N. 1130 SENTENZA 14 - 22 dicembre 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Regione - Regione Lombardia - Gruppi consiliari - Provvidenze e contributi - Violazione del buon andamento dell'amministrazione - Ragionevolezza della scelta del legislatore regionale - Non fondatezza. (Legge regione Lombardia, riapprovata il 5 marzo 1987). (Cost., art. 97).(GU n.1 del 4-1-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge regionale del 29 gennaio 1987 riapprovata il 5 marzo 1987 dal Consiglio regionale della Lombardia avente per oggetto: "Modifica alla legge regionale 27 ottobre 1972, n. 34 concernente provvidenze e contributi per il funzionamento dei gruppi consiliari ed alla legge regionale 23 giugno 1977, n. 31 relativa alla assegnazione di personale ai gruppi consiliari" promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 31 marzo 1987, depositato in cancelleria il 10 aprile successivo ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 1987; Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; Udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e l'avv. Umberto Pototschnig per la Regione. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso contro la legge della Regione Lombardia, intitolata "Modifica alla L. R. 27 ottobre 1972, n. 34, concernente provvidenze e contributi per il funzionamento dei gruppi consiliari e alla L.R. 23 giugno 1977, n. 31, relativa all'assegnazione di personale ai gruppi consiliari", riapprovata il 5 marzo 1987, affinche' sia dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, previsto dall'art. 97 della Costituzione. La legge impugnata, oltre a prevedere il raddoppio dei contributi mensili costanti (ora di lire 2.400.000 per ciascun gruppo) e di quelli ragguagliati a entita' numerica dei gruppi consiliari (ora da un minimo di lire 400.000 a 600.000 per ogni consigliere) e oltre ad aumentare i contributi mensili dovuti a titolo di aggiornamento e di documentazione da un minimo di 400.000 a un massimo di 2.500.000 lire per gruppo, ha modificato la precedente disciplina del personale addetto ai gruppi consiliari, che risaliva al 1983. Quest'ultima stabiliva che ogni gruppo potesse disporre di addetti per un numero minimo di due unita', ove fosse composto da meno di nove consiglieri, e per un numero massimo di nove unita', ove fosse composto da piu' di trenta consiglieri. Inoltre, disponeva che gli addetti fossero reclutati tra gli impiegati regionali con qualifica funzionale non superiore all'ottava o, limitatamente a due unita', tra estranei all'amministrazione regionale. La nuova legge ha, innanzitutto, aumentato la disponibilita', da parte dei gruppi consiliari, del personale addetto, differenziandone l'utilizzazione in sei scaglioni, oscillanti da un minimo di due unita' per i gruppi composti da un solo consigliere a un massimo di tredici unita' per i gruppi composti da piu' di quindici consiglieri. In secondo luogo, ha ammesso la possibilita' di scegliere come addetti ai gruppi anche il personale della prima qualifica dirigenziale. Infine, ha accresciuto la possibilita' di ricorrere ad estranei all'amministrazione regionale, permettendone l'assunzione fino a cinque unita' per i gruppi di oltre venticinque consiglieri. 2. - Nel proprio ricorso il Presidente del Consiglio dei Ministri ritiene, innanzitutto, che l'aumento dei contributi destinati ai gruppi consiliari violi il principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), in quanto l'erogazione prevista sarebbe sproporzionata in eccesso rispetto alle oggettive necessita' dei servizi, valutate secondo una stima empirica definibile sulla base dei corrispondenti stanziamenti deliberati dalle altre regioni. In secondo luogo, oggetto di censura, sotto il medesimo profilo, e' la previsione relativa all'aumento della disponibilita' di addetti ai gruppi, con la correlativa maggiore possibilita' di ricorso a personale esterno all'amministrazione regionale (da un minimo di tre unita' a un massimo di cinque per gruppo). Secondo il ricorrente, siffatto aumento non sarebbe giustificato da un altrettanto significativo incremento dei compiti e delle attivita' dei gruppi consiliari e violerebbe, pertanto, il principio del buon andamento, che imporrebbe una organizzazione e un dimensionamento dei pubblici uffici secondo criteri di economicita', vale a dire adeguando il personale e i mezzi alle necessita' obiettive. Infine, il ricorrente censura la possibilita' di impiegare come addetti ai gruppi anche dirigenti regionali di primo livello, che sarebbe in contrasto con il principio del buon andamento (art. 97 Cost.), in quanto il funzionamento dei gruppi consiliari non comporterebbe attivita' comparabili con quelle proprie di una qualifica dirigenziale, essendo essi privi dell'articolazione strutturale e della complessita' di competenze proprie dell'esercizio di funzioni dirigenziali. Da cio' deriverebbe, sempre secondo il ricorrente, un senso di frustrazione nel dipendente e un suo rendimento antieconomico, oltreche' un fattore di discredito dell'apparato amministrativo regionale agli occhi della pubblica opinione. 3. - Si e' regolarmente costituita la Regione Lombardia per chiedere che il ricorso governativo sia dichiarato inammissibile e, comunque, non fondato. A sostegno della richiesta di inammissibilita' la Regione rileva che, poiche' il ricorso contesta aspetti meramente quantitativi rispetto ai quali non e' possibile determinare quale sia il limite oltre il quale le norme impugnate diventerebbero illegittime, le censure proposte non avrebbero alcuna differenza rispetto a quelle di merito, di competenza del Parlamento. In ogni caso, ove la Corte non condividesse tale posizione, il ricorso, secondo la resistente, sarebbe infondato. Quanto all'aumento dei contributi, la Regione contesta l'allegazione del ricorrente, secondo la quale il finanziamento sarebbe stato raddoppiato, sostenendo che invece l'incremento effettivo del contingente e' meno di un terzo. Quanto alla possibile utilizzazione di dirigenti regionali presso i gruppi consiliari, la difesa della Regione respinge la censura governativa argomentando che caratteristica della dirigenza regionale sarebbe, non gia' la direzione di strutture con competenze complesse, ma il perseguimento e il raggiungimento di obiettivi in termini di qualita', di quantita' e di tempestivita'. Secondo la Regione, tali caratteristiche sarebbero perfettamente adeguate ai compiti esperibili da parte dei gruppi consiliari. Infine, anche l'aumentata possibilita' di ricorrere ad esterni non violerebbe il principio del buon andamento, in quanto immutata resta la previsione (contenuta nell'art. 3 della legge regionale 23 giugno 1977, n. 31) relativa alla cessazione dell'incarico per la scadenza (ordinaria o anticipata) della legislatura e alla revoca dello stesso in caso di scioglimento del gruppo cui l'esterno e' assegnato. In generale, la Regione contesta la tesi del ricorrente per la quale le decisioni delle altre regioni potrebbero limitare o fissare il tetto massimo in relazione a scelte spettanti ad altre regioni. Secondo la resistente, limiti del genere potrebbero essere desunti soltanto dalla Costituzione o, in via mediata, dalle leggi dello Stato o, in mancanza di limiti espressi, da criteri di non arbitrarieta' delle scelte compiute. E, nel caso, tenuto anche conto dell'inflazione e dei maggiori compiti, la Regione contesta che l'incremento di contributi e di personale previsto sia irragionevole. Tanto piu' cio' vale, ad avviso della Regione, se si considera che in Lombardia i finanziamenti sono erogati, per legge, previa deliberazione che fissa la natura delle spese per le quali i contributi possono essere spesi e salvo l'obbligo di rendicontazione periodica, in ottemperanza del quale le erogazioni successive sono sospese fino all'avvenuta regolarizzazione (art. 1, legge regionale 18 maggio 1983, n. 41). 4. - In prossimita' dell'udienza la Regione Lombardia ha presentato una memoria con la quale, oltre a ribadire quanto gia' esposto nei precedenti scritti difensivi, sottolinea che, dal giorno di presentazione del ricorso alla data di discussione del giudizio, il Governo ha vistato molte altre leggi regionali che dispongono aumenti di finanziamenti e di personale da destinare ai gruppi consiliari, che porterebbero i livelli complessivi degli uni e dell'altro a un ammontare non di molto inferiore a quello deliberato dalla Lombardia. Da cio' si desumerebbe, secondo la resistente, la non arbitrarieta' della legge impugnata, tenendo conto che la mancanza di una forte differenziazione tra quanto stabilito nelle altre regioni e quanto previsto in Lombardia si giustificherebbe in considerazione del numero dei consiglieri regionali e della popolazione rappresentata. Considerato in diritto 1. - L'oggetto del presente