N. 9 SENTENZA 6 dicembre 2023- 26 gennaio 2024

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Armonizzazione  dei   bilanci
  pubblici - Ripiano del disavanzo inerente al  rendiconto  del  2018
  della Regione Siciliana,  nel  testo  vigente  ratione  temporis  -
  Possibile ripiano entro il limite dei dieci esercizi  -  Violazione
  del   principio   dell'obbligo   di   copertura   della   spesa   e
  dell'equilibrioe della sana gestione finanziaria di bilancio e  dei
  vincoli   economici   e   finanziari   derivanti   dall'ordinamento
  dell'Unione europea - Illegittimita' costituzionale. 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Armonizzazione  dei   bilanci
  pubblici - Norme della Regione Siciliana - Modifica  del  piano  di
  rientro  dal  disavanzo  pregresso  gia'  approvato  -  Conseguente
  dilatazione dei tempi di recupero del deficit e correlata riduzione
  dell'ammontare  delle  quote  come  originariamente  determinate  e
  accantonate  e/o  vincolate  nel  risultato  di  amministrazione  -
  Lesione  del  principio  dell'obbligo  di  copertura  della  spesa,
  dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria  del  bilancio  -
  Illegittimita' costituzionale. 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Armonizzazione  dei   bilanci
  pubblici - Norme della Regione Siciliana -  Variazioni  retroattive
  sulle poste attive e passive  del  bilancio,  gia'  assoggettate  a
  parificazione  per   l'esercizio   antecedente,   con   conseguente
  scopertura ex post delle obbligazioni assunte in corso di esercizio
  di bilancio - Violazione dell'obbligo di copertura  della  spesa  e
  dei  principi  di  equilibrio  e  di  continuita'  di  bilancio   -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Decreto legislativo 27 dicembre 2019, n.  158,  nel  testo  vigente
  ratione temporis, art. 7; legge della Regione Siciliana 28 dicembre
  2019, n. 30, art. 4, comma 2;  legge  della  Regione  Siciliana  15
  aprile 2021, n. 9, art. 110, commi 3, 6 e 9. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 81, 97, primo comma, 117, secondo  comma,
  lettera e), 119, primo comma, e 120, secondo comma. 
(GU n.5 del 31-1-2024 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta da: 
Presidente:Augusto Antonio BARBERA; 
Giudici  :Franco  MODUGNO,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni   AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,
  Emanuela  NAVARRETTA,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,  Marco  D'ALBERTI,
  Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7  del
decreto legislativo 27 dicembre 2019, n.  158  (Norme  di  attuazione
dello  statuto  speciale  della  Regione  siciliana  in  materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei
controlli), nel testo vigente ratione temporis; dell'art. 4, comma 2,
della  legge  della  Regione  Siciliana  28  dicembre  2019,  n.   30
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2019 e per il triennio 2019/2021) e dell'art. 110, commi 3,  6  e  9,
della  legge  della  Regione  Siciliana  15   aprile   2021,   n.   9
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021.  Legge  di
stabilita'  regionale),  promosso  dalla  Corte  dei  conti,  Sezioni
riunite per la Regione Siciliana, nel giudizio di  parificazione  del
rendiconto  generale  della  Regione   Siciliana,   per   l'esercizio
finanziario 2020, con ordinanza del 7 febbraio 2023, iscritta  al  n.
40 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2023. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e della Procura generale della Corte dei conti; 
    udito nella camera di consiglio del 6 dicembre  2023  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    deliberato nella camera di consiglio del 6 dicembre 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 7 febbraio 2023,  iscritta  al  n.  40  del
registro ordinanze 2023 la Corte dei conti, Sezioni  riunite  per  la
Regione  Siciliana,  in  sede  di  giudizio  di   parificazione   del
rendiconto  generale  della   Regione   Siciliana   per   l'esercizio
finanziario   2020,   ha   sollevato   questioni   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre  2019,
n. 158 (Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  della  Regione
siciliana in materia di armonizzazione  dei  sistemi  contabili,  dei
conti  giudiziali  e  dei  controlli),  nel  testo  vigente   ratione
temporis; dell'art. 4, comma 2, della legge della  Regione  Siciliana
28 dicembre 2019, n. 30 (Assestamento del bilancio di previsione  per
l'esercizio finanziario 2019 e per il triennio 2019/2021) e dell'art.
110, commi 3, 6 e 9, della legge della Regione  Siciliana  15  aprile
2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021.
Legge di stabilita' regionale), in riferimento  agli  artt.  81,  97,
primo comma, 117, secondo comma, lettera  e),  e  119,  primo  comma,
della Costituzione, in combinato con gli artt. 3, 5  e  120,  secondo
comma, Cost. L'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge  reg.  Siciliana
n. 9 del 2021 e' stato censurato altresi' in riferimento all'art. 81,
quarto comma, Cost., in relazione all'art. 51 del decreto legislativo
23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei
sistemi contabili e degli schemi di  bilancio  delle  Regioni,  degli
enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2  della
legge 5 maggio 2009, n. 42). 
    Le Sezioni riunite per la Regione Siciliana  premettono  che,  in
sede  di   giudizio   di   parificazione,   nell'accertare   l'esatta
quantificazione degli stanziamenti definitivi da iscriversi nel Conto
del  bilancio  2020  in  relazione  al   disavanzo   finanziario   da
recuperare, sarebbe emerso che l'applicazione delle  disposizioni  in
esame, differenti  e  piu'  favorevoli  alla  Regione  rispetto  alla
disciplina generale dettata dall'art. 42 del d.lgs. n. 118 del  2011,
avrebbe  determinato  un  sensibile  miglioramento  dei  conti  della
Regione. 
    In particolare, l'art. 7 del d.lgs. n. 158 del  2019,  nel  testo
vigente ratione temporis, rubricato «Ripiano del disavanzo  derivante
dagli effetti del riaccertamento straordinario», avrebbe  individuato
un percorso di ripiano di  alcune  quote  del  complessivo  disavanzo
finanziario  registrato  alla  data  del  31  dicembre  2018  (quelle
concernenti il disavanzo della gestione 2018 e le quote di  disavanzo
non recuperate entro il termine dello stesso esercizio) in deroga  al
modello generale e uniforme di disciplina previsto dalla legislazione
statale per le regioni. 
    L'art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana  n.  30  del  2019,
rubricato  «Disavanzo  finanziario  al  31  dicembre  2018»,  avrebbe
introdotto disposizioni applicative dell'art. 7 del d.lgs. n. 158 del
2019, quantificando le quote oggetto di  stanziamento  e  di  ripiano
annuale in deroga al predetto art. 42, comma 12, del  d.lgs.  n.  118
del 2011. 
    L'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n.  9  del
2021, rubricato «Abrogazioni e  modifiche  alla  legge  regionale  28
dicembre 2020, n. 33, alla legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36  e
alla legge regionale 20 gennaio 2021,  n.  1»,  avrebbe  disposto,  a
esercizio finanziario ormai  concluso,  variazioni  di  bilancio  con
effetti sostanziali sugli stanziamenti definitivi di  spesa  iscritti
nel Conto del bilancio 2020 sottoposto al giudizio di  parificazione,
quantificando i relativi importi in base a quanto previsto  dall'art.
7 del d.lgs. n. 158 del 2019 e dall'art. 4, comma 2, della legge reg.
Siciliana n. 30 del 2019. 
    Il  giudice  rimettente   si   sofferma   preliminarmente   sulla
legittimazione  della  Corte  dei  conti  a  sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale nel corso del giudizio di  parificazione,
ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1
(Norme sui giudizi di legittimita' costituzionale  e  sulle  garanzie
d'indipendenza della Corte costituzionale) e dell'art. 23 della legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione  e  sul  funzionamento
della Corte costituzionale). 
    Anzitutto,  il  rimettente  sottolinea   che   il   giudizio   di
parificazione  si  svolge  con  le  formalita'  della   giurisdizione
contenziosa, prevede la partecipazione del  procuratore  generale  in
contraddittorio  con  i  rappresentanti  dell'amministrazione  e   si
conclude con una pronuncia adottata in esito a pubblica udienza. 
    Il Collegio rimettente segnala come il giudizio di parificazione,
allo stato  della  legislazione  vigente,  sia  l'unica  possibilita'
offerta dall'ordinamento per sottoporre a scrutinio  di  legittimita'
costituzionale disposizioni legislative che,  incidendo  sui  singoli
capitoli,  modificano  l'articolazione  del  bilancio  e  ne  possono
alterare gli equilibri complessivi. 
    Il rimettente  richiama  quindi  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte che ha riconosciuto la legittimazione a  promuovere,  in
sede di  giudizio  di  parificazione  del  rendiconto,  questioni  di
legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  all'art.  81   Cost.,
avverso tutte quelle disposizioni di legge  che  determinino  effetti
modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto  stesso  di
incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire  sui
capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con  il
sistema dei risultati differenziali (sono citate le sentenze  n.  121
del 1966, n. 181 del 2015, n. 89 del 2017, n. 196 del 2018, n. 138  e
n. 146 del 2019, n. 112 e n. 244 del 2020, n. 215 e n. 235 del 2021 e
n. 253 del 2022). 
