N. 803 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 aprile - 10 dicembre 1988

                                 N. 803
 Ordinanza   emessa   il   14   aprile   1988  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 10 dicembre 1988) dalla commissione  tributaria  di
 primo  grado di Roma sul ricorso proposto da Di Girolamo Maria contro
 il secondo ufficio registro atti pubblici di Roma.
 Imposta  Invim  - Esenzione dall'imposta per gli incrementi di valore
 conseguenti ad alienazione a titolo oneroso di  fabbricato  destinato
 ad  abitazione  non  di  lusso  nell'ipotesi che l'alienante dichiari
 nell'atto di acquisto che il corrispettivo e' destinato all'acquisto,
 entro  un  anno  dalla data del trasferimento, di altro fabbricato da
 destinare a propria abitazione - Perdita del beneficio  per  chi  non
 reimpieghi  per l'acquisto l'intera somma ricavata, senza distinzione
 tra chi la reimpieghi in grande o in minima parte o non la reimpieghi
 affatto  - Irrazionalita' Trattamento deteriore dei contribuenti meno
 abbienti.
 (Legge 22 aprile 1982, n. 643, art. 3, secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.3 del 18-1-1989 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente decisione sul ricorso di Di Girolamo
 Maria contro il secondo ufficio registro atti pubblici di Roma.
    Oggetto: Esenzione Invim.
    Con  ricorso  depositato  il  6  dicembre  1985  Maria Di Girolamo
 esponeva di aver venduto con atto del 25 febbraio 1983, registrato  a
 Roma  il 17 marzo 1983 al n. 12727/1A, un appartamento in Roma per il
 prezzo di L. 89.000.000, chiedendo l'esenzione  dall'Invim  ai  sensi
 dell'art.  3, secondo comma, della legge 22 aprile 1982, n. 168, fino
 alla concorrenza della somma di L.  68.000.000,  da  reinvestire  nei
 termini di legge nell'acquisto di altro appartamento in Roma;
      che  tale  investimento era in effetti avvenuto con pagamento da
 parte sua dell'Invim sull'importo costituente la  differenza  tra  il
 valore poi accertato e resosi definitivo (L. 119.250.000) e il prezzo
 dichiarato;
      che  peraltro  l'ufficio  del  registro,  accertato che la somma
 reimpiegata  nell'atto  di  acquisto  risultava  inferiore  a  quella
 dichiarata  nell'atto  di  vendita,  aveva liquidato l'imposta di cui
 sopra sull'intero valore, applicando altresi' le  penalita'  previste
 dalla legge;
      che  il  relativo  avviso  di  liquidazione  era illegittimo, in
 quanto l'interpretazione  seguita  dall'ufficio  contrastava  con  lo
 spirito della legge;
      che,   diversamente   opinando,   la   norma   doveva  ritenersi
 costituzionalmente illegittima, per  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione.
    L'ufficio non controdeduceva.
    Cio'  premesso,  la  commissione  osserva  che  l'art.  3  citato,
 subordinando  la  permanenza  del  beneficio  di  cui  trattasi  alla
 condizione   che   il   corrispettivo  "venga  destinato  interamente
 all'acquisto", non e' evidentemente suscettibile  di  interpretazione
 diversa da quella seguita dall'ufficio.
    Peraltro   l'eccezione   di  incostituzionalita'  sollevata  dalla
 ricorrente non appare manifestamente infondata.
    Sembra  infatti  contrastare con l'art. 3 della Costituzione da un
 lato  il  diverso  trattamento,  che  non  trova   alcuna   razionale
 giustificazione,  usato  dalla  legge  in  esame  nei  confronti  dei
 contribuenti meno abbienti, che per acquistare un immobile confacente
 alle loro esigenze sono costretti, per usufruire dell'agevolazione di
 cui trattasi, a spendere per l'acquisto una somma superiore a  quella
 ricavata dalla vendita: il che si verifica, per ovvi motivi, anche se
 l'appartamento acquistato ha l'identico prezzo di quello  venduto;  e
 dall'altro  la  previsione,  anch'essa  irrazionale,  di una identica
 sanzione, e cioe' la totale decadenza  dal  beneficio,  sia  per  chi
 reimpiega  gran  parte  (come  nel  caso  in  esame) o quasi tutto il
 corrispettivo conseguito, sia per chi lo  reimpiega  solo  in  minima
 parte o non lo reimpiega affatto.
    E'  indubbia  la  rilevanza  nella specie della detta questione di
 costituzionalita', in quanto il ricorso potra' eventualmente  trovare
 accoglimento  solo  nel  caso di dichiarazione di incostituzionalita'
 dell'art. 3 citato.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma,  della  legge
 22 aprile 1982, n. 643, in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina   che,  a  cura  della  segreteria,  copia  della  presente
 ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e che di essa sia data comunicazione ai Presidenti delle due
 Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Roma il 14 aprile 1988
              Il presidente-relatore: (firma illeggibile)

 88C1987