giudizio di legittimita' costituzionale, introdotto dal ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri indicato in epigrafe, e' dato dalla legge della Regione Lombardia, dal titolo "Modifica alla legge regionale 27 ottobre 1972, n. 34, concernente provvidenze e contributi per il funzionamento dei gruppi consiliari e alla legge regionale 23 giugno 1977, n. 31, relativa all'assegnazione di personale ai gruppi consiliari", la quale e' stata approvata dal Consiglio regionale della Lombardia il 29 gennaio 1987 e riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il 5 marzo 1987. Secondo il ricorrente, la legge regionale impugnata violerebbe il principio del buon andamento degli uffici pubblici, garantito dall'art. 97 Cost., sia allorche' permette ai gruppi consiliari della Regione di disporre di un maggior numero di addetti, ivi compresi dirigenti della prima qualifica funzionale e una quota piu' elevata di esterni all'amministrazione regionale, sia allorche' dispone un aumento dei contributi mensili da versare ai gruppi stessi. L'illegittimita' costituzionale di tali previsioni deriverebbe, a giudizio del ricorrente, dalla sproporzione che sussisterebbe tra gli incrementi finanziari e di personale concessi e la possibilita' di utilizzare anche dirigenti regionali o esterni, da un lato, e le obiettive esigenze di qualita' e di quantita' dei servizi propri dei gruppi consiliari, dall'altro. Contro tale censura la Regione Lombardia ha presentato un'eccezione di inammissibilita' - che, come tale, va esaminata pregiudizialmente -, asserendo che i rilievi proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri riguarderebbero l'opportunita' della legge impugnata. Tali rilievi, infatti, atterrebbero ad aspetti puramente quantitativi, rispetto ai quali, secondo la resistente, sarebbe impossibile determinare il limite oltre il quale l'erogazione di somme o la messa a disposizione di maggiore personale dovrebbero considerarsi costituzionalmente illegittime. 2. - L'eccezione di inammissibilita' va rigettata. In effetti, la censura prospettata con il presente ricorso contro la legge impugnata pone a questa Corte una questione che comporta lo svolgimento di un giudizio di ragionevolezza delle scelte compiute dal legislatore regionale. Cio' e' pienamente congruente con il particolare profilo di costituzionalita' sollevato, poiche', secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad esempio, sentt. nn. 123 del 1968, 10 e 16 del 1980, 185 del 1982, 277 del 1983, 1032 del 1988), "la violazione del principio del buon andamento dell'amministrazione non puo' essere invocata se non quando si assuma l'arbitrarieta' o la manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata". Ed, invero, il ricorrente sospetta che non sussista una giustificata proporzione tra i mezzi finanziari e personali che la legge impugnata mette a disposizione dei gruppi consiliari e le esigenze obiettive cui questi ultimi debbono far fronte nella loro attivita' istituzionale. Ne' si puo' rilevare in senso contrario, come fa la resistente, che nel particolare giudizio, cui la Corte e' chiamata nel caso di specie, mancherebbe ogni possibilita' di stabilire a priori il limite al di la' o al di qua del quale un'erogazione di somme o di personale debba esser considerato contrario a Costituzione o meno. In realta', il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti. Sicche', diversamente da quanto suppone la resistente, l'impossibilita' di fissare in astratto un punto oltre il quale scelte di ordine quantitativo divengono manifestamente arbitrarie e, come tali, costituzionalmente illegittime, non puo' essere validamente assunta come elemento connotativo di un giudizio di merito, essendo un tratto che si riscontra, come s'e' appena visto, anche nei giudizi di ragionevolezza. Del resto, come questa Corte ha gia' rilevato in relazione ad un'analoga eccezione sollevata nel corso di un precedente giudizio (sent. n. 991 del 1988), le censure di merito non comportano valutazioni strutturalmente diverse, sotto il profilo logico, dal procedimento argomentativo proprio dei giudizi valutativi implicati dal sindacato di legittimita', differenziandosene, piuttosto, per il fatto che in quest'ultimo le regole o gli interessi che debbono essere assunti come parametro del giudizio sono formalmente sanciti in norme di legge o della Costituzione. 3. - E' infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata contro la legge regionale indicata in epigrafe in riferimento al principio del buon andamento dei pubblici uffici (art. 97 Cost.). Non e' irragionevole, infatti, che il legislatore regionale doti i gruppi consiliari di mezzi finanziari piu' consistenti e metta a disposizione degli stessi personale piu' numeroso e piu' qualificato, al fine di permettere loro di perseguire nel modo migliore i molteplici compiti legati al buon funzionamento di un'assemblea legislativa e d'indirizzo politico-amministrativo, qual'e' il Consiglio regionale della Lombardia. Secondo l'art. 6 dello Statuto della Regione Lombardia (legge 22 maggio 1971, n. 339), "il Consiglio regionale determina l'indirizzo politico e amministrativo della Regione e ne controlla l'attuazione; esercita le potesta' legislative e regolamentari attribuite o delegate alla Regione (...), determina gli indirizzi della programmazione regionale; partecipa (...) all'elaborazione dei piani e programmi, generali e settoriali, della Regione; approva i piani e i programmi medesimi, nonche' i relativi aggiornamenti e variazioni, e ne controlla l'attuazione; (...) formula le indicazioni, le proposte e i pareri mediante i quali la Regione partecipa alla programmazione nazionale". Oltre a queste funzioni, ne spettano al Consiglio regionale molteplici altre che sono attribuite ad esso dalla Costituzione, dallo Statuto e dalle leggi. Dal momento che i gruppi sono gli organi nei quali si raccolgono e si organizzano all'interno dell'assemblea i consiglieri eletti al fine di elaborare congiuntamente le iniziative da intraprendere e di trovare in essi gli adeguati supporti organizzativi per poter svolgere adeguatamente i propri compiti, non e' arbitrario che i gruppi consiliari vengano dotati di mezzi adeguati e di personale idoneo affinche' ogni consigliere sia messo in grado di concorrere all'espletamento delle molteplici e complesse funzioni attribuite al Consiglio regionale e, in particolare, all'elaborazione dei progetti di legge, alla preparazione degli atti di indirizzo e di controllo, all'acquisizione di informazioni sull'attuazione delle leggi e sui problemi emergenti dalla societa', alla stesura di studi, di statistiche e di documentazioni relative alle materie sulle quali si svolgono le attivita' istituzionali del Consiglio regionale. In considerazione di tali compiti, l'erogazione dei contributi e la disponibilita' del personale nell'ammontare e nel tipo previsti dalla legge oggetto del presente giudizio non appaiono irragionevolmente sproporzionate ne' rispetto alle esigenze obiettive statutariamente definite, ne' alle finalita' perseguite dal legislatore regionale con l'atto impugnato, le quali sono legate all'esigenza di un miglioramento quantitativo e qualitativo dei servizi resi dai gruppi consiliari. 4. - In senso contrario non possono, certo, valere particolari argomentazioni svolte dal ricorrente. Prima di tutto, la difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri sostiene che l'aumento del personale previsto dalla legge impugnata non sarebbe giustificato da un corrispondente aumento dei compiti e delle attivita' dei gruppi. In realta', non e' ragionevole pretendere che la dotazione del personale possa essere incrementata soltanto a seguito dell'affidamento di nuovi compiti ai gruppi consiliari, poiche' affermazioni del genere presuppongono arbitrariamente che il rapporto del numero di addetti rispetto ai servizi da prestare sia gia' ottimale nella situazione preesistente e, di conseguenza, escludono, altrettanto arbitrariamente, che si possa provvedere a una maggiorazione del personale al solo fine di migliorare il livello di soddisfazione dei compiti attuali. Ne', in verita', sotto il profilo della ragionevolezza puo' essere censurata una scelta legislativa che eleva il rapporto medio di un addetto per tre consiglieri, esistente nella precedente disciplina, a quello attuale di un addetto per due consiglieri. E, tantomeno, appare arbitraria la stessa legge allorche', regolando il ricorso al personale esterno all'amministrazione, modifica il precedente sistema a cifra fissa (che penalizzava i gruppi maggiori e permetteva ai gruppi minori di avere piu' esterni che interni), articolandolo in tre scaglioni, in modo da assicurare la suddetta possibilita' soltanto ai gruppi di una certa consistenza (con un minimo di dieci consiglieri) e in misura proporzionale alla dimensione dei gruppi, secondo l'esplicita previsione dell'art. 14 dello Statuto Lombardo. In secondo luogo, il ricorrente contesta la disposizione che permette ai gruppi consiliari di utilizzare, per lo svolgimento delle proprie attivita', personale della prima qualifica dirigenziale, argomentando che i gruppi mancherebbero dell'articolazione strutturale e della complessita' di competenze, presupposte dalla suddetta funzione dirigenziale. Ma una tale argomentazione trascura di considerare la peculiarita' dell'amministrazione regionale, la quale, essendo legata alla caratterizzazione costituzionale di un apparato al servizio di un ente prevalentemente di programmazione e di indirizzo, e' in buona parte un'amminsitrazione "indiretta", ai cui vertici sono, pertanto, collocati sia dirigenti aventi la responsabilita' di strutture organizzative, sia dirigenti investiti di compiti di studio e di ricerca. Ebbene, non appare certo irragionevole che, con riferimento a questi ultimi, l'assegnazione di dirigenti ai gruppi consiliari possa essere considerata particolarmente utile ai fini del miglioramento della qualita' di attivita' di ricerca, di studio, di documentazione e di progettazione, le quali sono necessarie per l'efficiente espletamento dei compiti istituzionali piu' importanti affidati ai singoli consiglieri o ai gruppi (iniziativa legislativa, attivita' di controllo, etc.). Infine, il ricorrente afferma che l'aumento dei contributi previsto dalla legge impugnata sarebbe sproprorzionato rispetto alle oggettive necessita' dei servizi richiesti ai gruppi consiliari, valutate secondo una stima empirica definibile sulla base dei corrispondenti stanziamenti deliberati dalle altre regioni. Pur non potendo fare a meno di rilevare che, in linea di fatto, esistono leggi di altre regioni che conferiscono ai gruppi consiliari contributi equivalenti o, addirittura, superiori per taluni aspetti, appare arbitrario pretendere di valutare la ragionevolezza della proporzione tra mezzi finanziari assicurati ed esigenze obiettive dei gruppi consiliari mediante raffronti con altre regioni. L'arbitrarieta' della comparazione deriva sia dal fatto che i consigli delle varie regioni operano all'interno di forme di governo regionale differenti e possono, pertanto, svolgere funzioni non necessariamente equivalenti, sia dal fatto che l'entita' dei compiti affidati ai consiglieri e, di conseguenza, ai gruppi consiliari dipende da variabili diverse, quali, ad esempio, la quantita' della popolazione rappresentata, la dimensione della regione, il numero dei consiglieri. Cio' porta a concludere che la valutazione delle esigenze obiettive proprie dei gruppi consiliari e' in gran parte lasciata al discrezionale apprezzamento dei consigli di ciascuna regione, di fronte al quale questa Corte, in sede di giudizio di legittimita' delle leggi, puo' sindacare ed, eventualmente, dichiarare incostituzionali unicamente le decisioni di spesa manifestamente irragionevoli o arbitrarie. Poiche', nel caso, tale limite non appare oltrepassato, le norme impugnate non possono essere considerate costituzionalmente illegittime sotto il profilo del rispetto del principio del buon andamento degli uffici pubblici, garantito dall'art. 97 della Costituzione. Tuttavia, proprio il riconoscimento dell'ampia discrezionalita' che il legislatore regionale possiede in materia induce questa Corte ad auspicare che il conferimento di contributi finanziari e di altri mezzi utilizzabili per lo svolgimento dei compiti dei gruppi consiliari sia sottoposto a forme di controllo piu' severe e piu' efficaci di quelle attualmente previste, le quali, pur nel rispetto delle imprescindibili esigenze di autonomia garantite ai gruppi consiliari, siano soprattutto dirette ad assicurare che i mezzi apprestati vengano utilizzati per le finalita' effettivamente indicate dalla legge.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale della legge della Regione Lombardia, riapprovata il 5 marzo 1987, intitolata "Modifica alla L. R. 27 ottobre 1972, n. 34 concernente provvidenze e contributi per il funzionamento dei gruppi consiliari ed alla L. R. 23 giugno 1977 n. 31 relativa all'assegnazione di personale ai gruppi consiliari", sollevata con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento all'art. 97 della Costituzione. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C1974