    Il giudice a quo esperisce il tentativo di interpretare  in  modo
costituzionalmente orientato le disposizioni  censurate,  sostenendo,
tuttavia, che il chiaro tenore letterale dei precetti normativi della
cui  legittimita'   dubita   non   consentirebbe   un'interpretazione
compatibile con il quadro costituzionale di riferimento. Da un  lato,
infatti, l'esistenza  di  una  speciale  normativa  sul  ripiano  del
disavanzo  della  Regione  Siciliana,  quale   quella   posta   dalle
disposizioni oggetto di scrutinio, si porrebbe in  deroga  al  regime
ordinario individuato dall'art. 42, comma 12, del d.lgs. n.  118  del
2011, che, nell'esegesi della giurisprudenza costituzionale, e' stato
considerato  espressione  dell'esigenza  di  armonizzare  i   bilanci
pubblici sotto lo specifico profilo della disciplina del disavanzo di
amministrazione e dell'uniformita' dei tempi del suo ripiano, ai fini
del perseguimento  del  precetto  costituzionale  dell'equilibrio  di
bilancio; dall'altro lato, gli stanziamenti definitivi di  spesa  del
Conto del bilancio 2020, relativi al disavanzo finanziario oggetto di
rendicontazione,   conseguirebbero   a   variazioni    di    bilancio
inequivocabilmente avvenute ad esercizio concluso, in violazione  del
principio  costituzionale  dell'annualita'  del  bilancio,   di   cui
all'art. 81, quarto comma, Cost. 
    In punto di rilevanza il giudice a quo sostiene che le  questioni
di  legittimita'  costituzionale  assumono  rilievo  ai  fini   della
definizione del giudizio di  parificazione,  in  quanto  l'esito  del
giudizio di legittimita' costituzionale condizionerebbe  il  giudizio
finale sul rendiconto generale in esame. Qualora le norme  sospettate
di   illegittimita'   costituzionale   dovessero    essere    espunte
dall'ordinamento,  difatti,  la  quota  di  disavanzo  da  recuperare
iscritta nel bilancio  dell'esercizio  2020  sarebbe  illegittima  in
quanto gravemente sottostimata,  con  l'immediata  conseguenza  della
compromissione del risultato di amministrazione di fine  esercizio  e
con  potenziale  travolgimento  dell'intera  programmazione  e  della
correlata rendicontazione (sul punto sono richiamate le  sentenze  di
questa Corte n. 184 del 2022, n. 235 del 2021, n. 49 del  2018  e  n.
184 del 2016). 
    Ad   avviso   del    rimettente,    l'eventuale    illegittimita'
costituzionale delle disposizioni censurate  determinerebbe  effetti,
oltre che sui saldi del rendiconto  2020,  anche  sui  bilanci  degli
esercizi futuri progettati sui saldi di detto rendiconto,  in  quanto
ogni   bilancio   e'   geneticamente   collegato   alle    risultanze
dell'esercizio  precedente,  dalle  quali  prende  le  mosse  per  la
determinazione delle proprie (viene sul punto richiamata la  sentenza
di questa Corte n. 49 del 2018). 
    Con riguardo all'art. 110, commi 3,  6  e  9,  della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del 2021, la questione di legittimita'  costituzionale
sarebbe rilevante anche  per  le  variazioni  che  tali  disposizioni
consentirebbero ad esercizio finanziario ormai concluso, con  effetti
retroattivi sull'articolazione del bilancio  chiuso  al  31  dicembre
2020, ai fini della  verifica  del  superamento  dell'ampiezza  dello
spazio  finanziario  per  la  copertura  di  nuove  spese  attraverso
l'applicazione di quote del risultato di amministrazione  (sul  punto
viene richiamata la sentenza di questa Corte n. 215 del 2021). 
    La rimozione dall'ordinamento giuridico dell'art. 110, commi 3, 6
e 9,  della  legge  reg.  Siciliana  n.  9  del  2021  determinerebbe
l'illegittimita'  degli  stanziamenti  relativi   al   disavanzo   da
recuperare  iscritti  nel  Conto  del  bilancio  2020,   nonche'   la
violazione dei limiti posti dall'art. 1, commi 897 e 898, della legge
30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2019  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2019-2021) e dai paragrafi 9.2.15 e 9.2.16 dell'Allegato  n.  4/2  al
d.lgs. n. 118  del  2011  in  tema  di  limiti  all'applicazione  del
disavanzo per gli enti deficitari. 
    1.1.-   Il   giudice   rimettente   dubita   innanzitutto   della
legittimita' costituzionale dell'art. 7 del d.lgs. n. 158  del  2019,
dell'art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n.  30  del  2019  e
dell'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana  n.  9  del
2021 in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.,
nella materia «armonizzazione dei  bilanci  pubblici»,  in  relazione
all'art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del  2011,  richiamato  come
norma interposta. 
    Il procedimento di produzione delle fonti del diritto,  e  dunque
anche quelle di  attuazione  dello  statuto  speciale  della  Regione
Siciliana,  non  potrebbe  che  essere  conforme  alle   disposizioni
costituzionali in materia di «armonizzazione dei  bilanci  pubblici»,
la  quale  non  sarebbe  soggetta  a  deroghe  territoriali,  neppure
nell'ambito delle autonomie speciali. 
    Il giudice rimettente sottolinea l'indefettibilita' del principio
di  armonizzazione  che  sarebbe   ontologicamente   collegato   alla
necessita' di realizzare l'uniformita' dei linguaggi e  l'omogeneita'
dell'espressione finanziaria e contabile di tutti gli  enti  operanti
nel sistema della finanza pubblica  allargata,  senza  le  quali  non
sarebbe  possibile  il  consolidamento  dei  conti  pubblici   e   il
perseguimento   degli   obiettivi   afferenti   alla   programmazione
economico-finanziaria, al coordinamento della  finanza  pubblica,  al
federalismo fiscale, al rispetto  delle  regole  comunitarie  e  alla
prevenzione  delle  irregolarita'  in  grado  di   pregiudicare   gli
equilibri dei bilanci (sono richiamate le sentenze di questa Corte n.
168 del 2022, n. 184 del 2016 e n. 80 del 2017). 
    L'uniformita' dell'espressione finanziaria  e  contabile  sottesa
alla struttura matematica dei bilanci pubblici sarebbe stata ribadita
proprio in riferimento alle norme  che  introducono  vincoli  precisi
alle  modalita'  di  rientro  dal  disavanzo,  limitando   l'autonoma
determinazione dell'ente territoriale sulla capacita' di spesa. 
    Il rimettente dubita  della  legittimita'  del  plesso  normativo
introdotto dall'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, dall'art. 4, comma
2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 e dall'art.  110,  commi
3, 6 e 9, della  legge  reg.  Siciliana  n.  9  del  2021,  il  quale
devierebbe dal modello uniforme delineato dall'art. 42, comma 12, del
d.lgs. n. 118 del  2011,  norma  interposta  rispetto  all'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost.,  declinando  sul  territorio  della
Regione Siciliana regole diverse e di maggior favore per  la  Regione
stessa. 
    Osserva il giudice  a  quo  che  tra  le  materie  di  competenza
legislativa esclusiva e concorrente di cui agli artt.  14  e  17  del
regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana), convertito in legge  costituzionale
26 febbraio 1948,  n.  2,  non  rientrerebbe  la  contabilita'  e  la
disciplina  del   bilancio,   ne'   sembrerebbe   sussistere   alcuna
corrispondenza  tra  le  disposizioni  censurate  e   una   specifica
competenza statutaria cui dare attuazione attraverso atti di concreta
gestione del bilancio ed erogazione delle spese in esso stanziate. 
    Inoltre, ad avviso del giudice a quo, la materia del ripiano  del
disavanzo non rientrerebbe neppure negli oggetti individuati tra  gli
ambiti dello strumento pattizio, in quanto la legge costituzionale 20
aprile 2012,  n.  1  (Introduzione  del  principio  del  pareggio  di
bilancio nella Carta costituzionale) ha attratto l'armonizzazione dei
bilanci pubblici alle materie  di  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato. 
    Evidenzia, altresi', il rimettente che lo strumento  dell'accordo
tra Stato e Regione Siciliana, come delineato dall'art. 7,  comma  2,
del d.lgs. n. 158 del 2019, si distanzierebbe dal modello prefigurato
dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione), nella misura in cui, nel condizionare il  percorso  di
rientro  decennale  dal  disavanzo,  si  impernierebbe   sulla   sola
riduzione  strutturale  della  spesa,  prescindendo   dagli   aspetti
qualificanti della disciplina posta dall'indicato art.  27,  volta  a
ridisegnare il concorso delle  autonomie  speciali  al  conseguimento
degli obiettivi di  perequazione  e  di  solidarieta',  al  patto  di
stabilita' interno  e  all'assolvimento  degli  obblighi  discendenti
dall'ordinamento comunitario, al ricorrere di  precise  condizioni  e
presupposti, da tenere in debita considerazione nella redazione delle
norme di attuazione. 
    Il  rimettente  si  sofferma  altresi'  sul   richiamo   che   la
disposizione censurata fa dell'art. 9 della legge 24  dicembre  2012,
n. 243 (Disposizioni per l'attuazione del principio del  pareggio  di
bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della  Costituzione)
nel contesto dell'inciso iniziale («[a]nche al fine di  tenere  conto
di quanto previsto dall'articolo 9 della legge n. 243 del 2012»).  Il
contenuto precettivo dell'art. 7, comma 2,  del  d.lgs.  n.  158  del
2019, ad avviso del giudice a quo, travalicherebbe  l'ambito  segnato
dall'art.  9  della  legge  n.  243  del  2012  in  riferimento  alla
possibilita' di intervenire con norme di attuazione, ove si consideri
che l'effetto immediato e diretto del meccanismo  concertato  (ossia,
la  conclusione  di  un  accordo  tra  Stato  e  Regione   Siciliana)
consisterebbe in una dilazione dei termini di rientro  dal  disavanzo
attraverso un piano di recupero piu'  favorevole  rispetto  a  quello
previsto dal modello generale e uniforme dell'art. 42, comma 12,  del
d.lgs. n. 118 del 2011. 
    1.2.- Il giudice rimettente dubita  altresi'  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019,  dell'art.  4,
comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 e  dell'art.  110,
commi 3, 6 e 9,  della  legge  reg.  Siciliana  n.  9  del  2021,  in
riferimento agli artt. 81, 97,  primo  comma,  e  119,  primo  comma,
Cost., sotto il profilo della lesione dell'equilibrio  e  della  sana
gestione finanziaria  del  bilancio,  nonche'  degli  interdipendenti
principi di copertura pluriennale  della  spesa,  di  responsabilita'
nell'esercizio del mandato elettivo e di equita' intergenerazionale. 
    Riferisce, infatti, il giudice rimettente  che  gli  stanziamenti
obbligatori di spesa, «da quantificare in euro  1.634.375.715,41,  si
presentano, all'evidenza, diversi e piu'  consistenti  rispetto  agli
stanziamenti registrati nel Conto del bilancio oggetto  del  presente
giudizio di parificazione, pari a  euro  461.889.971,86  per  effetto
della disciplina  sostanziale  di  ripiano  decennale  seguita  dalla
Regione siciliana nell'applicazione dell'art. 7 del d.lgs. n. 158 del
2019 e dell'art. 4 della  legge  regionale  n.  30  del  2019.  [G]li
importi degli stanziamenti definitivi iscritti nei capitoli di  spesa
del Conto del  bilancio  a  titolo  di  Disavanzo  finanziario,  pari
complessivamente a euro 461.889.971,86, costituiscono l'esito  finale
di   interventi   normativi   intervenuti   nel   corso   del    2021
sull'articolazione del bilancio risultante alla data del 31  dicembre
2020, con effetti retroattivi a partire dal 29  dicembre  2020  (art.
110, commi 3, 6 e 9, della legge regionale n. 9 del  2021).  In  base
alle disposizioni vigenti al momento della  chiusura  dell'esercizio,
infatti, l'ammontare dei pertinenti stanziamenti di spesa era pari  a
euro 45.506.780,72». 
    Riferisce ulteriormente il rimettente che i predetti stanziamenti
sono superiori anche a quelli che - pari a  euro  1.328.793.634,70  -
avrebbero dovuto trovare allocazione nel Conto del bilancio del 2020,
per effetto del ripiano triennale previsto dall'art. 7, comma 2,  del
d.lgs. n. 158  del  2019,  vigente  ratione  temporis.  Il  disavanzo
iscritto in bilancio influenza l'ampiezza  dello  spazio  finanziario
per la copertura di nuove spese a mezzo  dell'applicazione  di  quote
del risultato di amministrazione per il loro finanziamento attraverso
l'impiego di quote accantonate, vincolate e destinate  del  risultato
di amministrazione  complessivamente  corrispondenti  all'importo  di
euro 694.700.914,92, in parte  preponderante  (nello  specifico,  per
euro  690.671.572,65)  a  mezzo  di  variazioni  di  bilancio   delle
previsioni  di  entrata  e  di  spesa   disposte   direttamente   con
provvedimenti di natura amministrativa,  alcuni  dei  quali  adottati
anche successivamente. 
    Sarebbero violati anche gli artt. 3,  5  e  120,  secondo  comma,
Cost.,   in   quanto   la   speciale   disciplina   di    adeguamento
dell'ordinamento regionale siciliano per  il  rientro  dal  disavanzo
avrebbe impedito che le quote del disavanzo di  amministrazione  2018
(nella specie, il disavanzo ante armonizzazione  e  da  extradeficit,
per euro  916.746.242,27)  fossero  ripianate  secondo  le  modalita'
stabilite in via generale dall'art. 42, comma 12, primo periodo,  del
d.lgs. n. 118 del 2011. 
    Sul tema dell'allungamento dei tempi di rientro dal disavanzo  il
rimettente richiama la  giurisprudenza  costituzionale  costantemente
volta a censurare diverse soluzioni normative atte a prescriverne  il
riassorbimento in archi temporali lunghi e differenziati,  ben  oltre
il ciclo di bilancio ordinario (sono citate le sentenze  n.  168  del
2022, n. 246 e n. 235 del 2021, n. 115 del 2020 e n. 18 del 2019,  n.
10 e n. 107 del 2016). 
    1.3.- Inoltre, l'art. 110, commi 3,  6  e  9,  della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del 2021 sarebbe  costituzionalmente  illegittimo  per
violazione dell'art. 81, quarto comma, Cost., in  relazione  all'art.
51 del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    Il richiamato art. 51, nel prevedere in generale che «[n]el corso
dell'esercizio, il bilancio di  previsione  puo'  essere  oggetto  di
variazioni autorizzate con legge» (comma  1),  tuttavia  dispone  che
«[n]essuna variazione al bilancio puo' essere approvata  dopo  il  30
novembre dell'anno a cui il  bilancio  stesso  si  riferisce»,  fatte
salve le eccezioni espressamente indicate dalla medesima disposizione
(comma 6). Tale disposizione costituirebbe espressione del  principio
contabile generale di annualita'  del  bilancio,  enunciato  altresi'
nell'Allegato 1 al d.lgs. n. 118 del 2011 e nella legge  31  dicembre
2009, n. 196 (Legge di contabilita' e finanza pubblica), Allegato  1,
principio n. 1. 
    Sostiene il rimettente che, ai sensi del principio di annualita',
le decisioni legislative inerenti  al  bilancio,  che  provvedono  in
ordine all'allocazione delle risorse finanziarie e  alle  conseguenti
autorizzazioni cui e' subordinata  la  gestione  degli  stanziamenti,
dovrebbero  essere  elaborate  su  un  orizzonte   temporale   almeno
triennale e riferirsi ai distinti periodi di  gestione  compresi  nel
bilancio  di  previsione,  che,  coincidenti   con   l'anno   solare,
dovrebbero presentarsi come correnti o successivi, ma mai scaduti, in
quanto cio' produrrebbe il sostanziale svuotamento della funzione  di
programmazione propria del bilancio di previsione. 
    Evidenzia il rimettente che la ratio alla base  della  norma  che
impone di iscrivere l'importo del disavanzo di amministrazione  quale
primo tra gli stanziamenti di spesa del bilancio (art. 39,  comma  7,
lettera c, del d.lgs. n. 118 del 2011) sarebbe strettamente correlata
alla   funzione   di   programmazione   del   documento   finanziario
previsionale, in quanto la  misura  degli  obblighi  di  rientro  dal
deficit  determinerebbe  effetti  di  compressione  sulla  dimensione
generale delle spese  da  autorizzare  cosi'  individuando  anche  lo
spazio finanziario utile all'impiego del risultato di amministrazione
per il finanziamento di nuove spese nell'esercizio. 
    Ad  avviso  del  rimettente,  il  postulato  dell'annualita'  del
bilancio conterrebbe naturaliter il  principio  di  immodificabilita'
dello stato del bilancio dopo la chiusura dell'esercizio  finanziario
cui si riferisce (31 dicembre), cosicche'  detto  principio  dovrebbe
ritenersi violato non solo nell'ipotesi in  cui  l'alterazione  degli
stanziamenti di bilancio avvenga con  norme  successive  che  operino
variazioni dirette su un esercizio  finanziario  ormai  concluso,  ma
anche qualora norme successive dispongano l'abrogazione di variazioni
gia'  effettuate  entro  l'esercizio  di  riferimento,   disponendone
l'effetto a una data antecedente all'esercizio ormai concluso. 
    La disposizione censurata, disponendo in  merito  all'allocazione
delle spese con effettivi  retroattivi  sul  bilancio  dell'esercizio
2020 ormai chiuso, avrebbe alterato i risultati finali del Conto  del
bilancio  confluiti  nel  documento  consuntivo,  in  violazione  del
principio dell'annualita' discendente  dall'art.  81,  quarto  comma,
Cost. e dall'art. 51 del d.lgs. n.  118  del  2011,  che  costituisce
parametro interposto. 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
giudizio chiedendo che le censure sollevate  dal  giudice  rimettente
nei confronti dell'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 siano dichiarate
non fondate. 
    Sostiene il Presidente del Consiglio dei ministri che  il  d.lgs.
n. 158 del 2019, dettando norme di attuazione dello statuto  speciale
della Regione Siciliana, avrebbe natura di fonte di rango primario  a
competenza «riservata e  separata»  rispetto  a  quella  esercitabile
dalle leggi ordinarie statali e regionali. Inoltre, l'art.  1,  comma
2, della legge di delega n. 42 del 2009  prevede  che  nei  confronti
delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di  Trento
e  di  Bolzano  «si  applicano,  in  conformita'  con  gli   statuti,
esclusivamente le disposizioni di cui agli  articoli  15,  22  e  27»
della medesima legge di delega. 
    Ricorda la difesa statale che, in  armonia  con  quanto  disposto
dalla predetta legge n. 42 del 2009, l'art. 79 del d.lgs. n. 118  del
2011 stabilisce che «[l]a decorrenza e le modalita'  di  applicazione
delle  disposizioni  di  cui  al  presente  decreto  legislativo  nei
confronti delle Regioni a statuto speciale e delle province  autonome
di Trento e di Bolzano,  nonche'  nei  confronti  degli  enti  locali
ubicati nelle medesime Regioni speciali  e  province  autonome,  sono
stabilite, in conformita' con i relativi statuti,  con  le  procedure
previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42». 
    Da cio'  conseguirebbe  che  i  principi  di  armonizzazione  dei
bilanci pubblici, come disciplinati  dal  d.lgs.  n.  118  del  2011,
sarebbero applicabili alle autonomie territoriali  soltanto  mediante
le norme di  attuazione  degli  statuti  speciali  (sul  punto  viene
richiamata la sentenza di questa Corte n. 178  del  2012)  e  che  il
citato d.lgs. n. 118 del 2011 - pur  rappresentando  estensione  agli
enti   territoriali   della   legislazione   statale    a    garanzia
dell'omogeneita' della disciplina contabile pubblica che  ha  trovato
fondamento nell'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.  -,  non
precluderebbe peculiari articolazioni del bilancio  della  regione  o
provincia   autonoma   fondate   sull'esigenza   di    scandire    la
programmazione economico-finanziaria nelle procedure  contabili  (sul
punto viene citata la sentenza di questa Corte n. 80 del 2017). 
    Sostiene inoltre la difesa statale che  la  norma  costituzionale
invocata  attribuisce  la  materia  dell'armonizzazione  dei  bilanci
pubblici alla competenza legislativa esclusiva  dello  Stato,  quindi
non potrebbe ritenersi violata  la  riserva  di  legge  statale,  dal
momento che il censurato art.  7  del  d.lgs.  n.  158  del  2019  e'
disposizione legislativa di fonte statale e strumento  di  attuazione
dello statuto speciale della  Regione  Siciliana.  Per  tale  motivo,
sarebbero non fondate le censure sollevate dal giudice rimettente  in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Osserva ulteriormente l'Avvocatura generale che il censurato art.
7 sarebbe stato modificato dai decreti legislativi 18  gennaio  2021,
n. 8 (Modifiche all'articolo 7 del decreto  legislativo  27  dicembre
2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione
siciliana in materia di armonizzazione  dei  sistemi  contabili,  dei
conti giudiziali e dei controlli) e 9 giugno 2022, n.  87  (Modifiche
all'articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre  2019,  n.  158  e
successive modifiche ed integrazioni, concernente norme di attuazione
dello statuto della Regione siciliana in  materia  di  armonizzazione
dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), proprio
per consentire la definizione  dell'accordo  Stato-Regione  Siciliana
(raggiunto in  data  14  gennaio  2021)  sul  ripiano  decennale  del
disavanzo necessario per far fronte agli effetti  negativi  correlati
all'emergenza epidemiologica da COVID-19,  fermo  restando  l'impegno
della Regione, «in attuazione dei principi  dell'equilibrio  e  della
sana  gestione   finanziaria   del   bilancio,   di   responsabilita'
nell'esercizio   del   mandato   elettivo   e   di    responsabilita'
intergenerazionale,  ai  sensi  degli  articoli   81   e   97   della
Costituzione», a garantire il «rispetto  di  specifici  parametri  di
virtuosita', quali la riduzione strutturale della spesa corrente, con
effetti a decorrere dall'esercizio finanziario 2021». 
    3.- E' intervenuto il  giudizio  il  Procuratore  generale  della
Corte dei conti, il quale, per  sostenere  l'ammissibilita'  del  suo
intervento, rammenta il diritto degli  organi  dello  Stato  e  delle
regioni a intervenire nei procedimenti innanzi a questa  Corte  (art.
20, secondo comma, della legge n. 87 del 1953), secondo la disciplina
contenuta nell'art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale. 
    L'interveniente    richiama    altresi'     la     giurisprudenza
costituzionale sui giudizi per conflitto di  attribuzione  tra  enti,
che ha affermato  l'ammissibilita'  dell'intervento  del  Procuratore
generale della Corte dei conti (sono citate  le  sentenze  di  questa
Corte n. 184 e n. 90 del 2022), e sottolinea che l'esito del giudizio
di legittimita' potrebbe incidere sul  potere  del  PM  contabile  di
agire  in  giudizio  per  la  tutela  degli   interessi   dell'intera
collettivita' alla corretta gestione delle risorse  pubbliche  e,  in
particolare, sul potere di impugnare la  decisione  di  parificazione
del rendiconto generale regionale. Aggiunge inoltre che, se le  Norme
integrative consentono l'intervento nel  giudizio  costituzionale  di
soggetti terzi, a fortiori cio' dovrebbe  essere  consentito  per  le
parti originarie nel giudizio a quo. 
    In ordine alla rilevanza nel giudizio a quo e alla non  manifesta
infondatezza  delle  questioni  sollevate,  il  Procuratore  generale
richiama, condividendole, le osservazioni formulate  dal  rimettente.
Sussisterebbero, infatti, tutti i lamentati vulnera agli  artt.  117,
secondo comma, lettera e), 81, 97, primo comma, e 119,  primo  comma,
in combinato con gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost. 
    4.- Con atto depositato in data 2 dicembre 2023 il Presidente del
Consiglio dei ministri ha chiesto di rinviare la causa a nuovo  ruolo
al fine di  consentire  il  perfezionamento  dell'approvazione  della
norma di  attuazione  finalizzata  all'abrogazione  dell'art.  7  del
d.lgs. n. 158 del 2019. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza iscritta al n. 40 del registro  ordinanze  2023
la Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, in sede
di giudizio di parificazione del rendiconto generale per  l'esercizio
finanziario   2020,   ha   sollevato   questioni   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 7 del d.lgs.  n.  158  del  2019  nel  testo
vigente ratione temporis (in seguito modificato dagli artt. 1,  comma
1, e 2, comma 1, lettere a e b, del decreto  legislativo  18  gennaio
2021, n. 8, recante «Modifiche all'articolo 7 del decreto legislativo
27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione  dello  Statuto
della Regione siciliana in  materia  di  armonizzazione  dei  sistemi
contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei  controlli»,  e  integrato
dall'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 9 giugno 2022,  n.  87,
recante «Modifiche all'articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre
2019, n. 158 e  successive  modifiche  ed  integrazioni,  concernente
norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in  materia
di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali  e  dei
controlli»), in riferimento agli artt. 3, 5,  81,  97,  primo  comma,
117, secondo comma, lettera e) - quest'ultimo in  relazione  all'art.
42, comma 12, del  d.lgs.  n.  118  del  2011  -,  119  e  120  della
Costituzione; dell'art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n.  30
del 2019 e dell'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg.  Siciliana
n. 9 del 2021, in riferimento agli artt. 81, 97,  primo  comma,  117,
secondo comma, lettera e), e 119, primo comma,  Cost.,  in  combinato
con gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost.; l'art. 110, commi  3,
6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021 e'  stato  censurato,
altresi',  in  riferimento  all'art.  81,  quarto  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    L'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nel  testo  vigente  ratione
temporis, rubricato «Ripiano del disavanzo  derivante  dagli  effetti
del riaccertamento straordinario», avrebbe individuato un percorso di
ripiano  di  alcune  quote  del  complessivo  disavanzo   finanziario
registrato alla data del 31  dicembre  2018  (quelle  concernenti  il
disavanzo della gestione 2018 e le quote di disavanzo non  recuperate
entro il termine dello stesso esercizio) diverso da  quello  previsto
dal modello generale e uniforme di  disciplina  posto  dall'art.  42,
comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    L'art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana  n.  30  del  2019,
rubricato  «Disavanzo  finanziario  al  31  dicembre  2018»,  avrebbe
introdotto disposizioni applicative dell'art. 7 del d.lgs. n. 158 del
2019, quantificando le quote oggetto di  stanziamento  e  di  ripiano
annuale in deroga all'art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    L'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n.  9  del
2021, rubricato «Abrogazioni e  modifiche  alla  legge  regionale  28
dicembre 2020, n. 33, alla legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36  e
alla legge regionale 20 gennaio 2021,  n.  1»,  avrebbe  disposto,  a
esercizio finanziario ormai  concluso,  variazioni  di  bilancio  con
effetti sostanziali sugli stanziamenti definitivi di  spesa  iscritti
nel Conto del bilancio 2020 sottoposto al giudizio di  parificazione,
quantificando i relativi importi in base a quanto previsto  dall'art.
7 del d.lgs. n. 158 del 2019 e dall'art. 4, comma 2, della legge reg.
Siciliana n. 30 del 2019. 
    1.1.-  Il  giudice  rimettente  solleva  dubbi  di   legittimita'
costituzionale delle disposizioni in esame sotto diversi profili. 
    Il primo profilo  riguarda  la  lesione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., nella materia «armonizzazione  dei  bilanci
pubblici», che viene evocato in relazione all'art. 42, comma 12,  del
d.lgs. n. 118 del 2011 quale  norma  interposta,  con  riguardo  alle
regole fondamentali di  disciplina  del  recupero  del  disavanzo  di
amministrazione. 
    Le  disposizioni  censurate,  ad  avviso   del   rimettente,   si
porrebbero in contrasto con l'art. 42, comma 12, del  d.lgs.  n.  118
del 2011, che troverebbe  applicazione  nei  confronti  di  tutte  le
regioni, compresa la Regione Siciliana. 
    Il meccanismo concertato per il ripiano del  disavanzo  pregresso
previsto dall'art. 7 del d.lgs. n. 158 del  2019  produrrebbe,  quale
effetto immediato e diretto, una dilazione dei termini di rientro dal
disavanzo  attraverso  un  piano  di  recupero  differente   e   piu'
favorevole per la Regione Siciliana rispetto a  quello  previsto  dal
modello generale e uniforme di cui all'art. 42, comma 12, del  d.lgs.
n. 118 del 2011. 
    Cio'  arrecherebbe  un  vulnus  all'armonizzazione  dei  bilanci,
ontologicamente collegata alla necessita' di realizzare l'uniformita'
dei  linguaggi  e  l'omogeneita'   dell'espressione   finanziaria   e
contabile di tutti  gli  enti  operanti  nel  sistema  della  finanza
pubblica  allargata,  con  cio'  determinando   l'impossibilita'   di
realizzare il consolidamento dei conti pubblici e il perseguimento di
obiettivi,  quali   la   programmazione   economico-finanziaria,   il
coordinamento della finanza pubblica,  la  gestione  del  federalismo
fiscale, le verifiche del rispetto  delle  regole  comunitarie  e  la
prevenzione di irregolarita' idonee a pregiudicare gli equilibri  dei
bilanci. 
    L'esigenza  di   uniformita'   dell'espressione   finanziaria   e
contabile sottesa alla struttura dei bilanci pubblici  sarebbe  ancor
piu' avvertita proprio in  riferimento  alle  norme  che  introducono
vincoli precisi alle modalita' di rientro dal disavanzo. 
    Osserva, inoltre, il giudice a quo che, tra le materie attribuite
dagli artt. 14 e  17  dello  statuto  di  autonomia  alla  competenza
legislativa esclusiva e  concorrente  della  Regione  Siciliana,  non
rientrerebbero la contabilita' e la disciplina del bilancio e neppure
sembrerebbe  sussistere  alcuna  corrispondenza  tra  le   competenze
statutarie e l'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019. 
    Ad avviso del rimettente la materia del  ripiano  del  disavanzo,
tra l'altro, non rientrerebbe neppure tra  gli  oggetti  che  possono
essere disciplinati  attraverso  lo  strumento  pattizio,  in  quanto
l'armonizzazione dei bilanci pubblici e' stata attratta  dalla  legge
cost.  n.  1  del  2012  nella  sfera  della  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    Evidenzia infine il giudice a quo che lo  strumento  dell'accordo
tra lo Stato e la Regione Siciliana, delineato dall'art. 7, comma  2,
del d.lgs. n. 158 del 2019, si distanzierebbe dal modello prefigurato
dall'art.  27  della  legge  n.  42  del  2009;  quello  previsto  da
quest'ultimo avrebbe come finalita' il  raggiungimento  di  obiettivi
che riguardano la finanza allargata - e in  particolare  il  concorso
delle  autonomie  speciali  al  conseguimento  degli   obiettivi   di
perequazione e di solidarieta', al  patto  di  stabilita'  interno  e
all'assolvimento   degli   obblighi   discendenti    dall'ordinamento
comunitario - mentre quello di cui al censurato art. 7 prefigurerebbe
una situazione favorevole per la Regione,  ma  contrastante  con  gli
obiettivi di finanza pubblica. 
    1.2.- Sotto altro profilo, il  giudice  rimettente  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 7 del d.lgs. n. 158  del  2019,
dell'art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n.  30  del  2019  e
dell'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana  n.  9  del
2021 anche in riferimento agli artt. 81,  97,  primo  comma,  e  119,
primo comma, Cost., con riguardo alla lesione dell'equilibrio e della
sana gestione finanziaria del bilancio, nonche' degli interdipendenti
principi di copertura della spesa, di responsabilita'  nell'esercizio
del mandato elettivo e di equita' intergenerazionale. 
    Sarebbero, inoltre, violati gli artt. 3, 5 e 120, secondo  comma,
Cost., in quanto la speciale disciplina per il rientro dal  disavanzo
della  Regione  Siciliana   avrebbe   introdotto   un   irragionevole
trattamento di maggior favore discostandosi  dall'uniforme  paradigma
statale  che  declina  l'unita'  finanziaria   ed   economica   della
Repubblica sottesa alla disciplina della finanza pubblica. 
    Le disposizioni censurate, difformi dalla disciplina stabilita in
via generale dall'art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118  del  2011  in
materia di rientro dal disavanzo finirebbero  per  determinare  -  ad
avviso del giudice a quo  -  un  ampliamento  della  spesa  privo  di
copertura paralizzando qualsiasi ragionevole progetto di  risanamento
del bilancio deficitario dell'ente, con ripercussioni sugli equilibri
complessivi di finanza pubblica. 
    Il rimettente si sofferma sulle problematiche  che  deriverebbero
dall'allungamento dei tempi di rientro dal disavanzo, richiamando  le
pronunce di questa Corte  che  in  piu'  occasioni  ha  censurato  le
diverse soluzioni normative atte a prescriverne il riassorbimento  in
archi temporali  lunghi  e  differenziati,  ben  oltre  il  ciclo  di
bilancio ordinario. 
    1.3.- L'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9
del  2021  sarebbe,  infine,   costituzionalmente   illegittimo   per
violazione dell'art. 81, quarto comma, Cost., in  relazione  all'art.
51 del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    Evidenzia il rimettente che l'art. 51 del d.lgs. n. 118 del 2011,
nel  prevedere  in  generale  che  «[n]el  corso  dell'esercizio,  il
bilancio di previsione puo' essere oggetto di variazioni  autorizzate
con legge» (comma 1), tuttavia dispone che «[n]essuna  variazione  al
bilancio puo' essere approvata dopo il 30 novembre dell'anno a cui il
bilancio stesso si riferisce», fatte salve le eccezioni espressamente
indicate dalla medesima disposizione (comma 6). 
    Tale normativa sarebbe espressione del  principio  di  annualita'
del bilancio di cui  all'art.  81,  quarto  comma,  Cost.,  enunciato
altresi' nell'Allegato 1 al d.lgs. n. 118 del 2011 e nella  legge  n.
196 del 2009, Allegato 1, principio n. 1. 
    Sostiene il giudice a quo che, ai sensi del  predetto  principio,
le scelte legislative inerenti al bilancio - che provvedono in ordine
all'allocazione  delle  risorse  finanziarie   e   alle   conseguenti
autorizzazioni cui e' subordinata la gestione  degli  stanziamenti  -
dovrebbero  essere  elaborate  su  un  orizzonte   temporale   almeno
triennale; per ogni anno solare dovrebbero presentarsi come  correnti
o successive, in quanto  altrimenti  si  produrrebbe  un  sostanziale
svuotamento della  funzione  di  programmazione  che  ontologicamente
sarebbe propria del bilancio di previsione. 
    Ricorda il rimettente che la ratio  alla  base  della  norma  che
impone di iscrivere l'importo del disavanzo di amministrazione  quale
primo tra gli stanziamenti di spesa del bilancio (art. 39,  comma  7,
lettera c, del d.lgs. n. 118 del 2011) sarebbe strettamente correlata
alla   funzione   di   programmazione   del   documento   finanziario
previsionale in quanto  la  misura  degli  obblighi  di  rientro  dal
deficit  determinerebbe  effetti  di  compressione  della  dimensione
generale  delle  spese  da   autorizzare,   delimitando   lo   spazio
finanziario utile all'impiego del risultato di amministrazione per il
finanziamento di nuove spese nell'esercizio. 
    Il postulato dell'annualita' del bilancio presupporrebbe  la  non
modificabilita'  dello  stato   del   bilancio   dopo   la   chiusura
dell'esercizio finanziario cui si riferisce (31 dicembre),  cosicche'
detto principio dovrebbe ritenersi violato non solo  nell'ipotesi  in
cui l'alterazione degli stanziamenti  di  bilancio,  a  quella  data,
avvenga con norme successive che operino  variazioni  dirette  su  un
esercizio finanziario ormai concluso, ma anche quando  sia  disposta,
con effetto retroattivo, l'abrogazione di variazioni gia'  effettuate
nell'esercizio di riferimento. 
    Nella fattispecie in esame, la disposizione censurata, disponendo
variazioni nell'allocazione delle spese con effetto  retroattivo  sul
bilancio  dell'esercizio  2020   ormai   concluso,   altererebbe   le
risultanze finali del Conto del bilancio confluite nel rendiconto, in
violazione del  principio  di  annualita'  del  bilancio  discendente
dall'art. 81, quarto comma, Cost. e dall'art. 51 del  d.lgs.  n.  118
del 2011, quale parametro interposto. 
    2.- In via preliminare, va ribadita la legittimazione della Corte
dei  conti  a  sollevare  questioni  di  legittimita'  costituzionale
prospettate nell'ambito del giudizio di parificazione  (ex  plurimis,
sentenze n. 184 del 2022 e n. 196 del 2018). 
    3.- Le censure sollevate rilevano ai fini della  definizione  del
giudizio di parificazione del rendiconto 2020 della Regione Siciliana
in  quanto,  nel  caso  in  cui  le  disposizioni  in  esame  fossero
dichiarate costituzionalmente illegittime, occorrerebbe rideterminare
la  quota  di  disavanzo  da   recuperare   iscritta   nel   bilancio
dell'esercizio 2020, altrimenti gravemente sottostimata, per  evitare
la compromissione del risultato di amministrazione  e  il  potenziale
travolgimento   dell'intera   programmazione   e   della    correlata
rendicontazione (sentenze n. 184 del 2022, n. 235 del 2021, n. 49 del
2018 e n. 184 del 2016). 
    Inoltre,  l'illegittimita'  costituzionale   delle   disposizioni
censurate avrebbe ripercussioni, oltre che sui saldi  del  rendiconto
2020, anche  sui  bilanci  degli  esercizi  futuri,  in  quanto  ogni
bilancio e' geneticamente collegato  alle  risultanze  dell'esercizio
precedente, dalle quali prende le mosse per le proprie determinazioni
(sentenza n. 49 del 2018). 
    Con riguardo all'art. 110, commi 3,  6  e  9,  della  legge  reg.
Siciliana n. 9 del 2021, la questione e' rilevante anche tenuto conto
che,  dopo   la   conclusione   dell'esercizio   finanziario,   detta
disposizione incide retroattivamente sull'articolazione del  bilancio
chiuso  al  31  dicembre  2020.  La  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della predetta normativa comporterebbe  la  necessita'
di rideterminare gli stanziamenti iscritti  nel  Conto  del  bilancio
2020 relativi al disavanzo da recuperare. 
    4.- Neppure, come sostenuto  dal  giudice  a  quo,  e'  possibile
addivenire a una interpretazione costituzionalmente  orientata  delle
disposizioni censurate a fronte della chiarezza del  dato  letterale;
cio' in quanto esse prevedono una normativa  differente  sul  ripiano
del disavanzo per la Regione Siciliana in  contrasto  con  il  regime
ordinario individuato dall'art. 42, comma 12, del d.lgs. n.  118  del
2011, espressione dell'armonizzazione dei bilanci  pubblici  ai  fini
del perseguimento  del  precetto  costituzionale  dell'equilibrio  di
bilancio,  il  quale  prevede  che  «12.  L'eventuale  disavanzo   di
amministrazione  accertato  ai  sensi  del   comma   1,   a   seguito
dell'approvazione del rendiconto, al netto del debito  autorizzato  e
non contratto di cui all'art. 40, comma  1,  e'  applicato  al  primo
esercizio del bilancio  di  previsione  dell'esercizio  in  corso  di
gestione.  La  mancata  variazione  di  bilancio  che,  in  corso  di
gestione, applica il disavanzo al bilancio e' equiparata a tutti  gli
effetti alla mancata approvazione  del  rendiconto  di  gestione.  Il
disavanzo  di  amministrazione  puo'  anche  essere  ripianato  negli
esercizi considerati nel bilancio di previsione,  in  ogni  caso  non
oltre  la  durata  della   legislatura   regionale,   contestualmente
all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di
rientro dal disavanzo nel quale  siano  individuati  i  provvedimenti
necessari a ripristinare il pareggio [...]». 
    Le  disposizioni  censurate  determinano  un  ampliamento   della
capacita' di  spesa  non  consentita  e,  inoltre,  gli  stanziamenti
definitivi  del  Conto  del  bilancio  2020  relativi  al   disavanzo
finanziario, oggetto di rendicontazione, conseguono a  variazioni  di
bilancio disposte ad esercizio concluso, in violazione del  principio
costituzionale dell'annualita'. 
    5.-    Sempre    in    via    preliminare,    deve    dichiararsi
l'inammissibilita' dell'intervento  del  Procuratore  generale  della
Corte dei conti in quanto non puo'  ritenersi,  nel  caso  specifico,
titolare  di  un  interesse  qualificato,   idoneo   a   legittimarne
l'intervento nel giudizio incidentale di legittimita' costituzionale,
secondo  quanto  stabilito  dall'art.  4,  comma   3,   delle   Norme
integrative  per  i  giudizi  davanti   alla   Corte   costituzionale
(ordinanza allegata alla sentenza n. 1 del 2024). 
    6.- Nel  merito,  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019,  nel  testo  vigente  ratione
temporis, sollevate dal giudice a quo in riferimento agli  artt.  81,
97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., sotto  il  profilo  della
lesione  del  principio  dell'obbligo  di  copertura  della  spesa  e
dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio,  sono
fondate. 
    6.1.- Il d.lgs. n. 158 del 2019 reca una normativa di  attuazione
dello  statuto  speciale  della  Regione  Siciliana  in  materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei
controlli. In particolare, l'art.  7  del  d.lgs.  n.  158  del  2019
(Ripiano del disavanzo derivante  dagli  effetti  del  riaccertamento
straordinario), applicabile ratione temporis, stabilisce che  «1.  In
sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione,  ferma
restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione
dei bilanci, il disavanzo e le quote  di  disavanzo  non  recuperate,
relative al rendiconto 2018, non potranno essere ripianate  oltre  il
limite massimo di dieci esercizi. In  ogni  caso  l'applicazione  del
presente comma non puo' avere effetto sulla gestione  dei  pagamenti.
2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto  dall'articolo  9
della legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma
1 e' ridotto a tre anni qualora, entro novanta giorni dall'entrata in
vigore del presente decreto legislativo, la Regione e  lo  Stato  non
sottoscrivano un accordo contenente specifici impegni di rientro  dal
disavanzo. Tali impegni, in attuazione dei principi dell'equilibrio e
della sana gestione  finanziaria  del  bilancio,  di  responsabilita'
nell'esercizio   del   mandato   elettivo   e   di    responsabilita'
intergenerazionale,  ai  sensi  degli  articoli   81   e   97   della
Costituzione, devono garantire il rispetto di specifici parametri  di
virtuosita', quali la riduzione  strutturale  della  spesa  corrente,
gia' con effetti a  decorrere  dall'esercizio  finanziario  2020.  La
Regione si impegna, altresi', a  concordare  con  lo  Stato  appositi
interventi di riforma per le finalita' di cui al presente comma». 
    6.2.- Questa Corte ha gia' affermato che le norme  di  attuazione
dello statuto speciale «si basano su un potere attribuito dalla norma
costituzionale in via permanente e stabile (sentenza n. 212 del 1984;
v. anche sentenza n. 160 del 1985), la cui competenza  ha  "carattere
riservato e separato rispetto a quella esercitabile  dalle  ordinarie
leggi della Repubblica" (sentenza n. 213 del 1998; n. 137  del  1998;
n. 85 del 1990; n. 160 del 1985; n. 212 del 1984; n. 237 del 1983;  e
n. 180 del 1980) [...].  E'  insito  nelle  norme  di  attuazione  il
compito   di   assicurare   un   collegamento   e    di    coordinare
l'organizzazione degli  uffici,  delle  attivita'  e  delle  funzioni
trasferite alla Regione e di quelle rimaste allo Stato, in  modo  che
vi sia una armonizzazione dei contenuti e degli obiettivi particolari
delle autonomie speciali con l'organizzazione dello Stato nell'unita'
dell'ordinamento giuridico (sentenze n. 213  del  1998;  n.  212  del
1984; n. 136 del 1969; n. 30 del 1968)» (sentenza n. 353 del 2001). 
    Si tratta di fonti a competenza "riservata e separata",  rispetto
a  quella  esercitabile  dalle  ordinarie  leggi   della   Repubblica
(sentenze n. 213 e n. 137 del 1998, n. 85 del 1990, n. 160 del 1985),
idonee a  introdurre  una  disciplina  innovativa  nel  rispetto  dei
principi costituzionali e del «limite della corrispondenza alle norme
e alla finalita'  di  attuazione  dello  statuto,  nel  contesto  del
principio di autonomia regionale» (sentenza n. 316 del 2004), in modo
da  comporre  un  ordinamento  giuridico  armonico,  compatibile  con
l'autonomia speciale e coerente con il principio di unitarieta' della
Repubblica. 
    I  decreti  legislativi  di  attuazione  degli  statuti  speciali
presentano caratteristiche peculiari rispetto a quelli  ordinari,  in
quanto  emanati  dal  Governo  in  assenza  della  legge  di   delega
preventiva  del   Parlamento;   non   sono   sottoposti   al   parere
parlamentare; necessitano del consenso della  Commissione  paritetica
Stato-Regione, prevista da ciascuno statuto speciale, cui partecipano
membri designati in misura uniforme dal Governo e  dalla  Regione.  I
presupposti  del  decreto   legislativo   di   attuazione   sono   la
Costituzione e lo statuto speciale, ed e' a  tali  fonti  che  si  fa
riferimento soprattutto per individuare l'oggetto delle  disposizioni
di attuazione. 
    6.2.1.- Il raffronto del contenuto del d.lgs. n. 158 del 2019 con
la  fonte  statutaria  qui  in  rilievo  evidenzia,  invece,  che  la
disciplina introdotta per dare attuazione allo statuto speciale nella
sostanza  non  reca  alcun  riferimento  preciso  a   cio'   che   e'
disciplinato dagli artt. 14 e 17 dello statuto medesimo, i quali  non
includono  tra  le  materie  assegnate  alla   potesta'   legislativa
esclusiva e concorrente della Regione  quelle  della  contabilita'  e
della disciplina del bilancio. 
    Proprio in considerazione della speciale procedura  prevista  per
l'adozione delle norme di attuazione degli statuti  speciali  assume,
dunque, particolare rilievo la questione incidentale  promossa  dalla
Corte  dei  conti  nell'ambito  del  giudizio  di  parificazione  del
rendiconto generale della Regione Siciliana, per fugare zone  d'ombra
nel controllo di legittimita' costituzionale  (sentenze  n.  138  del
2019 e n. 196 del 2018). Nell'ambito del  giudizio  di  parificazione
puo' avvenire, come nel caso di specie, la verifica della conformita'
a Costituzione delle norme di attuazione dello statuto  speciale  che
incidono sugli equilibri finanziari del bilancio  regionale  e  sugli
equilibri del complesso delle amministrazioni pubbliche. 
    6.3.- Il riaccertamento straordinario, a cui  fa  riferimento  il
titolo della disposizione censurata, e' stato introdotto dall'art. 3,
comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011 per  far  emergere  il  disavanzo
occulto  provocato  dal  mancato   aggiornamento   delle   situazioni
creditorie e debitorie  pregresse,  il  quale,  senza  un'appropriata
copertura, mina l'equilibrio del bilancio, sia in prospettiva annuale
che pluriennale (sentenza n. 6 del 2017). 
    La previsione contenuta nel censurato art. 7 del  d.lgs.  n.  158
del 2019, che consente  il  ripiano  delle  quote  di  disavanzo  non
recuperate, relative al rendiconto 2018, entro il termine massimo  di
dieci anni, viola l'obbligo di provvedere alla copertura della  spesa
previsto dall'art. 81, terzo comma, Cost.; cio' permette di  ampliare
la capacita' della regione di effettuare nuove spese,  provocando  un
ulteriore  squilibrio  dei  conti  pregiudizievole  per  la   finanza
pubblica allargata con conseguente necessita'  di  ulteriori  manovre
finanziarie restrittive che possono gravare piu'  pesantemente  sulle
fasce deboli della popolazione. 
    E'  stato  chiarito  che  l'obbligo  di   copertura   finanziaria
rappresenta  un  presupposto  indispensabile  per  un   bilancio   in
equilibrio  «dal  momento  che  l'equilibrio  presuppone   che   ogni
intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle
pertinenti risorse»  (sentenza  n.  84  del  2023,  che  richiama  la
sentenza n. 274 del 2017). 
    6.3.1.- L'art. 7 del d.lgs.  n.  158  del  2019,  nella  versione
vigente ratione temporis, comporta, inoltre, da  un  lato  l'elusione
dell'obbligo di incrementare la quota annuale del disavanzo pregresso
non ripianato nei precedenti esercizi con un indebito  «trascinamento
nel tempo» del  disavanzo  stesso  (sentenza  n.  246  del  2021)  e,
dall'altro  lato,  riduce  l'importo  delle  quote   periodiche   del
disavanzo da recuperare, delineando una  modalita'  di  recupero  del
disavanzo in violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo
comma, Cost., sotto il profilo dell'equilibrio  del  bilancio  e  dei
vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione
europea (sentenza n. 268 del 2022). 
    La disposizione censurata, difatti, nel prevedere una  disciplina
per il recupero del disavanzo valevole solo per la Regione Siciliana,
diverge dal dettato dell'art. 42 del d.lgs. n. 118 del  2011,  regola
generale  prevista  dal  legislatore  statale  per  il  recupero  del
disavanzo a tutela dell'equilibrio del bilancio del  singolo  ente  e
del complessivo equilibrio della finanza pubblica, non derogabile  in
sede di Commissione paritetica per la realizzazione  del  contingente
interesse regionale. 
    Questa Corte e' costante nell'affermare che il riassorbimento del
disavanzo in periodi  che  vanno  ben  oltre  il  ciclo  di  bilancio
ordinario comporta una lesione a  tempo  indeterminato  dei  precetti
costituzionali  evocati  che  finisce  per  disincentivare  il   buon
andamento dei servizi e scoraggiare le buone pratiche ispirate a  una
oculata  e  proficua  spendita  delle  risorse  della   collettivita'
(sentenze n. 235 del 2021 e n. 18 del 2019). Pertanto, «la disciplina
temporale del rientro dal disavanzo  non  puo'  che  correlarsi  allo
specifico esercizio nel quale ciascuna componente di  tale  aggregato
si e' prodotta, cosi' da consentire che, pur nella continuita'  degli
esercizi, questa venga recuperata  nel  periodo  massimo  consentito»
(sentenza n. 168 del 2022). 
    Per i suesposti motivi, l'art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019,  nel
testo vigente prima delle modifiche introdotte dal d.lgs.  n.  8  del
2021, e' costituzionalmente illegittimo per violazione del  principio
dell'equilibrio del bilancio di cui agli artt. 81 e 97, primo  comma,
e 119, primo comma, Cost. 
    6.4.-   L'accoglimento   delle    questioni    di    legittimita'
costituzionale in riferimento ai  predetti  parametri  costituzionali
consente di ritenere assorbite le  censure  sollevate  nei  confronti
dell'art. 7 del d.lgs. n. 158 del  2019  in  riferimento  agli  altri
parametri evocati dal giudice rimettente. 
    7.- Le questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,
comma 2, della legge reg. Siciliana  n.  30  del  2019  sollevate  in
riferimento agli artt. 81 e 97, primo  comma,  e  119,  primo  comma,
Cost. sono fondate. 
    7.1.- L'art. 4, comma 2, della legge reg.  Siciliana  n.  30  del
2019 stabilisce che: «2. A parziale modifica del piano di rientro  di
cui all'articolo l della legge regionale 30 settembre 2015, n.  21  e
successive modifiche ed integrazioni, il saldo  finanziario  negativo
di euro 7.313.398.073,97, di cui al comma 1, e' ripianato come segue:
a) per euro 1.338.315.181,92:  a1)  in  16  quote  costanti  di  euro
57.131.972,20 a decorrere dall'esercizio finanziario 2019 relative al
residuo al 31 dicembre 2018 del disavanzo dell'esercizio 2014 di  cui
alla delibera di Giunta n. 229 del 14 settembre 2015 da ripianare  ai
sensi del comma 886 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018,  n.
145; a2) in 10 quote  costanti  di  euro  42.420.362,67  a  decorrere
dall'esercizio finanziario 2019 relative alle quote non recuperate al
31 dicembre 2018  del  disavanzo  dell'esercizio  2014  di  cui  alla
delibera di Giunta n. 229 del 14 settembre 2015 da ripianare ai sensi
del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n.  158  recante  norme  di
attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana in  materia
di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali  e  dei
controlli. b) per euro 4.761.245.284,17: b1) in 26 quote costanti  di
euro  164.180.871,87  a  decorrere  dall'esercizio  finanziario  2019
relative al residuo al 31 dicembre 2018 del disavanzo  derivante  dal
riaccertamento  straordinario  dei  residui  da  ripianare  ai  sensi
dell'articolo 3, comma 16, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.
118 e successive modifiche ed integrazioni; b2) in 10 quote  costanti
di euro 49.254.261,56 a  decorrere  dall'esercizio  finanziario  2019
relative alle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del  disavanzo
derivante dal riaccertamento straordinario dei residui  da  ripianare
ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre  2019,  n.  158  recante
norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali
e dei controlli; c) per euro 187.218.858,42 in 30 quote  costanti  di
euro  6.240.628,61  a  decorrere  dall'esercizio   finanziario   2019
relative al disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2017 da
ripianare ai sensi del comma  874  dell'articolo  1  della  legge  30
dicembre 2018, n. 145; d)  per  euro  1.026.618.749,46  in  10  quote
costanti di  euro  102.661.874,95  a  decorrere  dall'esercizio  2019
relative al disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2018 da
ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019,  n.  158
recante norme di attuazione  dello  Statuto  speciale  della  Regione
siciliana in materia di armonizzazione  dei  sistemi  contabili,  dei
conti giudiziali e dei controlli». 
    L'art. 4, comma 2, della legge reg.  Siciliana  n.  30  del  2019
prevede, dunque, la modifica  del  piano  di  rientro  dal  disavanzo
pregresso gia' approvato con la  legge  della  Regione  Siciliana  30
settembre 2015, n. 21 (Assestamento del bilancio di previsione  della
Regione  per  il  triennio  2015-2017.  Variazioni  al  bilancio   di
previsione della  Regione  per  l'esercizio  finanziario  2015  e  al
bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017.  Disposizioni  varie)
per  ripianare  il   saldo   finanziario   negativo   pari   a   euro
7.313.398.073,97, che rappresenta l'ammontare residuo  del  disavanzo
dell'esercizio finanziario 2014 non ancora recuperato al 31  dicembre
2018 e di quello determinato  dal  riaccertamento  straordinario  dei
residui alla data del 1° gennaio 2015, secondo  una  ripartizione  in
quote costanti su un arco temporale che varia da un minimo  di  dieci
ad un massimo di trenta anni. 
    La dilatazione dei tempi di recupero del deficit e  la  correlata
riduzione dell'ammontare delle quote come originariamente determinate
e  accantonate  e/o  vincolate  nel  risultato  di   amministrazione,
comporta, quale diretta conseguenza, un  notevole  ampliamento  della
capacita' di spesa della Regione Siciliana, la quale  e'  incentivata
ad effettuare nuove  spese  senza  prevedere  una  idonea  copertura,
piuttosto  che  coprire  il  disavanzo  precedente,   provocando   un
peggioramento del gia' precario equilibrio finanziario. 
    7.2.- L'equilibrio dei singoli bilanci rappresenta un presupposto
della  sana   gestione   finanziaria   e   del   corretto   esercizio
dell'autonomia  degli  enti  territoriali  nonche'  del   dovere   di
concorrere alla realizzazione degli obiettivi posti in sede nazionale
e in ambito eurounitario e sovranazionale (in tal senso, sentenza  n.
4 del 2020). Si tratta di un principio che non puo'  essere  derogato
neppure  in  favore  delle  regioni  a  statuto  speciale,  le  quali
partecipano  insieme  agli  altri  enti  territoriali  alla   finanza
pubblica allargata (sentenza n. 165 del 2023). 
    Il legislatore regionale siciliano non tiene conto, tra  l'altro,
che il recupero del disavanzo in dieci annualita', invece  che  nelle
consuete tre previste dalla regola generale di cui  all'art.  42  del
d.lgs. n. 118 del 2011, sarebbe  stato  subordinato  dal  piu'  volte
citato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 alla  sottoscrizione  di  un
accordo tra la regione e lo Stato per l'adozione di specifici impegni
per  l'effettivo  rientro  dal  disavanzo;  accordo  che  al  momento
dell'adozione  della  disposizione   censurata   non   era   tuttavia
intervenuto. 
    La  disposizione  censurata,   anziche'   prevedere   misure   di
contenimento della spesa, dispone modalita' di recupero del disavanzo
che consentono addirittura di ampliarla senza adeguata copertura,  in
tal modo compromettendo  il  gia'  difficile  assetto  della  finanza
regionale,  con  conseguenze  sui  contribuenti  presenti  e  futuri,
gravati dall'esigenza di un maggiore prelievo  fiscale  necessario  a
ripristinare il turbato equilibrio. 
    7.3.-  In  presenza  di  difficolta'  nel  risanamento  dell'ente
strutturalmente deficitario,  il  recupero  del  disavanzo  non  puo'
essere ulteriormente procrastinato, dovendosi, per converso, porre in
essere azioni indispensabili ad incentivare  il  buon  andamento  dei
servizi e pratiche  di  amministrazione  ispirate  a  una  oculata  e
proficua spendita delle risorse della collettivita'  (in  tal  senso,
sentenze n. 235 del 2021 e n. 18 del 2019), anche per evitare gravose
"eredita'" per i futuri amministrati  (ancora  sentenza  n.  235  del
2021). 
    L'art. 4, comma 2, della legge reg.  Siciliana  n.  30  del  2019
dispiega altresi'  effetti  negativi  sull'equilibrio  della  finanza
pubblica  allargata  in  quanto  i  conti  della  Regione   Siciliana
confluiscono  nelle  risultanze  dei  conti   nazionali,   con   cio'
ostacolando la realizzazione degli obiettivi macroeconomici nazionali
e di quelli concordati in sede eurounitaria e sovranazionale. 
    La previsione contenuta nell'art. 4, comma 2,  della  legge  reg.
Siciliana n. 30 del 2019 si pone, dunque, in contrasto con  la  norma
di attuazione dello statuto regionale e con regola generale  prevista
per il recupero del disavanzo dall'art. 42  del  d.lgs.  n.  118  del
2011, violando cosi' gli artt. 81, 97,  primo  comma,  e  119,  primo
comma,  Cost.,  sotto  il  profilo  del  principio  dell'obbligo   di
copertura  della  spesa,  dell'equilibrio  e  della   sana   gestione
finanziaria del bilancio. 
    7.4.- Gli ulteriori profili di censura sono assorbiti. 
    8.- Le censure sollevate nei confronti dell'art. 110, commi 3,  6
e 9, della legge reg. Siciliana n. 9 del  2021  in  riferimento  agli
artt. 81, 97, primo comma, e 119,  primo  comma,  Cost.,  nonche'  in
riferimento all'art. 81, quarto comma, Cost., in  relazione  all'art.
51 del d.lgs. n. 118 del 2011, sono fondate. 
    8.1.- L'art. 110, ai commi 3, 6  e  9,  prevede,  che:  «3.  Alla
Tabella B di cui all'articolo 2 della legge regionale n.  33/2020  le
variazioni  di  euro  -92.545.554,15,  euro   -213.435.133,43,   euro
-6.240.628,61 ed  euro  -102.661.874,95  (Missione  0,  Programma  0,
capitoli 000004, 000006, 000014 e 000015)  sono  abrogate.  [...]  6.
L'articolo 8 della  legge  regionale  30  dicembre  2020,  n.  36  e'
abrogato. [...] 9. Le abrogazioni di cui ai commi 1,  2,  3,  4  e  5
producono effetti con decorrenza dal 29 dicembre 2020.  L'abrogazione
di cui al comma 6 produce effetti  con  decorrenza  dal  31  dicembre
2020». 
    8.1.1.-   Le   disposizioni   censurate   dispongono   variazioni
retroattive  sulle  poste  attive  e  passive  del   bilancio,   gia'
assoggettate  a  parificazione  per  l'esercizio   antecedente,   che
lasciano ex post prive di copertura le obbligazioni assunte in  corso
di quell'esercizio. 
    Detta   assenza   di   copertura   provoca   uno   sbilanciamento
economico-finanziario nelle risultanze degli esercizi successivi, ivi
compreso quello sottoposto al giudizio di  parifica,  determinando  -
per le motivazioni gia' esposte con riguardo all'art. 7 del d.lgs. n.
158 del 2019 e all'art. 4 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019 -
il contrasto con il principio che  sancisce  l'obbligo  di  copertura
della spesa e con il principio di equilibrio di bilancio di cui  agli
artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost. 
    8.2.- L'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg. Siciliana n. 9
del 2021 contrasta, altresi', con l'art. 51 del  d.lgs.  n.  118  del
2011, norma interposta dell'art. 81, quarto comma, Cost. con riguardo
ai principi di annualita' e di continuita' del bilancio. 
    8.2.1.- La norma interposta invocata  dal  rimettente  stabilisce
difatti che «[n]essuna variazione al bilancio puo'  essere  approvata
dopo il 30 novembre dell'anno a cui il bilancio stesso si riferisce»,
fatte salve le eccezioni espressamente  indicate  al  comma  6  della
medesima disposizione. 
    Il  predetto  paradigma  e'  una  specificazione  del   principio
dell'equilibrio tendenziale contenuto nell'art. 81  Cost.  in  quanto
«collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo  in  modo  ordinato  e
concatenato» (ex plurimis, sentenza n. 181 del 2015), consentendo  di
connettere in modo strutturale e pluriennale i bilanci  preventivi  e
successivi assicurandone certezza  e  stabilita'.  Detta  connessione
comporta la necessita' di  rispettare  la  sequenza  temporale  degli
adempimenti  legislativi  e  amministrativi  afferenti  al   bilancio
preventivo e consuntivo poiche' una  sana  gestione  finanziaria  non
puo' non tener conto della corretta determinazione  della  situazione
economico-finanziaria da cui prende le mosse, la  quale  si  proietta
sugli  esercizi  successivi,  coinvolgendo  le  relative  gestioni  e
l'equilibrio dei bilanci (sentenza n. 165 del 2023). 
    8.3.- In definitiva, l'art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge reg.
Siciliana n.  9  del  2021,  e'  costituzionalmente  illegittimo  per
l'incidenza   postuma   che   esso   determina    sulla    situazione
economico-finanziaria della  Regione  Siciliana  relativamente  a  un
esercizio  ormai  concluso,  privando  di  certezza  i   termini   di
riferimento  per  la  costruzione  delle  previsioni  dei  successivi
bilanci e del loro equilibrio (sentenze n. 165 del 2023 e n.  89  del
2017). 
    8.4.- Restano assorbite le ulteriori censure. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  7  del
decreto legislativo 27 dicembre 2019, n.  158  (Norme  di  attuazione
dello  statuto  speciale  della  Regione  siciliana  in  materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei
controlli), nel testo vigente prima delle  modifiche  introdotte  dal
decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all'art.  7  del
decreto legislativo 27  dicembre  2019,  n.  158,  recante  norme  di
attuazione dello  Statuto  della  Regione  siciliana  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei
controlli); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2,
della  legge  della  Regione  Siciliana  28  dicembre  2019,  n.   30
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2019 e per il triennio 2019/2021); 
    3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 110,  commi
3, 6 e 9, della legge della Regione Siciliana 15 aprile  2021,  n.  9
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021.  Legge  di
stabilita' regionale). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2023. 
 
                                F.to: 
                 Augusto Antonio BARBERA, Presidente 
                      Angelo BUSCEMA, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2024 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA