N. 1060 SENTENZA 24 novembre - 6 dicembre 1988

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Lavoro  -  Dipendenti  enti  locali  -  Iscritti I.N.A.D.E.L. - Somme
 dovute a titolo di riliquidazione delle indennita' premio di servizio
 -   Corresponsione   di   interessi   -   Esclusione   Illegittimita'
 costituzionale parziale.
 (D.-L.  31  agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma, convertito in
 legge 29 ottobre 1987, n. 440).
 (Cost., art. 3).
 Lavoro  -  Dipendenti  enti  locali  -  Iscritti I.N.A.D.E.L. - Somme
 dovute a titolo di riliquidazione della indennita' premio di servizio
 - Rivalutazione monetaria - Esclusione - Non fondatezza.
 (D.-L.  31  agosto 1987, n. 359, art. 23, quarto comma, convertito in
 legge 29 ottobre 1987, n. 440).
 (Cost., artt. 3, 24, 36, 38, 97 e 113).
 Lavoro  - Dipendenti enti locali - Validita' di atti e provvedimenti,
 loro efficacia, e rapporti sorti sulla base di decreti-legge decaduti
 e  precedenti l'avvenuta conversione in legge Appropriazione da parte
 del Governo del potere di conversione spettante al Parlamento  -  Non
 fondatezza.
 (D.-L.  31  agosto  1987,  n.  359,  art.  30, convertito in legge 29
 ottobre 1987, n. 440).
 (Cost., art. 77)
 
(GU n.50 del 14-12-1988 )
                   LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori: Dott. Francesco SAJA, Presidente - Prof.
 Giovanni CONSO - Prof. Ettore GALLO - Prof. Giuseppe BORZELLINO -
 Dott. Francesco GRECO - Prof. Renato DELL'ANDRO - Prof. Gabriele
 PESCATORE -  Avv. Ugo SPAGNOLI - Prof. Francesco Paolo CASAVOLA -
 Prof. Vincenzo CAIANIELLO - Avv. Mauro FERRI - Prof. Luigi MENGONI -
 Prof. Enzo CHELI, Giudici,
 ha pronunciato la seguente
                            SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto
 comma, e 30 del d.l. 31 agosto 1987, n. 359 (Provvedimenti urgenti
 per la finanza locale) convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440,
 promosso con ordinanze emesse il 9 novembre 1987 dal Tribunale di
 Firenze, il 10 ottobre 1987 (n. 3 ordinanze) dal Tribunale di Genova,
 l'11 dicembre 1987 dal Pretore di Genova, il 26 novembre 1987 (n. 3
 ordinanze) dal Tribunale di Parma, il 25 febbraio 1988 (n. 3
 ordinanze) dal Pretore di Parma e il 26 novembre 1987 dal Pretore di
 Firenze, iscritte rispettivamente ai nn. 13, 37, 38, 39, 112, 135,
 136, 137, 212, 213, 214 e 226 del registro ordinanze 1988 e
 pubblicate nelle GG.UU. nn. 5, 7, 14, 17, 22 e 23/I ss. dell'anno
 1988.
   Visti gli atti di costituzione di Cassi Bruno, Boni Maria, Alfieri
 Maria e Fabbri Bruna, nonche' gli atti di intervento del Presidente
 del Consiglio dei ministri;
   udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1988 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
   uditi gli avv.ti Luciano Petronio e Luciano Ventura per Cassi
 Bruno, Boni Maria, Alfieri Maria e Fabbri Bruna e l'Avvocato dello
 Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza emessa il 10 ottobre 1987 (R.O. n. 37/88) il
 Tribunale di Genova - Sez. Lavoro - nel corso del giudizio di appello
 promosso dall'I.N.A.D.E.L. avverso la sentenza con la quale il
 Pretore di Genova aveva condannato detto istituto alla
 corresponsione, in favore di Mule' Filippo, vedovo di ex dipendente
 comunale, della indennita' premio di servizio spettantegli nella
 forma indiretta, maggiorata degli interessi e rivalutazione
 monetaria, ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359
 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale) in relazione agli artt.
