N. 810 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 ottobre 1988

                                 N. 810
  Ordinanza emessa il 4 ottobre 1988 dal tribunale militare di Padova
          nel procedimento penale a carico di Meloni Giovanni
 Reato  militare  - Deterioramento colposo di beni mobili appartenenti
 all'amministrazione militare - Eccessiva afflittivita' della prevista
 reclusione   militare  -  Ingiustificato  deteriore  trattamento  del
 militare rispetto agli altri cittadini per i quali non e' previsto il
 reato   di   danneggiamento   colposo   -   Limitazione  dei  diritti
 fondamentali  della  persona   e   della   liberta'   personale   non
 giustificabile  per le esigenze di difesa della nazione Riferimento a
 ordinanza   Corte   costituzionale   n.   585/1988    di    manifesta
 inammissibilita'  di  identica questione, ritenuta superabile in base
 ai nuovi argomenti addotti.
 (C.p.m.p., art. 170, in relazione al c.p.m.p. art. 169).
 (Cost., artt. 2, 3, 13 e 52, terzo comma).
(GU n.3 del 18-1-1989 )
                         IL TRIBUNALE MILITARE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nella causa contro Meloni
 Giovanni, nato il 24 giugno 1967 a Ilbono (Nuoro), atto di nascita n.
 2/1›-A,  ivi  residente  in via Lanusei n. 19, celibe, seconda media,
 manovale, impossidente, incensurato, soldato  in  congedo,  gia'  nel
 184›  gruppo  artiglieria  pesante  campale  "Filottrano"  in Padova;
 libero, imputato di deterioramente colposo nei mobili militari (artt.
 169  e  170  del  c.p.m.p.)  perche',  nella  caserma  sede  del 184›
 gr.a.pe.cam. "Filottrano" in Padova, il 25 aprile  1987,  mentre  era
 alla guida dell'auto da ricognizione AR/76 - EI 083AC, per imperizia,
 provocava il ribaltamento del veicolo cagionandogli un  danno  di  L.
 3.248.700;
                      RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
    A   conclusione  del  dibattimento  del  1›  ottobre  1987  questo
 tribunale ha sollevato questione di costituzionalita'  dell'art.  170
 del  c.p.m.p.,  in  relazione agli artt. 2, 3, 13 e 52, ultimo comma,
 della Costituzione.
    Con  ordinanza  19  maggio  1988, n. 585, la Corte costituzionale,
 richiamandosi alle considerazioni gia'  svolte  con  la  sentenza  23
 luglio  1987,  n.  280,  ha dichiarato la "manifesta inammissibilia'"
 della questione sollevata  da  questo  tribunale:  le  argomentazioni
 contenute  nell'ordinanza  di  rimessione  sono apparse alla Corte un
 insieme di contraddizioni, tale da  rendere  impossibile  una  sicura
 individuazione  dei  veri  termini  del  petitum,  e da rappresentare
 quindi un insuperabile ostacolo all'esame nel merito della  questione
 stessa.
    A  conclusione  dell'odierno  dibattimento,  nel quale sono ancora
 emersi a carico del soldato Meloni gli estremi del contestato  reato,
 questo  giudice  ritiene  di  doversi  adoperare in modo da eliminare
 quelle  incertezze  che  sinora  non  hanno  permesso   una   normale
 conclusione del procedimento incidentale dinanzi alla Corte.
    Emergono  dei dubbi circa la legittimita' costituzionale dell'art.
 170 del  c.p.m.p.,  in  relazione  all'art.  169  del  c.p.m.p.,  che
 penalizza  la  distruzione  ed il deterioramento colposo di qualsiasi
 cosa mobile appartenente all'amministrazione militare.
    A   tal   riguardo,   viene  innanzitutto  in  rilievo  che  manca
 nell'ordinamento penale comune una norma incriminatrice  che  in  via
 generale  punisca  il danneggiamento colposo di qualsiasi cosa mobile
 altrui, o specificamente appartenente alla pubblica  amministrazione.
 Il danneggiamento colposo e' configurato come reato solo quando venga
 a riguardare cose di particolare interesse (come del resto  riconosce
 la  stessa  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n. 104/1976): i
 monumenti o le altre cose di pregio archeologico, storico o artistico
 (art.  733  del  c.p.);  le  cose dell'azienda delle ff.ss. (articolo
 unico della legge 20 marzo 1968,  n.  304,  ora  tramutato  da  norma
 penale in precetto amministrativo).
    La  regola,  espressa  per  l'appunto  dall'art. 170 del c.p.m.p.,
 secondo cui nella legislazione penale militare viene,  al  contrario,
 punito il deterioramento colposo, ad opera del militare, di qualsiasi
 cosa  mobile  appartenente  all'amministrazione  militare,  mette  in
 evidenza  un'ingiustificata  diversita'  di  trattamento  a danno del
 militare (art. 3 della Costituzione), dal momento che non e' in alcun
 modo  sostenibile  che  ogni  cosa,  dalla piu' comune (la penna biro
 della fureria ed il bicchiere del refettorio) alla piu' specializzata
 (il  carro  armato)  e  sofisticata (il computer), assuma particolare
 valore   per   il   sol   fatto    di    entrare    nel    patrimonio
 dell'amministrazione militare.
    D'altra    parte,    se    l'appartenenza    delle    varie   cose
 all'amministrazione  militare  fosse  realmente  il   segno   di   un
 particolare  interesse  insito  nelle  medesime,  il  legislatore non
 avrebbe esitato a configurare i  reati  militari  in  questione  come
 realizzabili da chiunque, e non dal solo militare.
    L'avvocatura  dello  Stato,  a  sostegno  dell'infondatezza  della
 questione nel procedimento conclusosi con la gia' citata sentenza  n.
 280/1987,  si  e'  richiamata  alla  previsione  dell'art.  52  della
 Costituzione, per cui "l'interesse costituzionale  di  assicurare  il
 regolare   svolgimento   del   servizio  militare"  consentirebbe  al
 legislatore  "non  solo  di  introdurre  limitazioni,  ma  anche   di
 sanzionare  penalmente  i fatti colposi ex art. 170 del c.p.m.p.". Ma
 il problema, a parere di questo tribunale, non puo' esaurirsi con  la
 constatazione dell'esistenza di tale interesse, dal momento che, come
 la stessa  Corte  costituzionale  ha  statuito  con  le  sentenze  n.
 126/1985  (in  materia  penale  militare)  e  n. 278/1987 (in materia
 processualmente  militare),  e'   necessario   che   la   tutela   di
 interessi-valori   costituzionalmente   riconosciuti   avvenga  senza
 eccessi,  nel  rispetto   della   complessiva   gerarchia   esistente
 nell'ambito  della  Costituzione.  A  questa  esigenza, del resto, si
 informa la legge 11 luglio 1978, n. 382  (norme  di  principio  sulla
 disciplina  militare),  la  cui  norma-base  (art.  3)  sancisce  che
 "limitazioni all'esercizio di diritti" e l'"osservanza di particolari
 doveri"  possano con legge essere imposte al militare quanto cio' sia
 veramente necessario per "garantire l'assolvimento dei compiti propri
 delle forze armate".
    Il diritto di liberta' personale (artt. 2 e 13 della Costituzione)
 non  puo'  non  competere  anche  al   militare,   tanto   piu'   che
 l'ordinamento  militare deve informarsi (art. 52, ultimo comma, della
 Costituzione) ai principi basilari della Repubblica. Pertanto,  anche
 la  normazione penale militare, in quanto previsione legislativa, per
 la  tutela  di  beni  giuridici  militari,  di  specifiche   sanzioni
 limitative  di questo diritto, non puo' non procedere secondo criteri
 che rispettino la reciproca importanza dei vari valori che vengono in
 considerazione.  Quindi,  nella  materia  militare  non  puo'  essere
 penalizzato, in nome dell'"interesse costituzionale di assicurare  il
 regolare  svolgimento  del  servizio  militare",  qualsiasi fatto che
 realizzi una, anche minima, trasgressione dell'articolata e capillare
 deontologia  militare,  ma solamente quelle condotte che, considerate
 nella loro materialita' e nell'elemento soggettivo, abbiano una certa
 importanza  lesiva,  degna  di  essere  comparata  con  il bene della
 liberta'  personale  che  con  la  sanzione  viene  a  subire   delle
 limitazioni.   E,   secondo   questo  tribunale,  e'  violata  questa
 proporzione quando  viene  penalmente  sanzionato  il  danneggiamento
 meramente  colposo,  ad  opera del militare, di qualsiasi cosa mobile
 appartenente all'amministrazione militare.
    Per  questo  reato  e'  prevista  la reclusione militare, e quindi
 sanzione direttamente limitativa  della  liberta'  personale.  Ma  la
 censura  di  incostituzionalita' - lo si precisa con riferimento alle
 osservazioni svolte dalla Corte costituzionale con l'ordinanza che ha
 concluso   per  la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  -,
 riguarderebbe la norma incriminatrice anche qualora questa stabilisse
 una  pena  pecuniaria,  la cui inosservanza e' a sua volta punita con
 misura limitativa della liberta' personale, pur  surrogabile  con  il
 lavoro sostitutivo (art. 102 della legge 24 novembre 1981, n. 689).
    Dubbi   di   incostituzionalita'   (che  sin  qui  sono  scaturiti
 principalmente dal  confronto  con  la  legislazione  penale  comune)
 insorgono  anche  se  la  norma  dell'art.  170  del  c.p.m.p.  viene
 considerata in relazione ad altre disposizioni penali militari.  V'e'
 da  notare,  innanzitutto,  che  la  distruzione ed il danneggiamento
 colposo delle cose mobili di maggior valore  economico  ed  operativo
 (navi,  aeromobili,  convogli)  e' principalmente affidato a speciali
 norme incriminatrici (artt. 167, terzo comma, 106,  108  e  109,  del
 c.p.m.p.); per cui risulta ancor piu' evidente la sostanziale modesta
 lesivita'; - cui si e' correlata l'ipotesi di violazione degli  artt.
 2  e  13  della  Costituzione  -,  dei fatti, colposi, compresi nella
 previsione dell'art. 170 del c.p.m.p. Inoltre,  considerando  che  il
 militare,   particolarmente   in   servizio   di  leva,  per  ragioni
 addestrative e' costretto a maneggiare  ed  utilizzare  cose  di  cui
 ancora   non  conosce  bene  il  funzionamento,  e  che  quindi  puo'
 facilmente danneggiare, non sembra giustificabile, sotto  il  profilo
 del  principio di uguaglianza, che per i fatti previsti dall'art. 170
 del c.p.m.p. dalla nozione di  colpa  non  sia  esclusa  l'imperizia,
 nella  specie contestata all'imputato, mentre proprio in questo senso
 stabilisce l'art. 106, terzo comma, del c.p.m.p. per  analoghi  fatti
 riguardanti gli aeromobili.
    In  definitiva,  per le suesposte ragioni questo tribunale ritiene
 ancora non manifestamente infondata la questione di costituzionalita'
 dell'art. 170, in riferimento all'art. 169 del c.p.m.p., in relazione
 agli artt. 2, 3, 13 e 52, terzo comma, della Costituzione.
                                P. Q. M.
    Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  non manifestamente infondata e rilevante la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 170 del c.p.m.p.  in  relazione
 all'art.  169  del  c.p.m.p.  in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 52,
 terzo comma, della Costituzione;
    Dispone la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  copia  della  presente ordinanza sia notificata alle
 parti ed al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e  comunicata  ai
 Presidenti dei due rami del Parlamento.
      Padova, addi' 4 ottobre 1988
                          Il presidente: ROSIN

 88C1994