N. 3 SENTENZA 6 dicembre 2023- 8 gennaio 2024

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Universita' e istituzioni di alta cultura - Docenti delle universita'
  statali  -  Incompatibilita'  con  l'incarico   di   amministratore
  indipendente presso societa' aventi scopo  di  lucro  -  Denunciata
  irragionevole disparita' di trattamento con  il  personale  docente
  nelle universita' non statali - Inammissibilita' della questione. 
- Legge 30 dicembre 2010, n. 240, art. 6, comma 10. 
- Costituzione, artt. 3 e 33. 
(GU n.2 del 10-1-2024 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta da: 
Presidente:Augusto Antonio BARBERA; 
Giudici  :Franco  MODUGNO,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni   AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,
  Emanuela  NAVARRETTA,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,  Marco  D'ALBERTI,
  Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  6,  comma
10, della legge 30  dicembre  2010,  n.  240  (Norme  in  materia  di
organizzazione  delle  universita',   di   personale   accademico   e
reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita' e
l'efficienza  del  sistema  universitario),  promosso  dal  Tribunale
regionale  di  giustizia  amministrativa  del  Trentino-Alto   Adige,
Trento, nel procedimento vertente tra  Paolo  Carta  e  l'Universita'
degli studi di Trento, con ordinanza del 20 marzo 2023,  iscritta  al
n. 64  del  registro  ordinanze  2023  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 20,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2023. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 6 dicembre  2023  il  Giudice
relatore Filippo Patroni Griffi; 
    deliberato nella camera di consiglio del 6 dicembre 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 20 marzo 2023, iscritta al n. 64 reg.  ord.
2023,  il  Tribunale  regionale  di  giustizia   amministrativa   del
Trentino-Alto Adige, Trento, ha sollevato, in riferimento all'art. 3,
della Costituzione,  in  combinato  disposto  con  l'art.  33  Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 10, della
legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in  materia  di  organizzazione
delle universita', di personale accademico  e  reclutamento,  nonche'
delega al Governo per incentivare  la  qualita'  e  l'efficienza  del
sistema universitario), nella parte in cui non  consente  ai  docenti
delle universita' statali di ricoprire l'incarico  di  amministratore
indipendente presso societa' aventi scopo di lucro. 
    1.1.- Il giudice a quo  espone  di  essere  stato  investito  del
ricorso proposto da Paolo Carta, professore ordinario a  tempo  pieno
presso il Dipartimento di giurisprudenza dell'Universita' degli studi
di  Trento,  per  l'annullamento  del   provvedimento   del   rettore
dell'ateneo del 1° luglio 2022 di  diniego  dell'autorizzazione  allo
svolgimento  dell'incarico  extra-istituzionale   di   amministratore
indipendente, senza funzioni o deleghe gestionali, del  Consiglio  di
amministrazione della societa'  di  assicurazione  e  riassicurazione
sulla vita ITAS Vita spa (d'ora in poi: Itas Vita), facente parte del
gruppo mutualistico ITAS (ITAS  Mutua),  nonche'  per  l'annullamento
degli  artt.  2  e  8  del  regolamento  per  l'autorizzazione   allo
svolgimento di incarichi extra-istituzionali del personale docente  e
ricercatore, di cui al decreto del rettore del medesimo ateneo del 31
marzo 2021,  n.  268,  se  interpretato  nel  senso  di  impedire  al
personale docente di svolgere funzioni di consigliere indipendente in
societa' a scopo di lucro. Il ricorso - prosegue il rimettente -  era
fondato su tre motivi: 1) violazione e falsa  applicazione  dell'art.
8, comma 1, lettera c), del citato regolamento, per aver travisato la
reale natura della Itas  Vita,  da  ritenersi  solo  formalmente  una
societa' di capitali, come tale  avente  scopo  di  lucro,  ma  nella
sostanza  da  qualificarsi  quale  persona  giuridica   a   carattere
mutualistico  e,  pertanto,  priva  della  finalita'  lucrativa;   2)
violazione  di  legge  e  travisamento  dei  fatti,  per   non   aver
adeguatamente    considerato    le    caratteristiche    del    ruolo
dell'amministratore indipendente,  privo  di  finalita'  esecutive  e
gestionali; 3) violazione di  legge  per  difetto  di  motivazione  e
violazione del divieto di aggravamento del  procedimento,  per  avere
acquisito il parere dell'Avvocatura distrettuale dello Stato ed avere
a   esso   aderito    acriticamente    nel    senso    del    rigetto
dell'autorizzazione. 
    Ad avviso del giudice a quo, il censurato art. 6, comma 10, della
legge n. 240 del 2010, impedendo ai docenti delle universita' statali
di ricoprire l'incarico di amministratore  indipendente  in  societa'
aventi scopo di lucro,  creerebbe  una  irragionevole  disparita'  di
trattamento con il personale docente nelle universita'  non  statali,
ai quali sarebbe invece permesso ricoprire tali cariche. 
    Chiarisce il TRGA rimettente che nessuna interpretazione conforme
a   Costituzione   sarebbe   possibile,   in    quanto    l'auspicata
interpretazione adeguatrice della censurata  disposizione  alla  luce
dell'art.  3  Cost.  andrebbe  a  collidere  con  il   principio   di
esclusivita' del rapporto di pubblico  impiego  (ex  art.  98,  primo
comma, Cost.) e con il principio di buon  andamento  e  imparzialita'
della pubblica  amministrazione  (ex  art.  97  Cost.),  comportando,
dunque, una sostituzione del giudice nell'apprezzamento discrezionale
del legislatore. 
    In punto di rilevanza, il rimettente assume la diretta e  attuale
incidenza  della  censurata  disposizione   nella   definizione   del
giudizio. E cio' in quanto all'accertamento della sua  illegittimita'
costituzionale conseguirebbe l'illegittimita' degli artt. 2 e  8  del
regolamento dell'Universita' di Trento in tema di autorizzazione allo
svolgimento  di  incarichi  extra-istituzionali  e,  in   definitiva,
dell'impugnato diniego opposto dal rettore. 
    Il giudice a quo espone, inoltre, l'impossibilita' di  accogliere
gli altri motivi di ricorso. 
    In particolare, con riferimento al primo  motivo,  evidenzia  che
non sarebbe possibile una  riqualificazione  della  Itas  Vita  quale
societa' avente scopo mutualistico - come prospettato dal ricorrente,
sul presupposto della partecipazione della  ITAS  Mutua  quale  socio
unico della Itas Vita - sia perche'  nessuna  previsione  legislativa
consentirebbe tale riqualificazione, sia perche'  lo  statuto  stesso
della  Itas  Vita  prevedrebbe  espressamente  la   possibilita'   di
distribuire i dividendi. Con riferimento al secondo motivo,  sostiene
l'assorbente rilevanza ostativa dello scopo di lucro perseguito dalla
persona giuridica cui afferisce l'incarico,  non  assumendo,  quindi,
rilievo  il  carattere  non  esecutivo  dell'incarico  medesimo.  Con
riferimento al terzo motivo, infine, esclude la configurabilita'  del
dedotto   aggravamento   del   procedimento,   non   ritenendo    che
l'universita' abbia disposto mezzi istruttori superflui. 
    In punto di non manifesta  infondatezza,  il  giudice  rimettente
censura la disparita' di trattamento tra i docenti delle  universita'
statali, a cui sarebbe preclusa, ai sensi del predetto art. 6,  comma
10, della legge  n.  240  del  2010,  l'assunzione  di  incarichi  in
societa' aventi scopo di lucro, e i  docenti  delle  universita'  non
statali, i quali sarebbero invece legittimati a svolgerli. 
    Tale  disparita'  di  trattamento  violerebbe  il  principio   di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in combinato disposto con  la
liberta'  di  insegnamento  di  cui  all'art.  33  Cost.,  in  quanto
situazioni eguali  verrebbero  trattate  in  modo  diverso,  anche  a
scapito   della   liberta'   di   insegnamento,   cosi'    risultando
«irragionevole e contraddittoria [la] discriminazione arbitrariamente
determinatasi tra docenti». 
    2.- E' intervenuto in giudizio, con atto depositato il  6  giugno
2023, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione sia dichiarata inammissibile o non fondata. 
    2.1.-  Viene  innanzitutto  eccepita   l'inammissibilita'   della
questione in quanto il giudice rimettente  non  avrebbe  compiuto  un
adeguato sforzo interpretativo della norma censurata in modo conforme
a Costituzione. 
    Nel merito, l'interveniente premette che la perimetrazione  degli
incarichi extra-istituzionali accessibili ai docenti  universitari  a
tempo pieno non potrebbe ritenersi lesiva degli artt. 3 e  33  Cost.,
in quanto, per un verso, sarebbe bilanciata dal  miglior  trattamento
retributivo ad essi riservato e, per  altro  verso,  sarebbe  imposta
dalla  qualifica  di  pubblici   dipendenti,   i   cui   profili   di
imparzialita' e spessore etico sarebbero funzionali al  perseguimento
dei principi di cui agli artt. 97 e 98 Cost. 
    Tanto premesso, viene affermato che l'art. 6 della legge  n.  240
del  2010  rubricato  «[s]tato  giuridico  dei   professori   e   dei
ricercatori universitari» troverebbe  applicazione  «con  riferimento
alla generalita' dei docenti universitari,  siano  essi  in  servizio
presso gli atenei statali o presso gli atenei non statali  legalmente
riconosciuti o legittimati a rilasciare titoli aventi valore legale». 
    La legge n. 240 del 2010 detterebbe, infatti, un regime giuridico
valido per tutti i docenti delle universita',  sia  statali  che  non
statali, anche perche' vigerebbe una  riserva  di  legge  sul  regime
giuridico dei professori, sottratto espressamente all'autonomia degli
istituti  universitari  non  statali,  in  virtu'   della   normativa
susseguitasi nel tempo, e in particolare del regio decreto 31  agosto
1933,  n.  1592   (Approvazione   del   testo   unico   delle   leggi
sull'istruzione  superiore),  della  legge  9  maggio  1989,  n.  168
(Istituzione  del  Ministero   dell'universita'   e   della   ricerca
scientifica e  tecnologica),  della  legge  2  luglio  1991,  n.  243
(Universita' non  statali  legalmente  riconosciute),  nonche'  della
legge n. 240 del 2010 in esame. 
    Alla luce del comune regime giuridico dei professori universitari
statali e non statali, viene quindi sostenuta la non fondatezza della
questione. 
    Sotto  altro  profilo,  l'Avvocatura,  sostiene,  poi,   che   le
caratteristiche proprie del ruolo di amministratore indipendente e la
natura pubblicistica degli interessi  sottesi  alla  regolamentazione
del  settore  assicurativo  consentirebbero  di  ritenere  ricompresa
l'attivita' di amministratore indipendente in  seno  ai  consigli  di
amministrazione  delle  societa'   assicurative,   nell'alveo   delle
attivita'  che  possono  essere  svolte   liberamente   dai   docenti
universitari a tempo definito e, previa autorizzazione  del  rettore,
da parte  dei  docenti  a  tempo  pieno,  purche'  non  si  determino
situazioni  di  conflitto   di   interesse   con   l'universita'   di
appartenenza, e lo svolgimento dell'incarico non  vada  a  detrimento
delle attivita' didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate. 
    3.- In data 29 agosto  2023,  e'  stata  depositata  dal  giudice
rimettente l'istanza presentata dal ricorrente nel giudizio a quo per
la declaratoria di cessazione  della  materia  del  contendere  o  di
sopravvenuta  carenza   di   interesse,   alla   luce   dell'avvenuto
accoglimento da parte del rettore dell'Universita' di Trento (in data
12 luglio 2023) di nuova (medesima) richiesta di autorizzazione  allo
svolgimento del suddetto incarico  extra-istituzionale,  inoltrata  a
seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 22 aprile  2023,  n.
44  (Disposizioni  urgenti  per  il  rafforzamento  della   capacita'
amministrativa  delle  amministrazioni  pubbliche),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 21 giugno 2023, n. 74. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale  regionale
di giustizia  amministrativa  del  Trentino-Alto  Adige,  Trento,  ha
sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., in combinato disposto con
l'art. 33 Cost., questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
6, comma 10, della legge n. 240 del 2010,  nella  parte  in  cui  non
consente ai docenti delle universita' statali di ricoprire l'incarico
di amministratore indipendente presso societa' aventi scopo di lucro. 
    2.- La legge n. 240 del 2010 e' intervenuta sulla  disciplina  in
materia  di  organizzazione  delle  universita'  nonche'   di   stato
giuridico e reclutamento del personale accademico e  ha  delegato  il
Governo ad intervenire per incentivare la qualita' e l'efficienza del
sistema universitario. 
    Con  particolare  riferimento  ai  regimi   di   incompatibilita'
previsti per i docenti universitari,  ha  distinto,  rispettivamente,
tra  attivita'  totalmente   incompatibili,   attivita'   liberamente
esercitabili  e  attivita'  consentite  previa   autorizzazione   del
rettore. Piu' precisamente ha operato la seguente distinzione: 
    1) attivita' extra-istituzionali incompatibili  con  la  carriera
universitaria: «esercizio del commercio e dell'industria fatta  salva
la possibilita' di costituire societa' con  caratteristiche  di  spin
off o di start up universitari, ai sensi degli articoli  2  e  3  del
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, anche assumendo  in  tale
ambito responsabilita' formali, nei limiti  temporali  e  secondo  la
disciplina in materia dell'ateneo di appartenenza, nel  rispetto  dei
criteri definiti con regolamento adottato con decreto del Ministro ai
sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.  400»
(art. 6, comma 9, primo periodo); 
    2) attivita' che i professori e i ricercatori a tempo pieno: 
    a)   non    possono    svolgere:    «esercizio    di    attivita'
libero-professionale [...] fermo quanto disposto dagli  articoli  13,
14 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica 11  luglio  1980,
n. 382, fatto salvo quanto stabilito dalle  convenzioni  adottate  ai
sensi del comma 13 del presente articolo» (art. 6, comma  9,  secondo
periodo); 
    b) possono svolgere liberamente «anche  con  retribuzione»  senza
necessita'  di  autorizzazione:  «attivita'  di  valutazione   e   di
referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attivita' di
collaborazione   scientifica   e   di   consulenza,   attivita'    di
comunicazione  e  divulgazione  scientifica  e   culturale,   nonche'
attivita' pubblicistiche ed editoriali»  (art.  6,  comma  10,  primo
periodo); 
    c) possono svolgere previa autorizzazione del rettore:  «funzioni
di didattica e di ricerca, nonche' compiti istituzionali e gestionali
senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati  senza
scopo di lucro, purche' non si determinino situazioni di conflitto di
interesse con l'universita' di appartenenza,  a  condizione  comunque
che  l'attivita'   non   rappresenti   detrimento   delle   attivita'
didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate  dall'universita'
di appartenenza» (art. 6, comma 10, secondo periodo). 
    Su tale normativa il legislatore e' intervenuto recentemente  con
il d.l. n. 44 del 2023, come convertito, incidendo  sulla  disciplina
degli incarichi esterni dei professori e ricercatori universitari  in
regime di tempo pieno. 
    In particolare, con il comma 2-bis dell'art. 9 del d.l. n. 44 del
2023, come convertito, e' stato aggiunto, all'art. 6 della  legge  n.
240  del  2010,  il  comma  10-bis,  con  il  quale  si  prevede   la
possibilita' per i professori  e  i  ricercatori  a  tempo  pieno  di
svolgere, «previa autorizzazione del rettore, incarichi senza vincolo
di subordinazione presso enti pubblici o privati  anche  a  scopo  di
lucro, purche' siano svolti in  regime  di  indipendenza»  e  purche'
sussistano  talune  specifiche  condizioni   negative   (assenza   di
esercizio di poteri esecutivi individuali, di situazioni di conflitto
di interesse con l'universita' di appartenenza e di detrimento per le
attivita'  didattiche,  scientifiche  e   gestionali   dalla   stessa
affidate). 
    Con il successivo comma  2-ter,  poi,  e'  stata  introdotta  una
disposizione di interpretazione autentica avente ad oggetto il  comma
10 dell'art. 6 della legge n. 240 del 2010, a norma della  quale  «Il
primo periodo del comma 10 dell'articolo 6 della  legge  30  dicembre
2010, n. 240, con specifico riferimento alle attivita' di consulenza,
si interpreta nel senso che ai professori e ai  ricercatori  a  tempo
pieno e' consentito lo svolgimento di  attivita'  extra-istituzionali
realizzate in favore di privati o enti pubblici ovvero per motivi  di
giustizia, purche' prestate senza  vincolo  di  subordinazione  e  in
mancanza di un'organizzazione di mezzi e di  persone  preordinata  al
loro svolgimento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 23-ter
del  decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.   201,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214». 
