N. 1136 ORDINANZA 14 - 22 dicembre 1988
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Avvocato e procuratore - Abbandono di difesa dell'imputato - Sottoposizione del difensore a duplice procedimento disciplinare innanzi alla sezione istruttoria della corte d'appello e al consiglio dell'ordine - Incertezza circa il épetitum - Manifesta inammissibilita'. (Cod. proc. pen., art. 131; d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, art. 1). (Cost., artt. 3 e 24)(GU n.1 del 4-1-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 131 del codice di procedura penale e dell'art. 1 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione, transitorie e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni al codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1987 dalla Sezione istruttoria della Corte d'appello di Messina nel procedimento relativo ad Autru Ryolo Luigi ed altri, iscritta al n. 63 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso; Ritenuto che la Sezione istruttoria della Corte d'appello di Messina, con ordinanza del 3 novembre 1987, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 131 del codice di procedura penale e dell'art.1 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione, transitorie e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni al codice di procedura penale), perche' "lo stesso fatto di cui si fa colpa al difensore, cioe' l'abbandono di difesa dell'imputato, da' luogo alla simultanea apertura di due distinti procedimenti della medesima natura (disciplinare), che seguono ciascuno la propria via davanti a organi costituzionalmente diversi e non collegati fra di loro (Consiglio dell'ordine e Sezione istruttoria), ma con poteri ugualmente afflittivi (sanzioni disciplinari) nei confronti dell'inquisito", pur essendo identico il fatto addebitato ed identiche "la struttura e la funzione dei due giudizi"; e che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata; Considerato che l'ordinanza di rimessione, nel dolersi della "duplicazione" dei giudizi disciplinari, non permette di individuare con sicurezza il petitum effettivamente avuto di mira dal giudice a quo, oscillandosi in essa fra la richiesta (insita nell'affermazione che "con siffatta soluzione di compromesso... il legislatore del 1955 - riconoscendo l'autonomia istituzionale dell'ordine forense, ma al tempo stesso mortificandola con l'antica diffidenza - venne a introdurre nel sistema quell'inutile, dannoso e illogico doppione di procedimento disciplinare") di annullare la norma che, in relazione ai casi di "abbandono della difesa" dell'imputato, legittima ad irrogare l'eventuale sanzione disciplinare il consiglio dell'ordine forense, annullamento che avrebbe l'effetto di conservare la relativa competenza alla sola sezione istruttoria della Corte d'appello, e la richiesta (insita nelle restanti parti della motivazione, oltreche' nel dispositivo dell'ordinanza) di annullare la norma che, in relazione agli stessi casi, legittima ad irrogare l'eventuale sanzione disciplinare la sezione istruttoria della corte d'appello, annullamento che avrebbe l'effetto di conservare la relativa competenza al solo consiglio dell'ordine forense; e che, quindi, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (v. sentenze n. 164 del 1985 e n. 67 del 1984); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 131 del codice di procedura penale e dell'art. 1 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione, transitorie e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni al codice di procedura penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Sezione istruttoria della Corte d'appello di Messina con ordinanza del 3 novembre 1987. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: CONSO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI 88C1980