N. 21 SENTENZA 24 - 31 marzo 1961

                                  N. 21
                         SENTENZA 24 MARZO 1961
                 Deposito in cancelleria: 31 marzo 1961.
     Pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" n. 83 del 1 aprile 1961.
                        Pres. CAPPI - Rel. JAEGER
     Giudizio  di legittimita' costituzionale in via incidentale - Legge
 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6, secondo comma:    istituto  del
 "solve   et  repete"  -  Presupposto  per  l'esperibilita'  dell'azione
 giudiziaria - Differenza di trattamento dei contribuenti  -  Violazione
 degli   artt.   3,   24  e  113  della  Costituzione  -  Illegittimita'
 costituzionale. (Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, e  113;  legge
 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art.  6, secondo comma).
     Istituto  del  "solve et repete" - Fondamento - Esecutorieta' degli
 atti   amministrativi   -   Differenza   -   Ininfluenza   sul   potere
 dell'Amministrazione   di   procedere   in   via  esecutiva  contro  il
 contribuente moroso. (Legge 20 marzo 1865, n. 2248,  all.  E,  art.  6,
 secondo comma).
     Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  -
 Ordinanza di rinvio - Oggetto del  giudizio  -  Riferimento  ad  intero
 articolo  -  Questione  posta  sostanzialmente  rispetto ad un istituto
 contemplato in un solo comma - Limiti  -  Interpretazione  della  Corte
 costituzionale. (Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23).
(GU n.83 del 1-4-1961 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     composta  dai  signori:  Avv.  GIUSEPPE  CAPPI,  Presidente - Prof.
 GASPARE AMBROSINI - Dott. MARIO  COSATTI  -  Prof.  FRANCESCO  PANTALEO
 GABRIELI  - Prof.   GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - Prof. ANTONINO PAPALDO -
 Prof.  NICOLA  JAEGER  -  Prof.  GIOVANNI  CASSANDRO  -  Prof.   BIAGIO
 PETROCELLI  -  Dott.    ANTONIO  MANCA  -  Prof.  ALDO SANDULLI - Prof.
 GIUSEPPE BRANCA - Prof. MICHELE FRAGALI - Prof.   COSTANTINO MORTATI  -
 Prof. GIUSEPPE CHIARELLI, Giudici,
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel  giudizio  di legittimita' costituzionale della norma contenuta
 nel secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n.  2248, all.
 E, promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1960 dal  Pretore di Pavia
 nel procedimento civile vertente tra Stroppa  Franco e l'Intendenza  di
 finanza  di  Pavia,  iscritta al n.   47 del Registro  ordinanze 1960 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del  7 maggio 1960.
     Vista  la  dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio
 dei Ministri;
     udita nell'udienza pubblica del 15  marzo  1961  la  relazione  del
 Giudice Nicola Jaeger;
     udito  il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna,
 per il Presidente del Consiglio dei Ministri  e  per  l'Amministrazione
 finanziaria.
                           Ritenuto in fatto:
     In  un  giudizio  di opposizione ad ingiunzione tributaria proposto
 davanti al Pretore di Pavia con ricorso 12  dicembre  1958  da  Stroppa
 Franco   contro   l'Intendenza   di   finanza  di  Pavia,  l'Avvocatura
 distrettuale    dello    Stato,    costituita     in     rappresentanza
 dell'Amministrazione delle finanze dello Stato, in persona del Ministro
 in  carica,  propose  due  eccezioni  processuali:  la inammissibilita'
 della opposizione a termini dell'art. 6  della  legge  20  marzo  1865,
 allegato  E,  per mancato previo pagamento della imposta radio,  di cui
 all'ingiunzione, e l'incompetenza funzionale del Pretore  adito.
     Replicava l'opponente Stroppa alla prima eccezione,  sollevando  la
 questione  di  illegittimita'  costituzionale  della norma contenuta in
 detto art. 6, e in genere dell'istituto del solve et repete, perche' in
 contrasto  con  le  disposizioni  degli  artt.  3,  24  e   113   della
 Costituzione.
     Con  ordinanza  in  data  21  marzo 1960 il Pretore riteneva che la
 questione proposta non potesse considerarsi manifestamente infondata  e
 che  essa  fosse  rilevante  rispetto  al  giudizio pendente, in quanto
 questo non  avrebbe  potuto  essere  definito  indipendentemente  dalla
 risoluzione  della  questione  di legittimita'   costituzionale; a tale
 proposito, osservava che "la questione   relativa alla  osservanza  del
 precetto  del  solve et repete e' pregiudiziale a  quella di competenza
 laddove la sua inosservanza determina una  carenza, sia pur temporanea,
 della giurisdizione del giudice ordinario".
     Disponeva, pertanto, la sospensione del giudizio e la  trasmissione
 degli  atti  alla Corte costituzionale per la decisione della questione
 di legittimita' costituzionale dell'art, 6 della legge 20  marzo  1865,
 n.  2248, sulla abolizione del contenzioso amministrativo, in relazione
 agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.
     L'ordinanza era regolarmente comunicata e  notificata  a  norma  di
 legge e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 del
 7 maggio 1960.
     Si  costituiva  l'Amministrazione  delle  finanze  dello  Stato, in
 persona del Ministro delle finanze, e  interveniva  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura
 generale dello Stato.
     Nelle deduzioni depositate il 21 aprile 1960, per il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  e  il  25 maggio 1960, per l'Amministrazione
 delle  finanze,  si  fa  richiamo  ai  precedenti  di   giurisprudenza,
 ricordando  due  sentenze della Corte di cassazione, Sezioni unite, che
 dichiararono la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale   proposta   anche   in  relazione  all'art.  113  della
 Costituzione, e una terza, pure delle  Sezioni  unite,  pervenuta  alla
 stessa  conclusione  in  relazione all'art. 111 della Costituzione.  Si
 contesta, poi, che l'onere del pagamento dell'imposta possa  concretare
 un  ostacolo  economico  alla parita' dei cittadini, essendo questi, in
 quanto contribuenti, soggetti in ogni caso al potere   extraprocessuale
 di  riscossione  della  imposta  da  parte dell'Amministrazione, potere
 basato  sul  principio  generale  e  fondamentale  della  esecutorieta'
 dell'atto amministrativo.
     In   relazione   anche   agli  altri  articoli  della  Costituzione
 richiamati nell'ordinanza, e pure esaminati dalla Corte di  cassazione,
 la  difesa  dello  Stato  ricorda  che, secondo l'ultima sentenza delle
 Sezioni unite, si deve ritenere che l'istituto del solve et repete  da'
 all'azione  dei contribuenti il contenuto di azione in ripetizione  del
 tributo  pagato,  con   l'accertamento   della   illegittimita'   della
 imposizione,  quando la illegittimita gia' non risulti prima facie, nel
 qual caso l'accertamento puo' astrarre dal presupposto del    pagamento
 del tributo.
     Conclude,  quindi,  perche'  la  Corte  costituzionale dichiari non
 fondata la questione  di  illegittimita'  costituzionale  proposta  dal
 Pretore di Pavia.
     Nella  memoria  depositata in cancelleria il 2 marzo 1961 la difesa
 dello Stato ha ribadito le sue tesi, con l'aggiunta di altri precedenti
 di giurisprudenza e dottrina.
     Alla discussione della causa in  udienza  pubblica  e'  intervenuto
 solo  il rappresentante della Avvocatura generale dello Stato, il quale
 ha  anche  dichiarato  di  rinunciare  alla   eccezione   pregiudiziale
 formulata nelle difese scritte.
                         Considerato in diritto:
     La  questione che forma oggetto del presente giudizio ha dato luogo
 da  tempo  a  discussioni  e   decisioni   nella   dottrina   e   nella
 giurisprudenza,  che  hanno  prospettato  diversi  modi  di qualificare
 l'istituto del solve et repete. Compito della Corte costituzionale  non
 e' quello di inquadrarlo nell'una o nell'altra categoria dogmatica,  ma
 solo  di  risolvere  la  questione  se  esso  sia da ritenere legittimo
 costituzionalmente rispetto alle norme contenute negli artt. 3,   24  e
 113 della Costituzione, richiamati nell'ordinanza del Pretore di Pavia.
     Sembra   opportuno,   anzitutto,  rilevare  che  ogni  richiamo  al
 principio della normale esecutorieta'  degli  atti  amministrativi  non
 reca   alcun  contributo  alla  soluzione  della  questione  nel  senso
 sostenuto dalla Amministrazione finanziaria, perche' quel principio non
 verrebbe in alcun modo intaccato o eluso dal venir meno   dell'istituto
 del  solve  et  repete, ben potendo anche in tal caso l'Amministrazione
 stessa procedere in via  esecutiva  contro  il    contribuente  moroso,
 nonostante  qualsiasi  sua opposizione, posto che il  giudice ordinario
 non e' mai  autorizzato  a  sospendere  l'esecuzione  di  provvedimenti
 dell'Autorita'  amministrativa.  Si puo' dire,   piuttosto, che proprio
 l'esistenza di tale istituto indebolisce, in  certo senso,  l'efficacia
 di quel principio, razionalmente e praticamente.
     Il  solve  et  repete  e' indubbiamente una misura  particolarmente
 energica ed efficace al fine  dell'attuazione  del  pubblico  interesse
 alla  percezione dei tributi e, appunto per questo, venne introdotto ed
 e'  stato  conservato  tanto  a  lungo  nella  legislazione   italiana,
 nonostante  vari progetti per l'abolizione, di iniziativa governativa e
 parlamentare, e pur essendo stato esposto altrettanto a lungo  a severe
 critiche da parte della dottrina e ad  interpretazioni    correttive  e
 limitative  per  opera  della  giurisprudenza,  la quale e'   giunta ad
 escludere  l'applicabilita'  dell'istituto  stesso  quando  la  pretesa
 tributaria risulti prima facie assolutamente infondata.
     Tutto  cio'  conferma  che,  anche  indipendentemente  dai principi
 contenuti nella Costituzione, e gia' prima dell'approvazione di questa,
 si era avuta una notevole evoluzione nella sensibilita' di coloro,  cui
 spettavano  la  interpretazione  e  l'applicazione delle norme vigenti:
 evoluzione provocata proprio dalla eccessivita' di quella  misura,  che
 gia' appariva non consentanea ai principi informatori di un ordinamento
 moderno in tema di rapporti fra il cittadino e lo Stato.
     Sembra  difficile  supporre  che  il  legislatore costituente abbia
 ignorato un problema tanto dibattuto e, meno ancora, che non  lo  abbia
 considerato  risolto  implicitamente  attraverso  la  formulazione  dei
 principi generali, diretti in gran parte proprio a regolare i  rapporti
 fra  i  cittadini e lo Stato, contemperando le esigenze di questo con i
 diritti di quelli, e - in ogni caso - ponendo le  condizioni necessarie
 perche' questi diritti possano esser fatti valere ugualmente da tutti.
     La imposizione dell'onere del pagamento del tributo, regolato quale
 presupposto imprescindibile della esperibilita' dell'azione giudiziaria
 diretta a ottenere la tutela  del  diritto  del  contribuente  mediante
 l'accertamento  giudiziale  della illegittimita' del tributo stesso, e'
 in contrasto, a giudizio della Corte, con tutti  i  principi  contenuti
 negli   articoli  della  Costituzione  enunciati  nella  ordinanza  del
 Pretore.
     Essa e' in contrasto con la norma contenuta nell'art. 3, perche' e'
 evidente  la  differenza  di  trattamento  che  ne  consegue   fra   il
 contribuente,  che  sia  in  grado  di  pagare  immediatamente l'intero
 tributo, ed il contribuente, che non abbia mezzi sufficienti  per  fare
 il pagamento, ne' possa procurarseli agevolmente ricorrendo al credito,
 fra  l'altro  perche',  anche  in  caso  di  vittoria  in giudizio, non
 otterrebbe il rimborso delle somme versate se  non  con    ritardo.  Al
 primo   e',  dunque,  consentito,  proprio  in  conseguenza  delle  sue
 condizioni economiche, di chiedere giustizia e di  ottenerla, ove possa
 provare di aver ragione; al secondo questa  facolta' e' resa  difficile
 e  talvolta  impossibile,  non  solo  di  fatto,    ma anche in base al
 diritto, in forza di un presupposto processuale stabilito dalla legge e
 consistente nell'onere del versamento di una somma eventualmente  assai
 ingente.
     Le  stesse  considerazioni valgono a giustificare anche il richiamo
 alle  norme  contenute  negli  artt.  24,  primo  comma,  e  113  della
 Costituzione,   nei   quali  l'uso  delle  parole  tutti  e  sempre  ha
 chiaramente lo scopo di ribadire la uguaglianza di diritto e  di  fatto
 di  tutti i cittadini per quanto concerne la possibilita' di richiedere
 e di ottenere la tutela giurisdizionale, sia  nei  confronti  di  altri
 privati, sia in quelli dello Stato e di enti pubblici minori.
     La  Corte  e',  pertanto,  dell'avviso  che l'istituto del solve et
 repete sia in contrasto con le norme della  Costituzione  e  che  debba
 essere dichiarata illegittima la disposizione che lo prevede.
     E'  da  osservare  che  nell'ordinanza  del  Pretore  si    propone
 letteralmente  la  questione  della  illegittimita'      costituzionale
 dell'intero  art.  6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, mentre
 l'istituto del solve et repete e' previsto solo nel  secondo  comma  di
 tale    disposizione  e  gli  altri  commi riguardano oggetti del tutto
 diversi.   Poiche'  l'ordinanza  tratta  esclusivamente,  anche  quando
 motiva  sulla  rilevanza  della  questione, di quell'istituto, la Corte
 ritiene di   dover interpretare l'ordinanza stessa  nel  senso  che  il
 Pretore  intendeva  proporre  la  questione  di  legittimita'  del solo
 secondo comma dell'articolo citato e che di conseguenza le altre norme,
 pur   contenute nello stesso articolo, non fanno parte dell'oggetto del
 presente giudizio.
                            PER QUESTI MOTIVI
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     dichiara la illegittimita' costituzionale della  norma    contenuta
 nel secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n.  2248, all.
 E,   in   riferimento  alle  norme  degli  artt.  3,  24  e  113  della
 Costituzione.
     Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1961.
                                   GIUSEPPE  CAPPI - GASPARE AMBROSINI -
                                   MARIO COSATTI  -  FRANCESCO  PANTALEO
                                   GABRIELI - GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO -
                                   ANTONINO  PAPALDO  -  NICOLA JAEGER -
                                   GIOVANNI    CASSANDRO    -     BIAGIO
                                   PETROCELLI  -  ANTONIO  MANCA  - ALDO
                                   SANDULLI - GIUSEPPE BRANCA -  MICHELE
                                   FRAGALI   -   COSTANTINO   MORTATI  -
                                   GIUSEPPE CHIARELLI.