  1982)  e  che  il
bilanciamento non risulti irragionevole (per tutte, sentenza  n.  301
del 2003) o sproporzionato.  In  particolare,  quanto  alla  garanzia
dell'autonomia delle associazioni, questa Corte, mentre ha  ravvisato
un limite non travalicabile dal legislatore nell'esistenza stessa  di
un organismo associativo privato, la  quale  costituisce  «il  nucleo
irriducibile della (sua) autonoma sfera giuridica» (sentenza  n.  282
del 2004, con cui e' stata dichiarata costituzionalmente  illegittima
la previsione che ne  disponeva  la  soppressione),  ha  escluso  che
costituiscano  di  per  se'   indebite   interferenze   sull'autonoma
organizzazione  o  sull'attivita'  dell'ente  associativo  previsioni
legislative  recanti  vincoli  alla  composizione  dei  suoi   organi
direttivi o alla loro sfera di azione. 
    Cosi', per esempio, in tema di fondazioni bancarie, questa  Corte
ha avuto  modo  di  precisare  che  non  possono  essere  considerate
costituzionalmente   illegittime,   ne'   la   previsione   di   «una
significativa presenza nell'organo di indirizzo di soggetti  espressi
dagli enti territoriali», in ragione  dell'esigenza  di  collegamento
con  le  realta'  locali,  ne'  quella  di  un   esteso   regime   di
incompatibilita' fra  le  funzioni  di  indirizzo  e  amministrazione
presso le fondazioni e le analoghe  funzioni  presso  altre  societa'
operanti nel settore bancario,  diretto  allo  scopo  di  recidere  i
legami fra la banca conferitaria e la fondazione (sentenza n. 301 del
2003). 
    Per altro verso, del resto,  e'  stato  escluso  che  costituisca
indebita interferenza con l'esercizio della liberta' di  associazione
la fissazione di limiti di scopo  all'attivita'  delle  associazioni,
negli stessi termini  in  cui  tali  limiti  possono  essere  apposti
all'attivita' del singolo, come quando si tratti dell'esercizio delle
liberta' economiche, che sono «sottoposte a limiti e a controlli piu'
ampi e penetranti di quelli configurati in relazione alla liberta' di
associazione come  tale»  (sentenza  n.  417  del  1993).  Si  tratta
infatti,  anche  in  questi  casi,  di   «limiti   costituzionalmente
giustificati, diretti  a  precludere  al  singolo  di  utilizzare  la
liberta' associativa per il perseguimento di finalita'  sottoposte  a
particolari discipline pubblicistiche», e  dunque  non  destinati  ad
incidere  «sul  contenuto  essenziale  e  tipico  della  liberta'  di
associazione garantita dall'art. 18 della Costituzione» (ibidem). 
    Correttamente,  dunque,  negli  atti  introduttivi  del  presente
giudizio  il  rimettente   afferma   che   un   limite   ai   mandati
nell'assunzione  di  incarichi  federali  puo'  essere  astrattamente
ammissibile. Mentre non puo' essere condivisa la tesi sostenuta dalla
FITP nel suo atto di costituzione, secondo  cui  la  norma  censurata
sarebbe costituzionalmente illegittima per il solo fatto  di  imporre
un  limite  ai  mandati  direttivi  nelle  associazioni  private,   a
prescindere dalla concreta configurazione del limite stesso. 
    Oltre  a  quanto  osservato  sopra   circa   la   necessita'   di
contemperare i diversi diritti riconducibili all'art.  18  Cost.  con
altri interessi costituzionali, va ribadito (si veda il  punto  6.1.)
che le federazioni sportive nazionali, pur essendo  associazioni  con
personalita' giuridica di diritto privato, svolgono anche funzioni di
interesse  pubblico,  in  relazione  alle  quali   questi   «soggetti
formalmente privati» sono «inquadrati in un sistema  organizzativo  a
struttura e configurazione legale (e  non  espressione  di  autonomia
privata) e di ordine amministrativo»  (Consiglio  di  Stato,  sezione
quinta,  sentenza  12  febbraio  2019,  n.  1006),  cio'   che   puo'
giustificare scelte legislative particolari che, senza comportare  un
sacrificio completo della autonomia di tali  organizzazioni,  tengano
conto  della  connotazione  pubblicistica  degli  interessi  ad  esse
affidati (sul cui rilievo si veda la sentenza n. 160 del 2019). 
    6.3.- Escluso,  dunque,  che  la  garanzia  costituzionale  della
liberta'   dell'associazione   precluda    qualsivoglia    intervento
legislativo limitativo  dell'autonomia  organizzativa  dell'ente,  il
vaglio di legittimita' costituzionale di misure  di  questo  tipo  si
sostanzia nella verifica  della  non  irragionevolezza  e  della  non
sproporzionalita' del bilanciamento operato  in  concreto  con  esse,
tenuto conto dello scopo perseguito e delle modalita'  prescelte  per
il suo raggiungimento. 
    Al riguardo  si  puo'  osservare  che  -  mentre  normalmente  la
finalita' perseguita con previsioni che pongono limiti alla  liberta'
di associazione  corrisponde  a  uno  specifico  interesse  di  rango
costituzionale, diverso dalla liberta' di associazione, e in  ipotesi
anche contrastante con essa - la peculiarita' della  norma  censurata
e' che introduce una misura funzionale anch'essa, in ultima  analisi,
alla tutela  di  quella  medesima  liberta'.  L'obiettivo  perseguito
incidendo  sul  regime  delle  candidature  e',  infatti,  quello  di
favorire  l'accesso  di  tutti  gli  associati   in   condizioni   di
uguaglianza alle cariche  direttive,  e  dunque,  in  definitiva,  di
consentire alla stessa autonomia organizzativa  dell'associazione  di
esprimersi nella sua pienezza,  superando  cristallizzazioni  interne
derivanti da rendite di posizione di chi abbia gia' rivestito a lungo
quelle stesse cariche. 
    Il bilanciamento in tale modo operato con la misura in  esame  si
presenta quindi tutto "interno", per cosi' dire, allo stesso art.  18
Cost., in quanto la  previsione  contestata,  da  un  lato,  comprime
l'autonomia normativa  e  organizzativa  delle  federazioni  sportive
nazionali  e  delle  discipline  sportive  associate  (competenti   a
disciplinare, nel loro statuto, le elezioni degli  organi  direttivi:
art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 242  del  1999)  e  i  diritti  degli
associati (cioe', il  diritto  dei  dirigenti  "di  lungo  corso"  di
candidarsi nuovamente e il diritto  dei  componenti  delle  assemblee
elettive di scegliere liberamente per chi votare); dall'altro, mira a
garantire  l'effettivo  libero  esplicarsi  della  stessa   autonomia
organizzativa, come sara' illustrato infra al punto 6.4. 
    Nel valutare il «profilo  dell'asserita  negativa  incidenza  del
divieto del terzo mandato consecutivo sulla sfera di autonomia» di un
soggetto, in quel caso non  privato,  ma  pubblico,  e  tuttavia  pur
sempre a base associativa, questa Corte si e'  gia'  occupata  di  un
bilanciamento di questo tipo, nell'ambito del  quale  la  limitazione
alla liberta' di candidarsi e' diretta a meglio garantire  la  stessa
autonomia organizzativa dell'ente (sentenza n. 173 del 2019,  che  ha
dichiarato non fondata la questione sollevata dal Consiglio nazionale
forense in relazione alla norma che  prevede  il  divieto  del  terzo
mandato consecutivo per  i  consiglieri  dei  consigli  circondariali
forensi). Nella pronuncia  si  sottolinea,  in  particolare,  che  il
legislatore, «da una parte,  limita,  in  negativo,  la  liberta'  di
associarsi in capo a chi voglia esercitare  la  professione  forense,
dall'altro, contempera l'autonomia, comunque ampiamente riconosciuta,
degli ordini stessi, in modo  da  garantire  che  qualunque  iscritto
possa accedere  in  condizioni  di  effettiva  parita'  alle  cariche
sociali»,  essendo  l'impedimento   temporaneo   alla   ricandidatura
evidentemente   preordinato   «a   evitare   la   formazione   e   la
cristallizzazione di  gruppi  di  potere  interni  all'avvocatura,  o
quantomeno a limitarne l'eventualita',  mediante  il  ricambio  delle
cariche elettive e la conseguente salvaguardia  della  parita'  delle
voci dell'avvocatura». 
    La questione sollevata dal rimettente in riferimento  agli  artt.
2, 3 e 18 Cost. chiama dunque questa Corte a verificare se la  scelta
operata  dal  legislatore,  nel  contemperare  i  descritti   diversi
interessi  riconducibili  all'art.  18  Cost.,  sia  rispettosa   dei
principi di ragionevolezza e di proporzionalita'. 
    6.4.- Il rimettente censura l'art. 16, comma 2,  ultimo  periodo,
del d.lgs. n. 242 del 1999 - nei termini ricostruiti sopra, al  punto
3, delimitando  il  thema  decidendum  -  in  quanto  la  «definitiva
incandidabilita'»  degli  interessati  a  far  parte   degli   organi
direttivi  territoriali,  dopo  lo  svolgimento  del  terzo  mandato,
rappresenterebbe una misura sproporzionata e  irragionevole  rispetto
agli obiettivi che il legislatore si e' prefissato,  «soprattutto  se
si tratta di incidere  su  un'associazione  di  diritto  privato  che
contribuisce  allo   sviluppo   della   personalita'   dell'individuo
nell'ambito di una formazione sociale come la Federazione sportiva». 
    Questa Corte «ha chiarito  che,  in  presenza  di  una  questione
concernente  il  bilanciamento  tra  due  diritti,  il  giudizio   di
ragionevolezza  sulle  scelte  legislative  si  avvale  del  test  di
proporzionalita', che richiede di valutare se  la  norma  oggetto  di
scrutinio, con la misura e le modalita'  di  applicazione  stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi  legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva  quella
meno restrittiva dei diritti  a  confronto  e  stabilisca  oneri  non
sproporzionati rispetto  al  perseguimento  di  detti  obiettivi  (ex
plurimis, sentenze n. 260 del 2021, n. 20  del  2019  e  n.  137  del
2018)» (sentenza n. 88 del 2023). 
    La prima verifica attiene, dunque,  alla  legittimita'  del  fine
perseguito dalla norma limitativa, che, come visto, ha  lo  scopo  di
«stimolare e sostenere un [...] ricambio direttivo ai  vertici  delle
federazioni  sportive  nazionali»,  di  sottrarre   «le   federazioni
sportive  nazionali  al  rischio  di  cristallizzazioni  nell'assetto
gestionale»  e  di  «garantire   efficienza   e   credibilita'   alle
istituzioni sportive del nostro Paese» (cosi' la relazione al disegno
di legge n. 361  A.S.,  presentato  il  2  aprile  2013).  Come  gia'
anticipato, la norma mira  in  questo  modo  a  evitare  "rendite  di
posizione" dei dirigenti "di lungo corso", garantendo la par condicio
fra i candidati e una maggiore partecipazione alla  vita  associativa
(si veda anche il parere della sezione  consultiva  del  Collegio  di
garanzia del CONI n. 6 del 2018). 
    Si  tratta,  quindi,  di  una  finalita'  che  non  risulta,  ne'
arbitraria, ne' pretestuosa. Prendendo in considerazione -  a  titolo
esemplificativo - il caso  dei  comitati  regionali  della  FITP  (la
federazione di cui si tratta nei  giudizi  a  quibus),  il  numero  e
l'importanza  delle  funzioni  da  essi  esercitate   (come   risulta
dall'art. 1.4.5 del regolamento organico FITP di cui  alla  circolare
n. 6 del 2023) e il fatto che il comitato sia  eletto  dall'assemblea
regionale  (che  comprende  i   rappresentanti   delle   associazioni
affiliate aventi diritto di voto, destinatarie di  numerose  funzioni
del comitato: si vedano gli artt. 17, 35, 36 e 37 dello statuto della
FITP deliberato il 16 ottobre 2022), si puo' ritenere verosimile  che
il ripetersi dei  mandati  crei  -  o,  quantomeno,  possa  creare  -
"rendite di posizione", idonee ad alterare la par  condicio  fra  gli
aspiranti candidati allo stesso comitato regionale. 
    La norma censurata appare  dunque  idonea  a  superare  il  primo
passaggio del test di proporzionalita' (attinente  alla  legittimita'
del fine), in quanto mira a soddisfare interessi  riconducibili  agli
artt. 2, 3 e 18 Cost., consentendo che i tesserati delle  federazioni
sportive e delle DSA possano candidarsi alle cariche direttive locali
con possibilita' di successo non menomate dalla presenza di dirigenti
"di lungo corso", ed essendo diretta a  ripristinare,  attraverso  il
meccanismo predisposto, una effettiva par condicio  degli  associati,
che potrebbe di fatto risultare alterata dal presumibile vantaggio di
cui gode chi e' gia' in carica. La disposizione stimola  e  favorisce
cosi' - in linea con il «principio di democrazia interna», che l'art.
16, comma 1, del d.lgs. n. 242 del 1999 pone alla base dell'autonomia
delle stesse federazioni sportive - una maggiore  partecipazione  dei
tesserati agli organi direttivi. 
    Al tempo stesso, e per le stesse ragioni, il divieto in questione
tutela anche l'interesse della federazione, la cui  efficienza  e  la
cui imparzialita' potrebbero essere compromesse dalla  formazione  di
un "gruppo di potere" interno all'organo direttivo, che  ne  metta  a
rischio la stessa autonomia. Una finalita', quella della garanzia del
buon funzionamento,  e  in  definitiva  della  stessa  democraticita'
interna   dell'organizzazione   autonoma,   che   questa   Corte   ha
valorizzato, pur nel diverso contesto delle elezioni comunali per  la
candidatura a sindaco, come ulteriore prodotto  della  effettiva  par
condicio  tra  i  candidati,  della  liberta'  dei   votanti,   della
genuinita'  della  competizione  e  del  fisiologico  ricambio  della
rappresentanza (sentenza n. 60 del 2023). 
    6.5.- Accertata la  legittimita'  del  fine  perseguito,  occorre
verificare se la norma censurata abbia  introdotto,  fra  le  diverse
misure idonee a soddisfarlo,  la  meno  restrittiva  degli  interessi
coinvolti, fra i quali, in particolare, l'interesse delle federazioni
sportive  e  delle   discipline   sportive   associate   a   regolare
autonomamente la propria organizzazione e i meccanismi  di  copertura
delle cariche elettive, il diritto  di  candidarsi  di  chi  ha  gia'
svolto tre mandati e la libera scelta dei  componenti  dell'assemblea
elettiva. 
    L'esito  di  tale  verifica  e'  negativo,  poiche'  il   divieto
definitivo  introdotto  dalla  norma  censurata   risulta   eccessivo
rispetto alla finalita' pur legittimamente  perseguita,  come  emerge
con immediata evidenza dalle  stesse  concrete  vicende  oggetto  dei
giudizi a quibus. 
    Nel caso toscano, il  ricorrente  che  si  e'  visto  opporre  un
rifiuto alla candidatura non faceva piu' parte del Comitato regionale
da dodici anni,  mentre  nel  caso  marchigiano  l'interessato  aveva
cessato di farne parte addirittura da piu' di venti. Dal che e'  piu'
che lecito dedurre che,  in  entrambi  i  casi,  la  candidatura  non
avrebbe potuto ragionevolmente, ne' pregiudicare la par condicio  dei
candidati, ne' compromettere l'esigenza del  ricambio  nelle  cariche
direttive dell'associazione, e che,  in  ogni  caso,  tanto  piu'  il
divieto appare irragionevole  quanto  piu'  il  momento  della  nuova
candidatura  si  allontana  rispetto  a   quello   della   cessazione
dell'ultimo mandato. 
    Piu' in generale, e'  la  drasticita'  di  una  misura  quale  il
divieto definitivo e irreversibile di ricoprire cariche direttive  di
un'associazione privata (le strutture territoriali delle  federazioni
sportive e delle discipline sportive associate, nel caso della  norma
censurata) per avere gia' ricoperto in passato  le  medesime  cariche
per un determinato periodo, che si risolve in una compressione  oltre
il necessario degli interessi indicati, determinandone  il  contrasto
con il principio di proporzionalita'.  L'obiettivo  perseguito  dalla
norma, di favorire il ricambio e limitare rendite di posizione,  puo'
infatti - e dunque deve - essere perseguito in modi che limitino  nei
termini   di   quanto   strettamente   necessario    il    sacrificio
dell'interesse  dell'aspirante  candidato  che  abbia  in  precedenza
rivestito cariche direttive. 
    Cio'  puo'  essere  realizzato  in  vari   modi,   rimessi   alla
discrezionalita' del legislatore cui spetta di individuare la  misura
piu' idonea a contemperare gli interessi in gioco in modo che nessuno
di essi sia sacrificato oltre il necessario. Cosi', per  esempio,  il
bilanciamento operato con la previsione del divieto del terzo mandato
consecutivo per i consiglieri dei consigli circondariali  forensi  e'
stato ritenuto da questa Corte non irragionevole,  per  il  carattere
temporaneo  dell'impedimento  diretto  a  perseguire  una   finalita'
legittima (sentenza n. 173 del 2019). 
    6.6.- Un ulteriore profilo di irragionevolezza  della  previsione
censurata emerge ove si consideri la particolare ipotesi degli organi
territoriali (soprattutto delle piccole federazioni e delle DSA).  Il
divieto  contestato  rischia  invero  di   creare   difficolta'   nel
reperimento dei candidati (come attestato dagli  atti  depositati  da
alcuni amici  curiae:  vedi  il  punto  4  del  Ritenuto  in  fatto),
considerato anche  il  carattere  non  retribuito  delle  cariche  in
questione (previsto al punto 7.5  dei  "Principi  fondamentali  degli
statuti delle  Federazioni  sportive  nazionali  e  delle  Discipline
sportive  associate",  approvati  con  deliberazione  del   Consiglio
nazionale del CONI 9 marzo 2022, n. 1708). Con la conseguenza che una
misura volta a  promuovere  una  maggiore  partecipazione  alla  vita
associativa puo' finire per produrre l'effetto  opposto,  in  quanto,
nel caso in cui non si riesca a formare  il  comitato  regionale,  e'
prevista la nomina di un delegato (vedi, ad esempio, l'art. 39  dello
statuto FITP). 
    7.- Accertata l'illegittimita'  costituzionale,  per  le  ragioni
esposte, della norma censurata (art. 16, comma 2, ultimo periodo, del
d.lgs. n. 242 del 1999), occorre osservare come, nel testo modificato
attualmente vigente (risultante dall'art. 39-bis del d.l. n.  75  del
2023, come convertito),  essa  non  stabilisca  piu'  il  divieto  di
candidatura oltre il terzo mandato per  le  cariche  direttive  nelle
strutture territoriali delle federazioni sportive nazionali  e  delle
DSA, ma estenda ai presidenti e  ai  membri  degli  organi  direttivi
delle  strutture  territoriali  delle  federazioni  e  delle  DSA  la
disciplina attualmente posta dall'art. 16, comma 2, che non  contiene
piu' il divieto censurato dal rimettente. 
    In  questa   sede   va,   dunque,   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 16, comma 2, ultimo periodo, del  d.lgs.  n.
242 del 1999, con riferimento all'inciso «, nonche' ai  presidenti  e
ai membri degli organi direttivi delle strutture  territoriali  delle
federazioni  sportive   nazionali   e   delle   discipline   sportive
associate», nella parte in cui estendeva agli organi territoriali  in
questione il divieto posto dall'art. 16, comma  2,  secondo  periodo,
del medesimo d.lgs. n. 242 del 1999, nel testo  vigente  prima  delle
modifiche apportate dall'art. 39-bis del d.l. n. 75  del  2023,  come
convertito. 
    8.- Le questioni relative ai  rimanenti  parametri  invocati  dal
rimettente (art. 117, primo comma, Cost., in  relazione  all'art.  11
CEDU, artt. 41, 42 e 48 Cost.) restano assorbite. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  16,  comma
2, ultimo periodo, del decreto legislativo 23  luglio  1999,  n.  242
(Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano -  CONI,  a  norma
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59),  con  riferimento
all'inciso  «,  nonche'  ai  presidenti  e  ai  membri  degli  organi
direttivi delle strutture  territoriali  delle  federazioni  sportive
nazionali e delle discipline sportive associate», nella parte in  cui
estendeva agli organi territoriali  in  questione  il  divieto  posto
dall'art. 16, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 242  del  1999,
nel testo vigente prima delle modifiche di cui  all'art.  39-bis  del
decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, recante «Disposizioni urgenti in
materia  di  organizzazione  delle  pubbliche   amministrazioni,   di
agricoltura, di sport, di lavoro e per l'organizzazione del  Giubileo
della  Chiesa   cattolica   per   l'anno   2025»,   convertito,   con
modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112; 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge 11 gennaio 2018,
n. 8, recante «Modifiche al decreto legislativo 23  luglio  1999,  n.
242, in materia di limiti al rinnovo dei  mandati  degli  organi  del
Comitato olimpico  nazionale  italiano  (CONI)  e  delle  federazioni
sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43,
in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel  Comitato  italiano
paralimpico (CIP), nelle  federazioni  sportive  paralimpiche,  nelle
discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione  sportiva
paralimpica», sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 41,  42,
48 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in  relazione
all'art.  11  della  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e
all'art. 12 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il   Lazio,   sezione
prima-ter, con le sentenze non definitive indicate in epigrafe; 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 16, comma 2, ultimo periodo, del  d.lgs.  n.
242 del 1999, sollevata, in riferimento all'art.  117,  primo  comma,
Cost., in  relazione  all'art.  12  CDFUE,  dal  TAR  Lazio,  sezione
prima-ter, con le sentenze non definitive indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 29 settembre 2023 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA