N. 443 SENTENZA 25 marzo - 14 aprile 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Abitualita', professionalita' e tendenza a delinquere Dichiarazione - Revoca solo in caso di applicazione o di revoca delle misure di sicurezza - Non fondatezza. (Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 69, quarto comma, ultima parte, come modificato dall'art. 21 della legge 10 ottobre 1986, n. 663). (Cost., art. 3)(GU n.17 del 27-4-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
prof. Luigi MENGONI, avv. Mauro FERRI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto
comma, ultima parte, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme
sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure
privative e limitative della liberta') come modificato dall'art. 21
della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge
sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative della liberta') promosso con ordinanza emessa il 22 gennaio
1987 dal magistrato di sorveglianza di Roma nel procedimento relativo
a misure di sicurezza instaurato nei confronti di Raco Angelo,
iscritta al n. 125 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale,
dell'anno 1987;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice
relatore Renato Dell'Andro;
Ritenuto in fatto
1. - Il magistrato di sorveglianza di Roma, con l'ordinanza
indicata in epigrafe, ha sollevato - in riferimento all'art. 3 Cost.
- questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto
comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento
penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative
della liberta') come sostituito dall'art. 21 della legge 10 ottobre
1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e
sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta').
Ad avviso del giudice a quo, il provvedimento di revoca della
dichiarazione di abitualita' a delinquere, di cui al nuovo testo del
citato art. 69, ultima parte, potrebbe essere emesso dal magistrato
di sorveglianza solo in occasione dei provvedimenti con i quali lo
stesso riesamina la pericolosita' sociale del sottoposto a misura di
sicurezza o con i quali applica, esegue, trasforma o revoca, anche
anticipatamente, le misure di sicurezza.
Pertanto se, come nel caso di specie, la misura di sicurezza della
casa di Lavoro e' stata revocata da tempo, non potrebbe essere
revocata la dichiarazione di abitualita' che ne e' stata causa, non
offrendo piu' la persistenza della misura il pretesto per l'emissione
d'uno dei provvedimenti elencati nel quarto comma, prima parte,
dell'art. 69 legge n. 354 del 1975.
Da questo il giudice rimettente fa derivare che chi ha da lungo
tempo cessato di essere persona socialmente pericolosa verrebbe a
trovarsi in una posizione piu' sfavorevole di chi deve ancora
iniziare o si trova assoggettato ad una misura di sicurezza (il che,
fino a quando non intervenga la revoca, presuppone la persistenza
della pericolosita' sociale) in quanto solo il secondo e non il
primo, potrebbe richiedere la revoca della declaratoria
dell'abitualita' a delinquere.
Ne' vale osservare in contrario, aggiunge il giudice a quo, che e'
pur sempre possibile il ricorso allo strumento della riabilitazione
per provocare, ai sensi dell'art. 109, ultimo comma, c.p.,
l'estinzione della dichiarazione di abitualita' nel delitto, essendo
l'istituto della riabilitazione subordinato al decorso di un decennio
dalla data del provvedimento di revoca della misura di sicurezza e
dell'adempimento delle obbligazioni civili nascente dal reato,
presupposti che nel caso in esame non sussistono.
L'ordinanza di rimessione conclude affermando che la scelta
legislativa non appare ispirata al criterio della ragionevolezza e si
pone in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3
Cost., riservando un trattamento meno favorevole e piu' afflittivo a
chi non puo' piu' considerarsi persona socialmente pericolosa,
rispetto a colui nei confronti del quale, nella migliore e piu'
favorevole delle ipotesi (revoca della misura di sicurezza) puo'
formularsi un giudizio di assenza attuale di pericolosita' sociale,
riservandosi solo a quest'ultimo la possibilita' di vedersi revocata,
senza attendere i lunghi tempi dell'estinzione, la dichiarazione di
delinquenza abituale.
L'ordinanza e' stata regolarmente comunicata, notificata e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.
A parere dell'Avvocatura, posto che nel sistema vigente
anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 663 del 1986 alla
dichiarazione d'abitualita' nel reato conseguiva l'applicazione d'una
misura di sicurezza, in quanto alla dichiarazione stessa era
riconnessa una presunzione "legale" di pericolosita' sociale, il
venir meno del disposto dell'art. 204 c.p., che prevedeva appunto che
la pericolosita' sociale potesse formare oggetto di presunzione
legale e che e' stato abrogato dall'art. 31 della gia' citata legge
n. 663 del 1986 e la contestuale introduzione nell'ordinamento
dell'istituto della "revoca" della dichiarazione di delinquenza
abituale, professionale o per tendenza, di cui all'art. 21 della
legge n. 663 del 1986, importano che attualmente anche la
pericolosita' sociale, che e' a base della dichiarazione di
abitualita', possa esser oggetto d'un accertamento "in concreto" da
parte del magistrato di sorveglianza, nel momento in cui decide in
ordine all'applicazione o alla revoca della misura di sicurezza.
In altri termini, prosegue l'Avvocatura, nel vigore dell'attuale
normativa non puo' piu' verificarsi che un soggetto nei cui confronti
sia stata revocata la misura di sicurezza personale perche' non piu'
socialmente pericoloso "in concreto", continui a rivestire, sino al
sopravvenire dell'eventuale riabilitazione, lo status di delinquente
abituale e, dunque, ad essere oggetto d'una presunzione legale di
pericolosita'.
Pertanto, ogni qual volta il magistrato di sorveglianza decida di
non applicare ovvero di revocare una misura di sicurezza personale
perche' l'interessato non e' (o non e' piu') persona socialmente
pericolosa, dovrebbe essere contestualmente revocata la dichiarazione
d'abitualita' o le altre previste dall'art. 109 c.p., che trovano la
loro ragion d'essere proprio nella pericolosita' sociale del
condannato.
Sulla base di questa chiave di lettura del disposto del quarto
comma dell'art. 69 della legge n. 354 del 1975 - nel quale la parola
"eventuale" che accompagna il termine "revoca" dovrebbe esser letta
in relazione alla pluralita' di provvedimenti elencati in precedenza,
taluni dei quali presupponenti una prognosi di persistente
pericolosita' sociale e non invece come possibilita' di non far luogo
alla revoca stessa anche quando la pericolosita' risulti esser venuta
meno - l'Avvocatura ritiene che nessuna irragionevolezza o disparita'
di trattamento discenda dalla nuova normativa.
Peraltro, la fattispecie considerata nell'ordinanza di rimessione
attiene piu' propriamente ad aspetti di diritto intertemporale,
giacche' l'interessato aveva gia' ottenuto la revoca della misura di
sicurezza nel vigore della precedente normativa, che non consentiva
di far contestualmente luogo alla revoca della dichiarazione di
abitualita'.
A tale proposito l'Avvocatura asserisce che i dubbi di
costituzionalita' sollevati dal magistrato remittente dovrebbero
effettivamente ritenersi fondati qualora si pervenga alla conclusione
che, alla stregua della legislazione ordinaria, non sia nella specie
consentito procedere alla revoca della dichiarazione di abitualita'.
Ma, poiche' la dichiarazione d'abitualita' e le altre previste
dall'art. 109 c.p. costituiscono istituti di diritto penale
sostantivo, ad essi ben sono applicabili i principi di cui all'art. 2
c.p., ed in particolare quello dell'applicabilita' della legge piu'
favorevole al reo nel caso di successione di leggi penali.
Pertanto, conclude l'Avvocatura, nel caso in esame il magistrato
di sorveglianza avrebbe potuto applicare il piu' favorevole ius
superveniens e, dunque, procedere al riesame della pericolosita' sia
pure al solo fine di decidere in ordine alla revoca della
dichiarazione di abitualita'.
Considerato in diritto
1. - Questa Corte e' dell'avviso che debba darsi, dell'art. 69,
quarto comma, ultima parte, della legge 25 luglio 1975, n. 354, come
modificato dall'art. 21 della legge 10 ottobre 1986, n. 663,
un'interpretazione "diversa" da quella offerta dal giudice a quo.
Svelata la ratio della disposizione impugnata, cosi' come
modificata dalla legge 663 del 1986, risulta che anche la specie
sottoposta all'esame del giudice a quo (nella quale la misura di
sicurezza e' stata revocata prima dell'entrata in vigore della
predetta legge) rientra nella ratio stessa. Anche nella specie in
questione, va, pertanto, attivato il procedimento di "riesame" della
pericolosita' sociale ai fini della revoca della dichiarazione di
delinquenza abituale.
Va chiarito il senso della "modifica" apportata dall'art. 21 della
legge 663 del 1986 all'art. 69 della legge 354 del 1975, partendo,
intanto, dal rilievo, non senza significato, che non di vera e
propria "modifica", in senso formale, si tratta ma di "sostituzione"
del vecchio testo dell'art. 69 della legge 663 del 1986. Il primo
comma del precitato art. 21, infatti, recita: "L'articolo 69 della
legge 26 luglio 1975 n. 354, modificato dall'art. 8 della legge 12
gennaio 1977, n. 1, e' sostituito dal seguente...". E dal "confronto"
fra i due testi si scorge agevolmente che il quarto comma del "nuovo"
articolo 69 e' totalmente "aggiunto" al vecchio testo: i primi tre
commi di quest'ultimo permangono, infatti, inalterati, nel nuovo
testo mentre il quarto comma non trova alcuna traccia nel vecchio
testo; ed il quinto comma, nella nuova formulazione del citato art.
69, a parte le apportate modifiche, inizia con il riferimento
all'approvazione del programma di trattamento, che costituiva,
appunto, il quarto comma del vecchio testo.
Vero e' che l'aggiunta dell'attuale quarto comma dell'art. 69 e'
la conclusione applicativa dell'inserimento, nel sistema, d'un
fondamentale principio che appunto l'art. 31, secondo comma, della
legge 10 ottobre 1986 n. 663 codifica: "Tutte le misure di sicurezza
personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha
commesso il fatto e' persona socialmente pericolosa".
E' davvero ormai "superfluo" (dopo il notevole, meritorio, lavoro
della dottrina e della giurisprudenza, diretto ad abrogare
l'"incivile" ammissione della pericolosita' "presunta", di cui
all'art. 204 del codice Rocco) sottolineare, in questa sede,
l'importanza, l'"enorme" valore dell'abrogazione espressa del
precitato art. 204 ad opera del primo comma dell'art. 31 della legge
n. 663 del 1986. E' appunto quest'ultima legge che da un canto, con
l'art. 31, abroga il "vecchio" articolo 204 c.p. ed inserisce nel
sistema il principio secondo il quale l'inflizione delle misure di
sicurezza personali e' necessariamente subordinata all'accertamento,
in concreto, dell'"effettiva" pericolosita' sociale e che dall'altro
canto, nello stesso tempo, con l'art. 21, dispone, inserendolo, a sua
volta, nel sistema, il procedimento di riesame della pericolosita'
sociale, d'applicazione, esecuzione, trasformazione e revoca delle
misure di sicurezza e di "revoca" della dichiarazione di delinquenza
abituale, professionale ecc.
In esito alle modifiche e "sostituzioni" apportate dalla legge n.
663 del 1986 al "vecchio sistema" e, in particolare, all'art. 69
della legge n. 354 del 1975, risulta, dunque, che "per il futuro", la
"revoca" della dichiarazione d'abitualita' deve avvenire in sede di
riesame, "in concreto", della pericolosita' sociale, essendo questa,
insieme, alla base dell'applicazione e revoca delle misure di
sicurezza e della dichiarazione d'abitualita'.
Se, in conseguenza, la "lettera" del quarto comma, ultima parte,
dell'attuale art. 69 della legge n. 354 del 1975 e' inequivoca, del
pari "inequivoco" e' che rientra nella ratio della stessa
disposizione l'impedire, per l'avvenire (essendo stata "abolita" ogni
ipotesi di "pericolosita' presunta") che esistano "sfasature" tra
l'accertamento della "concreta" pericolosita' sociale e le
conseguenti dichiarazioni d'abitualita', professionalita' e tendenza
a delinquere. Ed e' esatta l'interpretazione che l'Avvocatura dello
Stato da' al termine "eventuale", che accompagna il termine "revoca"
nel quarto comma dell'art. 69 della legge in esame: il primo termine,
infatti, va letto in relazione alla pluralita' di provvedimenti
elencati in precedenza, taluni dei quali presupponenti una prognosi
di persistente pericolosita' sociale e non come possibilita' di non
revocare la dichiarazione d'abitualita' (anche) quando il magistrato
di sorveglianza accerti l'esser venuta meno, in concreto, la
pericolosita' sociale.
La legge dispone, di regola, "per l'avvenire" e non per il
passato: e' agevole, pertanto, ritenere che il caso oggetto del
procedimento a quo non si sia presentato alla mente del legislatore
del 1986. Ma l'interpretazione secondo ratio della disposizione
impugnata non da' luogo a dubbi: anzi, si potrebbe aggiungere, che, a
fortiori, occorre ricondurre alla ratio del quarto comma dell'art. 69
della legge in esame, il caso di specie in cui e' venuta meno, in
concreto, (od almeno si ha motivo di ritenere esser venuta meno,
salvo appunto il riesame da parte del magistrato di sorveglianza) la
pericolosita' sociale; e, da lungo tempo, e' stata anche revocata la
misura di sicurezza personale mentre "irrazionalmente" permane,
contro legge, in violazione del vigente sistema instaurato dagli
artt. 31 e 21 della legge 663 del 1986, uno status di delinquente
abituale.
E, certamente, costituirebbe ulteriore violazione dell'attuale
sistema, vigente in tema di rapporti tra pericolosita' sociale e
dichiarazione d'abitualita', lasciare che lo status di delinquente
abituale permanga fino all'eventuale riabilitazione, senza
immediatamente attivare il procedimento di riesame della
pericolosita' sociale e provvedere, ove del caso, all'immediata
revoca della dichiarazione d'abitualita'.
E' compito del giudice a quo verificare la possibilita'
d'applicare, alla specie al suo esame, i principi di cui all'art. 2
c.p.: qui basta aver rilevato che nessuna illegittimita'
costituzionale si riscontra nell'attuale testo dell'art. 69, quarto
comma, ultima parte, della legge n. 354 del 1974: e, che in
particolare, la disposizione impugnata, cosi' come qui interpretata,
non viola l'art. 3 Cost.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto comma, ultima
parte, della legge 26 luglio 1975, n. 354, cosi' come modificato
dall'art. 21 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 sollevata, in
riferimento all'art. 3 Cost., dal magistrato di sorveglianza di Roma
con ordinanza del 22 gennaio 1987 (Reg. ord. n. 125/87).
Cosi' deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1988.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: DELL'ANDRO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 14 aprile 1988.
Il direttore della cancelleria: MINELLI
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