N. 203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 ottobre 1988
N. 203 Ordinanza emessa il 4 ottobre 1988 dal pretore di Modena nel procedimento civile vertente tra Gherardi Venio e il Ministero dell'interno Previdenza e assistenza sociale - Norme a favore di mutilati ed invalidi civili - Domanda di assegnazione dell'indennita' di accompagnamento - Decesso dell'istante prima dell'accertamento medico-legale dello stato invalidante - Esclusione del diritto degli eredi a parcepire le quote della prestazione assistenziale dalla data della domanda a quella della morte - Attribuzione dell'accertamento medico-legale di una (non pertinente) efficacia costitutiva con conseguente esclusione della possibilita' di far valere incondizionatamente in giudizio un diritto costituzionalmente garantito - Disparita' di trattamento per gli eredi dei mutilati ed invalidi civili totalmente inabili rispetto ad altri aventi diritto a diversa prestazione previdenziale o assistenziale. (Legge 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, ultimo comma, interpretato della legge 13 dicembre 1986, n. 912, art. 1, primo comma). (Cost., artt. 3, 24 e 38).(GU n.17 del 26-4-1989 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa relativa a controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, iscritta al n. 602 dell'anno 1987 del ruolo generale delle controversie in materia di lavoro promossa da Gherardi Venio, residente in Novi di Modena, rappresentato e difeso dal proc. avv. Alberto Mori e presso di lui, in Modena, viale Nicola Fabrizi 119, elettivamente domiciliato, attore, contro il Ministero dell'interno, in persona del Ministro dell'interno in carica, rappresentato e difeso per legge dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna e negli uffici di detta avvocatura distrettuale, in Bologna, via Marsala, 19, legalmente domiciliato, convenuto. In punto a: pagamento somma a titolo di indennita' di accompagnamento per invalidi civili; All'esito dell'udienza del giorno 27 settembre 1988 fissata per la discussione orale e per la decisione della causa; Esaminati gli atti del processo ed i documenti prodotti dalla parte attrice; Sentiti i rappresentanti delle parti; A scioglimento della riserva formulata; O S S E R V A L'attore, nella sua qualita' di figlio ed erede di Era Malagoli, deceduta il 24 febbraio 1985, ha proposto domanda di condanna del Ministero dell'interno al pagamento della somma complessiva che avrebbe dovuto essere corrisposta in vita alla madre, a titolo di indennita' di accompagnamento di cui all'art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 113, se fosse stata accolta la domanda di assegnazione dell'indennita' presentata da Era Malagoli il 31 ottobre 1984. L'indennita' non fu pero' concessa alla dante causa dell'attore che ne aveva fatto domanda, ne' in luogo di essa ai suoi eredi, per essere la Malagoli deceduta prima che la competente commissione sanitaria avesse accertato che ella si trovava effettivamente nello stato di totale inabilita' lavorativa e nelle altre speciali condizioni di invalidita' richieste dalla legge perche' sorga il diritto alla prestazione assistenziale. Sostiene infatti il Ministero dell'interno che la ricorrenza dei presupposti del diritto all'indennita' di accompagnamento, come della pensione di inabilita' per gli invalidi civili, deve essere necessariamente accertata dall'organo amministrativo competente finche' l'invalido sia ancora in vita, come condizione indispensabile per la nascita del diritto a percepirla e per la conseguente trasmissione di detto diritto agli eredi, cio' ai sensi dell'art. 12, ultimo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118. Essendo stata disposta una consulenza medico-legale, atteso il risultato delle indagini peritali e l'argomentato parere espresso dal consulente tecnico di ufficio, puo' dirsi peraltro accertato nel corso del giudizio che Era Malagoli, in eta' di anni settantanove, allorche' sollecito' l'assegnazione dell'indennita' di accompagnamento e da allora sino al momento della morte, era totalmente inabile al lavoro ed altresi' nell'impossibilita' di autonoma deambulazione e bisognevole di continua assistenza perche' non in grado di compiere da sola gli atti quotidiani della vita. La Malagoli era invero affetta da neoplasia rettale, malattia che era stata trattata ex iuvantibus con un intervento chirurgico di sigmoidostonia a sperone e che si era instaurata in un soggetto diabetico, obeso e colpito dalla sindrome di Parkinson. Essendo certo che, se la madre dell'attore fosse stata sottoposta prima della morte agli accertamenti del caso, il suo diritto alla prestazione assistenziale invocata non avrebbe potuto non essere riconosciuto, l'esistenza del diritto e la successione in esso del figlio ed erede dipendono peraltro dalla conclusione alla quale si pervenga circa la necessita' che l'accertamento dello stato invalidante intervenga prima del decesso dell'invalido, ovvero della possibilita' che l'accertamento in questione possa essere compiuto anche successivamente, sia in sede amministrativa che giudiziaria, utilizzando ogni idoneo mezzo di prova, senza alcuna limitazione non rinvenendosi al riguardo alcuna limitazione nella legge e salva la ripartizione dell'onere relativo ai sensi dell'art. 2697 del c.c. Con le sue precedenti pronunce, tutte peraltro anteriori alla legge 13 dicembre 1986, n. 912, di cui si dira' (vedasi in particolare pretore Modena sentenza 4 maggio 1985 emessa nella causa Piccinini c/Ministero dell'interno in Sicur. soc. 1986, 440), il decidente aveva affermato che, qualora l'accertamento delle condizioni di minorazione da parte delle competenti commissioni sanitarie non fosse stato eseguito prima della morte del soggetto che l'erogazione della prestazione aveva sollecitato, e fosse stata altresi' omessa per il sopravvenuto decesso dell'interessata, non viene meno il gia' sorto diritto di questo alla pensione di inabilita' di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, che fosse stato tempestivamente esercitato, ancorche' non riconosciuto dalla pubblica amministrazione, cosicche' detto diritto si trasferisce agli eredi, ai quali incombe l'onere di dare la prova dei suoi elementi costitutivi con qualsiasi mezzo idoneo. Era stata infatti ritenuta preferibile, anzi doverosa, ed accolta l'interpretazione dell'ultimo dell'art. 12 che fosse non in contrasto, ma piuttosto in perfetta concordanza, con i principi costituzionali desumibili dagli artt. 24, primo comma, 25, primo comma, e 38, primo comma, della Costituzione. Era stato in particolare rifiutato il principio affermato dalla Corte suprema (Cass. sez. lav. 2 dicembre 1983, n. 7220) in relazione ad una disposizione affine (art. 6 della legge 6 agosto 1966, n. 625). La Corte, pronunciandosi sulla trasmissibilita' agli eredi del diritto all'assegno di sussistenza nel caso di morte dell'invalido in epoca successiva al riconoscimento dell'invalidita', ma anteriormente all'emissione dell'atto amministrativo attributivo dell'assegno, aveva escluso che si fosse verificata l'acquisizione del diritto alla prestazione nel patrimonio dell'interessato deceduto e la sua conseguente trasmissione agli eredi. L'art. 12 del 1971 era stato ritenuto non ostativo alla conservazione ed alla trasmissione mortis causa del diritto alla prestazione assistenziale, nel caso di morte dell'invalido prima dell'accertamento medico-legale necessario per stabilirne l'effettiva invalidita', nonostante che il primo comma richieda, come condizione per la concessione della pensione, l'avvenuto accertamento della totale inabilita' lavorativa e l'ultimo comma riconoscesse (come riconosce ancora) il diritto degli eredi alle quote maturate della pensione solo nel caso di decesso dell'interessato successivo al riconoscimento dell'invalidita'. Fu dato rilievo ai fini ermeneutici: 1) alla decorrenza della pensione, riferita alla data della presentazione della domanda e non alla data del riconoscimento dell'inabilita' lavorativa del richiedente, come disponeva invece la legge 625 del 1966; 2) alla nascita del diritto alla prestazione per effetto dell'esistenza obbiettiva dei suoi presupposti, quindi allo stato di bisogno al quale la legge intende sovvenire e non dell'accertamento di tale stato, accertamento avente valore meramente dichiarativo e natura di atto di citazione e quindi bensi' necessario, ma non di per se' stesso determinante, ne' insostituibile; 3) alla incongruita' di una situazione giuridica di diritto soggettivo costituzionalmente garantito (art. 38, primo comma, della Costituzione) la cui realizzazione dipenda dalla tempestivita' dell'azione amministrativa di accertamento e sia quindi rimessa alla discrezionalita' ed all'efficienza (in sostanza all'arbitrio) dell'autorita' amministrativa; 4) al principio, reiteratamente affermato dalla Corte suprema in materia di previdenza sociale, principio ritenuto estensibile anche all'affine campo dell'assistenza sociale obbligatoria, secondo il quale il diritto alle prestazioni relative deriva direttamente dalla legge, in presenza dei requisiti da essa stabiliti, con l'obbligo della erogazione delle prestazioni dopo che, non la presentazione della domanda, ne sia stata posta in essere l'indispensabile condicio iuris. A tale conclusione non e' pero' piu' dato pervenire una volta che, con la legge 13 dicembre 1986, n. 912, e' stata data l'interpretazione autentica, vincolante per il giudice, dell'art. 12, ultimo comma, della legge n. 118/1971. Il legislatore ha sovranamente disposto che la detta norma deve intendersi nel senso che gli eredi del mutilato od invalido civile, deceduto successivamente al riconoscimento dell'inabilita', hanno diritto di percepire le quote di pensione gia' maturate dall'interessato alla data del decesso, anche se il decesso stesso sia intervenuto prima della deliberazione concessiva del comitato provinciale di assistenza e di beneficenza pubblica, ferma restando la necessita' della deliberazione stessa. La norma interpretativa, che ribadisce e quindi comporta la necessita' del riconoscimento dello stato di inabilita' anteriormente al decesso, confermando la trasmissione agli eredi del diritto alle quote di pensione maturate solo se la morte dell'invalido si sia verificata dopo l'avvenuto accertamento sanitario della sua totale inabilita' lavorativa, distingue e regola diversamente l'ipotesi in cui il decesso sia avvenuto soltanto prima della deliberazione di concessione del comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica di cui al successivo art. 14, primo comma. Essa rende pertanto palese e non diversamente intellegibile la volonta' del legislatore di escludere il diritto degli eredi alle quote della prestazione assistenziale maturate tra la data della domanda e quella del decesso qualora l'invalido sia deceduto prima dell'accertamento sanitario delle condizioni di menomazione stabilite dalla legge quale presupposto del diritto alla prestazione. Esplicita quindi la volonta' di subordinare, non la conservazione, ma l'esistenza stessa del diritto dell'invalido civile all'accertamento dell'invalidita' da parte degli organi amministrativi all'uopo istituiti, accertamento eseguibile soltanto se e fino a quando l'interessato sia ancora in vita. La lettera della legge interpretativa, contenente la significativa reiterazione della previsione del decesso successivo al riconoscimento dell'inabilita', e la sua ratio legis, desumibile dalla distinzione fatta e sopra evidenziata dei casi di decesso intervenuto prima della deliberazione del comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica, non consentono una soluzione ermeneutica diversa da quella delineata ed impongono al decidente di porsi la questione della conformita' ai principi costituzionali dell'art. 12, quato comma, del 1971, cosi' come autenticamente interpretato nel 1986. La questione di legittimita' costituzionale prospettata non appare manifestamente infondata. E' gia' stato rilevato come per l'art. 38, primo comma, della Costituzione ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere abbia diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. Dai lavori preparatori e' dato desumere con certezza che il legislatore costituente ha imposto allo Stato un obbligo generale ed incondizionato di provvedere al mantenimento, oltre che all'assistenza dei cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi occorrenti per il soddisfacimento delle fondamentali esigenze di vita, obbligo al quale corrisponde una situazione giuridica di diritto soggettivo di coloro che si trovino nelle condizioni previste dalla norma costituzionale. Di diritto del resto, in relazione al disposto dell'art. 38, primo comma, ha parlato la stessa Corte costituzionale (sentenza n. 92/1966) riconoscendo che il diritto al mantenimento ed all'assistenza costituisce il contenuto di una pretesa attribuita ad ogni cittadino il quale sia invalido al lavoro e sfornito dei mezzi di sussistenza. Le provvidenze istituite in favore dei mutilati ed invalidi civili con le leggi 30 marzo 1971, n. 118, e 11 febbraio 1980, n. 18, costituiscono attuazione del dettato costituzionale da parte del legislatore ordinario. Orbene una sistuazione giuridica di diritto soggettivo, quale deve essere quella in esame, e' incompatibile con la rilevanza determinante attribuita dalla legge all'accertamento amministrativo in vita dello stato di invalidita', quale condizione perche' venga ad esistenza e divenga quindi trasmissibile mortis causa il diritto alla prestazione. Questo viene a dipendere, non tanto da una circostanza casuale, (la data della morte) quanto dal modo e dal tempo, assolutamente discrezionale, dell'esercizio dell'attivita' amministrativa, nonche' dall'efficienza e dalla solerzia della pubblica amministrazione, alla quale e' attribuito il potere (insindacabile) di disporre della pretesa dell'invalido e delle sue ragioni di credito omettendo o procastinando sino al decesso l'accertamento dovuto. Non occorrono altri argomenti per dimostrare il valore costitutivo, indiscutibilmente attribuito all'accertamento dalla legge interpretativa, espressione insostituibile di discrezionalita' amministrativa e non esercizio di mera discrezionalita' tecnica suscettibile di pieno controllo di merito o di accertamento sostitutivo da parte del giudice ordinario, al quale e' consentito anche nei confronti della pubblica amministrazione di accertare i presupposti del diritto avanti a lui fatto valere dal privato, non sia in linea con il dettato costituzionale, derivandone per l'invalido e per i suoi eredi una situazione giuridica di rango inferiore, perche' non direttamente tutelata, rispetto a quella che ad essi invece compete. Non solo l'esistenza, ma anche realizzazione ope iudicis del diritto e' impedita dalla necessita' che l'accertamento (positivo) dello stato invalidante intervenga prima della morte dell'interessato. I suoi eredi infatti non possono agire (utilmente) in giudizio perche' l'autorita' giudiziaria supplisca all'inattivita' dei competenti organi amministrativi, ovvero ne corregga l'apprezzamento tecnico negativo, se erroneo. E' ipotizzabile dunque la violazione, in danno degli eredi dell'invalido civile, del disposto dell'art. 24, primo comma, della Costituzione, il quale stabilisce che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. Il diritto alla tutela giurisdizionale costituzionalmente garantito non e' attuato qualora l'azione avanti all'autorita' giudiziaria sia resa inutile da una struttura della fattispecie legale che impedisca la cognizione del giudice sugli accertamenti compiuti in sede amministrativa, cosi' da rendere il risultato di detti accertamenti insindacabile e/o insostituibile. L'esistenza di un diritto implica, in virtu' dell'art. 24, primo comma, della Costituzione, la possibilita' di farlo valere avanti l'autorita' giudiziaria con i mezzi offerti in generale dall'ordinamento giuridico, possibilita' che e' compromessa quando sia limitata la liberta' di apprezzamento del giudice su un punto fondamentale della controversia (cosi' Corte costituzionale sentenza n. 70/1961), ovvero quando l'accertamento dell'esistenza del diritto sia demandata ad un organo amministrativo, senza possibilita' di un controllo di merito da parte del giudice e con esclusione di ogni potere di decisione sullo specifico oggetto della controversia (cosi' Corte costituzionale sentenza n. 142/1974). A maggior ragione va ritenuto violato il dettato dell'art. 24, primo comma, quando, per il valore costitutivo attribuito dal legislatore ad un atto dell'autorita' amministrativa il giudice non puo' autonomamente accertarne i presupposti, ovviando all'omissione od all'errore di ricognizione e/o di valutazione della realta' obbiettiva in cui sono incorsi gli organi tecnici della pubblica amministrazione, ma debba necessariamente dichiarare, quale conseguenza dell'omissione o dell'errore, inesistente il diritto avanti a lui fatto valere. Infine le norme della cui legittimita' costituzionale si scrutina non appare neppure conforme al fondamentale principio di uguaglianza (art. 3, primo comma, della Costituzione) in considerazione del diverso e deteriore trattamento, in raffronto alla situazione giuridica degli eredi degli aventi diritto o degli aspiranti ad altre prestazioni previdenziali o assistenziali, riservato dalla legge agli eredi dell'invalido civile per effetto della prescritta necessita' del decesso del loro dante causa successivamente al riconoscimento dell'inabilita'. Infatti gli eredi del mutilato od invalido civile, nei confronti dei quali non puo' trovare applicazione il silenzio-rifiuto istituito con l'art. 7 della legge 11 agosto 1973, n. 533, atteso il valore costitutivo dell'accertamento in vita (e soltanto dell'accertamento in vita) dell'inabilita', sono gli unici, oltre agli eredi dei soggetti affetti da sordomutismo di cui all'art. 7, ultimo comma, della legge 26 maggio 1970, n. 381 (questi ultimi per effetto dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 912/1986) a subire un irreparabile pregiudizio delle loro ragioni successorie ed ad essere privati del diritto di percepire, in luogo del de cuius, quanto a questo avrebbe dovuto essere e non e' stato corrisposto prima del decesso. In relazione a nessuna altra prestazione attinente ad una forma di previdenza ed assistenza obbligatoria, salvo quelle dianze indicate, e' dalla legge stabilita una condizione tanto pregiudizievole del diritto di succedere in tutti gli elementi patrimoniali attivi dell'eredita' ed in particolare nel diritto alle quote maturate della prestazione assistenziale. La situazione giuridica di particolare sfavore nella quale sono posti gli eredi dei mutilati ed invalidi civili appare priva di ogni razionale giustificazione e costituisce una disuguaglianza disposta per legge che deriva unicamente dalla loro condizione personale e sociale di aventi causa iure successionis da un mutilato o da un invalido civile (o da un soggetto affetto da sordomutismo) anziche' da un qualsiasi altro avente diritto ad una prestazione previdenziale o assistenziale che l'abbia richiesta e non l'abbia ottenuta prima della morte. Sotto ognuno dei tre profili di legittimita' costituzionale esaminati la questione di costituzionalita' dell'art. 12, ultimo comma, merita di essere portata al vaglio della Corte costituzionale. La questione e' infatti rilevante, ancorche' oggetto della domanda attrice sia l'indennita' di accompagnamento di cui all'art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 118 e non la pensione di inabilita' prevista dall'art. 12 della legge n. 18, in considerazione del richiamo all'anteriore testo legislativo, in particolare agli articoli 2, 7 e 12, contenuto nell'art. 1 della legge del 1980. Quest'ultimo del resto dispone anch'esso esplicitamente, alla pari dell'art. 12, primo comma, del 1971, che l'indennita' di accompagnamento sia concessa, ancorche' al solo titolo della minorazione, ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili nei cui confronti le commissioni sanitarie competenti all'accertamento della loro totale inabilita' abbiano altresi' accertato la ricorrenza delle ulteriori speciali condizioni di menomazione fisica o psichica stabilita dal legislatore. Se ne deve inferire un rinvio generalizzato della legge del 1980 a quella fondamentale del 1971, salvo per quanto da quella posteriore diversamente disposto, quindi l'estensibilita' dell'art. 12, ultimo comma, anche agli eredi di coloro che abbiano sollecitato e non ottenuto in vita l'assegnazione dell'indennita' di accompagnamento anziche' della pensione di inabilita'. Solo in caso di riconoscimento della fondatezza della questione di costituzionalita' sollevata e di conseguente dichiarazione di illegittimita' costituzionale della disposizione di legge incriminata, potrebbe essere accolta la domanda attrice, che in caso contrario sarebbe infondata ed andrebbe respinta. La soluzione della questione e' dunque pregiudiziale alla decisione di merito. La sua riconosciuta pregiudizialita' rende necessario il promuovimento del giudizio incidentale di costituzionalita', con la rimessione agli atti alla Corte costituzionale e la sua sospensione del processo.
P. Q. M. Visto l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 38, primo comma, 24, primo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale sollevata di ufficio e concernente l'art. 12, ultimo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, come autenticamente interpretato dall'art. 1, primo comma, della legge 13 dicembre 1986, n. 912, nella parte in cui subordina il diritto degli eredi del mutilato od invalido civile di percepire le quote della prestazione assistenziale maturate dal de cuius alla data del decesso alla condizione che il decesso stesso sia avvenuto in epoca successiva al riconoscimento dell'inabilita'; Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio; Manda alla cancelleria per la notificazione del provvedimento alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la sua comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Modena, addi' 4 ottobre 1988 (Seguono le firme) 89C0429