N. 1060 SENTENZA 24 novembre - 6 dicembre 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Lavoro - Dipendenti enti locali - Iscritti I.N.A.D.E.L. - Somme dovute a titolo di riliquidazione delle indennita' premio di servizio - Corresponsione di interessi - Esclusione Illegittimita' costituzionale parziale. (D.-L. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma, convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440). (Cost., art. 3). Lavoro - Dipendenti enti locali - Iscritti I.N.A.D.E.L. - Somme dovute a titolo di riliquidazione della indennita' premio di servizio - Rivalutazione monetaria - Esclusione - Non fondatezza. (D.-L. 31 agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma, convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440). (Cost., artt. 3, 24, 36, 38, 97 e 113). Lavoro - Dipendenti enti locali - Validita' di atti e provvedimenti, loro efficacia, e rapporti sorti sulla base di decreti-legge decaduti e precedenti l'avvenuta conversione in legge Appropriazione da parte del Governo del potere di conversione spettante al Parlamento - Non fondatezza. (D.-L. 31 agosto 1987, n. 359, art. 30, convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440). (Cost., art. 77)(GU n.50 del 14-12-1988 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Dott. Francesco SAJA, Presidente - Prof. Giovanni CONSO - Prof. Ettore GALLO - Prof. Giuseppe BORZELLINO - Dott. Francesco GRECO - Prof. Renato DELL'ANDRO - Prof. Gabriele PESCATORE - Avv. Ugo SPAGNOLI - Prof. Francesco Paolo CASAVOLA - Prof. Vincenzo CAIANIELLO - Avv. Mauro FERRI - Prof. Luigi MENGONI - Prof. Enzo CHELI, Giudici,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto comma, e 30 del d.l. 31 agosto 1987, n. 359 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale) convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440, promosso con ordinanze emesse il 9 novembre 1987 dal Tribunale di Firenze, il 10 ottobre 1987 (n. 3 ordinanze) dal Tribunale di Genova, l'11 dicembre 1987 dal Pretore di Genova, il 26 novembre 1987 (n. 3 ordinanze) dal Tribunale di Parma, il 25 febbraio 1988 (n. 3 ordinanze) dal Pretore di Parma e il 26 novembre 1987 dal Pretore di Firenze, iscritte rispettivamente ai nn. 13, 37, 38, 39, 112, 135, 136, 137, 212, 213, 214 e 226 del registro ordinanze 1988 e pubblicate nelle GG.UU. nn. 5, 7, 14, 17, 22 e 23/I ss. dell'anno 1988. Visti gli atti di costituzione di Cassi Bruno, Boni Maria, Alfieri Maria e Fabbri Bruna, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1988 il Giudice relatore Francesco Greco; uditi gli avv.ti Luciano Petronio e Luciano Ventura per Cassi Bruno, Boni Maria, Alfieri Maria e Fabbri Bruna e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 10 ottobre 1987 (R.O. n. 37/88) il Tribunale di Genova - Sez. Lavoro - nel corso del giudizio di appello promosso dall'I.N.A.D.E.L. avverso la sentenza con la quale il Pretore di Genova aveva condannato detto istituto alla corresponsione, in favore di Mule' Filippo, vedovo di ex dipendente comunale, della indennita' premio di servizio spettantegli nella forma indiretta, maggiorata degli interessi e rivalutazione monetaria, ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale) in relazione agli artt. 3, 24 e 113 Cost., nella parte in cui esclude che il credito del lavoratore iscritto all'I.N.A.D.E.L. relativo alla liquidazione della indennita' premio di servizio nei sensi sopra indicati dia luogo a corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria. Con la stessa ordinanza, il Tribunale di Genova ha, altresi', denunciato l'art. 30 del citato decreto legge per contrasto con l'art. 77 Cost., nella parte in cui stabilisce che "restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti sulla base dei decreti legge 30 dicembre 1986, n. 922, 2 marzo 1987, n. 55, 2 maggio 1987, n. 18 e 30 giugno 1987, n. 256", decaduti per mancata conversione in legge da parte delle Camere nel termine di 60 giorni dalla loro pubblicazione. 1.1 - In punto di rilevanza della questione, il giudice a quo, premesso di aver pronunciato sentenza non definitiva sul punto del computo della indennita' integrativa speciale maturata dopo il 31 gennaio 1977 nell'indennita' premio di servizio, rinviando al prosieguo della causa la questione inerente agli "accessori", ha osservato che la conferma o la riforma della sentenza del Pretore su tale punto dipende proprio dall'applicazione o meno della norma in questione, avendo lo stesso Pretore condannato l'I.N.A.D.E.L. a corrispondere al Mule' gli interessi legali sulla somma riliquidata a titolo di indennita' premio di servizio, ed avendo, sul punto, l'appellante formulato specifico motivo di gravame. Ne' la rilevanza della questione puo' ritenersi esclusa, secondo il Tribunale di Genova alla stregua del rilievo che "allorquando la Corte costituzionale la esaminera', il d.l. impugnato non avra' probabilmente piu' vigore come tale, in quanto, nelle more, decaduto, rinnovato o convertito". Infatti, ha rilevato il giudice a quo, "l'attuale forza di legge del decreto ne impone l'obbligatoria applicazione da parte del giudice a prescindere da qualunque previsione in ordine alla sua sorte futura". 1.2 - Circa la non manifesta infondatezza della questione sollevata nella ordinanza di rimessione, rilevato che la disposizione in esame e' contenuta in un decreto-legge ripresentato dal Governo per la quinta volta dopo ben quattro mancate conversioni in legge nei termini fissati dall'art. 77 Cost., si e' osservato che sussisterebbe anche violazione del principio secondo cui i rapporti sorti per effetto di decreti non convertiti devono essere regolati da legge. Il decorso di otto mesi tra il primo decreto e quello convertito dimostrerebbe che non ricorrono la necessita' e l'urgenza, sicche' vi sarebbe "un caso di appropriazione del potere di conversione spettante al Parlamento da parte del Governo, oggettivamente idonea ad alterare la stessa forma di governo parlamentare prevista dalla Costituzione". Quanto al merito, l'art. 23 del citato decreto-legge, secondo il Tribunale di Genova, contrasterebbe: a) con l'art. 3 Cost., in quanto risulterebbe discriminato senza alcun ragionevole motivo, un determinato tipo di credito rispetto ad ogni altro, legalmente produttivo di interessi ed, eventualmente, di maggior danno ex art. 1224 c.c. o di rivalutazione monetaria, vanificandosi, per di piu', diritti gia' acquisiti da parte dei creditori di prestazioni liquide ed esigibili di un Ente previdenziale; b) con gli artt. 24 e 113 Cost., in quanto si limiterebbe ingiustificatamente il diritto di difesa di una categoria di cittadini, precludendo loro la possibilita' di ottenere qualsiasi tipo di risarcimento per inadempimento dell'I.N.A.D.E.L. 2. - Identica questione, con riferimento alle medesime argomentazioni, e' stata sollevata dallo stesso Tribunale di Genova con altre due ordinanze emesse il 10 ottobre 1987 (R.O. nn. 38 e 39 del 1988) nel corso di due giudizi di appello sempre dello stesso oggetto. Nei giudizi susseguenti alle tre ordinanze menzionate e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato per il Presidente del Consiglio dei ministri. Essa ha preliminarmente eccepito la inammissibilita' della questione sollevata per carenza del giudizio sulla rilevanza. Non sarebbe chiaro se la "riliquidazione" si riferisca esclusivamente alla ricomprensione, nel relativo calcolo, degli incrementi dell'indennita' integrativa speciale maturati successivamente al 31 gennaio 1977, ovvero anche alla rivalutazione delle somme. Comunque, in entrambi i casi la questione inerente alla rivalutazione monetaria sarebbe irrilevante: nel primo caso, lo sarebbe, non risultando proposto appello incidentale dell'interessato contro la decisione di I grado che aveva escluso la rivalutazione; nel secondo, lo sarebbe perche' gia' decisa in secondo grado con sentenza parziale dallo stesso giudice a quo, che, come chiarito nella ordinanza, ha rinviato al prosieguo della causa solo "la questione inerente agli accessori". Nel merito, l'Avvocatura ha contestato la fondatezza della questione osservando: a) che la disposizione dell'art. 23 del d.l. 359/1987 non e' in contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto, da un lato, vale a ribadire la pacifica inapplicabilita' dell'automatismo rivalutativo, considerato dall'art. 429 c.p.c., ai crediti previdenziali (senza alcuna differenziazione rispetto a tutti gli altri crediti previdenziali), dall'altro vale ad escludere, in base ad una ragionevole valutazione del legislatore, l'esistenza di una mora colpevole dell'ente previdenziale; b) che la citata disposizione non viola i parametri degli artt. 24 e 113 Cost., trattandosi di norma di carattere sostanziale, che non incide sulle garanzie di tutela giurisdizionale assicurate dalla Costituzione; c) che, infine, la denunzia dell'art. 30 del d.l. 359 del 1987, in relazione all'art. 77 Cost., risulta superata dall'avvenuta conversione in legge dello stesso decreto, nonche', in particolare, dalla sostituzione dell'art. 30 con altra disposizione, contenuta nella legge di conversione 29 ottobre 1987, n. 440, che espressamente fa salvi gli atti, i provvedimenti, gli effetti ed i rapporti sorti sulla base dei precedenti decreti-legge non convertiti. 3. - Nel corso del giudizio di appello proposto dall'I.N.A.D.E.L. avverso la sentenza del Pretore di Firenze in data 15 aprile 1987, che aveva condannato l'Istituto a corrispondere, a titolo di indennita' premio di servizio, a Zannoni Mafalda, oltre alla somma capitale, anche il maggior danno commisurato al tasso di svalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma, il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 9 novembre 1987 (R.O. n. 13/88), ha sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, in relazione all'art. 3 Cost. Vi sarebbe disparita' di trattamento del credito in esame con altri crediti previdenziali per i quali si applica l'art. 1224 c.c., anche secondo la Cassazione. Anche in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilita' per difetto di motivazione sulla rilevanza, e, nel merito, per l'infondatezza della questione per le stesse argomentazioni di cui ai precedenti giudizi. 4. - Con tre ordinanze di identico contenuto, emesse in data 26 novembre 1987 (R.O. nn. 135, 136 e 137/88) nel corso di altrettanti giudizi di appello avverso tre sentenze con cui il Pretore di Parma aveva condannato l'I.N.A.D.E.L. a riliquidare l'indennita' premio di servizio in favore di altrettanti pensionati con il computo dell'intera indennita' integrativa speciale maturata all'atto del collocamento a riposo, concedendo, inoltre, sulla somma la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, anche il Tribunale di Parma ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 39, denunciandone il contrasto con l'art. 3 Cost., alla stregua del rilievo che il nostro ordinamento e' improntato al principio per il quale al creditore di una obbligazione pecuniaria sono sempre riconosciuti gli interessi legali (art. 1282 c.c.), e, in caso di mora, anche il maggior danno (art. 1224, secondo comma, c.c.), principio che trova espressa conferma anche nell'ambito previdenziale, nelle disposizioni di cui agli artt. 46 e 47 d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639. Il giudice a quo ha, altresi', fatto riferimento al parametro costituito dell'art. 97 Cost., rilevando che l'esonerare l'Istituto previdenziale dalla corresponsione della svalutazione monetaria e degli interessi legali sulle somme dovute significherebbe rimuovere l'unica sanzione che possa costituire remora al ritardo e sia, quindi, idonea a garantire il buon andamento dell'amministrazione. Nei giudizi relativi alle ordinanze del Tribunale di Parma, si sono costituite le parti private, che hanno insistito, con argomentazioni analoghe, sulla irragionevolezza della deroga apportata, con l'art. 23 impugnato, in danno dei lavoratori iscritti all'I.N.A.D.E.L., rispetto ai principi generali in tema di decorrenza degli interessi e rivalutabilita' ex art. 1224 c.c., operanti anche con riguardo alla generalita' dei crediti previdenziali (come si desume da Cass. 1986 nn. 3843, 5027; Cass. 1986 n. 2368; Cass. 1987 n. 5314). La disposizione impugnata sarebbe, inoltre, ispirata ad una ratio non gia' satisfattiva (come quella che aveva ispirato la legge n. 75 del 1980, percio' passata indenne alla verifica di costituzionalita' di cui alla sent. n. 185 del 1981), ma spoliatoria, defraudando i cittadini interessati di diritti loro spettanti e gia' venuti ad esistenza. E', altresi', intervenuto nei giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per la inammissibilita' della questione, non essendosi specificato se si tratti di giudizio per inadempimento o per risarcimento danni per comportamento colposo dell'I.N.A.D.E.L. Nel merito, l'Avvocatura ha sostenuto la infondatezza della questione rifacendosi alle argomentazioni gia' riferite. 5. - Con ordinanza emessa in data 26 novembre 1987 (R.O. n. 226 del 1988) nel corso dei procedimenti civili riuniti, vertenti sempre in materia di riliquidazione della indennita' premio di servizio, tra Sorelli Luciana ed altri e I.N.A.D.E.L., il Pretore di Firenze ha denunciato la stessa norma di cui all'art. 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, oltre che per contrasto con l'art. 3 Cost., anche per violazione dell'art. 38 Cost., in quanto alle esigenze relative alla vecchiaia dei lavoratori si provvederebbe in modo inadeguato mediante erogazione previdenziale tardiva e non rivalutata. Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo, come per gli analoghi casi precedenti, per la inammissibilita' e, nel merito, per la infondatezza della questione sollevata. 6. - Nel corso dei procedimenti civili riuniti vertenti tra Boero Giuseppina ed altri e l'I.N.A.D.E.L., aventi sempre ad oggetto la riliquidazione dell'indennita' premio di servizio comprensiva dell'intera indennita' integrativa speciale, nonche' la corresponsione di interessi, rivalutazione e maggior danno ex art. 429 c.p.c. e 1224 c.c., il Pretore di Genova, con ordinanza emessa l'11 dicembre 1987 (R.O. n. 112 del 1988), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, in relazione all'art. 3 Cost. Il giudice a quo rileva, in particolare, che la norma censurata discrimina ingiustificatamente coloro che sono creditori dell'I.N.A.D.E.L. per "riliquidazione" dell'indennita' premio di servizio dipendente dall'inserimento dell'indennita' integrativa speciale nella base di computo sia rispetto ai creditori nei cui confronti venga "tardivamente liquidata" l'indennita' premio di servizio, sia rispetto a quelli nei cui confronti tale indennita' debba essere riliquidata per ragioni diverse dall'inserimento dell'indennita' integrativa speciale nella base di computo. Anche nel giudizio susseguente alla cennata ordinanza e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, deducendo la inammissibilita' della questione, in base al rilievo secondo cui nella ordinanza di rimessione non vengono qualificati preliminarmente i giudizi a quibus come di adempimento ovvero di risarcimento, e, mentre si parte dell'erroneo presupposto che l'art. 429 c.p.c. sia applicabile ai crediti previdenziali (per l'ipotesi in cui i giudizi siano da qualificare di adempimento), non si afferma espressamente che in alcuni di tali giudizi sia stata proposta una domanda di risarcimento danni in base all'allegazione di un comportamento colposo dell'amministrazione. Nel merito, l'Avvocatura ha concluso per l'infondatezza della questione, alla stregua dei rilievi gia' riferiti. 7. - Con tre ordinanze di identico contenuto, emesse in data 25 febbraio 1988 (R.O. nn. 212, 213 e 214/1988), nel corso di procedimenti civili aventi il medesimo oggetto di quelli fin qui menzionati, anche il Pretore di Parma ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., adducendo argomentazioni analoghe a quelle svolte dal Tribunale di Parma nelle ordinanze R.O. nn. 135, 136 e 137/1988, di cui si e' gia' riferito. Inoltre, il Pretore di Parma ha denunciato la norma in questione anche in riferimento agli artt. 36 e 38 Cost. (parametro, quest'ultimo, richiamato anche dal Pretore di Firenze nella ordinanza sub E) poiche' anche la retribuzione differita, a fini previdenziali, alla cessazione del rapporto di lavoro e corrisposta sotto forma di trattamento di liquidazione e quiescenza fa parte del patrimonio del lavoratore e; quindi, della complessiva situazione giuridica tutelata dalle citate norme costituzionali; ne', in base al combinato disposto delle stesse norme e dell'art. 3 Cost., il legislatore puo' incidere su diritti quesiti con interventi irrazionali ed arbitrari, frustrando anche l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica (cfr. Corte cost., sent. n. 349 del 17 dicembre 1985). Infine, il giudice a quo ha ravvisato la violazione, da parte della norma in esame, del combinato disposto degli artt. 3, 24 e 113 Cost., in quanto essa limiterebbe ingiustificatamente il diritto di difesa di una categoria di cittadini (questione, quest'ultima, sollevata anche dal Tribunale di Genova con le ordinanze R.O. nn. 37, 38 e 39 del 1988 di cui sub A e B). Nei giudizi ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilita' e, nel merito, per la infondatezza delle questioni sollevate, argomentando analogamente a quanto riferito in relazione alle precedenti ordinanze. Si sono, altresi', costituite le parti private, che hanno ribadito le considerazioni svolte dal giudice a quo, chiedendo la declaratoria di illegittimita' della norma impugnata. Nell'imminenza dell'udienza pubblica, e' stata prodotta una memoria per Fabbri Bruna, parte privata costituitasi nel giudizio, con cui si insiste per la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 23, quarto comma, d.l. n. 359/87, alla stregua del rilievo che ai lavoratori degli enti locali collocati in quiescenza dopo il 31 maggio 1982 e' stato sottratto un diritto che l'ordinamento gia' attribuiva loro, diritto gia' perfetto e gia' fatto valere in molti casi, in contrasto con i principi affermati dalla Corte costituzionale in tema di diritti quesiti (sentt. nn. 408, 497, 501 del 1988) e con la sentenza n. 763 del 1988 con la quale la Corte ha affermato che l'indennita' premio di servizio erogata dall'I.N.A.D.E.L. "costituisce una conquista conseguita dal lavoratore durante la prestazione della sua attivita' e con il pagamento di appositi contributi, al fine di superare le difficolta' economiche che insorgono nel momento in cui viene meno il trattamento retributivo per effetto della cessazione del rapporto di impiego". Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Genova (R.O. nn. 37, 38, 39 del 1988) dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 30 del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito con modificazioni in legge 29 ottobre 1987, n. 440, secondo cui restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei dd.ll. 30 dicembre 1986 n. 922, 2 marzo 1987 n. 55, 2 maggio 1987 n. 167 e 30 giugno 1987, n. 256, per violazione dell'art. 77 Cost., in quanto i rapporti giuridici in definitiva restano regolati da un decreto-legge anziche' da una legge e perche', non ricorrendo i requisiti di necessita' ed urgenza, si ha un caso di appropriazione da parte del Governo del potere di conversione spettante al Parlamento e, quindi, una alterazione della stessa forma di Governo parlamentare prevista dalla Costituzione. 1.1 - La questione non e' fondata. Essendo avvenuta la conversione in legge del decreto-legge, tutta la materia de qua resta regolata dalla legge e non piu' dal decreto-legge. 2. - E', inoltre, sottoposta all'esame di questa Corte la questione di legittimita' costituzionale del comma quarto, ultima parte, dell'art. 23 del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito, con modificazioni, in legge 29 ottobre 1987, n. 440, il quale dispone che "le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennita' premio di servizio non danno luogo a corresponsione di interessi e rivalutazione", sollevata dal Tribunale di Genova (R.O. nn. 37, 38, 39 del 1988), dal Tribunale di Parma (R.O. nn. 135, 136, 137), dal Pretore di Parma (R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988), dal Pretore di Firenze (R.O. n. 226 del 1988), con riferimento: a) all'art. 3 Cost., in quanto il credito de quo risulterebbe discriminato rispetto a ogni altro credito previdenziale, legalmente produttivo di interessi ed, eventualmente, di maggior danno ex art. 1224 c.c., o di rivalutazione monetaria in base al principio che trova conferma anche nell'ambito previdenziale negli artt. 46 e 47 d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, risultando, per di piu', vanificati i diritti gia' acquisiti da parte dei creditori di prestazioni liquide ed esigibili di un ente previdenziale; b) agli artt. 24 e 113 Cost. (Tribunale di Genova: R.O. nn. 37, 38 e 39 del 1988) in quanto, senza giustificato motivo, risulterebbe limitato il diritto di difesa di una categoria di cittadini alla quale e' preclusa la possibilita' di ottenere qualsiasi tipo di risarcimento danni per inadempimento dell'I.N.A.D.E.L.; c) all'art. 36 Cost. (Pretura di Firenze: R.O. n. 226 del 1988 e Pretura di Parma: R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988) in quanto si provvederebbe in modo inadeguato alle esigenze relative alla vecchiaia dei lavoratori mediante erogazione previdenziale tardiva e non rivalutata e perche' il legislatore inciderebbe su diritti quesiti con interventi irrazionali ed arbitrari frustrandosi anche l'affidamento dei cittadini nella certezza giuridica; d) all'art. 36 Cost. (Pretura di Parma: R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988) perche' anche la retribuzione differita, ai fini previdenziali, corrisposta alla cessazione del rapporto sotto forma di trattamento di liquidazione e quiescenza, farebbe parte del patrimonio del lavoratore e, quindi, della complessiva situazione giuridica tutelata dal citato precetto costituzionale; e) all'art. 97 Cost. (Tribunale di Parma: R.O. nn. 135, 136, 137 del 1988; Pretura di Parma: R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988) perche' l'esonero dell'I.N.A.D.E.L. dal risarcimento del danno per svalutazione monetaria e dal pagamento degli interessi farebbe venir meno l'unica sanzione che puo' costituire remora al ritardo nel pagamento e, quindi, idonea a garantire il buon funzionamento dell'Ente. 3. - E' preliminare l'esame delle eccezioni di inammissibilita' sollevate dall'Avvocatura Generale dello Stato. Si e' rilevato che in alcune ordinanze (R.O. nn. 37, 38, 39/88) non viene chiarito se la rivalutazione si riferisca anche alle somme dovute successivamente al 31 gennaio 1977; che, inoltre, in primo grado non e' stata accolta la domanda di rivalutazione e avverso la sentenza non e' stato proposto appello sul punto, onde l'irrilevanza della questione, per effetto della formazione del giudicato contrario; e inoltre, nell'ordinanza n. 13 del 1988 manca la motivazione sulla rilevanza ne' risultano il periodo e il titolo per i quali e' stata richiesta la liquidazione del maggior danno commisurato alla svalutazione; in altre ordinanze (R.O. nn. 226, 112, 135, 136, 137 del 1988) non si e' precisato se si tratti di adempimento o di risarcimento e se sia stata proposta o meno la domanda di risarcimento per comportamento colposo dell'I.N.A.D.E.L. 3.1 - Le eccezioni non possono avere accoglimento. Invero, dei fatti esposti non vi e' puntuale riscontro nell' oggetto dei vari giudizi, tutti concernenti la riliquidazione della indennita' premio di servizio e l'opposizione alla pretesa dell'I.N.A.D.E.L. di corrisponderla senza la maggiorazione della rivalutazione e degli interessi, fondata nella norma denunciata per sospetta illegittimita' costituzionale. 4. - Nel merito la questione e', sia pure solo in parte, fondata. Anzitutto, si richiama l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (sent. n. 408 del 1988) secondo cui, per i crediti previdenziali, a differenza dei crediti di lavoro privato (per i crediti di lavoro dei dipendenti statali vigono i principi affermati nella sentenza n. 52/1986), non trova applicazione l'art. 429 c.p.c. ma piuttosto l'art. 1224, secondo comma, c.c.. Secondo detto articolo, occorre la domanda di pagamento del maggior danno e la dimostrazione del pregiudizio patrimoniale risentito, per cui assumono rilevanza le condizioni e le qualita' personali del creditore idonee a fondare presunzioni a suo favore; tra le dette condizioni personali va considerata la qualita' di pensionato, non isolatamente, pero', ma nel contesto globale della sua situazione (capacita' economica, condizioni di vita personali e familiari) e delle sue peculiari necessita' in modo che si possa determinare la concreta destinazione delle somme spettantegli. Si deve, pero', considerare che l'art. 23 ora censurato e' stato emanato per sanare la situazione finanziaria venutasi a creare in seguito alla sentenza di questa Corte n. 236 del 1986, la quale, risolvendo i dubbi interpretativi cui avevano dato luogo in tutti i gradi di giurisdizione le disposizioni regolatrici della indennita' premio di servizio a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 297 del 1982 e dell'abolizione del congelamento dei punti di contingenza, sanciva la inclusione dell'indennita' integrativa speciale nell'indennita' premio di servizio, a partire dall'entrata in vigore della predetta legge n. 297 del 1982. Per la mancata richiesta ai dipendenti di contributi e la loro mancata riscossione da parte dell'I.N.A.D.E.L., si era verificata una situazione di "deficit" che rendeva estremamente precario il soddisfacimento delle pur legittime richieste di pagamento dell'indennita' maggiorata con l'inclusione suddetta. Lo Stato, per porre termine ai ritardi e addirittura alla impossibilita' dei pagamenti, si e' assunto l'onere dei contributi previdenziali per il quadriennio 1982-1986, mentre i dipendenti solo all'atto della liquidazione venivano a subire la decurtazione dalla somma loro spettante della quota di contributi da essi dovuta, in un'unica soluzione ma senza corresponsione di interessi. Trattasi, quindi, di una norma eccezionale, di durata temporanea (solo un quadriennio) e, sopratutto, di una valutazione legislativa non arbitraria e sufficientemente razionale, il che deve indurre l'Istituto previdenziale ad una rapida definizione delle pendenze. Inoltre, non sono affatto omogenee le situazioni poste a raffronto dai giudici a quibus, quella in esame, assolutamente eccezionale, straordinaria e transitoria, e quella, ordinaria, di un comune pagamento di un credito previdenziale. Basta l'indubbia situazione di incertezza, verificatasi in ordine all' interpretazione dell'articolo censurato a giustificare il comportamento dell'Istituto previdenziale, tenuto, peraltro, ad osservare anche il precetto costituzionale del buon andamento dell'Amministrazione (art. 97 Cost.). Nemmeno risultano violati gli artt. 24 e 113 Cost., essendo quella denunciata una norma di diritto sostanziale e non di natura processuale, per cui il diritto di difesa dei dipendenti non ne soffre limitazioni o impedimenti. Inoltre, la riduzione del credito, non essendo eccessiva, non incide sulle condizioni poste dagli artt. 36 e 38 Cost. Per quanto riguarda gli interessi, va osservato, anzitutto, che, sia secondo quanto gia' ritenuto da questa Corte (sent. n. 408/1988), sia secondo l'indirizzo giurisprudenziale della stessa Corte di cassazione, la relativa tematica e' autonoma rispetto a quello della rivalutazione. La decorrenza dei termini di pagamento determina automaticamente la mora dell'Istituto. I tempi del meccanismo di liquidazione della prestazione sono prefissati per legge, decorrenti dalla richiesta del dipendente, pur in assenza dell'emissione del mandato di pagamento. Pertanto, la previsione della corresponsione di interessi non e' razionale e crea discriminazioni e disparita' di trattamento ingiustificate con gli altri creditori degli Istituti previdenziali. Risulta, cosi', violato l'art. 3 della Costituzione. La violazione degli altri articoli (24, 113, 36, 38, 97 Cost.) rimane assorbita.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i ricorsi: dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma quarto, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale), convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440, nella parte in cui dispone che "le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennita' premio di servizio non danno luogo a corresponsione di interessi"; dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma quarto, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, conv. in legge 29 ottobre 1987, n. 440, nella parte in cui dispone che "le somme dovute a titolo di riliquidazione delle indennita' premio di servizio non danno luogo... a rivalutazione monetaria", sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 36, 38, 97 e 113 Cost., dai Tribunali di Parma, Genova e Firenze nonche' dai Pretori di Parma, di Firenze, di Genova, con le ordinanze in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30 del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440, sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost., dal Tribunale di Genova. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: GRECO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C1867