N. 68 SENTENZA 16 - 17 maggio 1978

                                  N. 68
                         SENTENZA 16 MAGGIO 1978
                Deposito in cancelleria: 17 maggio 1978.
        Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 138 del 19 maggio 1978.
                       Pres. AMADEI - Rel. PALADIN
     Referendum  abrogativo  -  Pendenza del relativo procedimento - Non
 preclude al Parlamento l'esercizio della ordinaria funzione legislativa
 in relazione allo stesso oggetto (sia in senso meramente abrogativo che
 in senso modificativo).
     Referendum abrogativo - Oggetto - Sopravvenuta legge  abrogativa  -
 Effetti  sulla corrispondente richiesta referendaria - Improponibilita'
 di abrogazione ex art. 75 Cost. di leggi formali, di atti equiparati  o
 di singoli disposti legislativi gia' abrogati dal legislatore.
     Referendum  abrogativo  - Legge 25 maggio 1970, n. 352, articolo 39
 (cessazione delle  operazioni  referendarie  in  caso  di  sopravvenuta
 abrogazione  da  parte  del  legislatore  della  legge, atto o disposto
 oggetto della richiesta) - Interpretazione - Non distingue l'ipotesi di
 abrogazione totale ed espressa da quella della contestuale sostituzione
 di una nuova disciplina - Non predispone adeguati mezzi di  tutela  dei
 firmatari  delle richieste - Violazione dell'art. 75 della Costituzione
 - Illegittimita' costituzionale parziale.
     Referendum abrogativo - Oggetto - Legge 25  maggio  1970,  n.  352,
 art.  39  -  Interpretazione  -  Riproduzione legislativa integrale dei
 contenuti di una legge preesistente di cui si promuova l'abrogazione  -
 Esclusione.
     Referendum abrogativo - Legge 25 maggio 1970, n. 352, articolo 39 -
 Sopravvenuta   abrogazione  legislativa  degli  atti  o  delle  singole
 disposizioni cui si riferisce la richiesta di referendum -  Contestuale
 disciplina  della  stessa  materia  senza  modificare  ne'  i  principi
 ispiratori della complessiva disciplina preesistente, ne'  i  contenuti
 normativi  essenziali  dei  singoli  precetti  - Non e' previsto che il
 referendum  abbia  luogo  sulle  nuove   disposizioni   legislative   -
 Violazione   dell'art.   75   della   Costituzione   -   Illegittimita'
 costituzionale in parte qua.
     Referendum  abrogativo  -  Legge  25  maggio   1970,   n.   352   -
 Interpretazione data dalla Corte costituzionale - Inconvenienti pratici
 e  difficolta'  applicative  -  Opportunita'  di modifiche alla legge -
 Raccomandazione in tal senso al legislatore.
(GU n.138 del 19-5-1978 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     composta dai signori: Avv.  LEONETTO  AMADEI,  Presidente  -  Dott.
 GIULIO  GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Prof.
 ANTONINO DE STEFANO - Prof.  LEOPOLDO ELIA - Avv. ORONZO REALE -  Dott.
 BRUNETTO  BUCCIARELLI  DUCCI  -  Avv.  ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO
 PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE Giudici,
     ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  39  della
 legge 25 maggio 1970, n. 352, promosso con ordinanza emessa l'11 aprile
 1978 dalla Corte costituzionale nel corso del giudizio per conflitto di
 attribuzione  tra  Pietroletti Glauco ed altri (in nome e per conto del
 Comitato promotore del referendum  abrogativo  della  legge  22  maggio
 1975, n. 152) e l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di
 cassazione, iscritta al n. 260 del registro ordinanze 1978 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 105 del 15 aprile 1978.
     Visto l'atto di costituzione di Pietroletti Glauco ed altri;
     udito  nell'udienza pubblica del 15 maggio 1978 il Giudice relatore
 Livio Paladin;
     udito l'avv. Franco Casamassima, per Pietroletti Glauco ed altri.
                           Ritenuto in fatto:
     Il Comitato promotore del referendum per l'abrogazione della  legge
 22  maggio  1975,  n.  152,  ha  promosso conflitto di attribuzione nei
 confronti  dell'Ufficio  centrale  per  il  referendum:      impugnando
 l'ordinanza  6  dicembre  1977,  con cui l'Ufficio stesso ha dichiarato
 legittima la relativa richiesta, ad eccezione dell'art. 5  della  legge
 predetta,  in  quanto sostituito dall'art. 2 della legge 8 agosto 1977,
 n. 533.
     In via di  prima  delibazione  -  mediante  l'ordinanza  n.  17  di
 quest'anno - la Corte ha ritenuto l'ammissibilita' del conflitto; e nel
 corso  del  conseguente  giudizio  ha  sollevato  d'ufficio  - mediante
 l'ordinanza  n.  44  -  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  39  della  legge  25  maggio  1970,  n.  352, in riferimento
 all'art. 75 della  Costituzione.  Nell'articolo  impugnato  si  dispone
 infatti,  senza  distinguere fra le diverse ipotesi di abrogazione, che
 se "la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni
 di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l'Ufficio
 centrale per il referendum dichiara  che  le  operazioni  relative  non
 hanno piu' corso". Con cio' stesso possono pero' determinarsi - come la
 Corte   ha   notato   -   "applicazioni   lesive   delle   attribuzioni
 costituzionalmente  riconosciute  ai  firmatari  delle   richieste   di
 referendum":  quanto  meno nella parte in cui l'art. 39 "prevede che il
 blocco  delle  operazioni  referendarie  si  produca  anche  quando  la
 sopravvenuta  norma  abrogativa  sia  accompagnata  dalla emanazione di
 altra  normativa  che  regoli  la  stessa   materia   apportando   solo
 innovazioni  formali  o  di dettaglio, senza modificare ne' i contenuti
 normativi essenziali dei singoli precetti, ne'  i  principi  ispiratori
 della complessiva disciplina sottoposta a referendum".
     Nell'attuale  giudizio  si e' costituito il solo Comitato promotore
 interessato,   sostenendo   la   fondatezza   della   questione.   Piu'
 precisamente,  i  promotori  assumono  che  "il  legislatore  non possa
 sottrarsi alla verifica popolare se non abrogando  la  legge  o  l'atto
 avente   forza  di  legge,  secondo  l'intenzione  dei  richiedenti  la
 consultazione": vale  a  dire,  attraverso  una  "eliminazione  pura  e
 semplice della legge o dell'atto avente forza di legge dall'ordinamento
 giuridico".   Del   resto,  ogni  altra  interpretazione  dell'art.  39
 conferirebbe all'Ufficio centrale poteri di  gran  lunga  eccedenti  le
 previsioni  della  legge  n.  352 del 1970, facendo dipendere dalle sue
 decisioni -  emesse  senza  alcun  contraddittorio  -  l'indizione  del
 referendum   abrogativo   e   la   stessa   modificazione  del  quesito
 referendario.
     Quanto invece al rapporto tra il potere legislativo, i  richiedenti
 il  referendum  e  l'intero  corpo elettorale, il Comitato promotore ha
 rilevato  che  l'intervento  del  legislatore,  una  volta  indetta  la
 consultazione    popolare,   verrebbe   a   stravolgere   la   dinamica
 dell'istituto previsto dall'art.  75  Cost.:  donde  la  necessita'  di
 concludere  che, al di la di un certo termine, lo stesso Parlamento non
 debba attivarsi o comunque non possa dare  luogo  ad  un  blocco  delle
 operazioni referendarie.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  Per  valutare  la  questione  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 39 delle "norme sui referendum previsti dalla  Costituzione",
 occorre  stabilire in quali rapporti si trovino - ai sensi dell'art. 75
 Cost. - le richieste di referendum abrogativo e  gli  atti  legislativi
 che  producano,  prima dell'effettuazione dei referendum, l'abrogazione
 delle leggi, degli atti  aventi  forza  di  legge  ovvero  dei  singoli
 disposti, inizialmente indicati dai promotori delle richieste medesime.
 Piu' specificamente, deve essere accertato se la legislazione ordinaria
 sia  paralizzata od altrimenti limitata, nel corso dei procedimenti per
 il referendum, quanto agli  oggetti  delle  richieste  referendarie;  e
 reciprocamente  deve  essere  accertato  se  con tali richieste possano
 validamente interferire, e con quali conseguenze, gli eventuali atti di
 esercizio della funzione legislativa conferita alle Camere dall'art. 70
 della Costituzione.
     Sotto  il  primo  profilo,   i   promotori   del   referendum   per
 l'abrogazione  della  legge  22  maggio 1975, n. 152, hanno sostenuto -
 gia' in vista del giudizio sul conflitto di attribuzione instaurato nei
 confronti dell'Ufficio centrale presso la Corte di cassazione - che  la
 presentazione  delle  richieste di referendum abrogativo determinerebbe
 un effetto di "prevenzione", preclusivo di ogni intervento perturbatore
 del potere legislativo.
     Ma la tesi e' infondata. In base all'art.  70  Cost.,  la  funzione
 legislativa  ordinaria  e'  potenzialmente  inesauribile: prestandosi a
 venire esercitata per un indefinito numero di volte,  senza  limiti  di
 tempo, in tutte le materie di sua competenza che il legislatore ritenga
 opportuno  disciplinare nuovamente. Ne' si puo' dire che l'esercizio di
 tale funzione debba essere bloccato per l'intero corso del procedimento
 referendario, in quanto  gli  oggetti  delle  richieste  di  referendum
 sarebbero  attratti nell'esclusiva disponibilita' del corpo elettorale.
 Al contrario, l'assunto non corrisponde al  testo  costituzionale,  che
 non   introduce   in  tal  senso  nessuna  eccezione  al  principio  di
 continuita' della funzione e del potere  legislativo;  ne'  corrisponde
 alla stessa ragion d'essere dell'istituto del referendum abrogativo.
     Da un lato, infatti, gli stessi promotori costituitisi nel presente
 giudizio  riconoscono che l'art. 75 Cost. non esclude la sopravvenienza
 di leggi di abrogazione totale degli atti o dei disposti  per  i  quali
 sia  stato  richiesto  il  referendum:  dal momento che esso ne risulta
 privato del suo oggetto, con esiti identici a quelli producibili da  un
 voto  popolare  abrogativo.  E d'altro lato non puo' nemmeno escludersi
 una legislazione abrogativa accompagnata da una nuova disciplina  della
 materia  in  questione:  sia perche' il referendum puo' bene mirare (se
 non altro nelle ipotesi in cui vengano in considerazione le  cosiddette
 leggi  costituzionalmente necessarie) ad una mutazione della disciplina
 preesistente, piuttosto che ad una integrale e  definitiva  caducazione
 di  essa;  sia  soprattutto  perche',  una  volta promosse le richieste
 referendarie, potrebbero insorgere nuovi bisogni e problemi, di  fronte
 ai  quali  sarebbe  assurdo  che al potere legislativo venisse impedito
 d'intervenire tempestivamente.
     Occorre dunque concludere  che  le  Camere  conservano  la  propria
 permanente potesta' legislativa, sia nella fase dell'iniziativa e della
 raccolta  delle  sottoscrizioni, sia nel corso degli accertamenti sulla
 legittimita' e sull'ammissibilita' delle richieste, sia successivamente
 alla stessa indizione del referendum abrogativo.
     Di   conseguenza,  il  rispetto  delle  esigenze  che  i  promotori
 ritengono lese non pone problemi di legittimita' delle  leggi,  di  cui
 questa  Corte  possa darsi carico, ma resta demandato alla sensibilita'
 politica del Parlamento; tanto piu' che le indagini  sui  pretesi  vizi
 delle  leggi  sopraggiunte ad innovare la disciplina sottoposta al voto
 popolare, dopo che la consultazione fosse  stata  indetta,  eccedono  i
 limiti  dell'attuale giudizio, quali sono stati definiti dall'ordinanza
 di rinvio.
     2. - Sotto il secondo profilo, s'intende per altro che gli  effetti
 abrogativi,  in quanto incidenti sull'oggetto del quesito referendario,
 non possono  non  ripercuotersi  sulla  corrispondente  richiesta.  Per
 definizione,   infatti,  non  e'  dato  proporre  al  corpo  elettorale
 l'abrogazione di leggi formali  o  di  atti  equiparati  o  di  singoli
 disposti  legislativi, che gia' siano stati abrogati: poiche', se cosi'
 fosse, il voto popolare verrebbe in partenza privato di entrambi i suoi
 tipici effetti,  abrogativo  e  preclusivo,  alternativamente  previsti
 dall'art. 37 e dall'art. 38 della legge n.  352 del 1970. Ed e' qui che
 trova fondamento quell'art. 39 della legge medesima, per cui "l'Ufficio
 centrale  per  il  referendum  dichiara"  -  in  questi  casi - "che le
 operazioni relative non hanno piu' corso".
     Fin dalle prime applicazioni della  legge  n.  352  gli  interpreti
 hanno pero' rilevato che la formulazione dell'art. 39 e' cosi' ampia ed
 indiscriminante,  da  consentire che vengano frustrati gli intendimenti
 dei promotori  e  dei  sottoscrittori  delle  richieste  di  referendum
 abrogativo:  prestandosi in tal modo ad eludere o paralizzare le stesse
 disposizioni dell'art. 75 Cost.
     Effettivamente, con la previsione e con la garanzia  costituzionale
 del  potere referendario non e' conciliabile il fatto che questo tipico
 mezzo di esercizio diretto della sovranita' popolare finisca per  esser
 sottoposto  - contraddittoriamente - a vicende risolutive che rimangono
 affidate alla piena ed  insindacabile  disponibilita'  del  legislatore
 ordinario: cui verrebbe consentito di bloccare il referendum, adottando
 una qualsiasi disciplina sostitutiva delle disposizioni assoggettate al
 voto del corpo elettorale.
     In  dottrina  e' stato percio' suggerito d'intendere e di applicare
 l'art.  39  -  per  conformarlo  alla  Costituzione  -  con   esclusivo
 riferimento  alle  ipotesi  di  abrogazione  totale  ed  espressa,  non
 accompagnata  da  una  nuova  disciplina  della   materia,   e   quindi
 equivalente  ad  un voto popolare abrogativo. Ma simili interpretazioni
 adeguatrici (che oltre  tutto  rischierebbero  di  non  essere  nemmeno
 producenti   allo   scopo)   non  trovano  alcun  riscontro  nel  testo
 legislativo in esame. Prescrivendo che le operazioni  referendarie  non
 hanno  piu'  corso, "se prima della data di svolgimento del referendum,
 la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni  di
 essi  cui  il referendum si riferisce, siano stati abrogati", l'art. 39
 non introduce  distinzioni  o  precisazioni  di  alcun  genere;  ma  e'
 letteralmente  riferibile  -  ed  e'  stato  riferito  nella  prassi  -
 all'abrogazione  totale  come  a  quella  parziale,  alla   abrogazione
 dissociata  come  a  quella  accompagnata da una nuova regolamentazione
 della  materia,  mediante  innovazioni  di  sostanza  o  di  forma,  di
 principio o di dettaglio.
     3.  -  Cosi'  interpretato,  l'art.  39 della legge n. 352 del 1970
 dev'essere allora considerato illegittimo, per contrasto con l'art.  75
 Cost., nella parte in cui non predispone adeguati mezzi di  tutela  dei
 firmatari delle richieste di referendum abrogativo.
     La sostanza del quesito che i promotori ed i sottoscrittori di tali
 richieste  propongono  al corpo elettorale non e' infatti costituita da
 un  atto  legislativo  oppure  da  certi  suoi  singoli   disposti;   e
 l'abrogazione  di  essi  non  impone  di  concludere  che le rispettive
 operazioni debbano essere comunque bloccate. E' vero  che  alle  leggi,
 agli  atti  aventi  forza di legge od alle loro singole disposizioni si
 riferiscono - per identificare i temi del referendum abrogativo - tanto
 l'art. 75 primo comma Cost.  quanto l'art. 27 della legge  n.  352  del
 1970.  Ma  e'  manifesto,  perche'  in cio' consiste il valore politico
 delle decisioni  demandate  al  popolo,  che  gli  atti  o  i  disposti
 legislativi  indicati in ciascuna richiesta non sono altro che il mezzo
 per individuare  una  data  normativa,  sulle  sorti  della  quale  gli
 elettori  vengono  in  effetti  chiamati  a  pronunciarsi. Se cosi' non
 fosse, la stessa riproduzione integrale  dei  contenuti  di  una  legge
 preesistente,  operata  da  una  legge  nuova,  basterebbe a precludere
 l'effettuazione del referendum gia' promosso  per  l'abrogazione  della
 prima  di  queste  due  fonti.  Ma  una  conseguenza  cosi' paradossale
 concorre a far capire quanto poco sia fondata la premessa.
     Nella sentenza n. 16 di quest'anno, giudicando  sull'ammissibilita'
 della   richiesta   per   l'abrogazione   dell'ordinamento  giudiziario
 militare, la Corte ha viceversa precisato  che  "il  tema  del  quesito
 sottoposto  agli  elettori  non  e'  tanto formato... dalla serie delle
 singole disposizioni da abrogare, quanto dal comune principio che se ne
 ricava"; ed in questi termini ha coerentemente valutato  se  alla  base
 delle  varie  richieste  assoggettate  al  suo  giudizio  fosse  o meno
 riscontrabile quella "matrice razionalmente unitaria", in  vista  della
 quale  dev'essere  accertata  l'omogeneita' dei corrispondenti quesiti.
 Con analoghi criteri va ora risolto il problema dei limiti in cui  puo'
 verificarsi  -  legittimamente  -  il  blocco  delle  operazioni per il
 referendum, a causa degli  effetti  abrogativi  previsti  dall'art.  39
 della  legge  n.  352  del  1970.  Se  l'"intenzione del legislatore" -
 obiettivatasi nelle disposizioni legislative sopraggiunte - si dimostra
 fondamentalmente diversa e peculiare, nel senso che i relativi principi
 ispiratori sono mutati rispetto alla previa disciplina  della  materia,
 la  nuova  legislazione  non  e'  piu'  ricollegabile  alla  precedente
 iniziativa  referendaria:  in  quanto  non  si  puo'  presumere  che  i
 sottoscrittori,  firmando  la  richiesta  mirante all'abrogazione della
 normativa gia' in vigore, abbiano implicitamente inteso coinvolgere nel
 referendum quella stessa ulteriore disciplina. Se invece  l'"intenzione
 del   legislatore"   rimane   fondamentalmente  identica,  malgrado  le
 innovazioni formali o di dettaglio  che  siano  state  apportate  dalle
 Camere,  la  corrispondente richiesta non puo' essere bloccata, perche'
 diversamente la sovranita' del popolo (attivata da  quella  iniziativa)
 verrebbe ridotta ad una mera apparenza.
     In quest'ultima ipotesi, la nuova disciplina della materia realizza
 per  intero  i  suoi  normali  effetti  abrogativi,  impedendo  che  il
 referendum assuma tuttora ad oggetto le disposizioni gia' abrogate.  Ma
 la  consultazione popolare deve svolgersi pur sempre, a pena di violare
 l'art. 75 Cost. E, di conseguenza, l'unica soluzione possibile consiste
 nel riconoscere che il referendum  si  trasferisce  dalla  legislazione
 precedente   alla   legislazione  cosi'  sopravvenuta  (oppure  che  la
 richiesta referendaria si  estende  alle  successive  modificazioni  di
 legge,  qualora  si  riscontri  che  esse  s'inseriscono  nella  previa
 regolamentazione, senza sostituirla integralmente).
     Per  meglio  chiarire a quali condizioni il referendum debba essere
 effettuato sulla  nuova  disciplina  legislativa,  al  di  fuori  delle
 attuali prescrizioni dell'art. 39 della legge n. 352 del 1970, conviene
 pero'  mantenere  distinta  l'ipotesi  in  cui la richiesta riguardasse
 nella loro interezza una legge od  un  atto  equiparato  (od  anche  un
 organico   insieme   di   disposizioni,   altrimenti   individuate  dal
 legislatore)  da  quella  in  cui   fosse   stata   proposta   soltanto
 l'abrogazione  di disposizioni specifiche. Nel primo caso, questa Corte
 ritiene che l'indagine non  possa  limitarsi  alle  affinita'  od  alle
 divergenze  riscontrabili  fra le singole previsioni della precedente e
 della nuova legislazione, ma si debba  estendere  ai  raffronti  fra  i
 principi cui s'informino nel loro complesso l'una o l'altra disciplina;
 sicche'  il  mutamento  dei  principi  stessi puo' dare adito al blocco
 delle relative  operazioni  referendarie,  quand'anche  sopravvivano  -
 entro  il  nuovo  ordinamento dell'intera materia - contenuti normativi
 gia' presenti nell'ordinamento precedente; mentre la  modificazione  di
 singole    previsioni   legislative   giustifica   l'interruzione   del
 procedimento nella  parte  concernente  le  previsioni  medesime,  solo
 quando  si  possa  riscontrare che i loro principi informatori non sono
 piu' riconducibili a quelli della  complessiva  disciplina  originaria.
 Nel  secondo  caso,  invece,  decisivo  e' il confronto fra i contenuti
 normativi essenziali dei  singoli  precetti,  senza  che  occorra  aver
 riguardo ai principi dell'intero ordinamento in cui questi si ritrovino
 inseriti:  appunto  perche'  i  promotori  ed  i  sottoscrittori  delle
 richieste  di  referendum  non  avevano  di   mira   l'abrogazione   di
 quell'ordinamento considerato nella sua interezza.
     Con  tali  criteri,  comunque,  non si puo' certo sostenere che gli
 elettori vengano chiamati a votare su un  quesito  affatto  diverso  da
 quello per cui erano state operate la presentazione e la sottoscrizione
 della richiesta di referendum abrogativo. La sottoposizione della nuova
 legge  al voto popolare, qualora essa introduca modificazioni formali o
 di dettaglio, corrisponde alla  sostanza  dell'iniziativa  assunta  dai
 promotori    e    dai   sottoscrittori;   e   rappresenta   la   strada
 costituzionalmente  obbligata  per   conciliare   -   nell'ambito   del
 procedimento  referendario  -  la permanente potesta' legislativa delle
 Camere con la garanzia dell'istituto del referendum abrogativo.
     In questi termini, l'Ufficio centrale per il referendum  e'  dunque
 chiamato   a  valutare  -  sentiti  i  promotori  della  corrispondente
 richiesta - se la nuova disciplina legislativa, sopraggiunta nel  corso
 del  procedimento,  abbia  o  meno  introdotto  modificazioni  tali  da
 precludere la consultazione popolare, gia'  promossa  sulla  disciplina
 preesistente:  trasferendo  od estendendo la richiesta, nel caso di una
 conclusione  negativa  dell'indagine,  alla  legislazione   successiva.
 Corrispondentemente,  alla  Corte  costituzionale compete pur sempre di
 verificare se  non  sussistano  eventuali  ragioni  d'inammissibilita',
 quanto ai nuovi atti o disposti legislativi, cosi' assoggettati al voto
 popolare abrogativo.
     4.  -  All'atto  di  dichiarare l'illegittimita' dell'art. 39 della
 legge n.   352 del  1970,  nella  parte  in  cui  lascia  insoddisfatta
 l'esigenza  di  non  frustrare  il  ricorso  al referendum, la Corte e'
 pienamente  consapevole  che  da  questa  decisione  potranno  derivare
 inconvenienti  e  difficolta'  applicative.  Ma i poteri dei quali essa
 dispone non le consentono  altro  che  di  accertare  e  sanzionare  le
 violazioni  delle  norme  costituzionali, adottando le soluzioni a cio'
 conseguenti nei  soli  limiti  in  cui  queste  risultino  univoche  ed
 indispensabili  per  assicurare l'osservanza della Costituzione stessa.
 Le  ulteriori  modificazioni  del  procedimento   per   il   referendum
 abrogativo,   di   cui   le   recenti   esperienze  stanno  dimostrando
 l'opportunita' - come la Corte ha gia' rilevato nella sentenza n. 16 di
 quest'anno - competono invece al Parlamento (anche mediante il  ricorso
 - qualora necessario - alla legislazione prevista dall'art. 138 Cost.).
     In  particolar  modo,  al  legislatore  spettera' di precisare o di
 riconsiderare  i  ruoli  e  le  funzioni  degli  organi  competenti  ad
 intervenire nel corso delle procedure referendarie. Inoltre, attraverso
 una  riforma  della  legge  n.  352 del 1970 potranno essere altrimenti
 regolati i tempi delle relative operazioni:  specialmente allo scopo di
 permettere l'effettuazione del referendum abrogativo oltre  il  termine
 finale  del  15 giugno, allorche' le leggi o le disposizioni sottoposte
 al voto popolare  vengano  abrogate  all'ultima  ora,  imponendo  nuove
 formulazioni  degli  originari  quesiti ed intralciando gli adempimenti
 che precedono la data di convocazione degli elettori.
                            PER QUESTI MOTIVI
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 39  della  legge
 25 maggio 1970, n. 352, limitatamente alla parte in cui non prevede che
 se  l'abrogazione  degli  atti  o  delle  singole  disposizioni  cui si
 riferisce il referendum venga accompagnata da  altra  disciplina  della
 stessa  materia,  senza  modificare  ne'  i  principi  ispiratori della
 complessiva  disciplina  preesistente   ne'   i   contenuti   normativi
 essenziali  dei singoli precetti, il referendum si effettui sulle nuove
 disposizioni legislative.
     Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 maggio 1978.
                                   F.to:   LEONETTO   AMADEI   -  GIULIO
                                   GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA -  GUIDO
                                   ASTUTI   -   ANTONINO  DE  STEFANO  -
                                   LEOPOLDO  ELIA  -  ORONZO   REALE   -
                                   BRUNETTO  BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO
                                   MALAGUGINI - LIVIO PALADIN -  ARNALDO
                                   MACCARONE.
                                   GIOVANNI VITALE - Cancelliere