N. 167 SENTENZA 12 - 14 luglio 1976

                                 N. 167
                         SENTENZA 12 LUGLIO 1976
                Deposito in cancelleria: 14 luglio 1976.
        Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 191 del 21 luglio 1976.
                      Pres. ROSSI - Rel. ROCCHETTI
     Imposte  e  tasse  -  Trasferimento  di opificio - R.D. 30 dicembre
 1923, n. 3269, art. 47,  quinto  comma  -  Trattamento  tributario  dei
 macchinari  industriali (che si presumono venduti all'acquirente) - Non
 e' disposto lo stesso trattamento riservato alle pertinenze  del  fondo
 agricolo   alienato   -   Difetto   di  razionalita'  -  Illegittimita'
 costituzionale in parte qua.
     Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  -
 Ordinanza  del  giudice a quo - Interpretazione della norma impugnata -
 Riferimento della Corte a quella accolta nell'ordinanza  tra  le  altre
 seguite in dottrina e in giurisprudenza.
(GU n.191 del 21-7-1976 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     composta  dai signori: Prof. PAOLO ROSSI, Presidente - Dott.  LUIGI
 OGGIONI - Avv. ANGELO DE MARCO - Avv.   ERCOLE ROCCHETTI -  Prof.  ENZO
 CAPALOZZA  - Prof.  VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI
 - Dott. NICOLA REALE - Avv. LEONETTO AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA  -
 Prof.    GUIDO  ASTUTI  -  Dott.  MICHELE ROSSANO - Prof.   ANTONINO DE
 STEFANO, Giudici,
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  47,  quinto
 comma, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), promosso
 con  ordinanza  emessa  il 22 giugno 1973 dal tribunale di Torino nella
 causa  civile  tra  l'Amministrazione  delle  finanze  dello  Stato   e
 Negroponte  Guido  ed  altri,  iscritta al n. 84 del registro ordinanze
 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 del 3
 aprile 1974.
     Visti gli atti di costituzione di  Negroponte  Guido  e  Claudio  e
 dell'Amministrazione   delle   finanze   dello  Stato,  nonche'  l'atto
 d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 7 aprile 1976 il  Giudice  relatore
 Ercole Rocchetti;
     uditi  l'avv.  Bruno Calvosa, per Negroponte Guido e Claudio, ed il
 sostituto avvocato generale dello Stato  Giuseppe  Angelini  Rota,  per
 l'Amministrazione  finanziaria  dello  Stato  e  per  il Presidente del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     Il tribunale di Torino, con ordinanza emessa il 22 giugno 1973  nel
 procedimento  civile vertente tra l'Amministrazione delle finanze dello
 Stato e Negroponte Guido ed altri, ha proposto,  con  riferimento  agli
 artt.  3, primo comma, e 53, primo comma, della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 47, quinto comma, della  legge
 di registro approvata con r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269.
     La  disposizione  impugnata stabilisce che i macchinari che servono
 ad un opificio e che non  vengono  effettivamente  smontati  e  portati
 altrove,  in  quanto  restano  in servizi o nell'opificio, si presumono
 venduti all'acquirente dell'immobile,  ancorche'  siano  esclusi  dalla
 vendita  e  non  ostante che l'acquirente del macchinario apparisca una
 persona diversa dall'acquirente  dell'opificio.
     Secondo  il  giudice  a quo, questa proposizione normativa, che, ai
 sensi  della  giurisprudenza  largamente  prevalente,  con  tiene   una
 presunzione  iuris  et  de iure contro la quale non e' ammessa la prova
 contraria, non puo' essere considerata una norma  di  natura  meramente
 probatoria, ma si presenta come una disposizione che assume una portata
 decisamente  sostanziale:  ed invero, nel caso in esame, il legislatore
 non si limiterebbe a facilitare il compito del fisco col concedergli un
 mezzo di prova privilegiato, ma perviene a stabilire una  fictio  iuris
 parificando  in  ogni  caso la presenza dei macchinari nell'opificio al
 momento del  trasferimento  all'effettivo  trasferimento  degli  stessi
 macchinari dal venditore dell'opificio al suo acquirente.
     Cio'  posto,  il giudice a quo ritiene che la disposizione in esame
 sia in contrasto con  i  precetti  costituzionali  dell'eguaglianza  di
 trattamento  dei  cittadini  a  parita' di condizioni oggettive e della
 capacita' contributiva come criterio base della legislazione fiscale.
     L'ordinanza  e'  stata   ritualmente   notificata,   comunicata   e
 pubblicata.
     Nel   giudizio   dinanzi   alla   Corte,  si  sono  costituiti  sia
 l'Amministrazione delle finanze, a mezzo dell'Avvocatura generale dello
 Stato, che i signori Guido e Claudio Negroponte, rappresentati e difesi
 dagli avvocati Franco Agostini e Bruno Calvosa.
     E' altresi' intervenuto, col patrocinio della  Avvocatura  generale
 dello  Stato,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  ai sensi
 dell'art. 25, terzo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87.
     La difesa  dello  Stato,  con  deduzioni  formalmente  distinte  ma
 sostanzialmente  dello  stesso  tenore, contesta entrambe le censure di
 legittimita'  costituzionale  prospettate  dal  tribunale  di   Torino,
 sostenendo  che  la  presunzione, prevista dalla norma impugnata, ha un
 fondamento di evidente ragionevolezza e trova  la  sua  giustificazione
 nella  ratio  della  norma,  che  e'  quella  di evitare e prevenire le
 evasioni fiscali che potrebbero verificarsi  se  fosse  in  vigore  una
 diversa e piu' liberale normativa.
     A  sostegno,  invece,  della fondatezza della proposta questione di
 legittimita'  costituzionale  si  esprime  la  difesa  dei  Negroponte,
 secondo  la  quale la norma impugnata sarebbe in contrasto non solo con
 il principio di eguaglianza e con quello della capacita'  contributiva,
 richiamati  nella  ordinanza  di rimessione, ma anche con la tutela del
 diritto di difesa garantito dall'art. 24, primo e secondo comma,  della
 Costituzione.  In  via subordinata, poi, la parte privata chiede che la
 Corte,  con  una  sentenza  di  carattere   meramente   interpretativo,
 stabilisca  che  la  norma  in  esame pone in essere esclusivamente una
 presunzione relativa, vincibile da prova contraria.
     All'udienza di discussione le parti hanno ulteriormente  illustrate
 le loro deduzioni scritte.
                         Considerato in diritto:
     1.  - Il tribunale di Torino, con l'ordinanza indicata in epigrafe,
 ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  47,
 quinto  comma, della legge sull'imposta di registro, approvata con r.d.
 30 dicembre 1923, n. 3269, a norma del quale "quando i  macchinari  che
 servono   ad   un   opificio  non  vengono  effettivamente  smontati  e
 trasportati,  ma  rimangono  in  servizio  dell'opificio   stesso,   si
 presumono  venduti  all'acquirente,  ancorche' essi siano stati esclusi
 dalla vendita, e non ostante che l'acquirente del macchinario apparisca
 una persona diversa dall'acquirente dell'opificio".
     Ad avviso del giudice a quo, la norma pone una presunzione assoluta
 (iuris  et de iure), che non consente alcuna prova contraria, in merito
 al ritenuto contestuale trasferimento dei  macchinari  con  l'opificio,
 non  potendosi  considerare prova contraria quella relativa alla previa
 rimozione dei macchinari dall'opificio stesso. Ma, interpretata in tali
 sensi - aggiunge il tribunale - la norma non puo' essere considerata di
 natura meramente probatoria, in quanto assume una  portata  chiaramente
 sostanziale,  stabilendo  che, in ogni caso, la presenza dei macchinari
 nell'opificio, al  momento  del  trasferimento  di    quest'ultimo,  e'
 equiparata   al  trasferimento  effettivo  di  detti    macchinari  dal
 venditore all'acquirente dell'opificio stesso.
     E poiche' il valore dei macchinari, ancorche' non trasferiti,  deve
 essere compreso nella valutazione dell'imponibile, ai tini dell'imposta
 di  registro,  sarebbe  violato  non  solo  il principio di eguaglianza
 sancito nell'art. 3, primo comma, della Costituzione,  che  postula  la
 parita'  di  trattamento in presenza delle stesse condizioni oggettive,
 ma anche il principio della capacita' contributiva di cui all'art.  53,
 primo  comma,  in  quanto la norma denunciata consentirebbe di superare
 ampiamente  la   capacita'   contributiva   desumibile   dall'atto   di
 trasferimento   tassato,  ogni  volta  che  il  valore  dei  macchinari
 presuntivamente trasferiti insieme  all'opificio  e,  in  ipotesi,  non
 trasferiti affatto, sia notevolmente superiore al valore dell'opificio.
     2.   -   Che   la  norma  impugnata  debba  essere  necessariamente
 interpretata nel senso indicato  dal  giudice  a  quo  non  e'  affatto
 incontroverso in dottrina e in giurisprudenza.
     Ed invero, anche a prescindere dal consistente, pur se minoritario,
 orientamento  giurisprudenziale che afferma il carattere relativo della
 presunzione in esame (ritenendo che questa puo' essere vinta da atto di
 data certa per registrazione da cui risulti l'altrui  appartenenza  dei
 macchinari  all'atto  della  vendita  dell'opificio),  merita di essere
 ricordata la tesi prospettata  in  dottrina,  e  recentemente  recepita
 anche   dalla  Cassazione,  secondo  la  quale  la  sola  presenza  del
 macchinario  nell'opificio  trasferito  non  e'  sufficiente  a   farne
 presumere il contestuale trasferimento se non si accerta l'esistenza di
 un  valido  vincolo  pertinenziale costituito tra quei beni da soggetti
 legittimati a porlo in essere.
     Ma, quale che sia la piu' corretta configurazione della presunzione
 prevista dalla norma impugnata, ritiene  la  Corte  che,  nel  caso  in
 esame,  non  possa  farsi  astrazione dalla interpretazione accolta dal
 giudice a quo, tanto piu' che essa  rappresenta  tuttora  l'espressione
 prevalente  della  giurisprudenza  e quindi della concreta operativita'
 della disposizione.
     3. - La questione, nei termini in  cui  e'  stata  prospettata  dal
 tribunale di Torino, risulta fondata.
     Ed  invero,  se  alla  presunzione contemplata dall'art. 47, quinto
 comma, si attribuisce carattere di assolutezza, nel senso che non  puo'
 essere  data alcuna prova volta ad escludere che i macchinari, anche se
 non asportati, non sono compresi nella  vendita  dei  locali  ove  sono
 situati,  non  puo'  non  apparire  irrazionale  indurre, dalla mancata
 asportazione  dei  macchinari  e   quindi   dalla   semplice   presenza
 nell'opificio  degli  stessi, un ulteriore requisito, che allargherebbe
 notevolmente l'ambito di applicazione  della  presunzione,  concernente
 l'esistenza  di  un  vincolo pertinenziale tra l'immobile e le macchine
 destinate  al  suo  durevole  servizio.  Per  la  sussistenza  di  tale
 requisito  sono  necessari, secondo un consolidato insegnamento, sia un
 elemento  oggettivo, consistente nel rapporto funzionale tra i due beni
 (accessorio e principale), e sia un  elemento  soggettivo,  consistente
 nella  volonta'  effettiva  di destinazione degli stessi beni, da parte
 degli aventi diritto, che risultino legittimati a costituire il vincolo
 pertinenziale, secondo le norme del codice civile (artt. 817 e  segg.).
 Ora,  la  mancanza  di  tale legittimazione, che sicuramente esclude la
 sussistenza del vincolo pertinenziale, non puo' essere  surrogata,  sia
 pure  in  via  presuntiva,  dalle circostanze obbiettive previste dalla
 norma in esame.
     D'altronde, la  riprova  della  irrazionalita'  di  una  norma  cui
 volesse  darsi la piu' rigida interpretazione, e' data dal caso limite,
 che non  infrequentemente  si  e'  presentato  in  giurisprudenza,  del
 locatario  di  un  immobile  da  lui  trasformato  in opificio e da lui
 fornito di macchinari che,  all'atto  di  acquisto  dell'immobile,  sia
 stato  poi  costretto,  in base alla presunzione dell'art. 47 di cui e'
 causa, a pagare l'imposta di registro sui macchinari che,  da  atti  di
 data certa, pur risultavano di sua indiscutibile  proprieta'.
     4.  -  Muovendo  sempre  dalla  interpretazione piu' rigorosa fatta
 propria dall'ordinanza di rimessione, del tutto  ingiustificato  appare
 il  contrasto  che  sorge  tra  il  trattamento riservato ai macchinari
 industriali che, in base a una  presunzione  iuris  et  de  jure,  sono
 sempre   sottoposti   a   tassazione,  purche'  presenti  nell'opificio
 trasferito, rispetto a quello cui gli altri commi dello stesso art.  47
 sottopongono  "gli  immobili  per destinazione" (ora pertinenze, giusta
 l'art. 817 segg. cod. civ.)  che trovansi in servizio  o  sono  addetti
 alla  coltivazione del fondo agricolo, e per i quali la presunzione del
 loro trasferimento unitamente al fondo e' solo  juris  tantum,  perche'
 puo'   essere   combattuta   mediante  atti  di  data  certa  anteriore
 debitamente registrati che dimostrino la provenienza  o  l'appartenenza
 diversa da quella del proprietario-venditore.
     Tale  differenza  di  trattamento  tra  le pertinenze industriali e
 quelle  agricole  non  puo'  essere  giustificata  da   nessun   motivo
 razionalmente apprezzabile, specie ora che le due attivita' produttive,
 l'agricoltura  e  l'industria, quanto alla necessita' di investimenti e
 di  impianti,  si  vanno   sempre   meno   differenziando   fra   loro,
 accrescendosi   nell'agricoltura   il   numero   e  l'importanza  delle
 attrezzature mobiliari e immobiliari, e tenuto  anche  conto  che  oggi
 l'industria  trova  nella  pratica del leasing il modo di soddisfare le
 sue pur crescenti necessita' di mezzi  di  produzione  nell'affitto  di
 interi complessi di macchinari ed impianti. Il che rivela ancora meglio
 la vetusta' della norma censurata nella sua piu' rigida interpretazione
 e  spiega  la necessita' avvertita dal legislatore di modificare quella
 disciplina con il ricorso a criteri e  principi  diversi  ma  uniformi,
 ormai consacrati nell'articolo 23 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634.
     5.  -  Per  quanto sopra esposto, l'altro profilo di illegittimita'
 relativo alla dedotta violazione  dell'art.  53  Cost.  deve  ritenersi
 assorbito.
                            PER QUESTI MOTIVI
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     dichiara  la  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  47, quinto
 comma, della legge del registro approvata con il r.d. 30 dicembre 1923,
 n.  3269,  nella  parte  in  cui  non  dispone  che,  relativamente  ai
 macchinari  industriali  che  servono  ad un opificio, non venga fatto,
 all'atto  del trasferimento di esso, il medesimo trattamento tributario
 che gli altri commi dello stesso articolo riservano alle pertinenze del
 fondo agricolo alienato.
     Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1976.
                                   F.to:  PAOLO  ROSSI - LUIGI OGGIONI -
                                   ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI  -
                                   ENZO  CAPALOZZA  -  VINCENZO  MICHELE
                                   TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA
                                   REALE  -  LEONETTO  AMADEI  -  GIULIO
                                   GIONFRIDA  -  GUIDO  ASTUTI - MICHELE
                                   ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO.
                                   ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere