N. 376 SENTENZA 23 - 31 marzo 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Istituzione pubblica - Universita' - Docenti a tempo pieno -
 Trattamento economico - Maggiorazione rispetto a quello del personale
 a tempo definito - Omessa inclusione dell'indennita' integrativa
 speciale - Non fondatezza.  (D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 36).
 (Cost., artt. 76 e 77).  Istruzione pubblica - Universita' -
 Assistenti - Trattamento economico - Mancata previsione di aggancio
 al trattamento dei dirigenti statali - Non fondatezza.  (D.P.R. 11
 luglio 1980, n. 382, artt. 36 e 119).  (Cost., artt. 36, 76 e 77)
(GU n.15 del 13-4-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof. Ettore GALLO, prof. Giuseppe
 BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,  prof.  Renato  DELL'ANDRO,  prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale degli artt. 36 e 119 del
 d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382   (Riordinamento   della   docenza
 universitaria,  relativa fascia di formazione nonche' sperimentazione
 organizzativa e didattica), promossi con le  seguenti  ordinanze:  1)
 ordinanza  emessa  il  15 ottobre 1986 dal T.A.R. per il Piemonte sul
 ricorso proposto da Romano Silvio ed altri contro l'Universita' degli
 studi  di  Torino ed altri, iscritta al n. 225 del registro ordinanze
 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  25,
 prima serie speciale dell'anno 1987; 2) ordinanza emessa il 24 giugno
 1986 dal T.A.R. per la Calabria - Catanzaro sul ricorso  proposto  da
 Bellinello  Pier  Francesco  contro  l'Universita'  degli studi della
 Calabria ed altri, iscritta al n. 394 del registro ordinanze  1987  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 39, prima
 serie speciale dell'anno 1987;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di Romano Silvio ed altri e di
 Bellinello  Pier  Francesco  nonche'  gli  atti  di  intervento   del
 Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  1988  il  Giudice
 relatore Francesco Saja;
    Uditi  l'avvocato  Alessandro  Nigro  per  Romano Silvio ed altri,
 l'avvocato Carlo Rienzi per Bellinello Pier  Francesco  e  l'Avvocato
 dello  Stato  Mario  Imponente  per  il  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  emessa  i  l  15  ottobre 1986 (reg.ord. n.
 225/1987) sul ricorso proposto  dal  prof.  Silvio  Romano  ed  altri
 contro  l'Universita'  degli  studi di Torino ed altri, il T.A.R. del
 Piemonte sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 36  d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382  ("Riordinamento della docenza
 universitaria"), nella parte in cui prevede a favore  dei  professori
 universitari   a   tempo   pieno   la  maggiorazione  del  40%  della
 retribuzione  spettante  ai  professori  a  tempo   definito,   senza
 comprendervi   anche   l'indennita'   integrativa   speciale.   Cosi'
 omettendo, secondo il giudice a quo,  di  attuare  compiutamente,  in
 riferimento  agli  artt.  76  e  77  Cost.,  il  precetto della norma
 delegante (art. 4, primo comma, lett. c, legge 21 febbraio  1980,  n.
 28).
    Secondo  il  giudice  rimettente  il  dubbio  di costituzionalita'
 risiedeva nel fatto che, mentre  il  Governo  era  stato  delegato  a
 rivedere  lo stato giuridico dei professori a tempo pieno mediante la
 previsione di un trattamento economico superiore di almeno il 40% del
 trattamento  economico complessivo del personale a tempo definito, la
 norma impugnata  non  attuava  integralmente  la  delega,  in  quanto
 trovava  applicazione  solo  con  riguardo  allo  stipendio base, non
 contemplando  l'ipotesi  di  eventuali  indennita'  aggiuntive,  come
 l'indennita' integrativa speciale.
    2.  -  Si  costituivano  in  giudizio  davanti alla Corte il prof.
 Silvio Romano e gli altri ricorrenti chiedendo  l'accoglimento  della
 questione e osservando al riguardo, tra l'altro, che la necessita' di
 calcolare   la   maggiorazione   sulla   base   dello   stipendio   e
 dell'indennita'  integrativa  speciale  discendeva  dalla  natura  di
 quest'ultima, che costituiva un emolumento diretto  a  preservare  lo
 stipendio  dal  rischio della svalutazione, e che come tale era parte
 integrante  dello  stipendio  stesso   seguendone,   salva   espressa
 disposizione contraria, la sorte.
    3.  -  Interveniva  in  giudizio  il  Presidente del Consiglio dei
 ministri, chiedendo che  la  questione  fosse  dichiarata  infondata.
 Osservava,  in  proposito,  l'Avvocatura generale dello Stato come la
 mancata  previsione  dell'indennita'   integrativa   speciale   nella
 maggiorazione  della  retribuzione  spettante  ai  professori a tempo
 pieno si giustificasse con la particolare natura di essa, che entrava
 a   far  parte  della  retribuzione  solo  per  effetto  di  distinta
 regolamentazione legislativa.
    4. - Con ordinanza emessa il 24 giugno 1986 (reg.ord. n. 394/1987)
 sul  ricorso   proposto   da   Bellinello   Pier   Francesco   contro
 l'Universita'  degli  studi della Calabria ed altri, il T.A.R. per la
 Calabria   -   Catanzaro   sollevava   questione   di    legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli artt. 36, 76 e 77 Cost., degli
 artt. 36 e 119 del d.P.R. 11 febbraio 1980, n. 382 cit., nella  parte
 in   cui   svincolano   il  trattamento  economico  degli  assistenti
 universitari da quello dei professori, per i quali e' stato  disposto
 l'aggancio al trattamento dei dirigenti statali.
    Secondo  il  giudice a quo, ne deriverebbe la violazione dell'art.
 5, sesto comma, della citata legge delega 21 febbraio  1980,  n.  28,
 che  vieta  una  modifica  in peius della posizione degli assistenti,
 nonche'  il  mancato  rispetto  del   principio   costituzionale   di
 proporzionalita' della retribuzione alla qualita' del lavoro (art. 36
 Cost.).
    5.  - Si costituiva in giudizio davanti alla Corte Bellinello Pier
 Francesco, chiedendo la dichiarazione di fondatezza della  questione.
    6.  -  Interveniva  in  giudizio  la  Presidenza del Consiglio dei
 ministri, chiedendo che la questione fosse dichiarata infondata.
    Osservava  l'Avvocatura  come,  da un lato, non sussistesse alcuna
 violazione della delega, attesa la identica formulazione del'art. 119
 d.P.R.  n. 382 del 1980 e dell'art. 5, sesto comma, della legge n. 28
 del 1980 e, dall'altro lato, come in nessun caso potesse  dedursi  la
 inadeguatezza   della   retribuzione  degli  assistenti  dal  mancato
 aggancio allo stipendio dei professori  di  ruolo,  rientrando  nella
 discrezionalita'   del   legislatore   differenziare  il  trattamento
 economico di categorie prima egualmente retribuite, senza per  questo
 incorrere nella violazione degli artt. 3 e 36 Cost.
                         Considerato in diritto
    1.  - Le ordinanze in epigrafe sollevano due questioni concernenti
 la medesima normativa; pertanto i  relativi  giudizi  possono  essere
 riuniti e decisi con unica sentenza.
    2.  -  Con  la  prima di dette questioni il T.A.R. del Piemonte ha
 impugnato l'art. 36 d.P.R.  11  luglio  1980,  n.382  ("Riordinamento
 della docenza universitaria") nella parte in cui prevede a favore dei
 professori universitari a tempo pieno la maggiorazione del 40%  della
 retribuzione   spettante   ai  professori  a  tempo  definito,  senza
 comprendervi  anche  l'indennita'  integrativa  speciale,   e   cosi'
 omettendo  -  sempre  ad  avviso  del  giudice  a  quo  -  di attuare
 compiutamente, in riferimento agli artt. 76 e 77 Cost.,  il  precetto
 della norma delegante (art.4, primo comma, lett. c, legge 21 febbraio
 1980 n. 28).
    La questione non e' fondata.
    E'  vero  che  la  legge delega, nel citato art. 4, dispone che al
 docente  universitario  a  tempo  pieno  deve  essere  assicurato  un
 trattamento  economico  superiore di almeno il quaranta per cento del
 "trattamento economico complessivo" del  corrispondente  personale  a
 tempo  definito; mentre la norma delegata, oggetto dell'impugnazione,
 non comprende nel  calcolo  della  maggiorazione  anche  l'indennita'
 integrativa speciale.
    Tuttavia  non  e'  possibile  ritenere  che  sussista la lamentata
 violazione   della   delega,   in   quanto   deve   escludersi    che
 nell'espressione  "trattamento economico complessivo" possa rientrare
 la detta indennita'.
    Questa Corte con la recente sentenza n. 220 del 1988 ha, con ampia
 ed analitica motivazione, escluso che, allo stato della  legislazione
 vigente,   l'indennita'  integrativa  speciale  possa  costituire  un
 elemento della retribuzione spettante all'impiegato  statale,  avendo
 invece  di  regola,  per  la  sua  natura  e  funzione,  una  propria
 autonomia.
    Ne'  in  contrario  vale  l'unico  argomento addotto, che fa perno
 sull'espressione "complessivo", usata, come s'e' detto,  dalla  legge
 delega.
    Il  rilievo, invero, si ancora ad un elemento puramente letterale,
 trascurando quello logico, che per converso non puo' essere omesso in
 un corretto procedimento ermeneutico.
    Al  riguardo e' decisiva l'osservazione che, a seguire la tesi del
 giudice a quo, il docente universitario a  tempo  pieno  percepirebbe
 due  volte  (una  volta parzialmente, e cioe' per il 40%, e, l'altra,
 completamente  per  la   sua   qualita'   di   pubblico   dipendente)
 l'indennita'  integrativa  speciale.  Per  contro,  quest'ultima,  in
 quanto  strettamente  e  specificamente  correlata  all'esigenza   di
 compensare  l'aumentato  costo  della  vita,  non  puo'  essere,  per
 definizione, percepita che una sola volta.  Trattasi  di  una  regola
 generale che consegue di necessita' alla funzione di detta indennita'
 e che peraltro e' ribadita anche legislativamente (arg.  ex  art.  1,
 quarto comma, e 2, sesto comma, legge 27 maggio 1959, n. 324).
    Deve   quindi   concludersi   che   nell'espressione  "trattamento
 economico  complessivo",usata  dal  citato  art.   4,   non   rientra
 l'indennita'  integrativa  speciale  e  che la norma impugnata non si
 discosta affatto dall'ambito della delega.
     3.  -  Per  quanto  possa  sembrare ultroneo, ritiene la Corte di
 dover rilevare come la  differenza  del  trattamento  economico,  che
 forma  oggetto  di  questo giudizio, abbia una consistenza minima, se
 non addirittura irrisoria. Pertanto la sua esclusione non e'  affatto
 idonea  ad incidere negativamente su uno degli scopi essenziali della
 riforma universitaria, ossia quello, autorevolemte posto in  rilievo,
 di  ricondurre  gli  studiosi  ai  doveri  primari  della  ricerca  e
 dell'insegnamento sulla base di una libera scelta, sostenendone anche
 con  un'adeguata  retribuzione  la vocazione esclusiva agli studi. La
 mancata   realizzazione   di   tale   finalita',   suscettibile    di
 compromettere  l'effettivo  progresso culturale e quindi l'evoluzione
 socio-economica del Paese, si ricollega ad un complesso di cause, tra
 cui  rientra  sicuramente  anche la mancata previsione di una congrua
 retribuzione, tale da compensare  i  mancati  guadagni  della  libera
 professione.
    Percio'  la  Corte,  pur non potendo riconoscere, per insuperabili
 ragioni tecnico-giuridiche, la fondatezza della  questione,  relativa
 ad   un   emolumento  economicamente  insignificante,  non  puo'  non
 auspicare che la riforma universitaria  possa  avere,  nell'ulteriore
 fase  di  attuazione,  i  necessari  ed opportuni miglioramenti anche
 sotto l'aspetto retributivo.
    4.  -  Pure infondata e' l'altra questione con cui il T.A.R. della
 Calabria-Catanzaro, ha dedotto, in riferimento agli artt.36, 76 e  77
 Cost., l'illegittimita' costituzionale degli artt. 36 e 119 d.P.R. 11
 febbraio 1980,  n.  382  cit.,  nella  parte  in  cui  svincolano  il
 trattamento  economico  degli  assistenti  universitari da quello dei
 professori, per i quali e' stato disposto l'aggancio  al  trattamento
 dei  dirigenti  statali;  risulterebbe  cosi'  violato l'art.5, sesto
 comma, della citata legge delega 21 febbraio 1980,  n.28,  che  vieta
 una  modifica in peius della posizione degli assistenti e non sarebbe
 altresi'   osservato   il   principio   di   proporzionalita'   della
 retribuzione alla qualita' del lavoro, sancito dall'art. 36 Cost.
    Per  quanto  concerne il primo profilo, e' sufficiente notare come
 la formula della legge delega ("gli assistenti dell'attuale ruolo  ad
 esaurimento...  conservano  il  loro  stato  giuridico ed economico")
 coincide esattamente  con  quella  accolta  dal  cit.  art.  119  del
 provvedimento  delegato  ("gli assistenti del ruolo ad esaurimento...
 conservano il loro stato giuridico ed economico").
    Pertanto,  data  la  corrispondenza  addirittura letterale dei due
 precetti, non si vede come  possa  adombrarsi  una  violazione  della
 delega.
    In  effetti, quel che viene in discussione non e' un contrasto tra
 la norma delegante e quella delegata, bensi' il  coordinamento  della
 intera  normativa in dipendenza del sopravvenuto aggancio dei docenti
 universitari ai dirigenti statali. In  una  tale  ottica,  si  tratta
 quindi   di   stabilire   se  l'indicata  equiparazione  debba  avere
 automaticamente  effetto  anche  sugli  assistenti  ovvero  se  possa
 rimanere  circoscritta  soltanto  ai  docenti.  La  scelta  in questo
 secondo senso rientra nei compiti del legislatore e  non  puo'  certo
 ritenersi  viziata di illegittimita' costituzionale, data la notevole
 differenza  esistente  tra   le   due   categorie,   certamente   non
 equiparabili.  Ne' regge l'altra censura, relativa all'art. 36 Cost.,
 in quanto non puo' ritenersi che venga  violato  il  principio  della
 proporzionalita'  della  retribuzione  per  il solo fatto che non sia
 esteso ad una categoria, ben differenziata e con funzioni  certamente
 di minor rilievo (quella degli assistenti universitari), un vantaggio
 accordato ad altra categoria (dei professori), a cui e'  affidata  la
 funzione  fondamentale  nell'ambito  del sistema universitario, ossia
 quella della direzione della ricerca e della didattica.
    Invero,  non  e' sufficiente addurre un mutamento favorevole della
 disciplina  giuridica  relativa  a  determinati  soggetti   (docenti)
 perche'  cio', di per se', implichi necessariamente, nei confronti di
 una altra e diversa categoria, la violazione  del  principio  sancito
 dall'art.36  Cost.  Ed,  in  particolare, puo' aggiungersi che non e'
 affatto escluso che la retribuzione degli assistenti possa  risultare
 ancora  proporzionata  alla qualita' e quantita' del lavoro (peraltro
 sul punto manca qualsiasi specifica contestazione).
    Ne  consegue che anche tale censura non puo' trovare accoglimento.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 riuniti i giudizi,
    1)   dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  36  d.P.R.  11   luglio   1980,   n.   382
 ("Riordinamento  della  docenza  universitaria,  relativa  fascia  di
 formazione  nonche'  sperimentazione  organizzativa  e   didattica"),
 sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 Cost., dal T.A.R. per il
 Piemonte con l'ordinanza indicata in epigrafe;
    2)   dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale degli artt. 36 e 119 d.P.R. 11 luglio  1980,  n.  382,
 sollevata,  in  riferimento  agli artt. 36, 76 e 77 Cost., dal T.A.R.
 per la Calabria-Catanzaro con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1988.
                    Il Presidente e redattore: SAJA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 31 marzo 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 88C0502