 3, 24 e 113 Cost., nella parte in cui esclude che il credito del
 lavoratore iscritto all'I.N.A.D.E.L. relativo alla liquidazione della
 indennita' premio di servizio nei sensi sopra indicati dia luogo a
 corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria. Con la stessa
 ordinanza, il Tribunale di Genova ha, altresi', denunciato l'art. 30
 del citato decreto legge per contrasto con l'art. 77 Cost., nella
 parte in cui stabilisce che "restano validi gli atti ed i
 provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti sulla
 base dei decreti legge 30 dicembre 1986, n. 922, 2 marzo 1987, n. 55,
 2 maggio 1987, n. 18 e 30 giugno 1987, n. 256", decaduti per mancata
 conversione in legge da parte delle Camere nel termine di 60 giorni
 dalla loro pubblicazione.
   1.1 - In punto di rilevanza della questione, il giudice a quo,
 premesso di aver pronunciato sentenza non definitiva sul punto del
 computo della indennita' integrativa speciale maturata dopo il 31
 gennaio 1977 nell'indennita' premio di servizio, rinviando al
 prosieguo della causa la questione inerente agli "accessori", ha
 osservato che la conferma o la riforma della sentenza del Pretore su
 tale punto dipende proprio dall'applicazione o meno della norma in
 questione, avendo lo stesso Pretore condannato l'I.N.A.D.E.L. a
 corrispondere al Mule' gli interessi legali sulla somma riliquidata a
 titolo di indennita' premio di servizio, ed avendo, sul punto,
 l'appellante formulato specifico motivo di gravame.
   Ne' la rilevanza della questione puo' ritenersi esclusa, secondo il
 Tribunale di Genova alla stregua del rilievo che "allorquando la
 Corte costituzionale la esaminera', il d.l. impugnato non avra'
 probabilmente piu' vigore come tale, in quanto, nelle more, decaduto,
 rinnovato o convertito". Infatti, ha rilevato il giudice a quo,
 "l'attuale forza di legge del decreto ne impone l'obbligatoria
 applicazione da parte del giudice a prescindere da qualunque
 previsione in ordine alla sua sorte futura".
   1.2 - Circa la non manifesta infondatezza della questione sollevata
 nella ordinanza di rimessione, rilevato che la disposizione in esame
 e' contenuta in un decreto-legge ripresentato dal Governo per la
 quinta volta dopo ben quattro mancate conversioni in legge nei
 termini fissati dall'art. 77 Cost., si e' osservato che sussisterebbe
 anche violazione del principio secondo cui i rapporti sorti per
 effetto di decreti non convertiti devono essere regolati da legge.
   Il decorso di otto mesi tra il primo decreto e quello convertito
 dimostrerebbe che non ricorrono la necessita' e l'urgenza, sicche' vi
 sarebbe "un caso di appropriazione del potere di conversione
 spettante al Parlamento da parte del Governo, oggettivamente idonea
 ad alterare la stessa forma di governo parlamentare prevista dalla
 Costituzione". Quanto al merito, l'art. 23 del citato decreto-legge,
 secondo il Tribunale di Genova, contrasterebbe:
   a) con l'art. 3 Cost., in quanto risulterebbe discriminato senza
 alcun ragionevole motivo, un determinato tipo di credito rispetto ad
 ogni altro, legalmente produttivo di interessi ed, eventualmente, di
 maggior danno ex art. 1224 c.c. o di rivalutazione monetaria,
 vanificandosi, per di piu', diritti gia' acquisiti da parte dei
 creditori di prestazioni liquide ed esigibili di un Ente
 previdenziale;
   b) con gli artt. 24 e 113 Cost., in quanto si limiterebbe
 ingiustificatamente il diritto di difesa di una categoria di
 cittadini, precludendo loro la possibilita' di ottenere qualsiasi
 tipo di risarcimento per inadempimento dell'I.N.A.D.E.L.
   2. - Identica questione, con riferimento alle medesime
 argomentazioni, e' stata sollevata dallo stesso Tribunale di Genova
 con altre due ordinanze emesse il 10 ottobre 1987 (R.O. nn. 38 e 39
 del 1988) nel corso di due giudizi di appello sempre dello stesso
 oggetto.
   Nei giudizi susseguenti alle tre ordinanze menzionate e'
 intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato per il Presidente del
 Consiglio dei ministri. Essa ha preliminarmente eccepito la
 inammissibilita' della questione sollevata per carenza del giudizio
 sulla rilevanza.
   Non sarebbe chiaro se la "riliquidazione" si riferisca
 esclusivamente alla ricomprensione, nel relativo calcolo, degli
 incrementi dell'indennita' integrativa speciale maturati
 successivamente al 31 gennaio 1977, ovvero anche alla rivalutazione
 delle somme. Comunque, in entrambi i casi la questione inerente alla
 rivalutazione monetaria sarebbe irrilevante: nel primo caso, lo
 sarebbe, non risultando proposto appello incidentale dell'interessato
 contro la decisione di I grado che aveva escluso la rivalutazione;
 nel secondo, lo sarebbe perche' gia' decisa in secondo grado con
 sentenza parziale dallo stesso giudice a quo, che, come chiarito
 nella ordinanza, ha rinviato al prosieguo della causa solo "la
 questione inerente agli accessori".
   Nel merito, l'Avvocatura ha contestato la fondatezza della
 questione osservando:
   a) che la disposizione dell'art. 23 del d.l. 359/1987 non e' in
 contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto, da un lato, vale a ribadire
 la pacifica inapplicabilita' dell'automatismo rivalutativo,
 considerato dall'art. 429 c.p.c., ai crediti previdenziali (senza
 alcuna differenziazione rispetto a tutti gli altri crediti
 previdenziali), dall'altro vale ad escludere, in base ad una
 ragionevole valutazione del legislatore, l'esistenza di una mora
 colpevole dell'ente previdenziale;
   b) che la citata disposizione non viola i parametri degli artt. 24
 e 113 Cost., trattandosi di norma di carattere sostanziale, che non
 incide sulle garanzie di tutela giurisdizionale assicurate dalla
 Costituzione;
   c) che, infine, la denunzia dell'art. 30 del d.l. 359 del 1987, in
 relazione all'art. 77 Cost., risulta superata dall'avvenuta
 conversione in legge dello stesso decreto, nonche', in particolare,
 dalla sostituzione dell'art. 30 con altra disposizione, contenuta
 nella legge di conversione 29 ottobre 1987, n. 440, che espressamente
 fa salvi gli atti, i provvedimenti, gli effetti ed i rapporti sorti
 sulla base dei precedenti decreti-legge non convertiti.
   3. - Nel corso del giudizio di appello proposto dall'I.N.A.D.E.L.
 avverso la sentenza del Pretore di Firenze in data 15 aprile 1987,
 che aveva condannato l'Istituto a corrispondere, a titolo di
 indennita' premio di servizio, a Zannoni Mafalda, oltre alla somma
 capitale, anche il maggior danno commisurato al tasso di svalutazione
 monetaria e gli interessi legali sulla somma, il Tribunale di
 Firenze, con ordinanza emessa il 9 novembre 1987 (R.O. n. 13/88), ha
 sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, in relazione
 all'art. 3 Cost.
   Vi sarebbe disparita' di trattamento del credito in esame con altri
 crediti previdenziali per i quali si applica l'art. 1224 c.c., anche
 secondo la Cassazione.
   Anche in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, che
 ha concluso per l'inammissibilita' per difetto di motivazione sulla
 rilevanza, e, nel merito, per l'infondatezza della questione per le
 stesse argomentazioni di cui ai precedenti giudizi.
   4. - Con tre ordinanze di identico contenuto, emesse in data 26
 novembre 1987 (R.O. nn. 135, 136 e 137/88) nel corso di altrettanti
 giudizi di appello avverso tre sentenze con cui il Pretore di Parma
 aveva condannato l'I.N.A.D.E.L. a riliquidare l'indennita' premio di
 servizio in favore di altrettanti pensionati con il computo
 dell'intera indennita' integrativa speciale maturata all'atto del
 collocamento a riposo, concedendo, inoltre, sulla somma la
 rivalutazione monetaria e gli interessi legali, anche il Tribunale di
 Parma ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 39, denunciandone il
 contrasto con l'art. 3 Cost., alla stregua del rilievo che il nostro
 ordinamento e' improntato al principio per il quale al creditore di
 una obbligazione pecuniaria sono sempre riconosciuti gli interessi
 legali (art. 1282 c.c.), e, in caso di mora, anche il maggior danno
 (art. 1224, secondo comma, c.c.), principio che trova espressa
 conferma anche nell'ambito previdenziale, nelle disposizioni di cui
 agli artt. 46 e 47 d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639.
   Il giudice a quo ha, altresi', fatto riferimento al parametro
 costituito dell'art. 97 Cost., rilevando che l'esonerare l'Istituto
 previdenziale dalla corresponsione della svalutazione monetaria e
 degli interessi legali sulle somme dovute significherebbe rimuovere
 l'unica sanzione che possa costituire remora al ritardo e sia,
 quindi, idonea a garantire il buon andamento dell'amministrazione.
   Nei giudizi relativi alle ordinanze del Tribunale di Parma, si sono
 costituite le parti private, che hanno insistito, con argomentazioni
 analoghe, sulla irragionevolezza della deroga apportata, con l'art.
 23 impugnato, in danno dei lavoratori iscritti all'I.N.A.D.E.L.,
 rispetto ai principi generali in tema di decorrenza degli interessi e
 rivalutabilita' ex art. 1224 c.c., operanti anche con riguardo alla
 generalita' dei crediti previdenziali (come si desume da Cass. 1986
 nn. 3843, 5027; Cass. 1986 n. 2368; Cass. 1987 n. 5314).
   La disposizione impugnata sarebbe, inoltre, ispirata ad una ratio
 non gia' satisfattiva (come quella che aveva ispirato la legge n. 75
 del 1980, percio' passata indenne alla verifica di costituzionalita'
 di cui alla sent. n. 185 del 1981), ma spoliatoria, defraudando i
 cittadini interessati di diritti loro spettanti e gia' venuti ad
 esistenza.
   E', altresi', intervenuto nei giudizi il Presidente del Consiglio
 dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato,
 concludendo per la inammissibilita' della questione, non essendosi
 specificato se si tratti di giudizio per inadempimento o per
 risarcimento danni per comportamento colposo dell'I.N.A.D.E.L.
   Nel merito, l'Avvocatura ha sostenuto la infondatezza della
 questione rifacendosi alle argomentazioni gia' riferite.
   5. - Con ordinanza emessa in data 26 novembre 1987 (R.O. n. 226 del
 1988) nel corso dei procedimenti civili riuniti, vertenti sempre in
 materia di riliquidazione della indennita' premio di servizio, tra
 Sorelli Luciana ed altri e I.N.A.D.E.L., il Pretore di Firenze ha
 denunciato la stessa norma di cui all'art. 23, quarto comma, del d.l.
 31 agosto 1987, n. 359, oltre che per contrasto con l'art. 3 Cost.,
 anche per violazione dell'art. 38 Cost., in quanto alle esigenze
 relative alla vecchiaia dei lavoratori si provvederebbe in modo
 inadeguato mediante erogazione previdenziale tardiva e non
 rivalutata.
   Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato,
 concludendo, come per gli analoghi casi precedenti, per la
 inammissibilita' e, nel merito, per la infondatezza della questione
 sollevata.
   6. - Nel corso dei procedimenti civili riuniti vertenti tra Boero
 Giuseppina ed altri e l'I.N.A.D.E.L., aventi sempre ad oggetto la
 riliquidazione dell'indennita' premio di servizio comprensiva
 dell'intera indennita' integrativa speciale, nonche' la
 corresponsione di interessi, rivalutazione e maggior danno ex art.
 429 c.p.c. e 1224 c.c., il Pretore di Genova, con ordinanza emessa
 l'11 dicembre 1987 (R.O. n. 112 del 1988), ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31
 agosto 1987, n. 359, in relazione all'art. 3 Cost.
   Il giudice a quo rileva, in particolare, che la norma censurata
 discrimina ingiustificatamente coloro che sono creditori
 dell'I.N.A.D.E.L. per "riliquidazione" dell'indennita' premio di
 servizio dipendente dall'inserimento dell'indennita' integrativa
 speciale nella base di computo sia rispetto ai creditori nei cui
 confronti venga "tardivamente liquidata" l'indennita' premio di
 servizio, sia rispetto a quelli nei cui confronti tale indennita'
 debba essere riliquidata per ragioni diverse dall'inserimento
 dell'indennita' integrativa speciale nella base di computo.
   Anche nel giudizio susseguente alla cennata ordinanza e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite
 dell'Avvocatura Generale dello Stato, deducendo la inammissibilita'
 della questione, in base al rilievo secondo cui nella ordinanza di
 rimessione non vengono qualificati preliminarmente i giudizi a quibus
 come di adempimento ovvero di risarcimento, e, mentre si parte
 dell'erroneo presupposto che l'art. 429 c.p.c. sia applicabile ai
 crediti previdenziali (per l'ipotesi in cui i giudizi siano da
 qualificare di adempimento), non si afferma espressamente che in
 alcuni di tali giudizi sia stata proposta una domanda di risarcimento
 danni in base all'allegazione di un comportamento colposo
 dell'amministrazione.
   Nel merito, l'Avvocatura ha concluso per l'infondatezza della
 questione, alla stregua dei rilievi gia' riferiti.
   7. - Con tre ordinanze di identico contenuto, emesse in data 25
 febbraio 1988 (R.O. nn. 212, 213 e 214/1988), nel corso di
 procedimenti civili aventi il medesimo oggetto di quelli fin qui
 menzionati, anche il Pretore di Parma ha sollevato la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31
 agosto 1987, n. 359, in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., adducendo
 argomentazioni analoghe a quelle svolte dal Tribunale di Parma nelle
 ordinanze R.O. nn. 135, 136 e 137/1988, di cui si e' gia' riferito.
   Inoltre, il Pretore di Parma ha denunciato la norma in questione
 anche in riferimento agli artt. 36 e 38 Cost. (parametro,
 quest'ultimo, richiamato anche dal Pretore di Firenze nella ordinanza
 sub E) poiche' anche la retribuzione differita, a fini previdenziali,
 alla cessazione del rapporto di lavoro e corrisposta sotto forma di
 trattamento di liquidazione e quiescenza fa parte del patrimonio del
 lavoratore e; quindi, della complessiva situazione giuridica tutelata
 dalle citate norme costituzionali; ne', in base al combinato disposto
 delle stesse norme e dell'art. 3 Cost., il legislatore puo' incidere
 su diritti quesiti con interventi irrazionali ed arbitrari,
 frustrando anche l'affidamento del cittadino nella sicurezza
 giuridica (cfr. Corte cost., sent. n. 349 del 17 dicembre 1985).
   Infine, il giudice a quo ha ravvisato la violazione, da parte della
 norma in esame, del combinato disposto degli artt. 3, 24 e 113 Cost.,
 in quanto essa limiterebbe ingiustificatamente il diritto di difesa
 di una categoria di cittadini (questione, quest'ultima, sollevata
 anche dal Tribunale di Genova con le ordinanze R.O. nn. 37, 38 e 39
 del 1988 di cui sub A e B).
   Nei giudizi ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei
 ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, che ha
 concluso per la inammissibilita' e, nel merito, per la infondatezza
 delle questioni sollevate, argomentando analogamente a quanto
 riferito in relazione alle precedenti ordinanze.
   Si sono, altresi', costituite le parti private, che hanno ribadito
 le considerazioni svolte dal giudice a quo, chiedendo la declaratoria
 di illegittimita' della norma impugnata.
   Nell'imminenza dell'udienza pubblica, e' stata prodotta una memoria
 per Fabbri Bruna, parte privata costituitasi nel giudizio, con cui si
 insiste per la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 23,
 quarto comma, d.l. n. 359/87, alla stregua del rilievo che ai
 lavoratori degli enti locali collocati in quiescenza dopo il 31
 maggio 1982 e' stato sottratto un diritto che l'ordinamento gia'
 attribuiva loro, diritto gia' perfetto e gia' fatto valere in molti
 casi, in contrasto con i principi affermati dalla Corte
 costituzionale in tema di diritti quesiti (sentt. nn. 408, 497, 501
 del 1988) e con la sentenza n. 763 del 1988 con la quale la Corte ha
 affermato che l'indennita' premio di servizio erogata
 dall'I.N.A.D.E.L. "costituisce una conquista conseguita dal
 lavoratore durante la prestazione della sua attivita' e con il
 pagamento di appositi contributi, al fine di superare le difficolta'
 economiche che insorgono nel momento in cui viene meno il trattamento
 retributivo per effetto della cessazione del rapporto di impiego".
                         Considerato in diritto
    1.  - Il Tribunale di Genova (R.O. nn. 37, 38, 39 del 1988) dubita
 della legittimita' costituzionale dell'art. 30  del  d.l.  31  agosto
 1987,  n. 359, convertito con modificazioni in legge 29 ottobre 1987,
 n. 440, secondo cui  restano  validi  gli  atti  ed  i  provvedimenti
 adottati  e  sono  fatti  salvi  gli  effetti  prodotti ed i rapporti
 giuridici sorti sulla base dei dd.ll.
 30  dicembre  1986 n. 922, 2 marzo 1987 n. 55, 2 maggio 1987 n. 167 e
 30 giugno 1987, n. 256, per violazione dell'art. 77 Cost., in  quanto
 i   rapporti   giuridici   in   definitiva  restano  regolati  da  un
 decreto-legge anziche' da una  legge  e  perche',  non  ricorrendo  i
 requisiti  di  necessita' ed urgenza, si ha un caso di appropriazione
 da  parte  del  Governo  del  potere  di  conversione  spettante   al
 Parlamento  e,  quindi, una alterazione della stessa forma di Governo
 parlamentare prevista dalla Costituzione.
    1.1 - La questione non e' fondata.
    Essendo  avvenuta la conversione in legge del decreto-legge, tutta
 la materia  de  qua  resta  regolata  dalla  legge  e  non  piu'  dal
 decreto-legge.
    2.  -  E',  inoltre,  sottoposta  all'esame  di  questa  Corte  la
 questione di legittimita' costituzionale  del  comma  quarto,  ultima
 parte,  dell'art. 23 del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito, con
 modificazioni, in legge 29 ottobre 1987, n. 440, il quale dispone che
 "le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennita' premio di
 servizio  non  danno  luogo   a   corresponsione   di   interessi   e
 rivalutazione",  sollevata  dal Tribunale di Genova (R.O. nn. 37, 38,
 39 del 1988), dal Tribunale di Parma (R.O. nn. 135,  136,  137),  dal
 Pretore  di  Parma  (R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988), dal Pretore di
 Firenze (R.O. n. 226 del 1988), con riferimento:
       a)  all'art.  3 Cost., in quanto il credito de quo risulterebbe
 discriminato rispetto a ogni altro credito previdenziale,  legalmente
 produttivo  di  interessi ed, eventualmente, di maggior danno ex art.
 1224 c.c., o di rivalutazione monetaria  in  base  al  principio  che
 trova  conferma  anche  nell'ambito previdenziale negli artt. 46 e 47
 d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, risultando, per di piu', vanificati  i
 diritti  gia' acquisiti da parte dei creditori di prestazioni liquide
 ed esigibili di un ente previdenziale;
       b) agli artt. 24 e 113 Cost. (Tribunale di Genova: R.O. nn. 37,
 38 e 39 del 1988) in quanto, senza giustificato motivo,  risulterebbe
 limitato  il  diritto  di  difesa  di una categoria di cittadini alla
 quale e' preclusa la  possibilita'  di  ottenere  qualsiasi  tipo  di
 risarcimento danni per inadempimento dell'I.N.A.D.E.L.;
       c)  all'art. 36 Cost. (Pretura di Firenze: R.O. n. 226 del 1988
 e Pretura di Parma: R.O. nn. 212, 213, 214 del  1988)  in  quanto  si
 provvederebbe   in   modo  inadeguato  alle  esigenze  relative  alla
 vecchiaia dei lavoratori mediante erogazione previdenziale tardiva  e
 non  rivalutata  e  perche'  il  legislatore  inciderebbe  su diritti
 quesiti con interventi irrazionali ed  arbitrari  frustrandosi  anche
 l'affidamento dei cittadini nella certezza giuridica;
       d)  all'art. 36 Cost. (Pretura di Parma: R.O. nn. 212, 213, 214
 del  1988)  perche'  anche  la  retribuzione   differita,   ai   fini
 previdenziali,  corrisposta  alla cessazione del rapporto sotto forma
 di trattamento  di  liquidazione  e  quiescenza,  farebbe  parte  del
 patrimonio  del  lavoratore  e,  quindi, della complessiva situazione
 giuridica tutelata dal citato precetto costituzionale;
       e)  all'art.  97  Cost. (Tribunale di Parma: R.O. nn. 135, 136,
 137 del 1988; Pretura di Parma: R.O. nn.  212,  213,  214  del  1988)
 perche'  l'esonero  dell'I.N.A.D.E.L.  dal risarcimento del danno per
 svalutazione monetaria e dal pagamento degli interessi farebbe  venir
 meno  l'unica  sanzione  che  puo'  costituire  remora al ritardo nel
 pagamento  e,  quindi,  idonea  a  garantire  il  buon  funzionamento
 dell'Ente.
    3.  -  E'  preliminare l'esame delle eccezioni di inammissibilita'
 sollevate dall'Avvocatura Generale dello Stato.
    Si  e'  rilevato  che in alcune ordinanze (R.O. nn. 37, 38, 39/88)
 non viene chiarito se la rivalutazione si riferisca anche alle  somme
 dovute  successivamente  al  31  gennaio 1977; che, inoltre, in primo
 grado non e' stata accolta la domanda di rivalutazione e  avverso  la
 sentenza  non e' stato proposto appello sul punto, onde l'irrilevanza
 della  questione,  per  effetto  della   formazione   del   giudicato
 contrario;  e  inoltre,  nell'ordinanza  n.  13  del  1988  manca  la
 motivazione sulla rilevanza ne' risultano il periodo e il titolo  per
 i  quali  e'  stata  richiesta  la  liquidazione  del  maggior  danno
 commisurato alla svalutazione; in altre ordinanze (R.O. nn. 226, 112,
 135,  136,  137  del  1988)  non  si  e'  precisato  se  si tratti di
 adempimento o di risarcimento e se  sia  stata  proposta  o  meno  la
 domanda di risarcimento per comportamento colposo dell'I.N.A.D.E.L.
    3.1 - Le eccezioni non possono avere accoglimento.
    Invero,  dei  fatti  esposti  non  vi  e' puntuale riscontro nell'
 oggetto dei vari giudizi, tutti concernenti la  riliquidazione  della
 indennita'   premio   di   servizio   e  l'opposizione  alla  pretesa
 dell'I.N.A.D.E.L. di  corrisponderla  senza  la  maggiorazione  della
 rivalutazione  e  degli interessi, fondata nella norma denunciata per
 sospetta illegittimita' costituzionale.
    4.  - Nel merito la questione e', sia pure solo in parte, fondata.
    Anzitutto,  si  richiama  l'indirizzo  giurisprudenziale di questa
 Corte  (sent.  n.  408  del  1988)  secondo  cui,   per   i   crediti
 previdenziali,  a  differenza  dei  crediti  di lavoro privato (per i
 crediti di lavoro dei dipendenti statali vigono i principi  affermati
 nella  sentenza n. 52/1986), non trova applicazione l'art. 429 c.p.c.
 ma  piuttosto  l'art.  1224,  secondo  comma,  c.c..  Secondo   detto
 articolo,  occorre  la  domanda  di  pagamento del maggior danno e la
 dimostrazione  del  pregiudizio  patrimoniale  risentito,   per   cui
 assumono   rilevanza  le  condizioni  e  le  qualita'  personali  del
 creditore idonee a fondare presunzioni a suo  favore;  tra  le  dette
 condizioni  personali  va  considerata la qualita' di pensionato, non
 isolatamente, pero', ma nel contesto  globale  della  sua  situazione
 (capacita'  economica,  condizioni  di  vita personali e familiari) e
 delle sue peculiari necessita' in modo che si  possa  determinare  la
 concreta destinazione delle somme spettantegli.
    Si  deve,  pero', considerare che l'art. 23 ora censurato e' stato
 emanato per sanare la situazione finanziaria  venutasi  a  creare  in
 seguito  alla  sentenza  di  questa  Corte n. 236 del 1986, la quale,
 risolvendo i dubbi interpretativi cui avevano dato luogo in  tutti  i
 gradi  di  giurisdizione le disposizioni regolatrici della indennita'
 premio di servizio a seguito dell'entrata in vigore  della  legge  n.
 297  del  1982  e  dell'abolizione  del  congelamento  dei  punti  di
 contingenza,  sanciva  la  inclusione   dell'indennita'   integrativa
 speciale  nell'indennita'  premio di servizio, a partire dall'entrata
 in vigore della predetta legge n. 297 del 1982.
    Per  la  mancata  richiesta  ai dipendenti di contributi e la loro
 mancata riscossione da parte dell'I.N.A.D.E.L., si era verificata una
 situazione   di   "deficit"  che  rendeva  estremamente  precario  il
 soddisfacimento  delle   pur   legittime   richieste   di   pagamento
 dell'indennita' maggiorata con l'inclusione suddetta.
    Lo  Stato,  per  porre  termine  ai  ritardi  e  addirittura  alla
 impossibilita' dei pagamenti, si e' assunto  l'onere  dei  contributi
 previdenziali  per il quadriennio 1982-1986, mentre i dipendenti solo
 all'atto della liquidazione venivano a subire la  decurtazione  dalla
 somma  loro  spettante  della  quota di contributi da essi dovuta, in
 un'unica soluzione ma senza corresponsione di interessi.
    Trattasi,  quindi,  di una norma eccezionale, di durata temporanea
 (solo un quadriennio) e, sopratutto, di una  valutazione  legislativa
 non  arbitraria  e  sufficientemente  razionale,  il che deve indurre
 l'Istituto previdenziale ad una rapida  definizione  delle  pendenze.
 Inoltre,  non  sono  affatto omogenee le situazioni poste a raffronto
 dai giudici a quibus, quella  in  esame,  assolutamente  eccezionale,
 straordinaria  e  transitoria,  e  quella,  ordinaria,  di  un comune
 pagamento di un credito previdenziale.
    Basta  l'indubbia situazione di incertezza, verificatasi in ordine
 all'  interpretazione  dell'articolo  censurato  a  giustificare   il
 comportamento   dell'Istituto  previdenziale,  tenuto,  peraltro,  ad
 osservare  anche  il  precetto  costituzionale  del  buon   andamento
 dell'Amministrazione (art. 97 Cost.).
    Nemmeno risultano violati gli artt. 24 e 113 Cost., essendo quella
 denunciata  una  norma  di  diritto  sostanziale  e  non  di   natura
 processuale,  per  cui  il  diritto  di  difesa dei dipendenti non ne
 soffre limitazioni o impedimenti.
    Inoltre,  la  riduzione  del  credito,  non essendo eccessiva, non
 incide sulle condizioni poste dagli artt. 36 e 38 Cost.
    Per  quanto  riguarda gli interessi, va osservato, anzitutto, che,
 sia secondo quanto gia' ritenuto da questa Corte (sent. n. 408/1988),
 sia  secondo  l'indirizzo  giurisprudenziale  della  stessa  Corte di
 cassazione, la relativa tematica e' autonoma rispetto a quello  della
 rivalutazione.  La  decorrenza  dei  termini  di  pagamento determina
 automaticamente la mora dell'Istituto.  I  tempi  del  meccanismo  di
 liquidazione  della prestazione sono prefissati per legge, decorrenti
 dalla richiesta del dipendente, pur  in  assenza  dell'emissione  del
 mandato di pagamento. Pertanto, la previsione della corresponsione di
 interessi non e' razionale e crea  discriminazioni  e  disparita'  di
 trattamento  ingiustificate  con  gli  altri creditori degli Istituti
 previdenziali. Risulta, cosi', violato l'art. 3 della Costituzione.
    La  violazione  degli  altri  articoli (24, 113, 36, 38, 97 Cost.)
 rimane assorbita.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i ricorsi:
      dichiara  la  illegittimita'  costituzionale dell'art. 23, comma
 quarto, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359 (Provvedimenti urgenti per la
 finanza  locale),  convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440, nella
 parte in cui dispone che "le somme dovute a titolo di  riliquidazione
 dell'indennita'  premio  di servizio non danno luogo a corresponsione
 di interessi";
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 23, comma quarto, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, conv. in
 legge  29  ottobre  1987,  n. 440, nella parte in cui dispone che "le
 somme dovute a titolo di riliquidazione delle  indennita'  premio  di
 servizio non danno luogo... a rivalutazione monetaria", sollevata, in
 riferimento agli artt. 3, 24, 36, 38, 97 e 113 Cost.,  dai  Tribunali
 di  Parma, Genova e Firenze nonche' dai Pretori di Parma, di Firenze,
 di Genova, con le ordinanze in epigrafe;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 30 del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito in legge  29
 ottobre  1987,  n.  440, sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost.,
 dal Tribunale di Genova.
    Cosi'  deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della
 Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1988.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1988.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 88C1867