N. 204 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 ottobre 1988

                                 N. 204
       Ordinanza emessa il 10 ottobre 1988 dal pretore di Modena
      nel procedimento civile vertente tra Galloni Mara e I.N.P.S.
 Previdenza e assistenza sociale - Pensione I.N.P.S. - Attribuzione ai
 titolari di pensioni I.N.P.S. a  carico  del  Fondo  pensioni  per  i
 lavoratori  dipendenti,  nonche'  ai  titolari delle pensioni erogate
 dalle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive od  integrative
 della  assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti,
 di  quote  di  maggiorazione  di  assegni  familiari   -   Esclusione
 dell'attribuzione  di  dette  maggiorazioni  ai  titolari di pensioni
 erogate dai  fondi  speciali  per  lavoratori  autonomi  (coltivatori
 diretti,   mezzadri,   coloni,   artigiani   ed  esercenti  attivita'
 commerciali)  -  Ingiustificata   disparita'   di   trattamento   dei
 pensionati in base al lavoro (dipendente o autonomo) svolto prima del
 pensionamento,  senza  tener  conto  delle  condizioni  di  effettivo
 bisogno  - Violazione del principio della agevolazione da parte dello
 Stato, con musure economiche, della formazione della famiglia.
 (D.-L.  29 gennaio 1983, n. 17, art. 5, quarto comma, convertito, con
 modificazioni, nella legge 25 marzo 1983, n. 79).
 (Cost., artt. 3, 31 e 38).
(GU n.17 del 26-4-1989 )
                               IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  relativa a
 controversia in materia  di  previdenza  ed  assistenza  obbligatorie
 iscritta  al  numero  448  dell'anno  1988  del  ruolo generale delle
 controversie in  materia  di  lavoro  promossa  da  Galloni  Mara  in
 Generali,  residente  in  Fiorano  Modenese (Modena), rappresentata e
 difesa dal proc. avv. Vittorino Morselli e nel suo studio, in  Modena
 viale  Virginia  Reiter,  169,  elettivamente  domiciliata,  attrice,
 contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.), sede
 provinciale  di  Modena,  con  sede  legale  in Roma; rappresentato e
 difeso dal proc. avv. Franco Saracini  del  suo  ruolo  professionale
 legale,  elettivamente  domiciliato, in Modena viale Virginia Reiter,
 72, presso l'ufficio legale  della  sede  provinciale  dell'istituto,
 convenuto;
    In  punto  ad  accertamento  del  diritto alla maggiorazione degli
 assegni familiari per i figli minori;
    Il  pretore  all'esito dell'udienza di discussione della causa del
 giorno 29 settembre 1988;
    Esaminati  gli  atti  del  giudizio  ed i documenti prodotti dalle
 parti;
    Sentiti  i  difensori  delle  parti  stesse,  a scioglimento della
 riserva formulata;
                             O S S E R V A
    La  ricorrente  ha  proposto nei confronti dell'Istituto nazionale
 della previdenza sociale domanda di accertamento del  suo  diritto  a
 percepire,  nonche'  domanda  di  condanna  dell'ente previdenziale a
 corrisponderle, pe i due figli  minori  a  carico,  la  maggiorazione
 degli  assegni  familiari  prevista  dall'art. 5 del d.-l. 29 gennaio
 1983 n. 17, convertito con
 modificazioni  nella  legge  25  marzo  1983,  n. 79, e della tabella
 allegata al decreto. L'attrice, titolare di pensione a  carico  della
 gestione   speciale  per  l'assicurazione  contro  l'invalidita',  la
 vecchiaia ed i superstiti degli artigiani, ha sollevato questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 5, quarto comma, del d.-l. n.
 17/1983  perche'  detta   disposizione,   stabilendo   unicamente   e
 limitativamente  che la maggiorazione in questione spetta ai titolari
 delle   pensioni   dell'assicurazione   generale   obbligatoria   dei
 lavoratori  dipendenti  ed  ai  titolari delle pensioni erogate dalle
 gestioni obbligatorie di previdenza sostitutiva  od,  integrative  di
 quella   dei   lavoratori  dipendenti,  ovvero  che  di  quest'ultima
 comportino l'esclusione o l'esonero, non e' estensibile,  quindi  non
 attribuisce il diritto alla maggiorazione, ai titolari delle pensioni
 erogate  dalle  gestioni  speciali  dei  lavoratori  autonomi  ed  in
 particolare degli artigiani. L'illegittimita' costituzionale e' stata
 dedotta con riferimento agli articoli 3,  31  e  38,  secondo  comma,
 della Costituzione.
    La questione di costituzionalita' cosi' prospettata e' rilevante e
 non e' manifestamente infondata.
    Poiche'   il   quarto   comma   dell'art.   5,   nel  disciplinare
 l'attribuzione  della  maggiorazione  degli  assegni   familiari   ai
 titolari di pensione diversi dai dipendenti in quiescenza dello Stato
 e  degli  altri  enti  pubblici  (per  i  quali  provvede  il   comma
 successivo), stabilisce specificamente che la maggiorazione spetta ai
 titolari di pensione  dell'assicurazione  generale  obbligatoria  dei
 lavoratori  dipendenti e delle gestioni speciali di essa sostitutive,
 integrative, esclusive od esonerative, e' certo ed  evidente  che  la
 maggiorazione  non  e' stata attribuita ai titolari di pensione delle
 gestioni  speciali  dei  lavoratori  autonomi  (coltivatori  diretti,
 mezzadri,  coloni,  artigiani  ed  esercenti  attivita' commerciali).
 Infatti la precisa e circoscritta  previsione  legislativa  non  puo'
 essere intesa ed applicata estensivamente, ad ipotesi non contemplate
 e quindi lasciata al di fuori del suo ambito di applicazione, ma deve
 essere  interpretata  in  senso  letterale.  Le espressioni usate dal
 legislatore ed il raffronto  con  le  disposizioni  precedenti  dello
 stesso  articolo  indicato  inoltre  chiaramente  la  ratio  legis di
 privare del beneficio non solo  i  percettori  di  assegni  familiari
 diversi  dai prestatori di lavoro subordinato (in tal senso deponendo
 univocamente i primi tre commi) ma  anche  i  titolari  dei  relativi
 trattamenti di previdenza.
    In  base alla normativa vigente e censurata di incostituzionalita'
 la  pretesa  della  ricorrente  e'  dunque  infondata  e  del   tutto
 legittimamente  l'I.N.P.S.  le  ha negato la maggiorazione richiesta.
 Solo se la questione di illegittimita' costituzionale fosse  ritenuta
 fondata  ed  accolta  la domanda attrice, per effetto della pronuncia
 della Corte costituzionale, diverrebbe meritevole di  accoglimento  e
 l'I.N.P.S.  sarebbe  tenuto  e dovrebbe essere dichiarato obbligato e
 condannato all'erogazione della maggiorazione.
    Quanto   alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione,  va
 rilevato innanzi tutto come la discriminazione operata in  danno  dei
 titolari    di    pensione   a   carico   delle   gestioni   speciali
 dell'assicurazione dei lavoratori autonomi (tra essi degli artigiani)
 non  appaia  conforme  al  principio  generalissimo e fondamentale di
 uguaglianza posto dall'art. 3, primo  comma,  della  Costituzione.  A
 tale  proposito  appaiono  pertinenti  e  convincenti le osservazioni
 fatte dalla parte attrice con  l'atto  introduttivo  del  giudizio  e
 volte  a  dimostrare  l'irrazionalita'  e  l'ingiustificatezza  della
 diversita' di trattamento riservato  dal  legislatore  ai  lavoratori
 autonomi  in  pensione successivamente e nonostante che, con l'art. 4
 del d.-l. 14 luglio 1980, n. 314, convertito con modificazioni  nella
 legge  8  agosto 1980, n. 440, essi erano stati finalmente parificati
 ai titolari di pensioni a carico del Fondo pensioni per i  lavoratori
 dipendenti  quanto  alla  misura  della maggiorazione del trattamento
 pensionistico in relazione al carico familiare.
    La   nuova   alterazione   operata   dal   legislatore   nel  1983
 dell'uguaglianza a tale riguardo raggiunta  dai  lavoratori  autonomi
 pensionati  nel  1980, rispetto ai lavoratori dipendenti in pensione,
 appare francamente iniqua sul piano sostanziale e non ragionevole dal
 punto di vista logico, attesa l'omogenita' delle situazioni personali
 (quelle di lavoratori non piu' in attivita' ma ormai  resi  inoperosi
 dall'eta'  o  dalle  condizioni  di  salute  ovvero  di superstiti di
 lavoratori deceduti) che sono state diversamente regolate, con  netto
 pregiudizio  di  alcune  soltanto,  nonostante  tutte indistintamente
 l'art. 38,  secondo  comma,  della  Costituzione  affermi  meritevoli
 dell'identica considerazione ai fini della adeguatezza, alle esigenze
 di vita dei lavoratori inabili e delle loro famiglie,  dei  mezzi  di
 sostentamento  che  debbono  essere ad essi assicurati. La differente
 natura dell'attivita'  svolta  prima  del  pensionamento  non  sembra
 ragione  giustificativa  della  disparita'  ex  novo instaurata tra i
 lavoratori autonomi ed i lavoratori subordinati, essendo  essa  ormai
 superata  e divenuta irrilevante per effetto dell'identica condizione
 personale di titolari di pensione ormai acquisita e che non  a  caso,
 ma proprio in attuazione del principio costituzionale di eguaglianza,
 nel 1980 era stato motivo determinante della disposta uniformita'  di
 trattamento  con riferimento, non all'entita' della pensione, ma alla
 sua maggiorazione in ragione del carico familiare.  Tale  uniformita'
 avrebbe dovuto rimanere inalterata anche nel 1983, quanto alla misura
 della maggiorazione, come lo e' rimasta a partire dal 1› gennaio 1984
 quanto  alla  conservazione  del diritto al trattamento per carico di
 famiglia in relazione al reddito familiare (art. 20 legge 27 dicembre
 1983, n. 730).
    Non  e' manifestamente da escludersi neppure la dedotta violazione
 dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione attesa la indubbia ed
 identica  funzione di attuazione di detta disposizione costituzionale
 che deve essere riconosciuta ad ogni trattamento pensionistico  ed  a
 ciascuna  delle  sue  componenti,  compresa  la  maggiorazione  per i
 familiari a carico, attribuita perche' il lavoratore pensionato possa
 provvedere  in  misura sufficiente, non solo a se stesso, ma anche ai
 congiunti privi di autonomia  patrimoniale  ed  alle  necessita'  dei
 quali egli deve pertanto sopperire. Poiche' l'art. 38, secondo comma,
 non distingue i lavoratori autonomi dai lavoratori subordinati,  ogni
 distinzione  al  riguardo,  che  non abbia aliunde il suo fondamento,
 appare arbitraria e succettibile di porsi in contrasto con il dettato
 costituzionale.
    Certamente    il    legislatore    ordinario    puo'   determinare
 differentemente l'ammontare  del  trattamento  pensionistico  per  le
 varie   categorie   di  lavoratori,  avendo  rigurdo  ai  presupposti
 stabiliti per l'acquisizione del relativo diritto ed  ai  criteri  di
 liquidazione dell'entita' delle prestazione assicurativa, ma non puo'
 legittimamente operare una disparita' di trattamento in  relazione  a
 presupposti    identici.   Una   volta   discrezionalmente   ritenuta
 l'insufficienza dell'importo erogato a titolo  di  assegni  familiari
 (od a titolo equipollente) e la necessita' di un adeguamento in senso
 maggiorativo, si a favore dei lavoratori in attivita' che  in  quelli
 in  pensione,  non  puo' poi il legislatore insindacabilmente privare
 del piu' favorevole trattamento per il carico di famiglia solo alcune
 categorie  di  pensionati i quali, per essere tali e nel contempo per
 dovere  sopportare  il   peso   di   familiari   economicamente   non
 autosufficienti, si trovano nell'identica situazione di bisogno degli
 altri titolari di pensione preferiti e possono far valere i  medesimi
 presupposti    cui   e'   stata   riconnessa   l'attribuzione   della
 maggiorazione che e' stata ad essi  invece  negata.  In  tal  modo  i
 soggetti   discriminati  vengono  privati  di  quell'adeguamento  del
 trattamento di pensione alle esigenze complessive dell'intero  nucleo
 familiare  che e' stato ritenuto indispensabile ed ad altri concesso.
    Da  ultimo, poiche' lo Stato deve agevolare con misure economiche,
 non solamente la formazione delle famiglie,  ma  anche  l'adempimento
 dei  compiti  relativi  (art.  31, primo comma, della Costituzione) e
 poiche' tra detti compiti rientra con certezza il  sostentamento  dei
 membri non ancora (o non piu') in grado di procacciarsi da se' stessi
 il necessario per vivere, l'istituto degli assegni familiari e  delle
 maggiorazioni  della  pensione per carichi di famiglia e' sicuramente
 una delle provvidenze di ordine economico che rientrano tra i compiti
 indefettibili.  Ma  se  cosi'  e',  va  ritenuto  che, pur nell'ampia
 facolta' di scelta  che  deve  essere  riconosciuta  dal  legislatore
 ordinario,   questi   non  possono  operare  distinzioni  e  trattare
 diversamente famiglia e famiglia, se non in conseguenza di situazione
 oggettive    realmente    differenti,    debitamente    valutate    e
 ragionevolmente comparate.
    Non  gli  e'  invece consentita l'istituzione di misure economiche
 agevolative   da   attribuire   ad    alcune    famiglie    soltanto,
 arbitrariamente privandone altre.
    Orbene  l'art. 5, quarto comma, del d.-l. n. 17/1983, che va letto
 anche in relazione al comma successivo, estensivo della maggiorazione
 a  tutti indistintamente i pubblici dipendenti in quiescenza, ai fini
 dell'attribuzione del maggiore trattamento per  carichi  di  famiglia
 non  ha  riguardo  all'ammontare  della  pensione  od alle condizioni
 patrimoniali o reddituali complessive ed  attuali  del  pensionato  o
 dell'intero   suo   nucleo   familiare,   bensi'   alla  sola  natura
 dell'attivita' lavorativa a suo tempo esercitate dal  titolare  della
 pensione   ed   alla   conseguenza  forma  di  previdenza  delle  cui
 prestazioni  egli  fruisce.  Indipendentemente  dall'ammontare  della
 pensione,  come  dalla  ricorrenza  di  una  condizione  di effettivo
 bisogno, anche solo astrattamente considerata, la maggiorazione degli
 assegni  familiari  e'  stata attribuita unicamente ai pensionati che
 furono lavoratori dipendenti (pubblici o privati) e non  ai  titolari
 di  pensione  (normalmente  di importo molto inferiore a quelle degli
 altri) che furono lavoratori autonomi. Una scelta  siffatta  e'  ictu
 oculi  ingiustificata e collide con tutti i parametri di legittimita'
 costituzionale  esaminati,  essendo   contraria   al   principio   di
 uguaglianza,  al dovere dello Stato di tutela della famiglia e di uno
 dei suoi compiti essenziali, al diritto  di  una  previdenza  sociale
 adeguata, sufficiente o non discriminatoria.
    La  questione  sollevata  dalla  parte  attrice merita pertanto di
 essere portata all'esame della Corte costituzionale.
    Va    pertanto    promosso    il   procedimento   incidentale   di
 costituzionalita' con la rimessione degli atti al giudice delle leggi
 e con contestuale sospensione del giudizio.
                                P. Q. M.
    Visto   l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948,  n.  1,  l'art.  23  della  legge  11
 novembre 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante  e  manifestamente  infondata, con riferimento
 agli artt. 3, primo comma, 31, primo comma, e 38 secondo comma, della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 5, quarto comma, del d.-l. 29 gennaio 1983,  n.  17,  convertito  con
 modificazioni   nella  legge  25  marzo  1983,  n.  79,  perche'  non
 attribuisce la maggiorazione degli assegni  familiari  stabilita  dal
 secondo    comma,    oltre    che    ai   titolari   delle   pensioni
 dell'assicurazione  generale  obbligatoria  per   l'invalidita',   la
 vecchia ed i superstiti, a carico del Fondo pensioni per i lavoratori
 dipendenti, nonche' ai titolari delle pensioni erogate dalle gestioni
 obbligatorie     di    previdenza    sostitutive    od    integrative
 dell'assicurazione generale obbligatoria
  dei  lavoratori  dipendenti, ovvero che ne comportino l'esclusione o
 l'esonero, anche ai titolari delle pensioni a carico  delle  gestioni
 speciali  per  l'assicurazione  obbligatoria  per  l'invalidita',  la
 vecchiaia ed i supersiti, dei coltivatori diretti, mezzadri,  coloni,
 artigiani  ed  esercenti  attivita'  commerciali,  o  quanto  meno ai
 titolari delle pensioni erogate  dalla  sola  gestione  speciale  per
 l'assicurazione obbligatoria degli artigiani;
    Sospende il giudizio;
    Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che l'ordinanza sia comunicata alle parti ed al Presidente
 del Consiglio dei Ministri e sia notificata al Presidente del  Senato
 della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.
      Modena, addi' 10 ottobre 1988.
                           (Seguono le firme)

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