N. 330 SENTENZA 11 - 24 marzo 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Casse di risparmio - Rapporti di lavoro con i propri dipendenti -
 Regolamentazione collettiva - Preventivo nulla osta  dell'organo di
 vigilanza - Illegittimita' costituzionale.
 
 (R.D.L. 12 agosto 1937, n. 1757, convertito in legge 16 giugno 1938,
 n. 1207 , art. 2).
 
 (Cost., art. 39)
(GU n.13 del 30-3-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del R.D.L. 12
 agosto 1937, n. 1757 (Revoca del divieto di  inquadramento  sindacale
 delle  Casse  di  risparmio  e  degli Enti equiparati), convertito in
 legge 16 giugno 1938, n. 1207, promossi con le seguenti ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 29 aprile 1985 dal Pretore di Venezia nel
 procedimento civile vertente tra la F.I.B. - C.I.S.L. ed altri  e  la
 Cassa  di  Risparmio  di  Venezia,  iscritta  al  n. 674 del registro
 ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1986;
      2)  ordinanza  emessa  l'1 luglio 1985 dalla Corte di Cassazione
 sui ricorsi riuniti proposti da F.A.B.I. ed altri contro la Cassa  di
 Risparmio  di  Vigevano e dalla Cassa di Risparmio di Vigevano contro
 F.A.B.I. ed altri, iscritta al
 n.  432  del  registro  ordinanze  1986  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 46,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1986;
    Visti  gli  atti di costituzione della F.I.B - C.I.S.L. ed altri e
 delle Casse di Risparmio di Venezia e Vigevano;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  gennaio  1988  il  Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Uditi  l'avv.  Giuseppe Suppiej per la F.I.B.- C.I.S.L. ed altri e
 l'avv. Lucio Moscarini  per  le  Casse  di  Risparmio  di  Venezia  e
 Vigevano;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Il Pretore di Venezia, giudice del lavoro, con ordinanza del
 29 aprile 1985 (r.o. 674/85), ha sollevato questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  R.D.L.  12  agosto  1937,  n.  1757, in
 riferimento agli artt. 3 e 39 Cost.  Il  giudizio  a  quo  era  stato
 promosso  su  ricorso ex art. 28 l. n. 300 del 1970 dalla Federazione
 Italiana Bancari (FIB-CISL),  dalla  Federazione  Italiana  Sindacati
 Assicurazione  e  Credito  (FISAC-CGIL), dall'Unione Italiana Bancari
 (UIB-UIL) e dalla Federazione Autonoma Bancari Italiani (FABI), tutte
 di  Venezia,  avverso  il  rifiuto della locale Cassa di Risparmio di
 dare esecuzione all'accordo integrativo aziendale dell'8 gennaio 1985
 fino  a  che  non fosse intervenuto il "nulla osta" dell'autorita' di
 vigilanza, prescritto dall'art. 2 R.D.L. 12 agosto 1937, n. 1757.
    Il  Pretore ravvisava gli estremi della condotta antisindacale nel
 comportamento della  Cassa,  perche'  fondato  sul  richiamo  ad  una
 disposizione   legislativa  la  cui  vigenza  sarebbe  contestata  ed
 incerta.
    Ne'  potrebbe, secondo il Pretore, applicarsi al caso di specie il
 giudicato sul punto  della  avvenuta  abrogazione  pronunciato  dalla
 stessa  Pretura  di  Venezia,  in data 10 gennaio 1980, tra le stesse
 parti, perche' riferito ad un diverso  petitum.  D'altra  parte,  non
 sussistendo  specifiche  norme  posteriori incompatibili, ne' precisi
 criteri per  determinarne  il  periodo  di  efficacia,  l'abrogazione
 implicita  della  norma  de  qua  sarebbe  effettivamente quanto meno
 incerta ed opinabile.
    La  stessa norma tuttavia, pur non urtando contro specifiche norme
 di leggi ordinarie successive, contrasterebbe  invece,  puntualmente,
 ad  avviso  del  giudice  remittente,  con  gli  artt.  3 e 39 Cost.,
 perche',  assoggettando  l'attivita'  negoziale  nel  settore   delle
 imprese  creditizie private al nulla-osta di un organo della pubblica
 amministrazione,  determinerebbe  una  ingiustificata  disparita'  di
 trattamento  delle categorie e degli organismi sindacali operanti nel
 settore del credito e del risparmio rispetto  a  quelli  degli  altri
 settori produttivi.
    In  punto  di rilevanza, osserva il Pretore essere imprescindibile
 per la decisione della controversia, "la valutazione sulla efficacia"
 della norma censurata.
    2.  -  Nel giudizio non e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri.
    Si sono costituite sia la Cassa di Risparmio di Venezia, sia tutte
 le organizzazioni sindacali interessate.
    La  Cassa di Risparmio eccepisce innanzi tutto l'irrilevanza della
 questione, osservando che il Pretore, una volta acclarata la  vigenza
 dell'art.  2 R.D.L. n. 1757 del 1937, avrebbe potuto immediatamente e
 percio' solo escludere l'asserita antisindacalita' del comportamento,
 perche'  adottato  in  applicazione  del  diritto vigente, rigettando
 cosi' il ricorso delle organizzazioni sindacali senza  necessita'  di
 delibare   e   rimettere   alla   Corte   la  relativa  questione  di
 costituzionalita'.
    In  subordine,  esprime la convinzione che tale questione sia, nel
 merito, infondata. Il controllo operato dalla Banca d'Italia mediante
 il rilascio del nulla-osta, infatti, sarebbe diverso da quelli tipici
 del regime  corporativo,  non  avendo  lo  scopo  di  incidere  sulla
 autonomia   negoziale   delle   parti  o  sull'attivita'  e  liberta'
 sindacale,   ma   soltanto   quello   di   sottoporre   a   verifica,
 nell'interesse pubblico, l'attivita' di enti pubblici economici quali
 appunto le Casse di Risparmio  ed  enti  equiparati  -  esercenti  la
 delicata  funzione  creditizia,  e  cio'  nel  piu'  ampio quadro dei
 controlli relativi all'intera categoria degli enti pubblici,  per  la
 contrattazione  collettiva  dei  quali  l'art.  28  l. n. 70 del 1975
 prevede addirittura non un  semplice  nulla-osta,  ma  una  esplicita
 approvazione.  Tale  ultima disposizione anzi, istituirebbe un vero e
 proprio controllo  diretto  ed  immediato  sull'operato  delle  parti
 sociali, a differenza dell'ipotesi contemplata dalla norma impugnata,
 in cui si tratterebbe di un controllo successivo ab externo da  parte
 di   un  organo  imparziale,  mentre  il  conseguente  nulla-osta  si
 configurerebbe come un mero requisito di efficacia  di  una  volonta'
 negoziale  gia'  liberamente  formatasi.  Di qui l'infondatezza della
 censura ex art. 39 Cost.
    Insussistente  sarebbe  pero' anche il dubbio di costituzionalita'
 prospettato in riferimento all'art. 3 Cost.,  attesa  la  particolare
 qualita' di enti pubblici economici delle Casse di Risparmio, che non
 consentirebbe  alcuna  possibilita'  di  confronto  con  la   diversa
 situazione dei datori di lavoro privati.
    3.  -  Le organizzazioni sindacali, convenendo innanzi tutto sulla
 rilevanza della questione,  come  motivata  dal  Pretore  remittente,
 lamentano  l'incompatibilita'  della  norma  impugnata  con l'art. 39
 Cost., posto che il nulla-osta sulla contrattazione collettiva  delle
 aziende   di   credito,   introdotto   nel  quadro  della  disciplina
 pubblicistica  di   tutta   la   materia   sindacale   caratteristica
 dell'ordinamento corporativo, sarebbe, come controllo di legittimita'
 e di merito, espressione di un potere  di  ingerenza  della  pubblica
 autorita'  nell'autonomia  sindacale  oggi  non piu' ammissibile alla
 luce della normativa costituzionale.
    Impossibile  sarebbe poi invocare in contrario il sistema previsto
 dalla legge-quadro sul pubblico impiego, data la natura  privatistica
 del  rapporto  di  lavoro  con  gli enti pubblici economici, quale la
 Cassa di Risparmio.
    La  norma impugnata inoltre urterebbe pure contro il secondo comma
 dell'art. 39 Cost.  poiche'  imporrebbe  ai  sindacati  un  ulteriore
 obbligo  (rectius  onere),  in  spregio  al divieto costituzionale di
 imposizione ai sindacati di obblighi diversi dalla registrazione.
    Infine,   la   stessa   norma   introdurrebbe  una  disparita'  di
 trattamento non giustificata dei dipendenti delle Casse di  Risparmio
 sia  rispetto  ai  dipendenti  delle  altre aziende di credito, ma di
 diritto privato, per le quali non  e'  previsto  il  nulla-osta,  sia
 rispetto  ai  lavoratori  degli  altri enti pubblici economici, anche
 esercenti la funzione creditizia, per i  quali  l'originario  obbligo
 del nulla-osta del Ministro vigilante sarebbe venuto meno per effetto
 della avvenuta abrogazione implicita dell'art. 3 l. 16  giugno  1938,
 n.  1303,  provocata dalla soppressione dell'ordinamento corporativo,
 come  riconosciuto  pacificamente  ed  affermato   dalla   Corte   di
 Cassazione.
    4. - Nel corso di un giudizio concernente, tra l'altro, la pretesa
 avanzata da diverse organizzazioni sindacali (F.A.B.I., F.A.L.C.R.I.,
 F.I.D.A.C.)  e da numerosi lavoratori contro la Cassa di Risparmio di
 Vigevano,  diretta  ad  ottenere,  una  volta  accertata   l'avvenuta
 abrogazione  della  previsione  del  nulla-osta della Banca d'Italia,
 l'applicazione immediata ed ex  tunc  -  e  cioe'  dalla  data  della
 stipulazione  -  del  contratto  integrativo  aziendale,  la Corte di
 Cassazione, Sezione lavoro, con ordinanza dell'1 luglio 1985 (r.o. n.
 432/1986),  ha  sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale
 dell'art. 2 R.D.L. n. 1757 del 1937 in riferimento agli artt. 3, 36 e
 39 Cost.
    Il  Supremo Collegio afferma innanzi tutto l'attuale vigenza della
 disposizione  impugnata,  adducendo,  in  tal   senso,   sia   alcune
 affermazioni,  formulate  peraltro  incidenter  tantum,  in  due  sue
 precedenti decisioni, sia due pareri  concordanti  del  Consiglio  di
 Stato,  i  quali  ritengono  sopravvissuta  la  norma de qua poiche',
 nonostante   il   suo   indubbio   collegamento   con   l'ordinamento
 corporativo, configurerebbe un controllo inteso essenzialmente non ad
 incidere sulla disciplina dei rapporti di lavoro, ma, da un lato,  ad
 armonizzare  i trattamenti retributivi e normativi di enti consimili;
 dall'altro, ad assicurare la corretta gestione  amministrativa  della
 funzione  creditizia  da  parte  delle  Casse  di  Risparmio  ed enti
 assimilati. Ne', a parere della Corte remittente,  tale  conclusione,
 sempre  contestata  da parte sindacale in occasione della conclusione
 dei diversi accordi collettivi dell'ultimo  ventennio,  e  senz'altro
 negata  dai  giudici  di  merito  dei  precedenti  gradi di giudizio,
 costituirebbe problema da sottoporre alle Sezione Unite,  sulla  base
 di propri remoti precedenti, dichiarativi dell'abrogazione implicita,
 a    seguito    dell'abolizione    del    sistema    corporativo    e
 dell'instaurazione  del  regime di liberta' sindacale, dell'art. 3 l.
 n. 1303 del 1938, istitutivo del medesimo nulla-osta,  da  parte  del
 Ministro  vigilante,  per  i contratti collettivi degli enti pubblici
 economici.
    Posto dunque il suo perdurante vigore, l'art. 2 R.D.L. n. 1757 del
 1937 dovrebbe  essere  applicato  nel  giudizio  a  quo,  di  qui  la
 rilevanza della proposta questione di costituzionalita'.
    Motivando  la  non manifesta infondatezza della medesima, la Corte
 osserva come la previsione del nulla-osta - istituendo, tra  l'altro,
 un  controllo  preventivo  che mal si armonizzerebbe con i compiti di
 vigilanza della Banca d'Italia, solitamente successivi  attribuirebbe
 a  quest'ultima un potere di penetrante incidenza, non delimitato ne'
 nei tempi, ne' nei modi di esercizio, ne' nei fini  da  perseguire  e
 persino  neppure  nei limiti di incidenza nella sua parte sostitutiva
 della volonta' delle parti, con cio' illegittimamente comprimendo  la
 liberta' sindacale, nel suo duplice aspetto di autonomia contrattuale
 collettiva  e  di  liberta'  di  organizzazione,  la   cui   garanzia
 costituzionale (art. 39) non tollererebbe limiti siffatti, neppure in
 vista di altri interessi pubblici.
    Inoltre,  essendo il contratto collettivo riconosciuto anche quale
 strumento per garantire il trattamento minimo a tutela dei lavoratori
 di  cui  all'art.  36 Cost., la norma impugnata, facendo si' che tale
 trattamento scaturisca non  da  un  libero  confronto  tra  le  parti
 sociali,  ma  da  un  atto  autoritativo esterno diretto a conseguire
 finalita' diverse, violerebbe anche  quest'ultima  disposizione.  Ne'
 potrebbe  invocarsi, in contrario, il sistema vigente nel settore del
 pubblico impiego, trattandosi, nella specie, di  rapporto  di  lavoro
 privato.
    Infine, il censurato art. 2 R.D.L. n. 1757 del 1937 contrasterebbe
 con  l'art.  3  Cost.,  per  la  disparita'  di  trattamento  che  ne
 deriverebbe  tra dipendenti e organizzazioni sindacali operanti nello
 stesso settore e in condizioni del tutto similari.
    5.  -  Nel giudizio non e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri.
    Si   e'  costituita  la  sola  Cassa  di  Risparmio  di  Vigevano,
 sostenendo l'infondatezza, sotto tutti  i  profili,  della  sollevata
 questione,  sulla  base di argomentazioni sostanzialmente coincidenti
 con quelle svolte nell'atto di costituzione nel giudizio promosso con
 ord. n. 674/1985 del Pretore di Venezia.
    6. - In prossimita' dell'udienza hanno presentato memorie aggiunte
 sia le organizzazioni sindacali sia le Casse di Risparmio di  Venezia
 e di Vigevano.
    Queste  ultime, sottolineando la necessita' che la norma impugnata
 sia interpretata nel suo significato attuale, insistono sul fatto che
 il  contestato  nulla-osta  della  Banca  d'Italia  avrebbe  oggi  la
 esclusiva  funzione  di  esprimere   una   valutazione   tecnica   di
 compatibilita'  economica  fra le soluzioni prospettate dalle parti e
 la capacita' economica dell'azienda che eroga i trattamenti:  di  qui
 l'insussistenza  della  violazione dell'art. 39 Cost. Ribadiscono poi
 che  la  particolarita'  del  regime   della   Cassa   di   Risparmio
 escluderebbe  la  comparabilita'  della loro situazione con quella di
 altre  aziende  di  credito  e  giustificherebbe  anche   il   potere
 attribuito  alla  Banca  d'Italia,  il  quale,  in  particolare  - si
 sottolinea - comporterebbe la sola possibilita' di chiedere, e non di
 disporre,  l'introduzione  di  modifiche,  modifiche che i contraenti
 resterebbero liberi di rifiutare.
    Quanto  alla  questione  sollevata dal Pretore di Venezia (r.o. n.
 674/85), le Casse insistono nella loro eccezione di irrilevanza.
    7.  -  Le  organizzazioni  sindacali, in riferimento a tale ultima
 questione, svolgono ulteriormente gli argomenti gia' illustrati nella
 memoria   di   costituzione,   soprattutto   riguardo   alla  stretta
 connessione della norma  impugnata  con  la  contestuale  revoca  del
 divieto  di  far  parte  di  associazioni  sindacali, precedentemente
 vigente anche per le Casse di Risparmio e loro dipendenti,  e  quindi
 con   l'inserimento   di   questi  nell'ordinamento  corporativo.  Si
 soffermano poi a contestare l'argomento addotto  dalla  difesa  delle
 Casse,  essere  cioe', il controllo della Banca d'Italia successivo e
 diretto  solo  ad  assicurare  il  retto  esercizio  della   funzione
 creditizia:  i  controlli sulle attivita' istituzionali delle aziende
 di credito sarebbero infatti soltanto quelli  espressamente  previsti
 dalla  legge  bancaria n. 636 del 1938, tra i quali non figura alcuna
 misura attinente alla materia dei rapporti con il  personale,  mentre
 il  qualificare  il  controllo come successivo renderebbe ancora piu'
 grave la lesione dell'autonomia sindacale, data la non  affidabilita'
 degli impegni assunti dalla controparte, essendo essi condizionati al
 futuro beneplacito di un soggetto estraneo alla contrattazione.
    Concludono  insistendo  sulla rilevanza della questione, essendo a
 loro avviso  indispensabile  verificare  la  costituzionalita'  della
 norma   che,  una  volta  ritenutane  la  vigenza,  permetterebbe  di
 escludere  la  antisindacalita'  della  condotta   della   Cassa   di
 Risparmio, oggetto del giudizio a quo.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Le  ordinanze  del  Pretore  di  Venezia  e  della Corte di
 Cassazione,  indicate  in  epigrafe,  pongono   questioni   analoghe:
 pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica
 sentenza.
    2.  -  Le  autorita'  remittenti  lamentano  che  la  disposizione
 impugnata, assoggettando la regolamentazione collettiva dei  rapporti
 di  lavoro  dei  dipendenti  delle  Casse  di Risparmio al preventivo
 nulla-osta del competente organo  di  vigilanza,  vi'oli:  l'art.  39
 Cost.,  perche'  consente  l'ingerenza della pubblica autorita' nella
 formazione   della   volonta'   contrattuale,    cosi'    comprimendo
 indebitamente  l'autonomia sindacale; l'art. 36 Cost., perche' impone
 che il trattamento minimo a tutela  del  lavoratore,  assicurato  dal
 contratto  collettivo,  sia determinato non dal solo confronto tra le
 parti sociali, ma  anche  dall'intervento  di  un  atto  autoritativo
 esterno, volto a diversa finalita'; l'art. 3 Cost., perche' introduce
 una disparita'  di  trattamento  in  danno  dei  dipendenti  e  delle
 associazioni  sindacali delle Casse di Risparmio, rispetto agli altri
 dipendenti e alle altre associazioni sindacali operanti  nel  settore
 del  credito,  o  in  diversi  settori  produttivi,  la cui attivita'
 contrattuale collettiva non e' assoggettata al medesimo nulla-osta.
    3.  -  L'eccezione  di rilevanza della questione prospettata dalla
 difesa della Cassa di Risparmio  di  Venezia  deve  essere  rigettata
 poiche'  presuppone una valutazione dell'influenza della pronuncia di
 questa Corte sulle possibili modalita' di risoluzione del giudizio di
 merito, riservata alla esclusiva competenza del giudice a quo.
    4. - La questione e' fondata.
    La  censurata  previsione  del nulla-osta dell'organo di vigilanza
 appare infatti intimamente connessa  con  l'instaurazione  e  con  la
 logica dell'ordinamento corporativo.
    Introdotta  -  al  pari  di  analoghe  norme concernenti sia altri
 istituti di credito,  sia  l'intera  categoria  degli  enti  pubblici
 economici  - contestualmente alla revoca del divieto di inquadramento
 sindacale degli enti  interessati,  tale  previsione  era  intesa  ad
 istituire   una   forma   di   ingerenza  ab  externo  dell'autorita'
 amministrativa sul risultato dell'attivita'  negoziale  delle  parti,
 con lo scopo di garantire che i relativi contratti collettivi fossero
 compatibili, oltre che con i  fini  dei  menzionati  enti,  anche,  e
 soprattutto,  con  le  generali direttive politiche ed economiche del
 governo. La  disposizione  in  oggetto  rimaneva  percio'  del  tutto
 estranea  al  controllo  sull'attivita' creditizia, assicurato, dalla
 legge bancaria n. 636 del 1938, mediante diverse e specifiche misure.
    A   sostegno,  non  solo  della  perdurante  vigenza  della  norma
 impugnata - che,  affermata,  come  nel  caso,  pur  in  presenza  di
 contrastanti  indirizzi,  dalle autorita' rimettenti, e' problema che
 esula dalla competenza di questa Corte - ma della stessa legittimita'
 costituzionale  della  norma medesima, si osserva, dalla difesa delle
 Casse di Risparmio, che il criticato nulla-osta - una volta soppresso
 l'ordinamento  corporativo  ed  entrata  in  vigore  la  Costituzione
 repubblicana - avrebbe assunto quale compito esclusivo, quello  della
 verifica  del  regolare  esercizio  del credito da parte delle stesse
 Casse (ed enti equiparati) che,  come  s'e'  detto,  in  origine  non
 aveva.
    Tale  assunto  non  puo' pero' essere condiviso, atteso che, anche
 nel momento attuale, l'attivita'  di  controllo  della  raccolta  del
 risparmio   e  dell'esercizio  del  credito,  continuando  ad  essere
 regolata, nella sostanza e per quanto qui interessa, dalla  ricordata
 legislazione  bancaria  pre-costituzionale,  si traduce in interventi
 incidenti sulle attivita' istituzionali degli enti ed  estranei  alla
 materia dei rapporti con il personale.
    Di  conseguenza,  risulta  evidente  che  la  norma  oggetto della
 presente questione, consentendo all'autorita'  amministrativa  (oggi,
 alla  Banca  d'Italia)  di  condizionare  il  libero esplicarsi della
 volonta' negoziale delle parti sindacali,  senza  essere  finalizzata
 alla  tutela di altri interessi costituzionalmente rilevanti, si pone
 in stridente contrasto con la  garanzia  dell'autonomia  contrattuale
 collettiva  e  della  piu'  generale  liberta'  sindacale,  garantite
 dall'art. 39 Cost.
    L'accertata  illegittimita'  costituzionale, sotto questo profilo,
 della disposizione impugnata comporta l'assorbimento delle  ulteriori
 censure, formulate in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2  R.D.L. 12
 agosto 1937, n. 1757 (Revoca del divieto di  inquadramento  sindacale
 delle  Casse  di  risparmio e degli Enti equiparati) convertito nella
 legge 16 giugno 1938, n.1207.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta l'11 marzo 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: SPAGNOLI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 24 marzo 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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