N. 212 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 dicembre 1988

                                 N. 212
       Ordinanza emessa il 7 dicembre 1988 dal pretore di Milano
      nel procedimento penale a carico di Brunotti Sandro ed altri
 Urbanistica  -  Autorizzazione  per  l'esecuzione  di un insediamento
 industriale - Realizzazione, in concreto, su parte del terreno, di un
 complesso  terziario-direzionale - Pretesa illegittimita' (sotto vari
 profili) dei principi  affermati,  riguardo  ad  alcune  delle  norme
 impugnate,  dalla cassazione, in due ordinanze (di annullamento di un
 sequestro disposto nel corso del processo a quo) in forza  dei  quali
 nella  suddescritta  ipotesi  non  potrebbe  ravvisarsi  il  reato di
 lottizzazione  abusiva  (contestato   nella   specie)   -   Lamentata
 violazione  della liberta' di giudizio dei giudici di merito, se alle
 suddette pronunce della cassazione si dovessero  riconoscere  effetti
 non strettamente limitati al provvedimento cautelare.
 (Legge  28  febbraio  1985, n. 47, artt. 18, primo comma, p.p., e 20,
 lett. c); cod. proc. pen., art. 343-bis).
 (Cost., artt. 3, 25, 101 e 102).
(GU n.18 del 3-5-1989 )
                               IL PRETORE
   Nel  procedimento  penale  a  carico  di  Brunotti  Sandro, Garozzo
 Salvatore,  Meregalli  Piergiorgio,  Pedergnani  Giuliano  e  Vigano'
 Armando  imputati,  fra  l'altro  del reato di cui agli artt. 110 del
 c.p., 18, primo comma, e 20, lett. c). Legge 28 febbraio 1985, n. 47,
 solleva  d'ufficio  la questione di legittimita' costituzionale degli
 artt. 18, primo comma, prima parte, e 20, lett.  c)  della  legge  28
 febbraio  1985,  n. 47, e dell'art. 343- bis del c.p.p., in relazione
 agli artt. 3, 25, secondo comma,  101  secondo  comma,  e  102  primo
 comma, della Costituzione.
    La  problematica  che  si  intende  prospettare prende origine dal
 provvedimento di sequestro adottato da questo pretore  il  14  aprile
 1988  concernente l'intera area interessata alla lottizzazione di cui
 alla convenzione del 19 novembre 1984 stipulata dal comune di Milano,
 da un lato, la Larix S.r.l., la Porcellane Richard-Ginori S.p.a. e la
 Lambrate Ottantuno S.r.l., dall'altro, in esecuzione  della  delibera
 del Consiglio Comunale Milanese del 4 giugno 1984.
    In  tale provvedimento questo pretore includeva non solo l'area di
 nuova edificazione sulla quale erano in corso  i  lavori  relativi  a
 otto  (8)  fabbricati  di nuova realizzazione, ma anche quella su cui
 sorgevano i vecchi capannoni della Porcellane Richard-Ginori  S.p.a.,
 in  quanto  il  piano di lottizzazione di cui si e' detto coinvolgeva
 per l'appunto entrambe le aree.
    In  relazione ai fatti emersi dalle indagini questo giudice aveva,
 fra l'altro ipotizzato il reato di cui agli artt. 18, primo comma,  e
 20,  lett.  c),  della  legge  28 febbraio 1985, n. 47 (lottizzazione
 abusiva) in relazione agli artt. 19, 21 e 32 delle Norme Tecniche  di
 Attuazione del P.R.G. vigente in Milano, agli artt. 28 e 41-quinquies
 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche, al  d.m.
 2  aprile  1986, n. 1444, e all'art. 22 della legge regione Lombardia
 15 aprile 1975, n. 51, sicche' il sequestro, ad avviso  del  giudice,
 non poteva che estendersi a tutta l'area interessata anche allo scopo
 di assicurarla, assieme agli edifici, al procedimento  "in  relazione
 all'applicazione  obbligatoria  di tutte le sanzioni penali stabilite
 dalla normativa urbanistica vigente".
    Con  ordinanza  del  28 aprile 1988 il tribunale della liberta' di
 Milano,  investito  con   richieste   di   riesame   proposte   dalla
 Richard-Ginori   e   da   Brunotti   Sandro,   amministratore   unico
 quest'ultimo della Lambrate Ottantuno S.p.a., rigettava le  richieste
 medesime e confermava il decreto di sequestro pretorile;
    A seguito di ricorso proposto dagli interessati, la Suprema Corte,
 con  due  ordinanze  separate  pronunciate  nella  stessa  camera  di
 consiglio  del 4 ottobre 1988, per un verso annullava senza rinvio il
 sequestro  del  pretore  per  la  parte  concernente  l'area  su  cui
 sorgevano  i  vecchi  fabbricati  della  Richard-Ginori,  per l'altro
 annullava con rinvio allo stesso tribunale della liberta' di  Milano,
 per  difetto  di  motivazione,  l'ordinanza  di quest'ultimo collegio
 relativamente  alla  parte  confermativa  del   sequestro   pretorile
 afferente gli otto edifici di nuova costruzione e l'area di immediata
 pertinenza.
    Il  tribunale  della  liberta'  con  ordinanza del 2 novembre 1988
 confermava ancora una volta il sequestro del  pretore  per  la  parte
 riguardante  gli  otto  fabbricati  di  nuova  edificazione  e l'area
 relativa.
    E'  nelle determinazioni assunte dalla Corte di cassazione in sede
 di ricorso che si appuntano i dubbi di  costituzionalita'  di  questo
 giudice.
    Per   avere   un   piu'   completo   quadro   della   problematica
 costituzionale che ne deriva, appare opportuno riportare testualmente
 i   passaggi   salienti   delle   due  ordinanze  della  Corte,  onde
 rappresentare in stretta relazione con il contenuto di queste ultime,
 le  perplessita'  costituzionali  che,  ad avviso dello scrivente, ne
 conseguono.
    Nella  prima  ordinanza  in  particolare  e'  detto:  "...  appare
 innanzitutto opportuno premettere, in fatto, che, come e' pacifico in
 processo, la ricorrente societa', proprietaria di un terreno alla via
 Tucidite  di  Milano,  stipulo',  in  data  19  novembre  1984,   una
 convenzione  di  lottizzazione con il comune di Milano, con la S.p.a.
 porcellane Ginori (proprietaria di  altra  area  nella  medesima  via
 Tucidite),  e la Larix S.r.l. (proprietaria del vicino terreno di via
 Corelli), in forza della quale provvide ad edificare otto  fabbricati
 a  torre  destinati,  in  parte ad uso terziario amministrativo ed in
 parte ad uffici tecnici e laboratori. La detta societa' - pur  avendo
 sostanzialmente  rispettato il detto vincolo di destinazione provvide
 per altro ad offrire in locazione gli immobili ad  una  societa'  (la
 Enichem)  che, al contrario della Ginori, non disponeva in loco di un
 insediamento   industriale.   Da   cio',    quindi,    la    asserita
 configurabilita'  nella  specie dell'ipotesi contravvenzionale di cui
 all'art. 20, lettera c), della legge 28  febbraio  1985,  n.  47,  in
 quanto,  secondo  i  giudici  di  merito  la  detta locazione avrebbe
 comportato il venir meno  della  connessione  tra  funzione  primaria
 (industria)       e      funzione      con      essa      compatibile
 (terziaria-amministrativa)  e,   quindi,   una   trasformazione   del
 territorio in violazione degli strumenti urbanistici.
    Ora tale opinione non puo' essere condivisa.
    Come e' stato ripetutamente precisato da questa suprema Corte, con
 giurisprudenza consolidata, il reato di lottizzazione abusiva a scopo
 edificatorio pretende, per la sua configurabilita':
       a)   che  la  lottizzazione  abbia  ad  oggetto  una  zona  non
 urbanizzata e/o in relazione alla quale manchi  'qualsiasi  strumento
 urbanistico';
       b)  che  la condotta si estrinsechi nella divisione del terreno
 in uno o piu' lotti, suscettibili di sfruttamento edilizio;
       c) che tale attivita' abusiva sia suscettibile di comportare un
 danno  all'ente  locale,  costringendolo   ad   eseguire   opere   di
 urbanizzazione in tempi e in luoghi non previsti.
    Ne  consegue,  pertanto,  che  presupposto imprenscindibile per la
 configurabilita' del reato e' proprio la abusivita'  della  attivita'
 lottizzatoria;   abusivita'   derivante  dal  fatto  che  l'attivita'
 medesima non sia stata previamente autorizzata.
    Ne'  la configurazione giuridica del reato e del suo indefettibile
 presupposto (mancanza di  previo  provvedimento  autorizzativo  della
 autorita' comunale) possono ritenersi modificati dalla nuova legge 28
 febbraio  1985,  n.  47,  in  quanto  la  definizione   di   condotta
 lottizzatrice enunciata nell'art. 18, primo comma, rivela chiaramente
 l'intento del legislatore di fare  propri  i  risultati  della  lunga
 elaborazione svolta al riguardo dalla giurisprudenza, confermando che
 la lottizzazione abusiva e' reato che lede  la  riserva  pubblica  di
 programmazione territoriale e che, pertanto, esso sussiste laddove si
 dia vita ad  un  nuovo  insediamento  urbanistico  al  di  fuori  del
 preventivo  controllo  dell'autorita'  comunale  (cfr.  Cassazione 28
 marzo 1980, Petta).
    Ne'  al  riguardo vale il dedurre che - ad una prima lettura della
 norma  -  potrebbe  sembrare  che  alla  lottizzazione  illecita  per
 mancanza  di  autorizzazione  il  legislatore  avrebbe  aggiunto  una
 lottizzazione illecita per contrarieta' agli  strumenti  urbanistici,
 atteso  che, in contrario, non puo' non osservarsi che il regolare ed
 ordinato  assetto  del  territorio  e'  regolato  da  una  serie   di
 interventi  amministrativi  che, partendo dal piano piu' generale, si
 restringono man mano nel disciplinare i particolari, fino  all'ultimo
 indispensabile  provvedimento  autorizzativo  diretto  a  regolare il
 singolo caso.
    Ne  deriva,  pertanto, che costituendo la 'abusivita'' presupposto
 assolutamente  indispensabile  per  l'ipotizzabilita'  del  reato  di
 lottizzazione  abusiva,  il  detto  reato  potra'  dirsi  sussistente
 unicamente qualora manchi il detto provvedimento autorizzativo finale
 e  non pure qualora - in presenza di tale autorizzazione - si accerti
 la  violazione  di   altre   norme   urbanistiche   (violazioni   che
 eventualmente  potranno concretizzare altre ipotesi di reato previste
 dalla citata legge n. 47/1985). Sostenere una soluzione  diversa  non
 solo   significa   annullare  completamente  l'area  di  operativita'
 dell'art. 20, lett. a), in favore di una ingiustificata ed arbitraria
 estensione  della  sfera  incriminatoria dell'art. 20, lett. c) della
 legge; ma (ed il rilievo assume particolare consistenza nel  caso  in
 esame  nel  quale il reato di lottizzazione e' stato contestato sotto
 il profilo di un avvenuto mutamento di destinazione  d'uso  di  parte
 degli  edifici  costruiti  in  base  a regolare concessione edilizia)
 significa altresi' dimenticare il disposto degli art. 8, lett. a),  e
 20, lett. c), della medesima legge.
    In  base,  infatti,  alle  menzionate  disposizioni  di  legge, il
 mutamento di destinazione d'uso diventa punibile con la  sanzione  di
 cui  all'art.  20,  lett.  b),  qualora  comporti la violazione degli
 standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, oppure con la piu'
 grave sanzione (ma, ovviamente, ai  soli  fini  della  commisurazione
 della  pena)  prevista per il reato di lottizzazione abusiva, qualora
 sia attuata su edifici sottoposti a vincoli artistici, storici,  etc.
    Ne  deriva,  pertanto,  che  il  mutamento  di  destinazione d'uso
 attuato  mediante  opere  edilizie  non  integra  mai  il  reato   di
 lottizzazione  abusiva  in  quanto  altrimenti non si spiegherebbe la
 ragione  per  la  quale  il  legislatore,   per   l'ipotesi   estrema
 riguardante  beni particolarmente rilevanti sotto il profilo storico,
 artistico  etc.,  avrebbe  attraverso  un  esclusivo  richiamo  quoad
 poenam, dovuto dichiarare applicabili le sanzioni penali previste dal
 citato art. 20, lett. c).
    Esclusa,   pertanto,   l'astratta  configurabilita'  nella  specie
 dell'ipotizzato reato di  lottizzazione  abusiva,  ne  deriva,  quale
 ineluttabile   conseguenza,   la  inapplicabilita'  della  misura  di
 sicurezza di cui all'art. 19  e,  quindi,  la  illegittimita'  di  un
 sequestro funzionale alla confisca...".
    Nella  seconda  ordinanza  fra  l'altro  si  afferma: "... per una
 esatta  valutazione  della  detta  censura,  appare   innanzi   tutto
 opportuno premettere, in fatto, che, come e' pacifico in processo, la
 ricorrente societa' e' proprietaria, in Milano,  alla  via  Tucidite,
 56,  di  un  complesso  industriale  costituito da edifici ed aree di
 pertinenza, ricompreso in una lottizzazione  convenzionata  approvata
 dal   comune  di  Milano  e  dalla  regione  Lombardia.  Risulta,  in
 particolare, che in  data  19  novembre  1984,  venne  stipulata  una
 convenzione  di  lottizzazione  tra  il  comune  di Milano, la S.p.a.
 porcellane Ginori, la Lambrate 81 S.r.l. (proprietaria di altra  area
 in  via Tucidite), e la Larix S.r.l. (proprietaria del vicino terreno
 di via Corelli), in forza della  quale  la  detta  societa'  Lambrate
 provvede  ad  edificare  otto fabbricati a torre sul proprio terreno,
 mentre la ricorrente soc. Ginori si limito' unicamente  a  cedere  al
 comune  un'area  di  mq.  560  destinata  allo allargamento della via
 Corelli, senza svolgere la benche' minima attivita'  edificatoria  od
 urbanistica   sul  terreno  o  sui  preesistenti  fabbricati  di  sua
 proprieta'. Ora e' pur vero che il pretore di Milano ha contestato al
 Brunotti,  amministratore  unico  della  Lambrate  81,  il  reato  di
 lottizzazione abusiva  per  'mutamento  di  destinazione  soggettiva'
 degli  edifici da questa costruiti (sotto il profilo che tali edifici
 sarebbero stati offerti in locazione alla soc. Enichem, anziche' alla
 Richard-Ginori,  preesistente  in  loco);  ma - a prescindere da ogni
 indagine in merito alla fondatezza della accusa come sopra  mossa  al
 Brunotti  -  e' pur vero, peraltro, che nessuna ipotesi di violazione
 alla  legge  urbanistica  e'  stata  mai  avanzata  dal  pretore  nei
 confronti  della  societa' Ginori; per cui l'estensione del sequestro
 anche ai beni di detta societa' si presenta chiaramente  illegittimo,
 attesa  la  assoluta  mancanza del benche' minimo nesso pertinenziale
 tra cosa sequestrata e reato.
   Ne'  sul  punto  puo'  condividersi  l'affermazione  del  tribunale
 secondo la quale il sequestro de  quo,  in  quanto  finalizzato  alla
 futura  confisca  obbligatoria dei terreni abusivamente lottizzati ex
 art. 19 della legge 28 febbraio  1985,  n.  47,  dovrebbe  riguardare
 tutti  i beni inseriti nell'area, a prescindere dall'eventuale penale
 responsabilita'  dei  singoli  proprietari;  e  cio'  in  quanto,  in
 contrario, non puo' non osservarsi che, in forza dell'art. 240, terzo
 comma, del c.p., la confisca non puo' essere disposta qualora le cose
 appartengano a persona estranea al reato e che, nel caso in esame non
 e' certamente  possibile  sostenere  che  il  preesistente  complesso
 industriale della societa' Ginori debba essere annoverato tra le cose
 intrinsecamente criminose...".
    Sono  soprattutto  le  affermazioni  di  principio contenute nella
 prima ordinanza che fanno insorgere, secondo la  opinione  di  questo
 giudice, i dubbi di costituzionalita'.
    Una  valutazione  della  definizione  legislativa di lottizzazione
 abusiva prevista dall'art. 18, primo comma, prima parte, della  legge
 n.  47/1985  induce  a  pensare che il legislatore abbia previsto due
 differenti ipotesi di tale reato: la  prima  consistente  nell'inizio
 della   esecuzione   di   opere   che  comportino  la  trasformazione
 urbanistica o edilizia di terreni senza  l'autorizzazione  prescritta
 dall'art.  28  della  legge  17  agosto  1942,  n.  1150  (nel  testo
 introdotto dall'art. 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765); la seconda
 consistente   nella   esecuzione   di   opere   che   comportino   la
 trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione delle
 prescrizioni  degli  strumenti  urbanistici,  vigenti  o  adottati, o
 comunque stabilite dalle leggi statali o regionali pur in presenza di
 autorizzazione  lottizzatoria.  Il  dato testuale non sembra lasciare
 margine a dubbi: l'impiego della disgiuntiva non sembra prestarsi  ad
 interpretazioni  differenti se alla parola "o" si attribuisca l'unico
 significato  che  la  stessa  puo'  avere  ("o  senza  la  prescritta
 autorizzazione").
    Reputa questo pretore - a differenza di quanto affermato in via di
 principio  dalla  suprema  Corte  -  che  solo  mantenendo  nei  suoi
 contenuti  letterali il senso dell'art. 18, primo comma, prima parte,
 nei termini teste' specificati si possa pervenire a risultati consoni
 ai  principi  costituzionali  espressi  dagli  artt.  3 e 25, secondo
 comma, della Costituzione.
    Secondo  il  punto di vista che si espone, quando illecitamente si
 faccia un uso distorto degli strumenti di  pianificazione  esecutiva,
 quale  deve  considerarsi il piano di lottizzazione, e della relativa
 autorizzazione,  si  perviene   a   risultati   comportamentali   che
 costituiscono  espressione di una piu' raffinata e puntuale capacita'
 criminosa.
    La  fattispecie  in  considerazione,  che  ha attinenza con quella
 oggetto del presente procedimento, concerne  il  caso  in  cui  venga
 richiesta  e autorizzata una lottizzazione per la realizzazione di un
 complesso industriale, mentre nella realta' si intenda eseguire ed in
 concreto  si realizzi un complesso terziario-direzionale. Quando cio'
 avvenga sembra  che  l'ottenuta  autorizzazione  lottizzatoria  e  le
 conseguenti  concessioni  edilizie  necessarie  per la esecuzione del
 complesso  edilizio  assumano  una  funzione  meramente   strumentale
 rispetto  a quanto si vuole illecitamente attuare, atteso che vengono
 ad avere il ruolo di mera copertura, di schermo apparentemente lecito
 di  quanto  si  va a costruire in contrasto con tutte le disposizioni
 della  pianificazione  territoriale,  al  triplice  livello  statale,
 regionale e comunale.
    In   termini   estremamente   semplici  si  vengono  ad  impiegare
 l'autorizzazione  a  lottizzare  una  certa  area  e  le  concessioni
 edilizie  conseguenti,  rilasciate per la costruzione di un complesso
 industriale,  per  la  effettiva   creazione   di   un   insediamento
 terziario-direzionale.   E   poiche'   l'atto   autorizzatorio  ed  i
 provvedimenti concessori conseguenti si riferiscono  alla  esecuzione
 di un complesso industriale, pare logico che, ove venga realizzato al
 contrario    un     insieme     di     edifici     a     destinazione
 direzionale-amministrativa, questo non possa che considerarsi abusivo
 a tutti gli effetti, non potendo l'autorizzazione lottizzatoria e  le
 relative  concessioni  rilasciate che riferirsi ad un insediamento di
 carattere industriale.
    Se  cio' appare vero in linea di principio, risulta esserlo ancora
 di piu' ove si vada a considerare la normativa vigente.
    Totalmente diverso e' infatti il regime giuridico in vigore per la
 differente tipologia degli interventi.
    Gia'  per quanto concerne il contributo di concessione gli artt. 3
 e  10  della   legge   n.   10/1977   stabiliscono   un   trattamento
 diversificatorio  per  le due tipologie di costruzioni e di impianti,
 esonerando quelli destinati ad attivita'  industriali  e  artigianali
 dal  pagamento  del  costo  di  costruzione  ed  assoggettandoli alla
 corresponsione di un  contributo  pari  alla  incidenza  delle  opere
 necessarie  al  trattamento  e  allo  smaltimento dei rifiuti solidi,
 liquidi e gassosi  e  di  quelle  necessarie  alla  sistemazione  dei
 luoghi, ove ne siano alterate le caratteristiche.
    Diversa,  poi,  e'  la  regolamentazione  statale  che  attiene ai
 rapporti massimi tra gli spazi  destinati  agli  insediamenti  e  gli
 spazi  pubblici riservati ad attivita' collettive, a verde pubblico o
 a parcheggio a seconda che i nuovi  insediamenti  siano  a  carattere
 industriale   (riserva   minima   del   10%  della  superficie  degli
 insediamenti) ovvero siano a  terziario-direzionale  (riserva  minima
 dell'80% della superficie lorda di pavimento dei nuovi insediamenti),
 in relazione all'art. 41-quinquies, penult.  comma,  della  legge  n.
 1150/1942 e successive modifiche e all'art. 5 del d.m. 2 aprile 1984,
 n. 1444 (aree a standards).
    In  sede  regionale  lombarda  tale  ultima  normativa  ha trovato
 precisa attuazione con gli artt. 22 della l.r. n. 51/1975 e 12  della
 l.r.  n.  60/1961  del  5 dicembre 1977, in forza dei quali le aree a
 standards devono essere cedute gratuitamente al comune  nella  misura
 del  20% della superficie destinata a nuovi insediamenti produttivi e
 nella misura del 100% della  superficie  lorda  di  pavimento  per  i
 complessi del settore terziario e commerciale.
    Nel  comune  di  Milano  il  differente  regime giuridico, gia' in
 posizione  di  netto  favore  per  gli  insediamenti  industriali   e
 artigianali  a  livello  di  normativa  statale e regionale, presenta
 ulteriori vantaggi per questa categoria di complessi - fatte salve le
 nuove  disposizioni  entrate in vigore nel settembre del c.a. che qui
 non interessano - prevede  un  indice  di  edificabilita'  nettamente
 superiore  (del  32%  circa)  rispetto  a  quello  stabilito  per  il
 terziario espresso in superficie lorda di pavimento (1,2 mq/mq invece
 che  0,9  circa  mq/mq, ove l'indice di edificabilita' del terziario,
 che e' di 3 mc/mq venga espresso in  superficie  lorda  di  pavimento
 rapportandolo all'altezza virtuale fissata in mt. 3,30 dall'art. 6.10
 delle norme tecniche di attuazione del p.r.g.).
    A   tutto   cio'   deve  aggiungersi  il  significato  che  ha  la
 localizzazione  dei   differenti   insediamenti   nell'ambito   della
 pianificazione territoriale.
    Senza  entrare  in  dettaglio  nella  problematica  relativa  alla
 suddivisione del territorio in  zone  omogenee  secondo  i  parametri
 normativi  generali  dettati  dal  d.m.  2  aprile  1968, n. 1444, va
 osservato come la ubicazione dei diversi insediamenti nel  territorio
 risponda  a  precise scelte di programmazione ispirate, da un lato, a
 opportuni criteri distributivi e  di  sviluppo  e,  dall'altro,  alla
 soddisfazione  di  esigenze  totalmente  differenti  a  seconda delle
 caratteristiche dei complessi.
    L'insediamento  industriale  presenta problemi di localizzazione e
 risponde ad esigenze socio-economiche affatto differenziate  rispetto
 a quelli del complesso ad uffici.
    Si  vuole  evidenziare  come  la  pianificazione  urbanistica  del
 territorio, che identifichi le aree d'intervento secondo  le  diverse
 tipologie  realizzative,  risponda da un lato a ragioni proprie di un
 ordinato e corretto sviluppo del tessuto urbano; preveda, dall'altro,
 differenziati  trattamenti  normativi  a  seconda  della natura degli
 insediamenti. Sicuramente piu' favorevole e' quello stabilito per  le
 attivita'  industriali  e  artigianali  rispetto  a  quello  per  gli
 insediamenti di carattere terziario.  Sicche'  avvalersi  del  regime
 normativo  riservato  all'industriale  per  poi  eseguire in concreto
 terziario presenta altresi' enormi vantaggi in termini di  indici  di
 edificabilita',   di  cessione  gratuita  di  aree  a  standards,  di
 contributi di concessione.
    A  questo  punto  e'  facile  intuire  quali  ulteriori aspetti di
 convenienza presenti camuffare da industriale la realizzazione di  un
 complesso terziario-direzionale.
    Di  tutto  cio'  ha tenuto conto il legislatore del 1985 quando ha
 contemplato l'ipotesi di  lottizzazione  solo  apparentemente  lecita
 perche'  autorizzata  per  una  determinata  funzione  ed  in realta'
 illecita  perche'  esecutiva  in  concreto  di   una   trasformazione
 edilizio-urbanistica  inosservante  delle  norme  di pianificazione a
 livello  statale,  regionale  e  comunale.  L'occultare  dietro   una
 apparenza,  uno  schermo  di legalita' un'attivita' trasformativa dei
 terreni in contrasto con tutte le predette disposizioni e' indice  di
 una  capacita' criminale di colui che la realizza dotata di connotati
 di antisocialita' e di pericolosita' piu' consistenti di  quanto  non
 la possieda colui che, alla luce del sole, proceda a lottizzare senza
 autorizzazione magari un'area di qualche migliaio di  metri  quadrati
 (in   territorio  comunale  di  Milano,  ad  esempio,  la  preventiva
 pianificazione esecutiva e' assolutamente indispensabile - salvi casi
 particolari - per le aree di nuovo intervento superiore ai 5.000 mq).
    Ed  e'  sotto  questo profilo che, ad avviso del pretore, ancorare
 l'abusivita' di una lottizzazione  alla  mancanza  di  autorizzazione
 lottizzatoria   significa   creare   una  irrazionale  disparita'  di
 trattamento  tra  colui  che  da'   corso   ad   una   trasformazione
 edilizio-urbanistica del territorio attraverso il frazionamento di un
 terreno in piu' lotti e la esecuzione delle opere necessarie a  scopo
 edificatorio  senza  la  preventiva  autorizzazione,  con  il rischio
 peraltro immediato e quotidiano di un intervento  interruttivo  della
 sua  illecita  attivita'  a  livello  amministrativo e giudiziario; e
 colui  che,  invece,  riesca  ad  ammantare  di  apparente  legalita'
 un'attivita'  trasformativa  in  contrasto  con tutte le regole della
 pianificazione.
    Simile  disparita'  appare ancora piu' accentuata quando si vada a
 raffrontare quest'ultima situazione alla lottizzazione  semplicemente
 negoziale  nella  quale  la  fase  trasformativa vera e propria ed il
 conseguente danno urbanistico-ambientale non  hanno  ancora  modo  di
 realizzarsi.
    Non possono a questo punto condividersi le considerazioni espresse
 dalla Cassazione a sostegno del proprio assunto.
    Vi   e'   sicuramente   lesione   della   riserva  pubblica  della
 programmazione territoriale, quando il comune autorizzi  l'esecuzione
 di un insediamento industriale in conformita' con le previsioni dello
 strumento urbanistico vigente e venga invece in  concreto  realizzato
 un complesso terziario.
    E'  proprio  il  comune  a  vedersi  sottratta  in concreto quella
 riserva di pianificazione che gli compete e a dovere subire  i  danni
 che ne derivano.
   Difficile, poi, risulta comprendere l'altra preoccupazione espressa
 dalla suprema Corte circa l'annullamento dell'ambito di  operativita'
 della  fattispecie di reato di cui all'art. 20, lett. a), della legge
 n. 47/1985, atteso che si e' ipotizzata la sistematica e  complessiva
 violazione  delle  disposizioni previste dall'ordinamento giuridico a
 base della pianificazione del territorio a livello statale, regionale
 e  comunale,  cosi'  da  realizzare  un aliud pro alio vale a dire un
 insediamento   terziario-direzionale   invece   che   un    complesso
 industriale,  abusivamente  fruendo di un'area di p.r.g. e del regime
 giuridico riservati a quest'ultima categoria di interventi adilizi.
    L'oggettivita'   giuridica  della  fattispecie  di  reati  di  cui
 all'art. 20 alla lett. a), della legge n. 47/1985  concerne,  invece,
 situazioni  di  fatto  in  cui risultano di volta in volta violate le
 norme e le prescrizioni specificamente indicate secondo una  gravita'
 ben  diversamente  significativa rispetto alle altre ipotesi di reato
 contemplate dallo stesso art. 20.
    In  tema  di inosservanze degli strumenti urbanistici rilevanti ai
 sensi dell'art. 20, lett. a), la gamma delle violazioni  e'  la  piu'
 varia   e   la  piu'  ampia  (distanze,  volumetria,  caratteristiche
 tipologiche, variazioni d'uso con caratteri specifici ecc.),  sicche'
 la preoccupazione della Corte non appare affatto condivisibile.
    Altrettanto   dicasi   per   l'altra   ipotesi   di   reato  presa
 specificatamente in considerazione dal supremo collegio, vale a  dire
 quella  contemplata  dall'art.  8,  lett.  a),  in relazione, ai fini
 sanzionatori ed a seconda delle ipotesi, all'art.  20,  lett.  b),  e
 lett.  c),  della  legge  n.  47/1985,  che  questo  pretore  avrebbe
 obliterato nel caso di specie e che, invece, secondo  le  indicazioni
 della Cassazione potrebbe trovare applicazione.
    Anche la prospettata alternativa incriminatoria non convince.
    Le  variazioni  essenziali  definite  dall'art.  8  della legge n.
 47/1985 risultano parificate ai fini sanzionatori al reato di  totale
 difformita' quando siano effettuate "su immobili sottoposti a vincolo
 storico,  artistico,  architettonico,  archeologico,  paesistico   ed
 ambientale  nonche'  su  immobili  ricadenti  sui  parchi  o  in aree
 protette nazionali e regionali" (art. 8, terzo  comma);  e  punite  a
 norma  dell'art.  20,  lett.  c),  quando  siano  realizzate in "zone
 sottoposte a vincolo storico,  artistico,  archeologico,  paesistico,
 ambientale".
    Negli  altri  casi, vale a dire quando manchino queste particolari
 forme di protezione,  rimangono  variazioni  essenziali,  difformita'
 parziali sanzionate ai sensi dell'art. 20, lett. a), visto che l'art.
 20, lett. b), non menziona affatto le variazioni essenziali. Si  badi
 bene - e si specifichera' piu' avanti - il complesso edilizio oggetto
 del presente procedimento non riguarda zone o immobili  sottoposti  a
 tutela  particolare: sicche' non si riesce proprio a comprendere come
 possa essere ipotizzata la contravvenzione di cui agli artt. 8, lett.
 a), e 20, lett. b), di cui parla la Cassazione.
    Peraltro,  dopo quanto si e' precisato, appare del tutto riduttivo
 circoscrivere il contesto alla violazione della disciplina sulle aree
 a  standards,  quando  in  realta'  si e' ipotizzata la sistematica e
 complessiva violazione delle norme di vario  livello  che  presiedono
 alla pianificazione del territorio.
    Parlare  poi  di  mutamento  di  destinazione d'uso mediante opere
 edilizie nel caso di specie non appare esatto, quando in  realta'  si
 e' ipotizzata la realizzazione, fruendo delle norme di pianificazione
 riservate ai complessi industriali,  di  un  insediamento  di  natura
 totalmente   differente,   per   di   piu'   schermandone   le  reali
 caratteristiche dietro un'autorizzazione lottizzatoria rilasciata per
 un intervento per l'appunto di carattere industriale.
    Sembra  che  in  tal  modo risulti vulnerato anche il principio di
 stretta legalita' contemplato  dall'art.  25,  secondo  comma,  della
 Costituzione.  Si  viene  innanzi  tutto  a circoscrivere l'ambito di
 applicazione della fattispecie di reato prevista dall'art. 18,  primo
 comma,  prima  parte,  della  legge n. 47/1985 limitandola al caso di
 assenza di  autorizzazione  lottizzatoria  quando  la  lettera  della
 disposizione,  ad  avviso  del  pretore, evidenzia e contiene l'altra
 ipotesi costituita dall'abusivo  uso  degli  strumenti  giuridici  ed
 amministrativi  di  pianificazione  in presenza di una autorizzazione
 lottizzatoria semplicemente fittizia. Si  viene,  peraltro  verso,  a
 prospettare  come  applicabile  la differente fattispecie di reato di
 cui agli artt. 8, lett. a),  e  20,  lett.  b),  anche  nel  caso  di
 variazioni  essenziali non corcernenti immobili (art. 8, terzo comma)
 o zone (art. 20, lett. c), soggetti a vincoli o a  tutela  specifica:
 cio',  a  parere del pretore, sembra porsi in contrasto con il tenore
 letterale di queste due ultime norme nei  sensi  dianzi  specificati,
 atteso  che  l'art. 20, lett. b), non menziona, ai fini sanzionatori,
 le variazioni essenziali riferentisi ad interventi  al  di  fuori  di
 protezione particolare.
    Quanto fin qui enunciato va altresi' posto in relazione con l'art.
 343- bis del c.p.p., tenuto conto del fatto che  la  pronuncia  della
 Cassazione,  emessa ai sensi dell'ultimo comma di tale norma, avviene
 all'interno di un procedimento penale in corso, per di piu'  in  fase
 istruttoria.
    Nulla  e' detto o specificato da detta disposizione in ordine agli
 effetti di una simile  decisione  sul  procedimento  medesimo  e  sui
 vincoli che ne conseguono per i giudici di merito anche in termini di
 contestazione dell'accusa, in particolar  modo  se  questa  gia'  sia
 stata formulata nei sensi censurati dalla suprema Corte. In sostanza,
 non e' dato dedurre dalla specificata disposizione  se  la  pronuncia
 della  Cassazione sia data incidenter tantum con effetti circoscritti
 al provvedimento di sequestro convalidato o adottato direttamente dal
 magistrato,  ovvero  irradi la sua efficacia sull'intero procedimento
 cosi' da creare precisi limiti per il giudice di merito nella  stessa
 fase istruttoria ed in quelle successive (dibattimento e appello).
    Se  queste  ultime  dovessero  essere  le  conseguenze  potrebbero
 risultarne  sconvolti  i  principi  che  regolano  l'esercizio  della
 giurisdizione  ed,  in  particolare,  l'articolazione  dei  gradi  di
 giudizio  secondo  l'inderogabile  progressione  che  vede  esprimere
 insopprimibilmente   le   valutazioni  e  le  pronunce  di  merito  -
 indispensabili comunque per una corretta e completa ricostruzione del
 fatto  -  seguite  poi  dalla  fase  limitata alla legittimita'. Cio'
 secondo   le   norme    di    garanzia    giurisdizionale    previste
 dall'ordinamento  giudiziario,  cui  si richiama espressamente l'art.
 102,  primo  comma,  della  Costituzione,  che  concerne   anche   ed
 indefettibilmente l'articolazione dei gradi di giurisdizione.
    Se il provvedimento della Cassazione emesso a norma dell'art. 343-
 bis del c.p.p. dovesse esplicare i suoi effetti su tutte le fasi ed i
 contenuti del procedimento cui si riferisce, per il giudice di merito
 non  resterebbero  come  unici  parametri  di  riferimento  il  fatto
 processualmente  accertato  o da ricostruirsi e la norma astratta cui
 ricondurre tale fatto, in conformita' con il principio costituzionale
 di cui all'art. 101, secondo comma, della Costituzione, ma un fatto e
 un  dato  normativo  gia'  precostituiti  nei  loro  contenuti  anche
 interpretativi   (con   riferimento   al   secondo)  dalla  pronuncia
 anticipata della Cassazione.
    Le  espresse osservazioni appaiono quanto mai pertinenti, dato che
 nelle due ordinanze  (particolarmente  nella  seconda  come  sta  per
 vedersi)   risultano   enunciate   osservazioni   in   qualche   modo
 "ricostruttive" del fatto per cui e' processo.
    Rimane da ultimo da evidenziare come la questione che si prospetta
 sia pregiudiziale rispetto al presente giudizio, che non puo'  essere
 definito senza la risoluzione della medesima.
    Il  procedimento  e'  giunto  sino  alla  contestazione  dei reati
 ravvisati mediante mandato di comparizione a cinque imputati compresi
 Vigano' Armando e Garozzo Salvatore (quest'ultimo, fra l'altro, aveva
 a tutti gli effetti e quale  procuratore  speciale  rappresentato  la
 Societa'  Porcellane  Richard-Ginori  S.p.a. in sede di stipula della
 convenzione di lottizzazione con atto del 19 novembre 1984).
    Al  capo  B)  del  mandato di comparizione e' stato in particolare
 contestato il reato di  lottizzazione  abusiva  nei  termini  che  si
 riassumono.
    Si e' dato in primo luogo atto della realizzazione di un complesso
 (terziario) ad uffici in un'area destinata dal  piano  regolatore  ad
 attivita'  industriali-artigianali,  violando in tal modo non solo le
 riserve funzionali  di  zona  ma  sfruttando  abusivamente  anche  la
 posizione  di  vantaggio  prevista dallo strumento urbanistico per le
 attivita' industriali realizzando, fra l'altro, il 32% circa in  piu'
 di  superficie  lorda  di  pavimento rispetto a quella ammessa per la
 funzione a terziario.
    Si  e' implicitamente dato atto della fruizione non consentita del
 contributo  di  concessione  riservato  alle  attivita'   industriali
 riguardo  al  24%  del  nuovo effettivamente realizzato rispetto alla
 previsione totale di superficie lorda di  pavimento  (20%  di  uffici
 tecnici e laboratori integrati +4%).
    Secondo l'accusa che si e' ipotizzata ne sarebbero conseguiti:
      lo  scardinamento  delle  previsioni  di piano regolatore con la
 sistematica  violazione  di  quanto  prescritto   per   le   zone   a
 "industriale-artigianale"  (artt. 19, 21 e 32 delle norme tecniche di
 attuazione del p.r.g.);
      la  eliminazione  di  qualunque collegamento ed integrazione tra
 l'esistente industriale e gli edifici di  nuova  esecuzione,  con  la
 conseguente  rimozione  di  ogni  ragione di esistenza del nuovo: gli
 uffici tecnici e i laboratori integrati  nella  misura  del  20%  del
 totale autorizzato e gli uffici amministrativi collegati nella misura
 del 30% del totale autorizzato in tanto potrebbero esistere in quanto
 esista  nell'area  di  lottizzazione l'attivita' industriale cui sono
 integrati e collegati nelle percentuali indicate dal p.r.g. (art.  32
 delle norme tecniche di attuazione);
      l'avvio,  invece,  della  graduale  rimozione  del  preesistente
 industriale  (presentazione  di  progetto  di   demolizione   di   un
 capannone),  che  doveva  essere  mantenuto  e sottoposto a lavori di
 manutenzione straordinaria (art. 12  convenzione  di  lottizzazione),
 provvedendo   nel   frattempo   alla  separazione  dello  stesso  dai
 fabbricati di nuova realizzazione mediante apposite opere;
      la  violazione  delle disposizioni statali, regionali e comunali
 sulle aree a standards a livello qualitativo con  la  cessione  delle
 medesime   ad   oltre   800   metri  di  distanza  dal  perimetro  di
 lottizzazione,  senza  percio'  nessuno  nesso  funzionale   rispetto
 all'area di lottizzazione secondo quanto prescrivono il d.m. 2 aprile
 1968, n. 1444, l'art. 22 della l.r. n. 51/1975 e  l'art.  6.12  delle
 norme   tecniche  di  attuazione  del  p.r.g.;  e  sotto  il  profilo
 quantitativo in relazione alla  superficie  lorda  di  pavimento  dei
 nuovi fabbricati a terziario pari a circa 40.000 mq (area ceduta pari
 a circa 30.000 mq);
      la  risultante  inosservanza delle clausole della convenzione di
 lottizzazione sottoscritta con atto del 19 novembre 1984.
    Si  sono,  nella  sostanza,  ipotizzate  la violazione sistematica
 delle regole della pianificazione e l'abusiva fruizione -  oltre  che
 di  un'area  -  delle  regole  riservate  alla  realizzazione  di  un
 complesso  industriale  allo  scopo   di   creare   un   insediamento
 terziario-direzionale.
    L'ipotesi  di  contestazione  e'  stata  estesa  a tutta l'area di
 lottizzazione poiche' in tanto si sarebbe potuto eseguire il nuovo in
 quanto  espressione  di  un  unico  complesso industriale e, percio',
 integrato e strettamente connesso con l'esistente.
    Andando  di  diverso  avviso, la Corte di cassazione nella seconda
 ordinanza concernente l'area  occupata  dai  vecchi  capannoni  della
 Richard-Ginori  ha  fondato  l'annullamento  del  sequestro pretorile
 riguardante tale area sulla "assoluta  mancanza  del  benche'  minimo
 nesso  pertinenziale  tra  cosa sequestrata e reato": come a dire che
 l'area  relativa  ai  vecchi  fabbricati  esistenti  non  sia   stata
 considerata   in  forma  assolutamente  unitaria  ed  imprescindibile
 rispetto a quella riservata ai nuovi edifici - cosi' da costituire un
 "tutt'uno"  -  nel piano di lottizzazione di cui si discute, e ne sia
 invece rimasta al di fuori. Ed anzi la stessa Corte sembrerebbe  aver
 ridotto  la  sostenza della questione al fatto che i nuovi fabbricati
 sarebbero  stati  offerti  in  locazione  all'Enichem  anziche'  alla
 Richard-Ginori, preesistente in loco.
    Quanto,  infine,  alla  osservazione  espressa  dalla  Corte nella
 stessa seconda ordinanza, secondo la quale "la ricorrente soc. Ginori
 si  limito' unicamente a cedere al comune un'area di mq 560 destinata
 all'allargamento di via Corelli, senza  svolgere  la  benche'  minima
 attivita'  edificatoria od urbanistica sul terreno o sui preesistenti
 fabbricati di sua proprieta'", alla luce di quanto si  e'  detto  non
 appaiono   necessari   ulteriori   commenti,  visto  che  proprio  la
 separazione dell'esistente dal nuovo e l'avvio  della  rimozione  del
 vecchio  (su progetto di demolizione presentato proprio dall'imputato
 Brunotti Sandro) sembrerebbe prospettarsi come l'aspetto fondamentale
 di  tutta l'operazione immobiliare di via Tucidite, 56, Milano, cosi'
 da farla qualificare contra legem.
    Sul fondamento delle esposte considerazioni questo pretore solleva
 la  questione  di  legittimita'  di  cui  trattasi,  senza   la   cui
 risoluzione il presente giudizio non puo' essere definito.
                                P. Q. M.
    Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  d'ufficio  la  questione  di  legittimita' costituzionale
 degli artt. 18, primo comma, prima parte, e 20, lett. c), della legge
 28 febbraio 1985, n. 47, e dell'art. 343- bis del c.p.p. in relazione
 agli artt. 3, 25, secondo comma, 101, secondo  comma,  e  102,  primo
 comma, della Costituzione nei sensi di cui a motivazione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina la sospensione del giudizio in corso;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza sia notificata alle parti in
 causa, al pubblico ministero  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  nonche'  comunicata  ai  Presidenti  delle  due Camere del
 Parlamento.
      Milano, addi' 7 dicembre 1988
                           (Seguono le firme)

 89C0445