N. 1009 SENTENZA 26 ottobre - 3 novembre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Previdenza e assistenza - Enasarco - Diritto alla pensione di
 riversibilita' - Separazione legale per colpa del coniuge superstite
 - Esclusione - Illegittimita' costituzionale.  (Legge 2 febbraio
 1973, n. 12, art. 20, primo comma, lett.  a).  (Cost., artt. 3 e 38)
(GU n.45 del 9-11-1988 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Giuseppe  BORZELLINO, dott.
 Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof.  Gabriele  PESCATORE,
 avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo CASAVOLA, prof. Antonio
 BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
 MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 120, primo
 comma, lett. a), della legge 2 febbraio 1973, n. 12 "Natura e compiti
 dell'Ente  nazionale  di  assistenza  per  gli  agenti  di  cambio  e
 rappresentanti  di  commercio   e   riordinamento   del   trattamento
 pensionistico  integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti
 di commercio" promosso con ordinanza emessa il 29 febbraio  1988  dal
 Pretore di Ferrara nel procedimento civile vertente tra Hanau Edera e
 l'ENASARCO,  iscritta  al  n.  148  del  registro  ordinanze  1988  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 18, prima
 serie speciale, dell'anno 1988;
    Visto l'atto di costituzione di Hanau Edera;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  ottobre  1988  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  signora  Edera  Hanau,  vedova  di Paternostro Umberto,
 titolare di pensione diretta, deceduto l' 8 aprile  1981,  dal  quale
 viveva  legalmente  separata  per  colpa  di  entrambi,  conveniva in
 giudizio, davanti al Pretore di Ferrara, l'ENASARCO per  ottenere  il
 pagamento della pensione di riversibilita' dalla data della morte del
 marito. La  domanda  era  stata  respinta,  in  sede  amministrativa,
 dall'Ente  convenuto sulla base della norma di cui all'art. 20, primo
 comma, lett. a) della legge 2 febbraio 1973, n. 12, la quale  esclude
 il  diritto alla pensione di riversibilita' per il coniuge superstite
 nel caso in cui "sia stata pronunziata sentenza di separazione legale
 per colpa dello stesso".
    Costituitasi  in  giudizio, l'ENASARCO contestava la domanda della
 ricorrente, invocandone il rigetto integrale. Con ordinanza  in  data
 29  febbraio  1988  il Pretore ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale della norma citata per violazione degli artt. 3  e  38
 Cost.
    Premesso  che  pure  l'ipotesi  della  separazione pronunziata per
 colpa di entrambi i coniugi deve ritenersi compresa nella  previsione
 della   norma  denunciata,  il  giudice  remittente  osserva  che  la
 separazione giudiziale, cosi' come disciplinata  dal  novellato  art.
 151    cod.civ.,   ha   perduto   la   funzione   sanzionatoria   che
 precedentemente la caratterizzava, essendo ora collegata non piu'  al
 presupposto  soggettivo  della  colpa di uno o di entrambi i coniugi,
 bensi' oggettivamente  a  fatti  tali  da  rendere  intollerabile  la
 prosecuzione  della  convivenza  o  da  recare grave pregiudizio alla
 educazione della prole.
    Ne'  l'istituto  dell'addebito  della separazione, di cui all'art.
 151, secondo comma, "puo' essere assimilato se non latamente a quello
 della  colpa, non solo perche' la richiesta dell'addebito rappresenta
 una domanda eventuale ed aggiuntiva a quella di separazione, ma anche
 e  soprattutto perche' l'addebito, e quindi la colpa, non e' piu' per
 l'attuale  normativa  un  requisito  essenziale   per   ottenere   la
 separazione,  che  si fonda, invece, soltanto sulla impossibilita' di
 continuare la convivenza indipendentemente dalla  responsabilita'  di
 uno dei due coniugi o di entrambi".
    Pertanto, norme come quella denunciata, sopravvissute alla riforma
 del  diritto  di  famiglia  per  difetto  di  coordinamento,   creano
 ingiustificate disparita' di trattamento fra coniugi separatisi prima
 dell'entrata in vigore  della  riforma  del  diritto  di  famiglia  e
 coniugi separatisi successivamente.
    2.  - Un secondo profilo di incostituzionalita' dell'art. 20 della
 legge n. 12 del 1973, sempre in  riferimento  all'art.  3  Cost.,  e'
 ravvisato dal Pretore nell'irrazionale e ingiustificata disparita' di
 trattamento che ne risulta fra coniuge separato per colpa  e  coniuge
 divorziato.  A quest'ultimo, infatti, l'art. 9 della legge n. 898 del
 1970, modificato dalla legge  n.  74  del  1987,  riconosce,  qualora
 godesse  di  assegno  divorzile a carico del defunto, il diritto alla
 pensione di riversibilita', indipendentemente dalle ragioni che hanno
 determinato  la  pronunzia  di  scioglimento del matrimonio, e quindi
 anche nel caso di  una  precedente  separazione  per  colpa;  mentre,
 invece,  per  effetto  della  norma impugnata nulla spetta al coniuge
 separato per colpa, il quale, al momento della morte dell'altro,  non
 sia ancora divorziato.
    3.  -  Un  terzo  motivo  di  incostituzionalita'  e'  addotto  in
 relazione all'art. 38 Cost., atteso che l'obbligatorieta' della forma
 di  previdenza  gestita  dall'ENASARCO ne determina l'inserimento nel
 sistema pubblico di sicurezza sociale,  con  conseguente  vincolo  di
 conformazione   alle   direttive  impartite  dalla  richiamata  norma
 costituzionale.
    In proposito l'ordinanza di rimessione evoca la sentenza di questa
 Corte n. 286 del 1987. Accogliendo una questione identica,  sollevata
 con riguardo alla disciplina delle pensioni INPS, la citata pronuncia
 ha statuito che la pensione di riversibilita', appartenente al  genus
 delle pensioni ai superstiti, e' una forma di tutela previdenziale in
 cui l'evento protetto e' la morte, in quanto ne deriva,  secondo  una
 presunzione  di  legge,  uno  stato  di  bisogno  per i familiari che
 fossero legati al defunto da un  rapporto  di  dipendenza  economica.
 Tale  e'  pure  il  coniuge superstite separato per colpa, qualora il
 defunto fosse obbligato a prestargli gli alimenti.
    4. - Si e' costituita la parte privata, depositando una memoria di
 contenuto sostanzialmente  analogo  alle  argomentazioni  svolte  dal
 giudice a quo.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Analogamente  all'art.  24  della  legge  di  riforma degli
 ordinamenti  pensionistici  30  aprile  1969,  n.   153,   dichiarato
 parzialmente  illegittimo  dalla  sentenza  n. 286 del 1987, la norma
 denunciata dal Pretore di Ferrara (art. 20,  primo  comma,  lett.  a)
 della  legge  2  febbraio  1973,  n.  12),  concernente i trattamenti
 pensionistici corrisposti dall'Ente nazionale di assistenza  per  gli
 agenti  e  i  rappresentanti di commercio (ENASARCO), nega il diritto
 alla pensione di riversibilita' al coniuge superstite  nei  confronti
 del  quale  "sia stata pronunciata sentenza di separazione legale per
 colpa dello stesso". A questo caso va equiparato, secondo un criterio
 enunciato  dal  codice civile - ed esplicitamente applicato dall'art.
 23, quarto comma, della legge n.  1357  del  1962  sul  riordinamento
 dell'Ente  nazionale  di previdenza e assistenza dei veterinari, esso
 pure caducato in parte  qua  dalla  sentenza  citata  -  il  caso  di
 separazione  pronunziata  per  colpa  di  (o addebitata a) entrambi i
 coniugi.
    2. - La questione e' fondata.
    Nella norma impugnata il giudice remittente ravvisa in primo luogo
 una violazione del principio di eguaglianza, in ragione  del  diverso
 trattamento  riservato  al coniuge divorziato dall'art. 9 della legge
 n. 898 del 1970, novellato dalla legge n. 74  del  1987.  L'argomento
 non puo' essere svalutato obiettando che "sotto nessun angolo visuale
 puo'  affermarsi  'identica'  la  posizione  del  coniuge,  anche  se
 separato,  rispetto  a  quella  del  divorziato, perche' nell'un caso
 esiste tra le parti un rapporto di coniugio e nell'altro tale vincolo
 non esiste". Il principio di cui all'art. 3 Cost. e' violato non solo
 quando   i   trattamenti   messi   a   confronto   sono   formalmente
 contraddittori  in ragione dell'identita' delle fattispecie, ma anche
 quando la differenza di trattamento e' irrazionale secondo le  regole
 del  discorso  pratico,  in  quanto  le  rispettive  fattispecie, pur
 diverse, sono ragionevolmente analoghe.
    La sentenza di divorzio non elimina interamente la vis matrimonii,
 la quale permane sul  piano  dei  rapporti  patrimoniali  nei  limiti
 dell'ultrattivita'  del  rapporto regolata dall'art. 5 della legge n.
 898 del 1970 e, per il periodo  successivo  alla  morte  del  coniuge
 tenuto a corrispondere all'altro l'assegno divorzile, dagli artt. 9 e
 9- bis. Inversamente, la sentenza di separazione  personale  conserva
 il  vincolo  coniugale,  ma  nei  confronti  del coniuge separato con
 addebito ne attenua l'efficacia sul piano dei  rapporti  patrimoniali
 riducendola  al  solo  diritto  agli  alimenti  in  caso  di bisogno.
 Pertanto, tra la posizione del coniuge divorziato, "che sia  titolare
 dell'assegno  di cui all'art. 5", e la posizione del coniuge separato
 con  addebito,  che  sia  titolare  dell'assegno  alimentare  di  cui
 all'art.   156,   terzo  comma,  cod.civ.,  si  puo'  ragionevolmente
 riconoscere una analogia, la quale comporta che pure al secondo, come
 al  primo,  debba  essere  attribuito  il  diritto  alla  pensione di
 riversibilita'.
    3.  -  Inoltre,  dopo  la  riforma dell'istituto della separazione
 personale dei coniugi, attuata dalla legge n. 151 del 1975, la  norma
 impugnata  e'  venuta  a  trovarsi  in  contrasto con l'art. 38 Cost.
 Questo articolo deve essere interpretato in correlazione  con  l'art.
 36, onde la tutela previdenziale, garantita al lavoratore dal secondo
 comma,  deve  intendersi  riferita  anche   ai   familiari   da   lui
 economicamente dipendenti.
    Nel   regime   anteriore   alla   novella  del  1975  la  funzione
 sanzionatoria della separazione  personale  privava  il  rapporto  di
 matrimonio,  nei  confronti  del coniuge colpevole, dell'efficacia di
 titolo di  acquisto  sia  di  diritti  mortis  causa  sul  patrimonio
 dell'altro  coniuge, sia di diritti verso terzi condizionati alla sua
 morte, come il diritto alla pensione di  riversibilita'.  Cessata  la
 rilevanza   della   colpa  quale  fondamento  della  separazione,  la
 dichiarazione di addebito non puo' avere una funzione sanzionatoria a
 tutela  di  un pubblico interesse, ma soltanto una funzione di tutela
 dell'interesse   privato   dell'altro   coniuge,    in    particolare
 dell'interesse  all'espulsione del coniuge colpevole del novero degli
 eredi legittimi.
    In questa mutata prospettiva non e' piu' giustificabile il diniego
 al coniuge, cui e' stata addebitata la separazione, di una tutela che
 gli assicuri la continuita' dei mezzi di sostentamento che il defunto
 era tenuto a fornirgli.
    Lo  stesso  legislatore  del  1975  ha  provveduto a correggere il
 rigore punitivo della disciplina precedente  nel  campo  del  diritto
 successorio,  riconoscendo  al  rapporto  di  matrimonio,  qualora il
 coniuge superstite  fosse  separato  con  addebito  e  godesse  degli
 alimenti  a  carico  del de cuius, la limitata rilevanza di titolo di
 acquisto del diritto a un assegno vitalizio  a  carico  dell'eredita'
 (art.  548  cod.  civ.,  richiamato  dall'art.  585). Per la medesima
 ragione, qualora il godimento  degli  alimenti  fosse  una  forma  di
 fruizione  indiretta di una pensione di cui era titolare il de cuius,
 il  rapporto  familiare  derivante   dal   matrimonio   deve   essere
 riconosciuto,  anche  in favore del coniuge separato per colpa (o con
 addebito), titolo del diritto al trattamento  di  riversibilita',  in
 conformita'  dell'esigenza  di  tutela previdenziale del lavoratore e
 dei suoi familiari sancita dall'art. 38 Cost.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, primo comma,
 lett. a), della legge 2  febbraio  1973  n.  12  ("Natura  e  compiti
 dell'Ente  nazionale  di assistenza per gli agenti e i rappresentanti
 di  commercio   e   riordinamento   del   trattamento   pensionistico
 integrativo   a   favore   degli   agenti  e  dei  rappresentanti  di
 commercio"), nella parte in cui esclude dal  diritto  a  pensione  di
 riversibilita'  il  coniuge  superstite quando "sia stata pronunciata
 sentenza di separazione legale per colpa dello stesso".
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 ottobre 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 3 novembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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