N. 334 SENTENZA 11 - 24 marzo 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Sindacati, liberta' e attivita' sindacale - Rappresentanze sindacali aziendali nelle singole unita' produttive Costituzione riservata alle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale - Non fondatezza. (Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, primo comma, lett. éa).ne dei contributi associativi versati dai lavoratori agricoli disoccupati - Spettanza alle federazioni di categoria aderenti alle confederazioni sindacali a carattere nazionale rappresentate nel CNEL - Non fondatezza. (Cost., artt. 3 e 39, primo comma). Sindacati, liberta' e attivita' sindacale - Condotta antisindacale di enti pubblici economici - Possibilita' di adire il giudice ordinario e quello amministrativo Conseguente possibile incompatibilita' delle rispettive decisioni - Manifesta inammissibilita'. (Legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 28 e 37). (Cost., artt. 3, 24 e 25, primo comma). Sindacati, liberta' e attivita' sindacale - Legittimazione processuale a tutela dei diritti dei lavoratori - Attribuzione alle sole associazioni sindacali nazionali - Non fondatezza. (Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28). (Cost., artt. 3 e 39)(GU n.13 del 30-3-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, della legge 27 dicembre 1973, n. 852 (Proroga della legge 5 marzo 1963, n. 322, recante norme per l'accertamento dei lavoratori agricoli aventi diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali) e degli artt. 19, lett. a), 28 e 37 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 9 ottobre 1979 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Confederazione Autonoma Italiana del Lavoro e l'I.N.P.S., iscritta al n. 52 del registro ordinanze del 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 85 dell'anno 1980; 2) ordinanza emessa il 15 luglio 1981 dal Pretore di La Spezia nel procedimento civile vertente tra il Sindacato Nazionale Quadri Industria e la S.p.a. Oto Melara, iscritta al n. 699 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40 dell'anno 1982; 3) ordinanza emessa il 26 settembre 1982 dal Pretore di Roma sul ricorso proposto da UIL DEP Provinciale contro la Cassa Nazionale Previdenza e Assistenza a favore dei Geometri, iscritta al n. 785 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 101 dell'anno 1983; 4) ordinanza emessa il 7 luglio 1984 dal Pretore di Legnano nel procedimento civile vertente tra la Federazione Unitaria Lavoratori Tessili Abbigliamento e la S.p.a. Marcofil, iscritta al n. 1063 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34 bis dell'anno 1985; Visti gli atti di costituzione del Sindacato Nazionale Quadri Industria, della S.p.a. Oto Melara e dell'I.N.P.S. nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1988 il Giudice relatore Ugo Spagnoli; Uditi gli avvocati Giuseppe Pera per il Sindacato Nazionale Quadri Industria, Gino Sacerdoti per l'I.N.P.S. e gli avvocati dello Stato Oscar Fiumara e Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 15 luglio 1981 (r.o. 699/81), il Pretore di La Spezia ha sollevato una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lett. a) dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n.300), assumendone il contrasto con l'art. 39, primo e terzo comma (rectius quarto), Cost. L'ordinanza e' stata emessa all'esito di un procedimento per repressione di condotta antisindacale promosso dal Sind. Quadr. I. (Sindacato Nazionale Quadri Industria) contro la Oto Melara S.p.a., la quale, secondo le sommarie informazioni assunte, aveva, in base a direttive dell'Intersind, negato che a tale sindacato di categoria - che aderiva alla Federquadri e non aveva stipulato contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva (art. 19, lett. b), cit.) - potesse riconoscersi la qualifica di associazione aderente alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, di cui alla disposizione impugnata. Il giudice a quo riconosce innanzitutto all'organismo rappresentativo eletto dagli iscritti al sindacato in questione la qualifica di rappresentanza sindacale aziendale, legittimata a svolgere attivita' sindacale ai sensi dell'art. 14 St. lav. ed a suo avviso titolare, percio', dei poteri attribuiti dagli artt. 4, 6, 7, 9, 11, 16 e 26 dello Statuto medesimo. Su tale presupposto dichiara, nella medesima ordinanza, l'antisindacalita' di taluni comportamenti tenuti dall'azienda nei confronti di detto organismo (defissione di ciclostilati e dattiloscritti e mancata annotazione sulla busta paga dei contributi trattenuti agli aderenti sotto la causale "sindacato"). La rilevanza della questione scaturisce, peraltro, dall'ulteriore condotta censurata nel ricorso, cioe' dalla mancata concessione dell'uso della sala destinata alle riunioni sindacali per le assemblee degli aderenti al Sind. Quadr. I.: diritto, questo, riconosciuto (art.20) solo alle r.s.a. di cui all'art. 19 St. Richiamata la sentenza n.54 del 1974 con cui questa Corte ha negato che l'impugnato art. 19 contrasti con gli articoli 3 e 39 Cost., il giudice a quo sostiene, in primo luogo, che non puo' operarsi - pena il contrasto con tali disposti - una distinzione funzionale tra le associazioni sindacali di cui all'art. 14 e le r.s.a. di cui all'art. 19 St. Entrambe possono svolgere attivita' sindacale, e la differenza sta solo in cio', che queste ultime, oltre che dei poteri di cui ai titoli I e II St. riconosciuti alle prime, possono avvalersi di poteri ulteriori - quali appunto i diritti di assemblea, di affissione ed a permessi retribuiti (artt. 20, 25 e 23) - che il legislatore ha inteso attribuire ai sindacati maggiormente rappresentativi per garantire alla loro azione una maggiore effettivita' all'interno dell'organizzazione produttiva. L'esigenza di evitare un'eccessiva proliferazione e frammentazione delle rappresentanze aziendali - in base alla quale la Corte ha, con la predetta sentenza, ritenuto razionale tale scelta legislativa vale pero' a giustificare la norma impugnata, ad avviso del Pretore, solo in riferimento all'art. 3, e non anche all'art. 39 Cost.: e cio' in quanto questo "tutela la liberta' sindacale non gia' in assoluto bensi' in un sistema prefigurato ad un determinato livello, quello nazionale, di categoria" e "pare riferirsi unicamente al sindacato rappresentativo sul piano nazionale della categoria"; sicche' "una corretta applicazione del principio della proporzionalita' e comunque della democrazia rappresentativa che e' alla base del nostro ordinamento costituzionale avrebbe dovuto comportare di privilegiare la rappresentativita' nell'ambito categoriale". L'art. 19, lett. a) St., viceversa, considera la rappresentativita' cosiddetta storica del sindacalismo italiano, privilegiando la confederazione caratterizzata da una equilibrata consistenza associativa su tutto l'arco delle categorie tutelate, da una notevole consistenza di iscritti, da una equilibrata distribuzione su scala nazionale, da una effettivita' di autotutela degli interessi e dalla continuita' e sistematicita' dell'azione di autotutela. In tale nozione, precisa il giudice a quo, non puo' farsi rientrare la Conferquadri: e cio', nonostante che essa - alla stregua degli accertamenti svolti - abbia una rappresentativita' cosiddetta tecnica della categoria dei quadri, data la sua articolazione sulle varie branche produttive, il rilevante numero degli associati, la diffusione periferica su tutto il territorio nazionale, la particolare rappresentativita' nel settore dell'agricoltura; elementi, questi, che ne farebbero una delle confederazioni maggiormente rappresentative della categoria dei quadri. Ne', rileva il Pretore, al mancato riconoscimento di tale tipo di rappresentativita' puo' sopperire il disposto della lett. b) del medesimo art. 19. La possibilita' di stipulare contratti collettivi nazionali o provinciali applicabili nell'unita' produttiva non e' invero conseguibile col solo rafforzamento della rappresentativita' categoriale. Quand'anche la Confederazione dei quadri divenisse maggioritaria in tutti i settori, tale possibilita' dipenderebbe pur sempre dal consenso delle associazioni datoriali e potrebbe essere frustrata dalla contraria volonta' di queste. 1.1. - Nel giudizio cosi' instaurato si sono costituite le parti private Sin. Quadr. I. e Oto Melara S.p.a., rappresentate e difese dagli avvocati G. Pera e L. Calabrese e dall'avv. L. Spagnuolo Vigorita. La prima di esse ha presentato, nell'imminenza dell'udienza, una memoria aggiunta, nella quale sostiene, innanzitutto, che la questione in esame e' essenzialmente diversa da quella decisa con sent. n.54 del 1974. In questa - argomenta la difesa - era in discussione la scelta legislativa di riservare la possibilita' di costituire r.s.a. ai soli sindacati maggiormente rappresentativi e di escluderla, invece, per qualsiasi associazione sindacale nonche' per le maggioranze non organizzate in sindacato emerse a livello aziendale. Qui, invece, fermo il criterio della maggiore rappresentativita', si contesta che esso sia riferito non alle organizzazioni sindacali, bensi' alle confederazioni, entita' essenzialmente diverse dalle prime in quanto comprendono solo le associazioni complesse di secondo grado che raggruppano organizzazioni di diverse categorie o settori e non anche le c.d. confederazioni monocategoriali (come CIDA e Confederquadri). Richiamate, poi, le vicende relative alla nascita del c.d. movimento dei quadri e le specifiche questioni discusse nel giudizio a quo, la difesa si sofferma sul dibattito svoltosi in dottrina sull'ordinanza del Pretore di La Spezia osservando che le opinioni favorevoli alla legittimita' della norma impugnata o affermano (erroneamente) che la questione sarebbe gia' stata decisa con la sent. n. 54 del 1974, o si risolvono in un giudizio politico sulla scelta confederalistica del legislatore. Sul piano giuridico, ad avviso della difesa, la questione e' fondata in quanto la liberta' sindacale implica liberta' di scelta in ordine alla forma, struttura e settore di attivita' dell'organizzazione sindacale, sicche' sarebbe precluso al legislatore di conferire potere nei luoghi di lavoro solo ad un certo tipo (confederale) di organizzazione sindacale e non ad altri tipi (es. sindacati di mestiere, di industria, di categoria, quali la CIDA e la FABI) liberamente scelti dalla maggioranza dei lavoratori, lo sviluppo dei quali sarebbe stato di fatto ostacolato dal privilegio assicurato al livello confederale. Ne' potrebbe obiettarsi che il sindacalismo autonomo trovi sufficiente tutela nel disposto della lett. b) dell'art. 19 St., giacche' - a parte le difficolta' incontrate da organizzazioni come quelle dei quadri a stipulare contratti collettivi nazionali o provinciali - tale disposizione presuppone che questi siano applicati nell'impresa e non consente quindi la costituzione di r.s.a. nelle imprese che non siano tenute a rispettarli in quanto non sindacalmente affiliate. L'art. 19 dovrebbe percio' essere dichiarato illegittimo in quanto riferisce la maggiore rappresentativita' alle confederazioni anziche' ai sindacati di categoria. Non e' invece intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. 2. - Con ordinanza emessa il 9 ottobre 1979 (r.o. 52/80), il Pretore di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 39, primo comma, Cost., una questione di legittimita' costituzionale anche dell'art. 2, primo comma, della legge 27 dicembre 1973, n. 852, in quanto prevede che il diritto di riscuotere i contributi associativi versati dai lavoratori agricoli, beneficiari dell'indennita' ordinaria e del trattamento speciale di disoccupazione, mediante trattenute su tali indennita', spetti soltanto alle federazioni di categoria aderenti alle confederazioni sindacali a carattere nazionale rappresentate nel CNEL. Nel caso di specie, tale diritto era stato negato dall'INPS alla Federazione Terra della Confail (Confederazione Autonoma Italiana del Lavoro), non essendo quest'ultima rappresentata nel CNEL; ed il Pretore assume che l'impossibilita' di fruire del servizio di riscossione dei contributi sindacali mediante trattenuta comporti una restrizione della liberta' assicurata alle associazioni sindacali "nei momenti della formazione e della espansione" dall'art. 39, primo comma, Cost., in quanto, incidendo sulla possibilita' di provvista dei mezzi finanziari, condiziona la formazione, sopravvivenza e sviluppo di esse. In tal modo, inoltre, si darebbe luogo, in violazione dell'art. 3 Cost., ad un'ingiustificata discriminazione tra le associazioni sindacali, non essendo il requisito della rappresentanza nel CNEL connesso ad una reale effettivita' rappresentativa di esse. Ne' potrebbe in contrario invocarsi la sentenza n. 54 del 1974 di questa Corte, in quanto il criterio della maggiore rappresentativita' e' stato ivi ritenuto valido in riferimento a funzioni "particolarmente incisive nella vita e nell'attivita' dell'unita' produttiva" affidate dalla legge alle organizzazioni sindacali, e non gia' quando venga in gioco la libera formazione e lo sviluppo di esse. 2.1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto tramite l'Avvocatura dello Stato, osserva, da un lato, che la lamentata differenziazione di disciplina - che discenderebbe non dal primo ma dal secondo comma dell'impugnato art. 2 - si giustifica in quanto le confederazioni rappresentate nel CNEL sono le piu' importanti in sede nazionale ed offrono percio' oggettivamente le migliori garanzie di effettiva capacita' di rappresentare gli interessi sindacali; e, dall'altro, che la libera formazione e sviluppo delle associazioni sindacali non e' pregiudicata dalla norma in esame, giacche' resta salvo il diritto dei lavoratori di versare i contributi all'associazione prescelta, sia pure con modalita' diverse. 2.2. - All'accoglimento della questione in esame si e' opposto anche l'INPS: il quale rileva, innanzitutto, che la norma impugnata amplia, anziche' restringere, la liberta' sindacale, giacche' introduce una deroga al principio di incedibilita' delle prestazioni previdenziali; ed inoltre, che e' proprio in riferimento alla rappresentanza nel CNEL (art. 3 legge n. 33 del 1957) che la Corte, con la citata sentenza n. 54 del 1974, ha riconosciuto essere stato positivamente adottato il criterio dell'effettivita' della forza rappresentativa delle organizzazioni sindacali. 3. - Decidendo su un ricorso proposto ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300) con cui l'UIL DEP Provinciale chiedeva dichiararsi antisindacali taluni comportamenti tenuti dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Geometri - consistiti per un verso in ostacoli frapposti alla costituzione di una rappresentanza sindacale in detta azienda e per l'altro nella contestazione di infrazioni disciplinari a due dipendenti per attivita' miranti a tale fine - il Pretore di Roma, con ordinanza del 26 settembre 1982 (r.o. 785/82), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 Cost., una questione di costituzionalita' degli artt. 28 e 37 dello Statuto medesimo. L'ordinanza muove dal presupposto secondo cui - salva l'esistenza di una diversa, specifica disciplina - la tutela apprestata dal citato art. 28 nei confronti degli enti pubblici non economici e' ammissibile soltanto quando la pronunzia richiesta al Pretore incida esclusivamente su interessi propri del sindacato e non anche su diritti dei dipendenti, la tutela dei quali e' devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in virtu' degli artt. 2 e 7 legge 6 dicembre 1971, n. 1034. Cio' premesso, il Pretore, per motivare le censure prospettate, riproduce integralmente quelle avanzate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con ordinanza del 6 ottobre 1981 (r.o. 70/82): la quale, nel caso, appunto, in cui il comportamento dell'ente pubblico non economico abbia efficacia plurioffensiva, ritiene che il sistema risultante dal citato art. 28 e dalla disposizione sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sia non razionalmente strutturato, in quanto comporta il rischio che - nell'ipotesi in cui siano adi'ti tanto il giudice ordinario (dall'organizzazione sindacale) che quello amministrativo (dall'impiegato) - possano sortirne decisioni reciprocamente incompatibili, nel senso che l'ente, condannato dal primo a cessare (od attuare) un certo comportamento, potrebbe non essere in grado di ottemperarvi senza disobbedire alla decisione del secondo. Di qui la violazione da un lato del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), dall'altro del principio del giudice naturale (art. 25, primo comma, Cost.), inteso quale garanzia che un unico giudice sia precostituito per legge in ordine ad una stessa causa. Se poi si opinasse che il sindacato possa chiedere al giudice ordinario solo una pronuncia dichiarativa dell'illegittimita' del comportamento dell'ente, ne sortirebbe una riduzione di tutela rispetto a quella goduta dai sindacati dei dipendenti privati ed un'ulteriore violazione del principio di uguaglianza. Le questioni cosi' proposte non sarebbero - ad avviso delle Sezioni Unite (e quindi del giudice a quo) - superate per effetto della sentenza n. 68 del 1980 di questa Corte, resa in ordine alla disciplina riservata, nella materia in questione, alle organizzazioni sindacali degli impiegati statali. 3.1. - Nel giudizio cosi' instaurato non vi e' stata costituzione di parti private ne' intervento del Presidente del Consiglio dei ministri. 4. - Nell'esaminare un ricorso per comportamento antisindacale proposto ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori da alcune organizzazioni sindacali aderenti alla FULTA (Federazione Unitaria Lavoratori Tessili Abbigliamento) il Pretore di Legnano, con ordinanza emessa il 7 luglio 1984 (r.o. 1063/84), ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 39 e 3 Cost., due questioni di legittimita' costituzionale di tali disposizioni. Nel sistema configurato nel secondo, terzo e quarto comma dell'art. 39 Cost. - osserva il Pretore - al sindacato e' conferita la rappresentanza istituzionale di interessi altrui, e quindi la possibilita' di stipulare contratti collettivi efficaci erga omnes, a condizione che abbia un ordinamento interno che, per essere intrinsecamente democratico, faccia presumere la reale rappresentativita' delle categorie dei lavoratori, e che sia inoltre registrato. In mancanza di tali garanzie sostanziali (democraticita') e formali (registrazione), costituirebbe percio' una surrettizia violazione del sistema di cui all'art. 39 Cost. - pari a quella che al di fuori di tale sistema intendesse conferire efficacia erga omnes ai contratti collettivi (sentenze numeri 106/1962 e 88/1965) - l'attribuzione ai sindacati, in deroga al diritto comune, della legittimazione processuale a tutelare diritti dei lavoratori, che pone l'impugnato art. 28. In subordine, il giudice a quo assume che i principi di liberta' sindacale (art. 39, primo comma, Cost.) e di uguaglianza (art. 3 Cost.) sarebbero violati con l'attribuzione della legittimazione ad esperire la speciale procedura di repressione della condotta antisindacale alle sole "associazioni sindacali nazionali". Il requisito della "nazionalita'" non sarebbe infatti verificabile - e sarebbe nel caso di specie sfornito di prova - e comporterebbe disparita' di trattamento tra i sindacati. 4.1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto tramite l'Avvocatura dello Stato, osserva che la prima di tali questioni poggia sul falso presupposto che con l'art. 28 il sindacato tuteli gli interessi dei lavoratori, laddove si tratta invece di un diritto di azione conferito a garanzia di posizioni giuridiche proprie del sindacato medesimo. Della seconda questione l'Avvocatura prospetta l'inammissibilita' per irrilevanza, essendo stata essa sollevata senza che il Pretore abbia previamente svolto le indagini probatorie - peraltro non complesse - atte ad accertare il carattere nazionale o meno dell'associazione ricorrente. Considerato in diritto 1. - Le questioni riguardano la stessa materia e possono pertanto essere decise con unica sentenza. 2. - Il Pretore di La Spezia ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera a), della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) per contrasto con l'art. 39, primo e terzo (rectius quarto) comma, Cost. Nell' ordinanza di rimessione - come detto in narrativa - si sostiene che la norma costituzionale tutela la liberta' sindacale in un sistema fondato sul sindacato nazionale di categoria e sul principio di proporzionalita', laddove la norma impugnata privilegia - ai fini della costituzione di rappresentanze sindacali aziendali nelle singole unita' produttive le associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La struttura confederale, cosi' presa in considerazione dal legislatore, sarebbe quella che possiede una rappresentativita' storica, che si fonda cioe' sulla realta' sociologica del sindacalismo: il che porta ad escludere la possibilita' che l'adesione di un sindacato - come quello ricorrente - a confederazioni monocategoriali quali la Confederquadri, possa consentire allo stesso di costituire una rappresentanza sindacale aziendale, pur essendo sicuramente - sindacato e confederazione - maggiormente rappresentativi della categoria dei quadri. Ne', ad avviso del giudice a quo, la possibilita' di costituire rappresentanze sindacali aziendali potrebbe ritenersi assicurata ad associazioni portatrici di mera rappresentativita' tecnica dalla lett. b) del medesimo art. 19, in quanto il conseguimento del requisito, ivi previsto, della stipulazione di un contratto collettivo nazionale o provinciale applicabile all'unita' produttiva sarebbe pur sempre sostanzialmente rimesso alla volonta' delle controparti. 2.1. - La questione non e' fondata. Esaminando, innanzitutto, la censura prospettata in riferimento al quarto comma dell'art. 39 Cost., e' agevole osservare che tale disposizione, peraltro inattuata, configura un modello di selezione della rappresentanza sindacale che ha come suo necessario presupposto la registrazione dei sindacati ed e' strettamente funzionale all'obiettivo, allora divisato, di pervenire alla stipulazione di contratti collettivi dotati di efficacia erga omnes. A tale finalita' si ricollega, da un lato l'adozione del principio proporzionalistico, come congegno idoneo alla costituzione di una rappresentanza unitaria formalmente investita del potere di concludere un contratto dotato di tale particolare forza giuridica; dall'altro, l'individuazione del livello categoriale come momento organizzativo coerente con l'area di operativita' della contrattazione collettiva. Non si tratta pero', certamente, di un modello esclusivo, che' altrimenti la disposizione in esame si porrebbe in insanabile contraddizione col principio generale di liberta' dell'organizzazione sindacale sancito dal primo comma dello stesso art. 39; e dunque, al di fuori di tale logica funzionale, il legislatore e' libero, quando dispone in ordine ad un contesto operativo del tutto diverso - quello dei sindacati ammessi a legittimare nel proprio ambito organismi di rappresentanza aziendale -, di adottare criteri selettivi ed individuare momenti organizzativi che ritenga piu' appropriati a tal fine, quali, appunto, quelli della maggiore rappresentativita' e del livello confederale di aggregazione. 2.2. - Del pari non fondata e' poi la questione in quanto riferita al principio di liberta' sindacale sancito dal primo comma dell'art. 39 Cost. Sotto questo profilo, il giudice a quo non contesta ne' la legittimita' dell'adozione di un criterio selettivo, ne' che questo venga dalla norma impugnata individuato nella "maggiore rappresentativita'" del sindacato; ritiene, pero', che esso avrebbe dovuto, per rispettare il disposto costituzionale, essere riferito ad un diverso ambito di organizzazione del sindacato, e cioe' quello della categoria anziche' della confederazione. L'esame di questa specifica censura richiede, peraltro, che la norma impugnata non sia considerata isolatamente, ma vista nel contesto delle altre disposizioni dettate nello Statuto a tutela della liberta' e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro. Innanzitutto, lo Statuto pone le basilari condizioni atte a garantire in concreto tali diritti stabilendo, all'art. 14, la piena liberta' dei lavoratori "di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attivita' sindacale" ed assicurando a tali associazioni, ed alle relative rappresentanze, sia la tutela contro atti discriminatori, anche sotto forma di trattamenti economici collettivi, sia l'attivita' di proselitismo e collettaggio nell'impresa (artt. 15, 16, 26), sia la facolta' di avvalersi di altri importanti diritti di esercizio collettivo, quali quelli sanciti dagli artt. 9 e 11. Inoltre, la garanzia del libero sviluppo di una normale dialettica sindacale e' assicurata dallo Statuto, non solo attraverso il divieto dei sindacati di comodo (art. 17), ma anche e soprattutto attraverso il fondamentale strumento di repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro previsto dall'art. 28, il cui impiego presuppone una dimensione organizzativa - quella nazionale - che, per non essere legata ne' ad un'aggregazione a livello confederaleintercategoriale, ne' alla stipulazione di contratti collettivi, consente concreti spazi di operativita' anche alle organizzazioni che dissentono dalle politiche sindacali maggioritarie perseguite a quel livello. 2.3. - Questa Corte, d'altra parte, ha gia' ritenuto, nella sentenza n. 54 del 1974, che il criterio di selezione della "maggiore rappresentativita'" e' razionale in quanto coerente alle esigenze di equilibrio e funzionalita' connesse alla specifica area di intervento in cui la disposizione impugnata e' destinata ad operare. E' chiaro, innanzitutto, che un meccanismo selettivo di sostegno qualificato dall'azione sindacale nei luoghi di lavoro deve non solo rifiutare logiche puramente aziendalistiche, estranee al ruolo a questa assegnato dalla Costituzione, ma evitare sia i pericoli di eccessiva frammentazione della rappresentanza sindacale segnalati nella citata sentenza, sia un'incidenza nella sfera dell'imprenditore dei diritti ad essa concessi (di assemblea, a permessi retribuiti, ecc.) non proporzionata alle esigenze di efficace esercizio di questi. Ma soprattutto, l'efficienza rappresentativa assicurata dal criterio di selezione in discorso si appalesa funzionale al carattere indivisibile degli interessi dei lavoratori che tali rappresentanze sono chiamate a tutelare ed idonea a dar vita ad organismi sufficientemente stabili ai fini di un proficuo confronto con le parti imprenditoriali. L'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale ha d'altra parte condotto da tempo all'individuazione di un complesso di indici sufficientemente precisi - ricordati dal giudice a quo (cfr. narrativa in fatto) - che consentono all'interprete - a prescindere da elencazioni legislative dettate ad altri fini - di verificare nei singoli casi concreti la sussistenza del requisito della "maggiore rappresentativita'" misurandola sull'effettivita' di questa e non su assunzioni aprioristiche: e cio' convalida l'opinione gia' espressa da questa Corte nel 1974 e condivisa dal giudice di legittimita', secondo cui la formula legislativa prescrive una valutazione non comparativa ma rafforzativa della rappresentativita' e delinea una categoria aperta, cui puo' accedere ogni organizzazione sindacale che raggiunga la consistenza e possieda le caratteristiche evidenziate dagli elementi sintomatici sopra richiamati. 2.4. - Passando ora all'esame, sulla scorta delle suesposte premesse, della norma specificamente censurata, deve, innanzitutto sottolinearsi che il legislatore statutario ha avuto cura, nel formularla, di salvaguardare la liberta' di organizzazione sindacale sotto un duplice profilo. In primo luogo, ha garantito che le rappresentanze aziendali siano genuina espressione dei lavoratori ivi occupati (e non dei soli iscritti alle associazioni sindacali), prescrivendo che esse si costituiscano su iniziativa dei medesimi, e non di strutture esterne. In secondo luogo, stabilendo che tali rappresentanze si formino "nell'ambito" delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ha adottato un criterio di raccordo tra organismo aziendale e struttura confederale notevolmente elastico, che - in quanto non deve necessariamente tradursi in un collegamento di tipo strettamente organico-associativo - consente al primo sufficienti margini di determinazione autonoma. D'altra parte, la rigida contrapposizione tra confederazione e sindacato di categoria che il giudice a quo pretende di instaurare e' solo in parte esatta, dato che, sul piano organizzativo, il collegamento che la disposizione impugnata configura in via prioritaria e' appunto quello tra rappresentanze aziendali e associazioni sindacali di categoria. La contrapposizione, invece, attiene al momento selettivo e qualificativo di queste, ed e' espressa nel piu' importante indice di identificazione della confederazione maggiormente rappresentativa, quello, cioe', che richiede una equilibrata consistenza associativa in tutto l'arco delle categorie che essa e' istituzionalmente intesa a tutelare, e percio' esclude che per tale possa qualificarsi un'organizzazione, anche confederale, di tipo monocategoriale. Nel disporre il conferimento di diritti ulteriori rispetto a quelli assicurati alla generalita' delle associazioni sindacali, agli organismi aziendali collegati alle confederazioni dotate di una compiuta rappresentanza pluricategoriale (oltre che di una diffusa organizzazione a livello territoriale), il legislatore statutario ha indubbiamente compiuto una ben precisa opzione: consistente, da un lato, nel favorire un processo di aggregazione e di coordinamento degli interessi dei vari gruppi professionali, anche al fine di ricomporre, ove possibile, le spinte particolaristiche in un quadro unitario; dall'altro, nel dotare le organizzazioni sindacali - in ragione del complesso intreccio tra conflitto industriale e conflitti sociali - di strumenti idonei a pervenire ad una sintesi tra istanze rivendicative di tipo microeconomico e di tipo macroeconomico ed, insieme, di raccordare l'azione di tutela delle classi lavoratrici con la considerazione di interessi potenzialmente divergenti, quali, in particolare, quelli dei lavoratori non occupati. Questa concezione corrisponde al ruolo tradizionalmente svolto dal movimento sindacale italiano; ma quel che qui interessa - e che assume rilievo decisivo - e' che essa e' coerente al complessivo disegno cui e' informata la Carta costituzionale, nel quale anche l'art. 39 va inserito: e cioe', sia al principio solidaristico, specificamente enunciato nell'art.2 e matrice di molte altre disposizioni costituzionali; sia al principio consacrato nel secondo comma dell'art. 3 che, promuovendo l'eguaglianza sostanziale tra i lavoratori e la loro effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, addita anche alle organizzazioni sindacali di rendersi, per la loro parte, strumenti di tale partecipazione, oltre che di tutela dei diretti interessi economici dei lavoratori (cfr. sent. n.15 del 1975). Tale conclusione non e', dunque, frutto di un "giudizio politico", come opina la difesa della parte privata; ed essa va tratta a prescindere da ogni considerazione in ordine a recenti sviluppi della prassi sindacale, non rilevanti in questa sede. 2.5. - La valorizzazione, in funzione solidaristica, del modello intercategoriale non si e' peraltro tradotta in un involucro normativo rigido, tale cioe' da non consentire adeguata espressione alle differenziazioni che nella realta' possono verificarsi tra gli interessi delle varie categorie di lavoratori, magari per effetto dell'emergere di nuove figure professionali. Sul piano della struttura delle rappresentanze sindacali aziendali, la norma impugnata e', invero, assai generica, e percio' idonea sia a consentire lo sviluppo di moduli e logiche organizzative diverse, di volta in volta adeguate - come l'esperienza dimostra alle singole realta', sia a dar vita ad assetti coerenti ai principi di democrazia sindacale ed alle esigenze di rappresentanza delle varie figure professionali. Sul piano, poi, dei collegamenti delle rappresentanze con le organizzazioni extra-aziendali, il legislatore, onde garantire un effettivo pluralismo sindacale, ha consentito sufficienti spazi di liberta' e di azione al sindacalismo autonomo mediante la disposizione di cui alla lett. b) del medesimo art. 19, che prevede che rappresentanze aziendali possono essere costituite nell'ambito di associazioni sindacali non affiliate alle confederazioni maggiormente rappresentative, sempreche' queste siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unita' produttiva. Per questa via, alle associazioni sindacali che raccolgano adeguati consensi e' dato modo di affermarsi e di fruire delle ulteriori attribuzioni previste dal titolo III dello Statuto. Ma e' logico, alla stregua di quanto detto nel precedente paragrafo, che la tutela rafforzata di un'ottica categoriale che segua indirizzi diversi da quella intercategoriale in tanto si legittima, in quanto essa sia in grado di esprimere un livello di rappresentativita' idonea a tradursi in effettivo potere contrattuale. Che poi la condizione tecnico-funzionale dell'acquisizione di un'autorita' contrattuale concretamente operante possa incontrare difficolta' connesse al potere di accreditamento della controparte imprenditoriale, e' problema che non puo' incidere sulle valutazioni di legittimita' costituzionale, trattandosi di questione di mero fatto, che attiene alla realta' dinamica del conflitto sindacale, non idonea ad operare al di la' della sfera del contingente: tant'e' che in non pochi settori sono presenti rappresentanze collegate ad associazioni sindacali, non affiliate alle confederazioni ritenute maggiormente rappresentative. 3. - Deve ritenersi altresi' infondata la questione sollevata dal Pretore di Roma - con la ordinanza 9 ottobre 1979 (r.o. n. 52/80) - relativamente al primo comma dell'art. 2 della legge 27 dicembre 1973, n. 852. Il giudice remittente ha prospettato l'ipotesi della confliggenza di detta norma con gli artt. 3 e 39, primo comma, Cost. in quanto prevede che il diritto di riscuotere i contributi associativi versati dai lavoratori agricoli beneficiari dell'indennita' ordinaria e del trattamento speciale di disoccupazione mediante trattenuta sulla indennita' stessa, spetti soltanto alle federazioni di categoria aderenti alle confederazioni sindacali a carattere nazionale rappresentate nel CNEL: in tal modo - si afferma nell'ordinanza - la norma introdurrebbe tra le associazioni sindacali una discriminazione non basata su una reale effettivita' rappresentativa e, creando ostacoli alla provvista di mezzi finanziari, restringerebbe la possibilita' di formazione e di sviluppo di quelle escluse. Tale prospettazione, pero', non considera che in siffatta materia sussiste un'indubbia esigenza di circoscrivere l'area dei possibili beneficiari del servizio in questione alle organizzazioni sindacali che offrono le necessarie garanzie di serieta' e di effettiva rappresentativita' e capacita' di far valere gli interessi dei lavoratori agricoli disoccupati. Cio' risponde, da un lato, ad un'esigenza di tutela di costoro, correlata al principio generale di incedibilita' delle prestazioni previdenziali (art. 128 R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827), al quale consegue il carattere eccezionale di norme del tipo di quella impugnata; dall'altro, all'esigenza di garantire all'INPS - onerato dalla legge di un servizio esulante dai suoi compiti istituzionali - che le modalita' del suo espletamento, anche per assicurare il rimborso delle relative spese, siano da concordare con organizzazioni sindacali rispondenti ai predetti requisiti. La scelta legislativa di limitare il servizio di trattenuta ai sindacati aderenti alle confederazioni rappresentate nel CNEL, in quanto fondata su razionali presupposti obiettivi, non viola percio' il principio di uguaglianza. Tanto meno, poi, puo' dirsi nella specie violata la liberta' sindacale delle associazioni che, non essendo fornite dei prescritti requisiti di rappresentativita', non fruiscono di tale piu' agevole sistema di provvista e riscossione di mezzi finanziari. La norma impugnata, invero, non incide ne' sul diritto dei lavoratori disoccupati di versare contributi a tali associazioni meno rappresentative, ne' sul diritto di queste di acquisirli, sia pure con modalita' diverse; e cio' e' sufficiente, nella particolare fattispecie qui esaminata, a garantire ad esse la liberta' sindacale. 4. - Con l'ordinanza del 26 settembre 1982 indicata in epigrafe (r.o. n. 785/82), il Pretore di Roma dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25, primo comma Cost., della legittimita' costituzionale degli artt. 28 e 37 della medesima legge n. 300 del 1970, in quanto tali norme prevedono, in caso di condotta antisindacale plurioffensiva degli enti pubblici economici - cioe' incidente anche sui diritti dei dipendenti - che possono essere adi'ti tanto il giudice ordinario (dall'organizzazione sindacale) che quello amministrativo (dal dipendente), e percio' comportano che possano essere pronunciate decisioni reciprocamente incompatibili. La medesima questione di legittimita' costituzionale del citato art. 28, a suo tempo sollevata dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, e' stata, con la sentenza n. 169 del 1982, dichiarata inammissibile in quanto fondata su due contrapposte interpretazioni di tale norma, tali da rendere ancipiti le ordinanze di rimessione; e manifestamente inammissibile e' stata poi dichiarata la medesima questione, sollevata dalle stesse Sezioni Unite con ordinanza del 6 ottobre 1981 (ord. n. 210 del 1982). Poiche' il Pretore di Roma si e' limitato a riprodurre quest'ultima ordinanza, trascrivendone letteralmente il contenuto, anche sulla questione cosi' sollevata deve rendersi una pronuncia di manifesta inammissibilita'. 5. - Come specificato in narrativa, il Pretore di Legnano ha sollevato, con l'ordinanza indicata in epigrafe (r.o. 1063/84), due distinte questioni di legittimita' costituzionale del medesimo art. 28 St. lav. Con la prima, egli assume che tale disposizione violerebbe, in modo surrettizio, i commi secondo, terzo e quarto dell'art. 39 Cost. in quanto, a suo avviso, attribuisce ai sindacati la legittimazione processuale a tutelare diritti dei lavoratori, nonostante che la rappresentanza istituzionale di interessi altrui presupponga, in base ai suddetti disposti costituzionali, il possesso di requisiti formali (registrazione) e sostanziali (ordinamento interno a base democratica) di cui gli organismi abilitati col ricorso ex art. 28 sono sprovvisti. Lo strumento processuale previsto da tale norma consente agli "organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse" di richiedere al pretore la cessazione, e la rimozione degli effetti, di comportamenti del datore di lavoro "diretti ad impedire o limitare l'esercizio della liberta' e della attivita' sindacale nonche' del diritto di sciopero". Trattasi, quindi - come gia' precisato nella sentenza n. 54 del 1974 - di uno strumento posto a tutela di interessi collettivi dei quali il sindacato e' titolare e gestore autonomo, e con il quale esso non agisce in rappresentanza dei lavoratori colpiti dai suddetti comportamenti, tant'e' che puo' esperire il ricorso anche in caso di inerzia o contraria volonta' di questi. Di conseguenza, la questione, in quanto basata su un presupposto erroneo, deve essere dichiarata non fondata. Alla medesima conclusione deve pervenirsi in ordine alla seconda questione, prospettata in via subordinata, con la quale il giudice a quo assume che l'art. 28, conferendo la legittimazione ad esperire la speciale procedura ivi prevista alle sole associazioni sindacali "nazionali", contrasti con gli artt. 39, primo comma e 3 Cost. in quanto porrebbe con cio' un requisito - quello appunto, della "nazionalita'" - non verificabile e la cui introduzione comporterebbe disparita' di trattamento tra i sindacati. Quanto al primo profilo, basta richiamare quanto gia' detto (par. 2.3.) a proposito degli indici di identificazione del sindacato maggiormente rappresentativo sul piano nazionale, per escludere, a fortiori, che non sia dato all'interprete di accertare, con i comuni mezzi di prova, il carattere nazionale o meno del sindacato. Quanto al secondo motivo di censura, e' innanzitutto da rilevare - come gia' questa Corte fece nella sentenza n. 54 del 1974 - che l'art. 28 non limita l'organizzazione o l'attivita' dei sindacati da esso esclusi ne' li priva di alcuno degli strumenti di tutela, sostanziale o processuale, di cui gia' fruiscono (cfr., in particolare, l'art. 16 St. lav.); introduce, invece, un nuovo e diverso mezzo processuale riservato a soggetti collettivi particolarmente qualificati, individuati attraverso non un modello, ma una dimensione organizzativa (quella nazionale) assunta come indice e garanzia di un adeguato livello di rappresentativita': idonea, cioe', a consentire la selezione, tra i tanti possibili, dell'interesse collettivo rilevante da porre a base del conflitto con la parte imprenditoriale introdotto con l'incisivo strumento processuale in questione. Con una scelta analoga a quella fatta con l'art. 19 - ma qui adottando un criterio selettivo meno rigoroso - il legislatore, in altri termini, ha inteso, da un lato, evitare le conseguenze che all'attivita' aziendale deriverebbero "da una pletora indiscriminata di ricorsi" (sent. n. 54 del 1974); dall'altro, assicurare che l'individuazione dell'interesse collettivo da ritenere leso dalla condotta imprenditoriale sia frutto di una sintesi interpretativa che, in quanto operata da soggetti rappresentativi di larghi strati di lavoratori, sia razionalmente funzionale, e non controproducente, rispetto all'obiettivo di un reale rafforzamento delle loro posizioni nel conflitto industriale, che con la norma impugnata il legislatore ha avuto di mira. Questa e' quindi, in definitiva, frutto del medesimo indirizzo che ha ispirato la formulazione dell'art. 19 (cfr. supra, par. 2.4.): e deve quindi ritenersi immune da censure, per le stesse ragioni gia' evidenziate a tal proposito.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi a) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, primo comma, lett. a), della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei diritti dei lavoratori), in riferimento all'art. 39 Cost., sollevata dal Pretore di La Spezia con ordinanza del 15 luglio 1981 (r.o. 699/81); b) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, della legge 27 dicembre 1973, n. 852, in riferimento agli artt. 3 e 39, primo comma, Cost., sollevata dal Pretore di Roma con ordinanza del 9 ottobre 1979 (r.o. 52/80); c) dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 28 e 37 della predetta legge n. 300 del 1970, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25, primo comma, Cost., sollevata dal Pretore di Roma con ordinanza del 26 settembre 1982 (r.o. 785/82); d) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale del medesimo art. 28 della legge n. 300 del 1970, in riferimento agli artt. 3 e 39 Cost., sollevate dal Pretore di Legnano con ordinanza del 7 luglio 1984 (r.o. 1063/84). Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 marzo 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: SPAGNOLI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 24 marzo 1988 Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0460