N. 406 SENTENZA 24 marzo - 7 aprile 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Enfiteusi - Canone - Determinazione - Valore di riferimento Omessa
 previsione di periodico aggiornamento mediante applicazione di
 coefficienti di maggiorazione idonei all'adeguata corrispondenza con
 la effettiva realta' economica  Illegittimita' costituzionale
 parziale.  (Legge 14 giugno 1974, n. 270, art. 1).  (Cost., art. 42)
(GU n.15 del 13-4-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzione dell'art. 1 della legge 14
 giugno 1974, n. 270 ("Norme in materia di enfiteusi"),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  18  aprile  1984  dal  Trib.  di  Catania  nel
 procedimento civile vertente tra Nicolosi Rosa  e  Cristaudo  Matteo,
 iscritta  al  n.  940  del reg. ord. 1984 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n.19- bis del 1985;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Il Tribunale di Catania - Sezione agraria, con ordinanza del
 18 aprile 1984, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  1  della  legge  14  giugno  1974 n. 270, che determina la
 misura del canone enfiteutico da prendere a base, ai sensi  dell'art.
 9  della  legge 18 dicembre 1970 n. 1138, per il calcolo del capitale
 di affrancazione del fondo.
    La  disposizione  denunziata,  la  quale  aggiunge  un terzo comma
 all'art. 2 della legge n. 1138 del 1970, dispone che "il  canone  dei
 rapporti  di  enfiteusi costituiti successivamente al 23 ottobre 1941
 non puo' risultare inferiore alla quindicesima parte  dell'indennita'
 di espropriazione determinata ai sensi delle leggi di riforma agraria
 12 maggio 1950 n. 230 e 21 ottobre 1950 n.  841",  cioe'  del  valore
 definitivamente    accertato   per   l'applicazione   della   imposta
 straordinaria progressiva sul patrimonio ai  sensi  dell'art.  9  del
 d.leg.c.p.s. 29 marzo 1947 n. 143.
    Ad  avviso del giudice remittente tale norma urta contro l'art. 42
 Cost. in quanto "imponendo la predetta misura fissa, ha  ancorato  il
 canone  enfiteutico  a  un valore monetario che, con il passare degli
 anni e il modificarsi dell'assetto economico del paese, non  ha  piu'
 rispondenza  con  i  valori attuali". La legge n. 270 del 1974 non ha
 tradotto correttamente le indicazioni impartite da questa  Corte  con
 la  sentenza n. 145 del 1973, la quale intendeva "riferirsi non tanto
 alla misura  fissa  consistente  nell'indennita'  che  sarebbe  stata
 pagata  ai  proprietari  nell'ipotesi  in  cui i loro terreni fossero
 stati espropriati in forza delle leggi di riforma agraria, quanto  ai
 criteri  stabiliti  da  tali  leggi, consistenti nell'applicazione di
 coefficienti-base di maggiorazione al reddito imponibile  dominicale,
 in  modo da consentire un costante adeguamento dei canoni enfiteutici
 alla mutevole realta' economica".
    2.  -  Nel  giudizio  davanti alla Corte non si sono costituite le
 parti private, ne' ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio
 dei Ministri.
                         Considerato in diritto
    1. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della
 legge n. 270  del  1974,  sollevata  dal  Tribunale  di  Catania,  e'
 fondata.
    Non   occorre   qui   riepilogare   tutta   la  complessa  vicenda
 dell'intervento legislativo in materia di enfiteusi, a partire  dalla
 legge  22  luglio  1966  n.  607,  che  ha  profondamente  modificato
 l'istituto  nel  quadro  di  una  politica  diretta  a  favorire   la
 congiunzione  della  proprieta'  dei fondi rustici con la titolarita'
 delle imprese agricole che li coltivano. E' sufficiente riassumere la
 posizione  di questa Corte, quale risulta specialmente dalle sentenze
 n. 145 del 1973 e n. 53 del 1974,  circa  i  limiti  imposti  a  tale
 politica legislativa dal rispetto del diritto di proprieta' garantito
 dall'art. 42 Cost. Essa si articola essenzialmente in due punti:
       a) sebbene la nuova disciplina dell'enfiteusi stabilisca per il
 capitale di affranco una misura d'imperio in luogo del valore  venale
 effettivo   della  nuda  proprieta',  "appare  arbitrario  equiparare
 all'espropriazione l'esercizio della facolta' di riscatto della piena
 proprieta'   mediante   l'affrancazione"  (sent.  n.  53  del  1974).
 Pertanto, come ha ribadito la sentenza n. 246 del 1984, le norme  con
 le  quali  sono  stati  stabiliti nuovi criteri di determinazione del
 canone, e quindi del capitale  di  affranco,  non  sono  soggette  al
 requisito  della  giustificazione  per  motivi  di interesse generale
 statuito dal terzo comma dell'art. 42, ne' possono essere confrontate
 con  le  norme  in  tema  di espropriazione per pubblica utilita', in
 riferimento all'art. 3 Cost.;
       b)   tuttavia,  poiche'  il  capitale  di  affranco  del  fondo
 enfiteutico non ha piu', come nella disciplina originaria del  codice
 civile,  funzione  di  corrispettivo  (prezzo),  bensi' ha assunto la
 funzione di "indennizzo", sono applicabili per analogia i criteri  di
 valutazione di congruita' dell'indennizzo da corrispondere in caso di
 espropriazione, i quali devono  essere  "applicabili  senza  grave  e
 ingiustificata  lesione  dei diritti dei concedenti": pur non essendo
 ragguagliabile al valore di mercato, la somma pagata al  proprietario
 non   puo'   essere   meramente   simbolica   o  irrisoria,  ma  deve
 rappresentare un serio ristoro. In questo senso la  sentenza  n.  145
 del  1973 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 2 della
 legge 18 dicembre 1970 n. 1138 per  violazione  dell'art.  42,  terzo
 comma,  nella  parte  in  cui, per le enfiteusi costituite dopo il 23
 ottobre  1941,  determinava  il  canone,  e  quindi  il  capitale  di
 affrancazione  (pari  a  quindici  volte  il canone), in misura fissa
 corrispondente al reddito dominicale risultante dal  catasto  secondo
 la revisione del 1939 e rivalutato con il d. leg. n. 356 del 1947.
    2. - La sentenza n. 145 del 1973 ha indicato quello che, ad avviso
 della Corte, deve essere il parametro  per  una  congrua  indennita',
 identificandolo  nei  criteri  stabiliti dalle leggi del 1950 ("legge
 Sila" n.  230  e  "legge  stralcio"  n.  84)  per  la  determinazione
 dell'indennizzo  dei  proprietari  espropriati  in  attuazione  della
 riforma agraria.
    Il dispositivo della sentenza e' stato recepito alla lettera dalla
 legge n. 270 del  1974,  senza  le  integrazioni  che  da  parte  del
 legislatore  sarebbero  state  necessarie per coglierne, alla stregua
 della  motivazione,  l'esatto  significato  e   tradurlo   in   norma
 giuridica.  La  motivazione  precisa  che  il  riferimento al reddito
 imponibile  risultante  dai  dati  catastali  non  e'  illegittimo  a
 condizione  che sia tenuta "distinta la funzione generica del ricorso
 ai dati catastali dalla misura della loro operativita'  in  concreto,
 affinche'  ne  sia  mantenuta adeguata, nei limiti di una ragionevole
 approssimazione,  la  corrispondenza   con   la   effettiva   realta'
 economica".  Alla stregua di questa direttiva si deve ritenere - come
 osserva l'ordinanza di rimessione  -  che  "la  Corte  costituzionale
 abbia fatto riferimento non tanto alla misura fissa consistente nella
 indennita' che sarebbe stata corrisposta qualora  i  terreni  fossero
 stati  espropriati  in  applicazione  delle leggi di riforma agraria,
 quanto invece ai criteri stabiliti da quelle leggi", nel senso che  i
 capitali  di  affranco non possono essere inferiori ai valori assunti
 per  l'applicazione  dell'imposta   straordinaria   progressiva   sul
 patrimonio  a  norma  dell'art.  9  del  d.  leg.  n.  143  del 1947,
 periodicamente aggiornati  mediante  "coefficienti  di  maggiorazione
 stabiliti   e   pubblicati   man  mano  dalla  Commissione  Censuaria
 centrale".
    Invece  l'art.  1  della  legge  n.  270  determina  i capitali di
 affranco in misura fissa ragguagliata ai valori medi dei terreni  per
 il periodo 1› luglio 1946-31 marzo 1947 calcolati a norma dell'art. 9
 del citato decreto n. 143 del 1947, cioe' in una misura gia' nel 1974
 incongrua,   e   nel   1982   -   anno  in  cui  e'  stata  domandata
 l'affrancazione nel caso in controversia - senz'altro irrisoria, come
 dimostra  puntualmente  l'ordinanza  di  rimessione,  dalla  quale si
 apprende che l'indennizzo dovuto al concedente e' stato  fissato  dal
 Pretore in lire 122.236.
    3.  - Non si puo' pensare che l'art. 1 della legge n. 270 del 1974
 sia implicitamente integrato dalla legge 20 ottobre 1954 n. 1044,  la
 quale  prevedeva che le tabelle compilate dalla Commissione censuaria
 centrale per l'applicazione  dell'imposta  progressiva  straordinaria
 sul patrimonio fossero aggiornate secondo un coefficiente determinato
 ogni anno dalla medesima Commissione. Questa legge, che prevedeva  un
 procedimento   di   accertamento   automatico   dell'imponibile   per
 l'applicazione dell'imposta di  successione  sui  fondi  rustici,  e'
 stata  abrogata  dall'art.  58  del  d.p.r.  26  ottobre 1972 n. 637,
 entrato in vigore il 1› gennaio 1973: infatti l'ultimo  aggiornamento
 del  coefficiente  di  maggiorazione ai sensi dell'art. 1 della legge
 risale al 1972.
    Nemmeno  si puo' pensare che la norma in questione sia integrabile
 con l'art. 8 della legge 17 dicembre 1986 n. 880 (che  ha  introdotto
 per  tutti  i  terreni  un  nuovo  sistema di accertamento automatico
 dell'imponibile per l'applicazione dell'imposta di successione),  sia
 per ragioni giuridiche, la legge n. 880 essendo retroattiva solo fino
 al 1› luglio 1986 e comunque, trattandosi di  legge  tributaria,  non
 estensibile  oltre  il caso previsto, sia per ragioni tecniche, posto
 che la base di partenza per la determinazione dei canoni  enfiteutici
 non  e'  il  reddito  dominicale  risultante  dal  catasto secondo la
 revisione del 1939, bensi' il valore medio per il periodo  1›  luglio
 1946-31  marzo  1947 determinato - sulla base del reddito catastale -
 mediante l'applicazione dei coefficienti  previsti  dall'art.  9  del
 decreto n. 143 del 1947.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 14
 giugno 1974 n. 270 ("Norme in materia di enfiteusi") nella  parte  in
 cui non prevede che il valore di riferimento da esso prescelto per la
 determinazione del canone enfiteutico sia  periodicamente  aggiornato
 mediante  l'applicazione  di  coefficienti  di maggiorazione idonei a
 mantenerne  adeguata,  con  una   ragionevole   approssimazione,   la
 corrispondenza con la effettiva realta' economica.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 7 aprile 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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