N. 173 SENTENZA 12 - 14 luglio 1976
N. 173 SENTENZA 12 LUGLIO 1976 Deposito in cancelleria: 14 luglio 1976. Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 191 del 21 luglio 1976. Pres. ROSSI - Rel. AMADEI Responsabilita' penale - Omesso versamento dei contributi assicurativi - Responsabilita' del titolare dell'azienda anche nell'ipotesi di mancato controllo sui collaboratori incaricati - D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 20, n. 2, 28, 44, 50, primo comma, e 195; D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, art. 82, primo e secondo comma; legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 23, primo comma; legge 11 gennaio 1943, n. 138, artt. 11, secondo comma, e 36, primo comma; legge 14 febbraio 1963, n. 60, art. 11 - Non e' violato il principio della responsabilita' personale - Esclusione di illegittimita' costituzionale.(GU n.191 del 21-7-1976 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Prof. PAOLO ROSSI, Presidente - Dott. LUIGI OGGIONI - Avv. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Avv. LEONETTO AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA, Giudici,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 20, n. 2, 28, 44, 50, primo comma, e 195 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); dell'art. 82, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797; dell'art. 23, primo comma, della legge 4 aprile 1952, n. 218; degli artt. 11, secondo comma, e 36, primo comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138; e dell'art. 11 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, promosso con ordinanza emessa il 1 febbraio 1974 dal pretore di Avigliano nel procedimento penale a carico di Liberatore Vinicio, iscritta al n. 287 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1976 il Giudice relatore Leonetto Amadei; udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto: 1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Vinicio Liberatore, imputato di omesso versamento di contributi assicurativi vari, il pretore di Avigliano ha sollevato d'ufficio questione di legittimita' costituzionale degli artt. 20, n. 2, 28, 44, 50, primo comma, e 195 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124; dell'art. 82, primo e secondo comma, del t.u. 30 maggio 1955, n. 797; dell'art. 23, primo comma, della legge 4 aprile 1952, n. 218; degli artt. 11, secondo comma, e 36, primo comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138; dell'art. 11, penultimo comma, della legge 14 febbraio 1963, n. 60, in riferimento all'art. 27 della Costituzione. L'incostituzionalita' degli articoli di legge impugnati sarebbe determinata dal fatto che essi non prevederebbero che delle varie omissioni contemplate siano chiamati a rispondere penalmente, non gia' il titolare dell'impresa, ma i dipendenti o altri soggetti, ancorche' estranei alla azienda, qualora ad essi sia stata attribuita, nell'ambito delle rispettive competenze, l'osservanza e l'adempimento degli obblighi che, in tema di versamento degli oneri assicurativi, farebbero capo allo stesso titolare. 2. - Nel giudizio davanti alla Corte vi e' stato il solo intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato. 3. - Sostiene il pretore proponente che il sistema in atto di addossare al titolare dell'azienda la responsabilita' penale per l'omesso pagamento dei contributi assicurativi, anche quando altri siano stati preposti all'adempimento degli obblighi previsti dalla legge, contrasterebbe con il principio della " personalita' della pena", sancito dall'art. 27 della Costituzione, dando vita ad un "tipo di colpevolezza" escluso dal nostro ordinamento costituzionale. Precisa, a riguardo, che se pur nell'ordine "meramente naturale delle cose" quanto si verifichi nell'ambito dell'azienda debba riferirsi direttamente o indirettamente all'imprenditore, tuttavia da cio' non discenderebbe il principio che, in ogni caso, lo stesso imprenditore debba rispondere penalmente di tutte quelle molteplici attivita' da lui affidate, nell'ambito amministrativo e nel quadro delle specifiche competenze, ad altri soggetti soprattutto quando tali attivita', per la loro natura tecnica, non siano riconducibili nella sfera del potere da lui in concreto esercitato. Significherebbe in sostanza addossargli una responsabilita' che sarebbe priva di quel "connotato soggettivo", presupposto di ogni responsabilita' penale. 4. - Per l'Avvocatura dello Stato la questione non sarebbe fondata e poggerebbe in una non corretta interpretazione delle norme impugnate: rileva, infatti, che la stessa giurisprudenza ordinaria avrebbe interpretato la normativa impugnata non nel senso rigoristico preteso dal giudice a quo, ma in modo ragionevole e aderente alla realta' delle cose, in quanto la responsabilita' del titolare dell'impresa, in tema di rispetto della legislazione sociale, rimarrebbe pur sempre legata alla "accertata sussistenza degli elementi costitutivi, di natura obiettiva e subiettiva, della contravvenzione, tra cui, per lo meno, la colpa". D'altra parte, nei casi delle grandi aziende e quando l'imprenditore abbia adottato determinate cautele la responsabilita' penale dell'imprenditore rimarrebbe esclusa, il che sarebbe in perfetta armonia col principio sancito dall'art. 27 della Costituzione. Considerato in diritto: 1. - L'ordinanza del pretore di Avigliano sottopone all'esame della Corte la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, degli artt. 20, n. 2, 28, 44, 50, primo comma, e 195 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), dell'art. 82, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari); dell'art. 23, primo comma, della legge 4 aprile 1952, n. 218 (riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti), degli artt. 11, secondo comma, e 36, primo comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138 (costituzione dell'istituto per l'assistenza di malattia ai lavoratori); dell'art. 11 della legge 14 febbraio 1963, n. 60 (liquidazione del patrimonio edilizio della gestione INA casa e istituzione di un programma decennale di costruzione di alloggi per lavoratori). Si assume, dal giudice a quo, che le norme impugnate, con l'attribuire la responsabilita' penale al titolare dell'azienda per l'omesso pagamento dei contributi assicurativi da esse previsti anche quando altri, dipendenti o estranei, professionalmente qualificati, siano da esso preposti agli adempimenti relativi, violerebbero il principio della "personalita' della pena" previsto dall'art. 27 della Costituzione. La questione non e' fondata. 2. - Se e' pur vero che, per il principio costituzionale, ognuno e' chiamato penalmente a rispondere per fatto proprio, tuttavia colui al quale la legge penale impone obblighi specifici di fare o non fare risponde della inadempienza dell'obbligo stesso quando tra la sua omissione e l'evento sussista un nesso di causalita' materiale, al quale si accompagni un nesso psichico (art. 40 c.p.) sufficiente a conferire alla condotta il connotato della responsabilita'. Tale principio e' stato piu' volte enunciato dalla Corte costituzionale e, in particolare, sviluppato, tra le altre, nella sentenza n. 3 del 1956, in tema di responsabilita' penale del direttore del giornale configurata nell'art. 57, n. 1, del codice penale, prima della modifica ad esso apportata dall'art. 1 della legge 6 marzo 1958, n. 127. Le disposizioni impugnate fanno obbligo al datore di lavoro di provvedere al versamento dei vari contributi assicurativi e assistenziali previsti a favore del personale dipendente comminando sanzioni a carattere contravvenzionale in caso di inadempimento. Le norme in questione non delineano affatto, nella loro formulazione, una responsabilita' oggettiva - come sembrerebbe ritenere il giudice a quo - per cui il titolare dell'azienda debba rispondere in ogni caso del mancato versamento dei contributi e, quindi, anche quando affidi ad altri, nel quadro organizzativo dell'azienda, il compito di materialmente provvedervi. Sulla base del principio affermato dalla Corte, il titolare dell'azienda rispondera' della omissione quando emerga, in relazione al fatto materialmente commesso dal terzo, che egli non ha esercitato quel controllo necessario diretto ad impedire il verificarsi dell'evento contravvenzionale pur sussistendo in concreto la possibilita' di impedirlo. Del resto la stessa giurisprudenza ordinaria ha inquadrato nei giusti limiti e per aspetti diversi la responsabilita' penale dell'imprenditore quando gli obblighi che, in via generale, gli fanno, per legge, carico, siano stati ripartiti, avuto soprattutto riguardo alla vastita' dell'azienda, tra i suoi collaboratori, escludendola quando risulti che nell'assegnare i vari compiti a ciascun collaboratore abbia impartito precisi ordini e valide direttive e, potendolo, abbia esercitato opportuni e adeguati controlli. Spettera', di conseguenza, al giudice di merito accertare, caso per caso, se la omissione in materia di disposizioni sull'assistenza e sulla previdenza dei lavoratori sia o meno ricollegabile alla mancanza di diligenza da parte del datore di lavoro per non aver controllato che gli adempimenti affidati a terzi siano puntualmente osservati. Qualora il collegamento sussista, v'e' titolo per una affermazione di responsabilita' per fatto proprio, riconducibile alla colpa. D'altra parte vale rilevare che, nel caso oggetto della questione di legittimita' costituzionale, il reato e' di natura contravvenzionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 20, n. 2, 28, 44, 50, primo comma, e 195 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); dell'art. 82, primo e secondo comma, del t.u. 30 maggio 1955, n. 797; dell'art. 23, primo comma, della legge 4 aprile 1952, n. 218; degli artt. 11, secondo comma, e 36, primo comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138; dell'art. 11, della legge 14 febbraio 1963, n. 60, sollevata dal pretore di Avigliano con ordinanza emessa il 1 febbraio 1974, in riferimento all'art. 27 della Costituzione. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1976. F.to: PAOLO ROSSI - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA. ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere