N. 659 ORDINANZA 9 - 16 giugno 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Prezzi (disciplina dei) - Prezzi imposti dal C.I.P. Inosservanza - Sanzioni penali - Riserva di legge in materia penale - Contrasto - Manifesta infondatezza. (D.L.C.P.S. 15 settembre 1947, n. 896, art. 14). (Cost., artt. 25, secondo comma, e 41, terzo comma)(GU n.25 del 22-6-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 14 del D.L.C.P.S. 15 settembre 1947, n. 896 ("Nuove disposizioni per la disciplina dei prezzi"), promosso con ordinanza emessa il 20 aprile 1984 dal Pretore di Sestri Ponente nei procedimenti penali riuniti a carico di Tosetti Enrico ed altri, iscritta al n. 1020 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11- bis dell'anno 1985; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto che nel corso di un procedimento penale avente ad oggetto l'accertamento del reato di cui all'art. 14 D.L.C.P.S. 15 settembre 1947 n. 896, che prevede sanzioni penali per l'inosservanza dei prezzi imposti dal C.I.P., il Pretore di Sestri Ponente, con ordinanza in data 20 aprile 1984, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della predetta norma incriminatrice, con riferimento agli artt. 25, comma secondo e 41, terzo comma, Cost.; che la disposizione impugnata - contenendo una norma penale in bianco - viene censurata nella parte in cui affida il contenuto del suo precetto ad un sistema normativo che lascia alla completa discrezionalita' dell'amministrazione la scelta dei beni da sottoporre a calmiere, la determinazione del prezzo e la stessa competenza all'emanazione dei provvedimenti, (di volta in volta ripartita fra Comitato interministeriale prezzi, Comitati provinciali e Comitato interministeriale per la programmazione economica) ponendosi cosi' in contrasto con il principio della riserva di legge in materia penale e della stessa legalita' della pena di cui all'art. 25 secondo comma, Cost.; che un ulteriore motivo di illegittimita' costituzionale viene ravvisato nella circostanza che l'attuale sistema di controllo dei prezzi, non prevedendo lo strumento legislativo per un efficace rilevamento dei costi e la conseguente fissazione dei prezzi da imporre, violerebbe la riserva di legge prevista dall'art. 41, terzo comma, Cost. in materia di programmi e controlli opportuni per indirizzare e coordinare a fini sociali l'attivita' economica privata; che non si sono costituite le parti, mentre ha spiegato intervento l'Avvocatura Generale dello Stato chiedendo che la questione venga dichiarata infondata; Considerato che, in relazione al primo profilo di illegittimita' costituzionale, con cui si lamenta la mancata prefissione di criteri per l'esercizio del potere discrezionale del C.I.P., questa Corte, con la sentenza n. 103 del 1957, ha gia' rilevato che il potere di tale comitato e dei comitati provinciali prezzi "lungi dall'essere illimitato si' da sconfinare in una valutazione di fattori riservata al legislatore... e' collegato a elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito", consistenti nella qualita' tecnica degli organi consultivi e deliberativi preposti alla disciplina dei prezzi (art. 2 d.l.l. 19 ottobre 1944 n. 347 e artt. 2 e 5 d.l.l. n. 363 del 1946), nella possibilita' di avvalersi di un servizio ispettivo (art. 13 d.l. n. 896 del 1947) e di esperti (art. 3 d.l.l. n. 347 del 1944), nonche' nel fatto che alla fissazione dei prezzi si perviene sulla scorta dei dati elaborati dalll'Istituto Centrale di Statistica (art. 8 d.l.l. n. 347 del 1944), dopo un'istruttoria per accertare i costi di produzione, le condizioni del mercato e i fattori che comunque possono operare sulla determinazione dei prezzi (art. 2 d.l.l. n. 363 del 1946); che tali concetti sono stati ribaditi da questa Corte nella pronuncia n. 79 del 1984 nella quale si e' espressamente osservato che nel corso dell'istruttoria amministrativa "l'accertamento del costo delle merci viene compiuto da apposite commissioni, di cui fanno parte le stesse categorie interessate, non in maniera simbolica ma con precisi poteri consultivi e deliberanti, tanto che le deliberazioni adottate dai comitati prezzi, essendo ancorate a precisi elementi tecnici, non sono sfornite di garanzie giurisdizionali, potendosi ricorrere contro di esse davanti al giudice amministrativo" e che "anche in sede ordinaria il giudice penale, chiamato ad applicare le norme impugnate, non incontra alcun ostacolo al pieno esercizio del suo potere di controllo giurisdizionale di legittimita' sui provvedimenti, la cui violazione viene contestata all'imputato"; che, anche in relazione alla scelta del bene da sottoporre a calmiere e all'individuzione dell'organo competente all'emanazione del provvedimento, il sistema non appare privo di criteri idonei a delimitare l'esercizio del potere amministrativo dovendosi, nel primo caso, far riferimento alla potesta' di indirizzo - peraltro "insuscettibile di preventiva regolamentazione" in quanto collegata "alle non prevedibili contingenze della mutevole situazione economica" (sent. n. 103 del 1957) - che, nell'individuazione dei settori di intervento e' attribuita al C.I.P.E. e, nel secondo, alle norme contenute nei dd.ll.lgt. nn. 347 del 1944 e 363 del 1946, nel D.L.C.P.S. n. 896 del 1947, e nell'art. 52 del d.P.R. n. 616 del 1977, che ripartiscono a livello centrale e locale la competenza tra C.I.P. e Comitati provinciali; che, pertanto, risultando sufficientemente determinati i presupposti, il contenuto ed i limiti dei provvedimenti dell'autorita' amministrativa alla cui trasgressione e' collegata la sanzione penale, il principio di legalita' della pena deve ritenersi osservato e la questione appare dunque manifestamente infondata; che ad identica conclusione deve pervenirsi anche in relazione al secondo profilo di illegittimita' concernente la pretesa violazione dell'art. 41, terzo comma, Cost., in quanto, come questa Corte ha gia' avuto modo di affermare, "dalla legislazione sulla disciplina dei prezzi esula... ogni intento di attribuire ai Comitati-prezzi funzioni di carattere dirigistico considerate dal detto comma terzo" dell'art. 41 Cost. (sent. n. 103 del 1957); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 D.L.C.P.S. 15 settembre 1947 n. 896, sollevata, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 41, terzo comma, Cost., dal Pretore di Sestri Ponente con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 16 giugno 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C0963