    3.- Alla luce del quadro normativo sinteticamente ricostruito  va
dunque  esaminata  la  questione   di   legittimita'   costituzionale
sollevata. 
    Il  giudice  rimettente  sostiene  la  violazione  degli  evocati
parametri costituzionali -art. 3, in combinato disposto con l'art. 33
- in quanto l'art. 6, comma 10, della legge  n.  240  del  2010,  non
consentendo  ai  docenti  delle  universita'  statali  di   ricoprire
l'incarico di  amministratore  indipendente  presso  societa'  aventi
scopo di lucro, creerebbe un'irragionevole disparita' di  trattamento
con il personale docente nelle  universita'  non  statali,  al  quale
sarebbe, invece, permesso ricoprire tali cariche. 
    4.- La questione e' inammissibile. 
    Va, infatti, considerato che la legge n. 240 del 2010 - che detta
«Norme in materia di organizzazione delle universita',  di  personale
accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per  incentivare
la qualita' e l'efficienza del sistema universitario» - ha ad oggetto
il sistema universitario nel suo complesso, comprensivo dunque  delle
universita' statali e non statali. Solamente specifiche  disposizioni
riguardano espressamente le universita' statali - quali, ad  esempio,
l'art. 2, relativo all'organizzazione  dell'universita',  l'art.  11,
avente ad oggetto  gli  interventi  perequativi  per  le  universita'
statali, o, ancora, l'art. 18,  commi  2  e  4,  relativo  a  profili
finanziari - o le universita' non  statali,  quali,  in  particolare,
l'art. 12, che disciplina, per le universita' legalmente riconosciute
(ad eccezione delle universita' telematiche diverse  da  quelle  gia'
inserite tra le  universita'  non  statali  legalmente  riconosciute,
subordinatamente al mantenimento dei requisiti previsti dalla legge),
una nuova ripartizione di una quota dei contributi  statali  previsti
dalla legge n. 243 del 1991. 
    Alla luce di tale quadro normativo,  la  premessa  interpretativa
posta  a  fondamento  dei  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  -
ovverosia la mancata applicazione  della  disposizione  censurata  ai
docenti delle universita' non statali, i quali sarebbero pregiudicati
dalla dedotta disparita' di trattamento - avrebbe richiesto una  piu'
adeguata motivazione, dovendo, il giudice  a  quo,  spiegare  perche'
riteneva che la disposizione in esame, che non fa riferimento  alcuno
a una data tipologia di universita', diversamente da altre  contenute
nella stessa legge n. 240 del 2010, trovasse applicazione  unicamente
per i docenti delle universita' statali, contribuendo a delineare  lo
stato giuridico e il regime delle incompatibilita'  solo  per  questi
ultimi. 
    5.-  Tale  inadeguata  motivazione  in  punto  di  non  manifesta
infondatezza determina, pertanto, l'inammissibilita' della  questione
di legittimita' costituzionale sollevata, in linea  con  il  costante
orientamento  giurisprudenziale   di   questa   Corte   secondo   cui
l'ordinanza   di   rimessione   deve   contenere   una    sufficiente
illustrazione delle ragioni  per  le  quali  la  normativa  censurata
integrerebbe la violazione del parametro costituzionale  evocato  (ex
plurimis, sentenze n. 186 e n. 108 del 2023). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 10, della legge 30  dicembre  2010,
n. 240 (Norme in materia  di  organizzazione  delle  universita',  di
personale accademico e reclutamento, nonche' delega  al  Governo  per
incentivare la qualita' e l'efficienza  del  sistema  universitario),
sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in combinato
disposto con l'art. 33 Cost., dal Tribunale  regionale  di  giustizia
amministrativa  del  Trentino-Alto  Adige,  Trento,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2023. 
 
                                F.to: 
                 Augusto Antonio BARBERA, Presidente 
                  Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria l'8 gennaio 2024 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA