N. 232 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 aprile 1989
N. 232 Ordinanza emessa il 5 aprile 1989 dal Pretore di Gubbio nel procedimento speciale vertente tra Paggi Danilo e Payraudeau Brigitte Elezioni - Parlamento europeo - Candidati eleggibili - Cittadino straniero in rappresentanza dello Stato italiano - Consentita partecipazione alla consultazione elettorale nel territorio dello Stato - Assenza della condizione di reciprocita' per il cittadino italiano - Difetto di normativa comunitaria in materia. (Legge 24 gennaio 1979, n. 18, art. 4, secondo comma, nel testo modificato dall'art. 1, primo comma, della legge 18 gennaio 1989, n. 9). (Cost., art. 51, primo e secondo comma).(GU n.17 del 26-4-1989 )
IL PRETORE Sciogliendo la riserva, cosi' provvede: Danilo Paggi assume di essere venuto a conoscere della voluntas della sig.ra Brigitte Payraudeau, cittadina francese residente in Italia, di presentare, nel collegio dell'Italia centrale, la propria candidatura all'elezione a membro del Parlamento europeo, quale rappresentante per l'Italia. Premesse valutazioni di varii pregio e natura, Danilo Paggi chiede, quindi, al giudice adito di voler inibire, in sede di procedura ex art. 700 cod. proc. civ., a tale signora di presentare la propria candidatura in detta vicenda elettorale e di voler "in conseguenza", dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale (per contrasto con l'art. 51, secondo comma, della Cost.) della norma (art. 4, secondo comma, della legge. 24 gennaio 1979, n. 18, come modificato con legge 18 gennaio 1989 n. 9) che, in atto, consente di compiere legittimamente tale attivita'. La convenuta, costituitasi in giudizio, ha chiesto reiezione della domanda di inibitoria, non opponendosi, tuttavia, alla rimessione della teste' enunciata quaestio alla Corte costituzionale. Gli atti appaiono limpidi sotto il profilo del rito. Danilo Paggi e', per certo (la circostanza e' incontestata), cittadino italiano dotato dei "poteri" inerenti all'elettorato attivo e passivo e, in tale veste ed al pari di ogni suo "simile", appare legittimato (cfr. art. 44 della legge 24 gennaio 1979 n. 18) a proporre, in sede giudiziale, questioni inerenti all'eleggibilita' (anche lato sensu) di candidati all'ingresso, quali componenti, nel Parlamento europeo. Tale actio deve, posteriormente alla "prova" elettorale, essere promossa innanzi alla territorialmente competente corte di appello (cfr. art. 44 della legge cit.). Ne segue giurisdizione del'a.g.o. anche in sede cautelare. In Ordine alla competenza per territorio del giudice adito a prendere cognizione della vicenda recata al suo esame, non si evidenziano cause ostative. Deve ritenersi circostanza pacifica in causa (nulla essendo stato eccepito dal difensore della convenuta a fronte dell'assunto della controparte) che Brigitte Payraudeau sia cittadina francese. Consta che quest'ultima ha, realmente, manifestato l'intento di proporre la sua candidatura, quale rappresentante per l'Italia, nel predetto agone elettorale. Tale intento, palesato con lettera pubblicata sul quotidiano "Il Corriere dell'Umbria" (copia della nota di stampa e copia della missiva si rinvengono in atti), appare confermato in sede processuale, sia per non esser stato expressis verbis negato sia per la "resistenza" opposta ai petita della controparte, cosi' da far ritenere l'actio del Paggi non inutiliter promossa. La pretesa inibitoria relativa a tale volonta' non puo' essere, da questo giudice, concessa, ostandovi, oltre che ragioni di principio, i disposti di legge (art. 4, secondo comma, della legge citata). La domanda va, pertanto, in punto, interinalmente disattesa, con rinvio della definitiva decisione all'esito del promuovendo giudizio di legittimita' costituzionale. Non e' consentita, allo stato della legislazione, ne' la tesi e' sostenibile, la "precaria" disapplicazione della norma di legge ad opera del giudice chiamato a deliberare sulla non manifesta infondatezza e sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale in ordine alla stessa promossa. Trattasi, certamente, di "lacuna" legislativa (peraltro, e pur volendo ritenere sussistente nell'ordinamento un principio generale di tutela preventiva/cautelare, non colmabile con l'attribuzione di porzioni dei poteri della Corte costituzionale e delle sue "ramificazioni periferiche", in persona delle a.g. preposte ai giudizi nel cui corso le questioni di legittimita' costituzionale vengano promosse), ma, allo stato, non superabile. Del resto, siffatta domanda appare proposta al precipuo fine di ottenere l'accesso alla Corte in giusa rituale, essendo inibita la proposizione in via principale della quaestio di legittimita' costituzionale, che e' la quaestio che, all'evidenza, interessa e dalla cui soluzione dipende la soluzione del merito della vicenda. Venendo, dunque, al "clou", deve compiersi contestuale duplice verifica: in primis, del ricorrere dei presupposti legittimanti l'emissione di eventuale provvedimento d'urgenza inibitorio (stanti gli eventuali riflessi, almeno in punto di "rilevanza" della medesima, sulla questione di legittimita' costituzionale) e, in pari tempo, dei presupposti per elevare a sospetto la costituzionalita' della norma su cui fondasi il diritto oggetto della dichiarazione di intenti della convenuta. Per cio' che attiene al primo profilo, non vi e' margine per dubbi di alcuna specie ne' in ordine al ricorrere del fumus boni juris (da individuare nella astratta fondatezza della "pretesa" del cittadino di ottenere la puntuale applicazione delle norme in materia di elettorato attivo e passivo, in quanto conformi ai prescritti costituzionali; non palesandosi, inoltre, peregrino, giusta anche le autorevoli opinioni gia' espresse in proposito, ritenere esperibile l'inibitoria ancor prima del compimento dell'attivita' che si assume lesiva, specie allorche' la medesima sia, come nel caso concreto, gia' in itinere), ne' in ordine al ricorrere del periculum (pregiudizio, non monetizzabile, ipotizzabile a carico del cittadino che abbia l'intento (peraltro non espresso nel nostro caso) di accedere alla carica elettiva, in ragione del venire in essere di un troppo cospicuo numero di concorrenti, ovvero, comunque, ipotizzabile a carico del cittadino elettore, in ragione del possibile venir meno di piu' o meno congrua (in ipotesi, con rilevante incidenza) porzione dei consensi al gruppo di appartenenza o di cui radirebbe maggiore presenza nell'eligendo organismo) in mora", attesa l'imminenza dell'apertura (nonche' della chiusura) del periodo di presentazione delle candidature per l'elezione al Parlamento europeo (l'espressione del voto e' fissata, salvo errore, al 18 giugno p.v. ed il procedimento elettorale dovra' avere inizio, giusta i dispositivi degli artt. 7 e seguenti della legge 24 gennaio 1979, n. 18, il quarantanovesimo giorno precedente quello stabilito per detta consultazione). Superata questa "fase" e venendo all'esame della questione di legittimita' costituzionale proposta, non puo' disconoscersi la non manifesta infondatezza della medesima. Se e' pur vero che al legislatore italiano deve darsi atto di avere palesato, primo (per quel che consta) negli ambiti europei, "spirito" comunitario invero elevato, abbattendo barriere piu' o meno fittizie con il consentire "a mezzo del disposto dell'art. 1 della legge n. 9/1989 cit.) la partecipazione, nel territorio dello Stato, e quale espressione dello stesso, nell'agone elettorale a cittadini stranieri, e' altresi' vero che la norma, specie in assenza (per quel che consta) di situazioni di reciprocita' (non allegate da alcuno) ed in difetto, inoltre, di normativa comunitaria disciplinarmente la materia, non appare appieno conforme ai prescritti costituzionali, in specie all'art. 51, primo e secondo comma, della Costituzione, da cui evincesi la sola possibilita' di parificare ai cittadini, per quanto riguarda l'ammissione alle cariche elettive, gli italiani non appartenenti alla Repubblica; restando esclusa, nel silenzio (non eloquente) della norma, la parificazione a questi ultimi dei "non cittadini" (viceversa attuata dalla norma "impugnata"). La questione, nonche' non manifestamente infondata per le considerazioni teste' svolte, appare rilevante per le ragioni gia' sopra esplicate (cfr. in punto di astratta ammissibilita' della pronuncia del chiesto provvedimento d'urgenza), sia in quanto dalla sua soluzione dipende, all'evidenza, la soluzione della controversia posta all'attenzione di questa a.g.
P. Q. M. Visti gli artt. 134, della Costituzione, e 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, nei termini di cui in motivazione, dell'art. 4, secondo comma, della legge 24 gennaio 1979, n. 18 (nel testo modificato dall'art. 1, primo comma, della legge 18 gennaio 1989 n. 9), in riferimento all'art. 51, primo e secondo comma, della Costituzione; Ordina sospendersi il procedimento in corso; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che l'ordinanza venga, a cura della cancelleria, notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Gubbio, addi' 5 aprile 1989 Il pretore: CHIARI 89C0497