N. 26 SENTENZA 23 gennaio - 27 febbraio 2024

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita' pubblica - Medici del ruolo unico di  assistenza  primaria  -
  Numero massimo di assistiti - Norma della  Regione  autonoma  della
  Sardegna - Innalzamento del limite massimo di  assistiti,  su  base
  volontaria e per i medici operanti in aree  disagiate,  nelle  more
  dell'accordo integrativo  regionale  di  categoria  -  Ricorso  del
  Governo  -  Lamentata  violazione   delle   competenze   statutarie
  regionali, della  potesta'  legislativa  esclusiva  in  materia  di
  ordinamento civile e del principio di eguaglianza - Non  fondatezza
  delle questioni. 
- Legge della Regione Sardegna 5 maggio 2023, n. 5, art. 1, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 117,  secondo  comma,  lettera  l);  statuto
  della Regione Sardegna, artt. 3, 4 e 5. 
(GU n.9 del 28-2-2024 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta da: 
Presidente:Augusto Antonio BARBERA; 
Giudici  :Franco  MODUGNO,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni   AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,
  Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI
  GRIFFI, Marco D'ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella  SCIARRONE
  ALIBRANDI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione Sardegna 5 maggio 2023, n. 5  (Disposizioni
urgenti in materia di assistenza primaria), promosso  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 giugno  2023,
depositato in cancelleria il 3 luglio 2023, iscritto  al  n.  22  del
registro ricorsi 2023 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2023. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Regione  autonoma   della
Sardegna; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  23  gennaio  2024  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Sonia  Sau  per  la  Regione
autonoma della Sardegna; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 gennaio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 28  giugno  2023  e  depositato  il
successivo 3 luglio 2023 (reg. ric. n. 22 del  2023),  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art.  1,  comma  1,  della  legge  della  Regione
Sardegna 5 maggio 2023, n. 5  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
assistenza primaria) per lesione delle competenze statutarie  di  cui
agli artt. 3, 4 e 5 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3
(Statuto  speciale  per  la  Sardegna),  della   competenza   statale
esclusiva nella materia «ordinamento civile», di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione, nonche' del  principio
di uguaglianza posto dall'art. 3 Cost. 
    1.1.-  La  disposizione  regionale  impugnata  stabilisce:  «[e']
autorizzato, nelle more  dell'approvazione  dell'accordo  integrativo
regionale di categoria, l'innalzamento del massimale fino  al  limite
massimo di 1.800 scelte, su base volontaria, per i medici  del  ruolo
unico  dell'assistenza  primaria  che  operano  in   aree   disagiate
individuate dalla Regione nelle  quali  tale  innalzamento  si  rende
necessario per garantire l'assistenza». 
    1.2.- Il ricorrente premette che la disciplina del  massimale  di
assistiti per ciascun medico del ruolo unico dell'assistenza primaria
su cui interviene la  disposizione  regionale  impugnata  e'  dettata
dall'art. 38 dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina  dei
rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell'art.  8  del
d.lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed  integrazioni  -
Triennio 2016-2018, del 28 aprile 2022 (da ora: ACN), che, ai commi 1
e 2, stabilisce: «1. I medici del ruolo unico di assistenza  primaria
iscritti negli elenchi possono acquisire un numero massimo di  scelte
pari a 1.500 unita'. Eventuali deroghe al  massimale  possono  essere
autorizzate in relazione a particolari situazioni  locali,  ai  sensi
dell'articolo 48, comma 3, punto 5, della Legge 833/78, per un  tempo
determinato, non superiore comunque a  sei  mesi.  2.  In  attuazione
della programmazione regionale, l'AIR [Accordo integrativo regionale]
puo' prevedere l'innalzamento del massimale di cui al comma 1 fino al
limite massimo di  1.800  scelte  esclusivamente  per  i  medici  che
operano nell'ambito delle forme organizzative multiprofessionali  del
ruolo unico di assistenza primaria, con  personale  di  segreteria  e
infermieri ed eventualmente altro personale sanitario, per assicurare
la continuita' dell'assistenza, come previsto dall'articolo 35, comma
5, e/o in aree disagiate individuate dalla Regione nelle  quali  tale
innalzamento si rende necessario per garantire l'assistenza». 
    1.3.- Allo scopo di comprendere le censure promosse nei confronti
della disposizione regionale impugnata, la difesa statale  procede  a
una  ricognizione  della  disciplina  che  regola  il   rapporto   in
convenzione tra  il  Servizio  sanitario  nazionale  e  i  medici  di
medicina generale. 
    In  proposito,  rappresenta  che  gia'  l'art.  48  (Personale  a
rapporto  convenzionale)  della  legge  23  dicembre  1978,  n.   833
(Istituzione del servizio sanitario nazionale) ha stabilito, al primo
comma, che «[l]'uniformita' del trattamento economico e normativo del
personale sanitario a rapporto convenzionale e' garantita sull'intero
territorio nazionale da convenzioni,  aventi  durata  triennale,  del
tutto conformi agli accordi collettivi  nazionali  stipulati  tra  il
Governo, le regioni e l'Associazione nazionale  dei  comuni  italiani
(ANCI) e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative  in
campo nazionale di ciascuna categoria». 
    La difesa statale evidenzia, altresi', che la delineata struttura
di  regolazione  del  rapporto  convenzionale  in  oggetto  e'  stata
confermata dall'art. 8, comma 1, del decreto legislativo 30  dicembre
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre  1992,  n.  421)  e  dall'art.
2-nonies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81  (Interventi  urgenti
per fronteggiare situazioni di  pericolo  per  la  salute  pubblica),
convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2004, n. 138. 
    Il  ricorrente  rileva  che,  alla   stregua   delle   illustrate
disposizioni statali, «la  disciplina  del  rapporto  di  lavoro  del
personale medico di  medicina  generale  in  regime  di  convenzione,
sebbene sia di natura professionale, risulta demandata all'intervento
della negoziazione collettiva, il cui procedimento e' stato modellato
dal legislatore con  espresso  richiamo  a  quello  previsto  per  la
contrattazione collettiva dal decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.
165 ("Norme generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle  dipendenze
delle amministrazioni pubbliche") per  il  personale  della  pubblica
amministrazione il cui rapporto e' stato privatizzato. In materia  di
rapporto tra i diversi livelli di negoziazione collettiva (nazionale,
regionale e aziendale) assume particolare  rilievo  il  richiamo,  ad
opera dall'articolo 4 della legge n. 412 del  1991,  all'articolo  40
("Contratti collettivi nazionali e integrativi") del  d.lgs.  n.  165
del 2001». 
    L'art.  40  del  d.lgs.  n.  165  del  2001  stabilisce  che   la
contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie, con  i
vincoli e nei limiti stabiliti dai  contratti  collettivi  nazionali,
tra i soggetti  e  con  le  procedure  negoziali  che  questi  ultimi
prevedono, e dispone, a garanzia  del  rispetto  di  tali  stringenti
vincoli, la nullita' e l'inapplicabilita' di clausole  dei  contratti
collettivi  integrativi  difformi  dalle   previsioni   del   livello
nazionale. 
    L'Avvocatura generale dello Stato rappresenta che  in  attuazione
delle ricordate disposizioni statali, i rapporti di lavoro dei medici
di medicina generale sono stati quindi disciplinati dall'ACN  che,  a
sua volta, individua gli specifici aspetti rimessi  alla  definizione
della negoziazione regionale. 
    1.4.- Secondo  il  ricorrente,  dal  delineato  quadro  normativo
emerge con chiarezza «come alle Regioni sia  preclusa  l'adozione  di
una normativa che incida su un rapporto di lavoro gia' sorto  e,  nel
regolarne il trattamento giuridico ed economico, di sostituirsi  alla
contrattazione collettiva, fonte imprescindibile di disciplina  (cfr.
Corte Costituzionale, sentenze  n.  20  del  2021;  n.  157/2019;  n.
153/2021)». In particolare, viene menzionato quanto  affermato  nella
sentenza n. 157 del 2019  in  ordine  alla  natura  del  rapporto  in
convenzione dei medici di medicina generale e  alla  riconducibilita'
della  relativa  disciplina  all'ordinamento  civile  in  base   alle
disposizioni statali richiamate e al rinvio  da  esse  disposto  come
fonte regolatrice all'autonomia collettiva. 
    Pertanto,  la  difesa  statale  sostiene  che   la   disposizione
impugnata costituisce esercizio di una competenza che esula da quelle
riconosciute al legislatore regionale dalla legislazione  statale  di
riferimento, in quanto «autorizza una deroga  in  aumento  al  numero
massimo   di   assisiti,   sostituendosi   alle   previsioni    della
contrattazione integrativa e, al contempo,  discostandosi  da  quelle
della contrattazione collettiva nazionale» di cui all'art. 38 ACN, in
quanto il comma 2 riserva all'AIR  la  possibilita'  di  innalzare  a
1.800 assistiti il  massimale  fissato  in  1.500  dal  comma  1  del
medesimo articolo. 
    Risulterebbe evidente, quindi, che la norma regionale  impugnata,
nel disporre  l'innalzamento  del  massimale  in  questione,  avrebbe
violato  le   norme   della   contrattazione   collettiva   nazionale
sostituendosi alla contrattazione integrativa. 
    1.5.- In definitiva, ad avviso del  ricorrente,  la  disposizione
impugnata   innanzitutto   eccederebbe   le   competenze   statutarie
attribuite alla Regione autonoma dagli artt. 3, 4 e 5 dello  statuto;
sarebbe quindi lesiva  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost., in quanto la determinazione del  massimale  di  assistiti  per
ciascun medico di assistenza primaria,  quale  aspetto  del  relativo
rapporto di lavoro riconducibile alla materia «ordinamento civile» e'
rimessa alla contrattazione collettiva dalle menzionate  disposizioni
statali evocate come parametri interposti; infine,  comporterebbe  la
«violazione dell'esigenza  connessa  al  precetto  costituzionale  di
eguaglianza (articolo 3,  Cost.),  di  garantire  l'uniformita',  sul
territorio  nazionale,  delle  regole  fondamentali  di  diritto  che
disciplinano i rapporti in questione». 
    2.- La Regione  autonoma  della  Sardegna  si  e'  costituita  in
giudizio  con  atto  depositato  il  2  agosto  2023,  chiedendo   di
dichiarare il ricorso inammissibile o, comunque, non fondato. 
    A sostegno, la Regione resistente premette alcune considerazioni. 
    Innanzitutto,  evidenzia  che  «gia'  per  la  sua  conformazione
territoriale,  caratterizzata  da  pochi  grandi  centri   urbani   e
molteplici paesi  sparsi  in  un  vasto  territorio,  lontani  e  mal
collegati,  situati  anche  su  isole  minori  e  in   montagna,   ha
strutturalmente difficolta' a garantire l'assistenza  primaria  nelle
aree disagiate». 
    Rileva  poi  che  il  decreto-legge  28  gennaio   2019,   n.   4
(Disposizioni urgenti in materia di  reddito  di  cittadinanza  e  di
pensioni), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo  2019,
n.  26,  nell'introdurre  disposizioni  per  accedere  alla  pensione
anticipata, ha  «ridotto  drammaticamente  il  numero  di  medici  in
servizio, aggravando ulteriormente  la  situazione,  e  il  Covid  ha
ulteriormente reso poco attrattiva la scelta, da  parte  dei  medici,
della formazione in medicina generale e, comunque, di tale  tipologia
di incarico». 
    In tale contesto, la  difesa  della  resistente  rappresenta  che
«[l]a Regione, pertanto, nelle more dell'adozione del  nuovo  AIR,  i
cui tavoli sono stati gia' avviati - nel  quale  verra'  inserita  la
disciplina strutturale di cui al comma 2 dell'art. 38 dell'ACN  -  ha
esercitato la facolta' concessa dal comma 1 del predetto articolo, ai
sensi dell'art. 48 della L. 833 del 1978, e in  conformita'  all'art.
32 della Costituzione», prevedendo, per tale periodo di tempo, che  i
medici che operano nelle aree disagiate possano  chiedere  di  essere
autorizzati a superare il massimale di 1.500. 
    Secondo la difesa regionale sarebbe evidente l'autonomia dei  due
commi della predetta disposizione dell'ACN «dal momento che il  primo
consente alle regioni di far fronte a situazioni contingenti, per  un
periodo limitato, mediante l'innalzamento  del  massimale  che  venga
ritenuto piu' confacente alla situazione. Nel caso de quo la  Regione
Sardegna,   valutata   la   situazione   delle   zone   carenti,   ha
discrezionalmente ritenuto di adottare  il  massimale  di  1.800.  Il
secondo comma, invece, prevede che sulla  base  della  programmazione
regionale possa essere previsto nell'AIR, in via  strutturale  quindi
senza limiti di tempo, il massimale di 1.800 assistiti  per  le  sole
"categorie" di medici ivi indicate». 
    Sulla  scorta  della  prospettata  esegesi   delle   disposizioni
contrattuali in oggetto,  la  difesa  regionale  assume  che  «[e]rra
quindi  la  ricorrente  laddove  eccepisce   l'illegittimita'   della
disposizione regionale impugnata sulla base del combinato disposto di
tali autonomi commi dell'art. 38 dell'ACN, posto che il  secondo  non
e' una specificazione del primo ma contiene un'autonoma  disciplina».
Ne  conseguirebbe  che  il  legislatore  regionale  non  si   sarebbe
appropriato di una disciplina rimessa alla contrattazione collettiva,
«dal momento che  ha  esercitato  la  facolta'  di  cui  all'art.  38
dell'ACN,  che  consente  alle  regioni  di  prevedere   una   deroga
temporanea ai massimali di assistiti con strumenti diversi  dall'AIR,
al quale e' invece riservata la deroga,  di  entita'  prestabilita  e
senza limiti di tempo, di cui al comma 2». 
    2.1.- La resistente conclude, pertanto, per  la  declaratoria  di
inammissibilita' e/o non fondatezza del ricorso, assumendo che «nella
sostanza, e'  incentrato  sulla  violazione  dell'art.  38,  comma  2
dell'ACN, che disciplina le deroghe  al  massimale  rimesse  all'AIR,
mentre nulla dice sul corretto  utilizzo,  da  parte  della  Regione,
della deroga temporanea di cui al comma 1». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  22  del
2023), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  della  legge  reg.
Sardegna n. 5 del  2023,  per  lesione  delle  competenze  statutarie
attribuite alla Regione autonoma dagli artt. 3, 4 e 5 dello  statuto,
della  competenza  legislativa  statale   esclusiva   nella   materia
«ordinamento civile», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., nonche' del principio di uguaglianza posto dall'art. 3 Cost. 
    L'art. 1, comma 1, della  legge  reg.  Sardegna  n.  5  del  2023
stabilisce:   «[e']   autorizzato,   nelle   more   dell'approvazione
dell'accordo integrativo regionale di categoria,  l'innalzamento  del
massimale fino al limite massimo di 1.800 scelte, su base volontaria,
per i medici del ruolo unico dell'assistenza primaria che operano  in
aree  disagiate  individuate   dalla   Regione   nelle   quali   tale
innalzamento si rende necessario per garantire l'assistenza». 
    Ad avviso del ricorrente la predetta disposizione  incide  su  un
aspetto, quale quello costituito dalla determinazione  del  massimale
di assistiti  di  ciascun  medico  del  ruolo  unico  dell'assistenza
primaria, che fa parte della disciplina del trattamento  economico  e
normativo  del  predetto   personale   sanitario,   demandata   dalla
legislazione statale alla fonte negoziale collettiva. 
    Nella fattispecie l'art. 38, commi 1  e  2,  ACN  dei  medici  di
medicina generale del 28 aprile 2022 stabilisce, a livello nazionale,
il massimale in 1.500 assistiti per ciascun  medico  e  demanda  alla
fonte negoziale di secondo livello, ovvero agli AIR, la  possibilita'
di incrementare tale massimale fino a 1.800 assistiti, ove  ricorrano
determinate condizioni. 
    1.1.- Nel richiamare  la  giurisprudenza  costituzionale  che  ha
ricondotto la disciplina del rapporto convenzionale in  oggetto  alla
materia «ordinamento civile» (sono citate le sentenze n. 153 e n.  20
del 2021, e n. 157 del 2019), il ricorrente deduce la  illegittimita'
costituzionale della disposizione impugnata sotto plurimi profili. 
    Innanzitutto, sarebbero violate le  competenze  statutarie  della
Regione autonoma Sardegna di cui agli artt. 3,  4  e  5,  poiche'  la
disposizione impugnata interviene sulla disciplina  del  rapporto  di
lavoro dei medici del ruolo unico di assistenza  primaria  che  esula
dalle predette competenze. 
    Sarebbe leso, quindi, l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost., in quanto la determinazione del  massimale  di  assistiti  per
ciascun medico di assistenza primaria,  quale  aspetto  del  relativo
rapporto di lavoro riconducibile alla  materia  «ordinamento  civile»
riservata alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  e'
rimessa alla contrattazione  collettiva  dalle  disposizioni  statali
evocate come parametri interposti (art. 48 della  legge  n.  833  del
1978; art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992; art. 40 del d.lgs.
n. 165 del 2001;  art.  2-nonies  del  d.l.  n.  81  del  2004,  come
convertito; art. 38, commi 1 e 2, del menzionato ACN). 
    Infine verrebbe altresi'  violato  l'art.  3  Cost.,  poiche'  la
disposizione impugnata determinerebbe una violazione del principio di
uguaglianza che si realizza attraverso la  garanzia  dell'uniformita'
sul territorio nazionale delle regole  fondamentali  di  diritto  che
disciplinano il rapporto convenzionale dei  medici  del  ruolo  unico
dell'assistenza primaria. 
    1.2.- La Regione  autonoma  Sardegna  -  premesse  brevemente  le
ragioni  dell'intervento  normativo,  individuate  nella  strutturale
difficolta' che essa incontra nell'assicurare l'assistenza primaria a
causa  delle  caratteristiche  del  territorio  regionale   e   della
riduzione del personale medico disponibile - nel merito prospetta una
esegesi dei commi 1 e 2 dell'art. 38 ACN, che consentirebbe  comunque
alla Regione di intervenire in via legislativa nei termini di cui  al
censurato intervento regionale che risulterebbe, pertanto, legittimo. 
    2.- Le questioni non sono fondate. 
    3.- Il problema dell'individuazione della materia  di  competenza
cui ricondurre la disposizione impugnata va esaminato e risolto  alla
luce dei piu' recenti approdi della giurisprudenza di questa Corte. 
    La sentenza n. 124 del 2023 ha affermato che «per individuare  la
materia cui ricondurre la norma impugnata occorre tener  conto  della
sua  ratio,  della  finalita'  che  persegue  e  del  suo  contenuto,
tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, in modo da
identificare precisamente l'interesse tutelato, secondo il cosiddetto
criterio di prevalenza». 
    In applicazione di tale criterio la predetta  pronuncia,  e  gia'
prima la sentenza n. 112 del 2023, hanno escluso che le  disposizioni
regionali,  impugnate  nei  rispettivi  giudizi  in  via  principale,
comportassero la  dedotta  violazione  della  competenza  legislativa
esclusiva  statale  in  materia  di  ordinamento  civile  in   quanto
afferenti a  profili  del  rapporto  in  convenzione  dei  medici  di
medicina generale, poiche' hanno ritenuto che fossero invece  dettate
in via prioritaria  da  esigenze  organizzative  producenti  «effetti
secondari sull'andamento dei rapporti convenzionali». 
    Nello specifico, con la sentenza n. 124 del 2023, relativa  a  un
intervento normativo della Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,
che ha previsto un criterio preferenziale ai fini  del  trasferimento
dei medici convenzionati ulteriore rispetto a  quelli  fissati  dalla
contrattazione  collettiva,  questa  Corte  ha  affermato   che   «la
disposizione regionale  ha  anzitutto  una  ratio  organizzativa,  in
funzione di tutela della salute, che persegue cercando di  assicurare
la medicina di prossimita' anche agli abitanti delle zone carenti». 
    In termini analoghi si e' espressa la citata sentenza n. 112  del
2023, concernente una disposizione della Regione Veneto che  incideva
su modalita' di impiego di medici specializzandi presso le  strutture
ospedaliere di emergenza-urgenza. In tale  decisione  si  e'  difatti
affermato che «[i]n questo modo, il legislatore regionale appronta un
rimedio  organizzativo  straordinario  finalizzato  a  garantire   la
continuita' assistenziale in un settore nevralgico, come quello della
medicina di  emergenza,  altrimenti  pregiudicato  dalla  carenza  di
personale sanitario»,  e  che  la  disposizione  impugnata  «investe,
quindi, un ambito strettamente inerente all'organizzazione sanitaria,
la quale, come ripetutamente affermato [...]  costituisce  componente
fondamentale della tutela della salute (ex aliis, sentenze n.  113  e
n. 9 del 2022, n. 192 del 2017)». 
    4.- Venendo alla fattispecie in esame, questa Corte rileva che il
limite  del  massimale  e'  un  profilo  fortemente  condizionato  da
esigenze  correlate  alla  organizzazione  del   servizio   sanitario
funzionale alla tutela della salute. 
    Pertanto,  a  fronte  di  un  accordo  collettivo  nazionale  che
consente all'AIR di derogare al  massimale,  incrementandolo  sino  a
1.800 assistiti, al fine di assicurare l'assistenza  primaria  a  chi
vive in aree disagiate, l'intervento regionale si limita a  integrare
nelle  more  dell'approvazione  dell'AIR,  dunque   con   un   regime
temporaneo, la disciplina convenzionale, nel rispetto  della  cornice
di principio fissata dall'ACN. 
    La negoziazione collettiva relativa alla disciplina del  rapporto
in convenzione dei  medici  dell'assistenza  primaria  deve,  dunque,
necessariamente confrontarsi con gli effetti  che  essa  produce  nei
confronti del diritto dei cittadini  alla  tutela  della  salute,  in
attuazione dell'art. 32 Cost. 
    In  tale  prospettiva,  la  disposizione  impugnata  persegue  la
prioritaria finalita' di  contribuire,  attraverso  l'incremento  del
massimale, ad assicurare l'assistenza sanitaria di base ai  cittadini
di aree disagiate della Regione autonoma Sardegna, cosi'  sopperendo,
in attesa della definizione dell'AIR, alle maggiori criticita' che si
sono presentate a livello locale, attestate  dai  lavori  preparatori
dell'iniziativa legislativa ed enunciate nell'atto di costituzione in
giudizio della stessa Regione. 
    La circostanza che  l'intervento  normativo  in  esame  disponga,
nelle more dell'approvazione dell'AIR  di  categoria,  l'innalzamento
del massimale fino al limite di 1.800 - scelte che l'AIR stesso  puo'
prevedere ai sensi dell'art. 38,  comma  2,  ACN  -,  ne  attesta  il
carattere contingente  e  temporaneo  in  funzione  di  raccordo  con
l'assetto che verra' definito in via strutturale  dalla  negoziazione
collettiva di secondo livello. 
    Cio' anche tenendo conto dei tempi necessari per  la  definizione
dell'AIR, posto che l'art. 3, comma 4, ACN prevede che «[l]e  Regioni
e le organizzazioni sindacali  firmatarie  del  presente  Accordo  si
impegnano a definire  gli  Accordi  Integrativi  Regionali  entro  il
termine di cui al successivo art. 8, comma  3»  ovvero  entro  dodici
mesi decorrenti dagli atti di programmazione di cui al  comma  2  del
medesimo art. 8, che a loro volta vanno definiti dalle regioni  entro
sei mesi dall'entrata in vigore dell'ACN. 
    La  fisiologica,  consistente  durata   del   predetto   percorso
negoziale - e, in ipotesi, il suo  prolungarsi  -  potrebbero  invero
comportare il rischio di lasciare senza assistenza primaria la platea
di cittadini di aree disagiate della Regione autonoma Sardegna per un
considerevole lasso di tempo. 
    Ne', a tal fine,  risulta  adeguata  la  ricordata  possibilita',
prevista dall'art. 38, comma 1, secondo periodo, ACN, di  operare  un
incremento del massimale definito a livello nazionale, a  motivo  sia
del limitato ambito temporale (non superiore comunque a sei mesi)  da
esso consentito per la deroga,  sia  perche'  l'intervento  normativo
assume,  come  e'  evidente,  una  dimensione  ben   piu'   ampia   e
generalizzata. 
    5.- In definitiva la ratio, la  finalita'  e  i  contenuti  della
disposizione impugnata conducono a identificare l'interesse  da  essa
tutelato in via prioritaria nell'esigenza di organizzare il  servizio
sanitario regionale in modo da non lasciare i cittadini sprovvisti di
assistenza medica di base. 
    Con l'intervento in esame, la Regione autonoma Sardegna appresta,
difatti, una soluzione di tipo organizzativo che trova la sua  radice
nel diritto tutelato dall'art. 32 Cost., in attesa della  definizione
dell'AIR di cui, comunque, non  pregiudica  gli  esiti,  laddove  gli
effetti prodotti sull'andamento dei  rapporti  in  convenzione  dalla
disposizione  impugnata  possono  essere  considerati   circoscritti,
tenuto anche conto che il  possibile  incremento  del  massimale  per
ciascun medico convenzionato avviene «su base volontaria». 
    Si e', dunque, in presenza di un'esigenza analoga a  quella  gia'
posta da questa Corte a fondamento delle ricordate sentenze n. 124  e
n. 112 del 2023. 
    Per tali ragioni, la disposizione impugnata, per la sua finalita'
e  i  suoi  intrinseci  contenuti,  va  considerata  esercizio  della
competenza legislativa concorrente della  Regione  autonoma  Sardegna
nella materia  «tutela  della  salute»,  in  riferimento  ai  profili
organizzativi dell'assistenza primaria. 
    Non e' pertanto fondata la censura relativa  alla  lesione  della
competenza  legislativa   esclusiva   dello   Stato   nella   materia
«ordinamento civile». 
    6.- La riscontrata non fondatezza della predetta censura comporta
anche quella delle ulteriori  e  correlate  questioni  riferite  agli
artt. 3 Cost. e 5 dello statuto. 
    Invero la dedotta violazione del principio di uguaglianza di  cui
all'art.  3  Cost.  non  assume  una   propria   autonoma   funzione,
rappresentando il mero  riflesso  della  denuncia  di  lesione  della
competenza legislativa esclusiva statale (ex  plurimis,  sentenze  n.
124 e n. 112 del 2023, e n. 6 del 2022), cosi'  come,  parimenti,  la
censura riferita all'art. 5 dello statuto difetta di una  motivazione
indipendente da quella relativa alla violazione degli  artt.  3  e  4
dello statuto stesso. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 1, della legge della  Regione  Sardegna  5  maggio
2023, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza  primaria),
promosse, in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo  comma,  lettera
l), della Costituzione, nonche' agli artt.  3,  4  e  5  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna), dal Presidente del Consiglio dei ministri con  il  ricorso
indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2024. 
 
                                F.to: 
                 Augusto Antonio BARBERA, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2024 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA