N. 346 SENTENZA 14 - 22 giugno 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.  Mutilati
 ed invalidi civili - Inabilita' totale - Diritto all'indennita' di
 accompagnamento - Esclusione della cecita' parziale come fattore
 concorrente, con altre minorazioni, all'integrazione delllo stato di
 totale inabilita' - Illegittimita' costituzionale parziale.
 Combinato disposto degli artt. 1, primo comma, della legge 11
 febbraio 1980, n. 18, e 2, quarto comma, della legge 30 marzo 1971,
 n. 118).(Cost., artt. 2, 3 e 38)
(GU n.26 del 28-6-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.   Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, della legge
 11 febbraio 1980, n. 18 (Indennita' di accompagnamento agli  invalidi
 civili  totalmente  inabili) e dell'art. 2 della legge 30 marzo 1971,
 n. 118 (Conversione in legge del D.L.  30 gennaio 1971, n. 5 e  nuove
 norme  in  favore  di  mutilati  ed  invalidi  civili),  promosso con
 ordinanza  emessa  il  25  ottobre  1988  dal  Pretore  di  Pisa  nel
 procedimento  civile  vertente  tra Guerri Orfeo e il Ministero degli
 Interni, iscritta al n. 25 del registro ordinanze 1989  e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale,
 dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 17 maggio 1989 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Nel corso di un procedimento civile promosso da Guerri Orfeo
 nei confronti del Ministero degli Interni per vedersi riconosciuto il
 diritto  all'indennita'  di accompagnamento prevista per gli invalidi
 civili assoluti dall'art. 1 della legge  11  febbraio  1980,  n.  18,
 l'adito  Pretore  di  Pisa  rilevava  che  nella specie l'istante era
 affetto:
       a)  da  cecita'  parziale,  per  la quale fruiva di una modesta
 pensione (L. 25.000 mensili);
       b) da altre gravi patologie comportanti un'invalidita' valutata
 in sede amministrativa nella percentuale dell'80%, che non  gli  dava
 pero'  titolo  ad  alcuna  provvidenza in ragione del superamento dei
 limiti di reddito stabiliti al riguardo.
    Dalla  consulenza  tecnica  d'ufficio, e dall'iniziale valutazione
 della stessa Amministrazione resistente,  emergeva  che  sommando  la
 cecita'  alle altre patologie ne sarebbe risultata un'invalidita' del
 100%, che avrebbe dato titolo sia  alla  pensione  d'invalidita'  che
 all'indennita'  di accompagnamento, per un totale di circa L. 800.000
 mensili.
    Cio'  premesso,  il  Pretore di Pisa, con ordinanza del 25 ottobre
 1988, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e  38  Cost.,  una
 questione  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1 della citata
 legge n. 18 del 1980 e 2 della legge 30 marzo  1971,  n.  118  "nella
 parte   in  cui  non  consentono  la  percezione  dell'indennita'  di
 accompagnamento prevista dalla legge n.  18/1980  al  cieco  parziale
 titolare  di  pensione ed anche invalido civile all'80%, posto che la
 complessiva invalidita' lo rende del tutto  inabile  a  compiere  gli
 atti quotidiani della vita".
    La  prima  di tali norme, osserva il giudice a quo, rinvia, quanto
 alla   definizione   dell'invalidita'   civile   che    da'    titolo
 all'indennita' di accompagnamento, alla seconda; e questa esclude che
 ai fini del riconoscimento dello status di invalido possano  rilevare
 ragioni  di invalidita' che - come nella specie - danno autonomamente
 titolo ad una prestazione diversa (ciechi, invalidi per lavoro o  per
 servizio,  ecc.).  Cio', pero', a suo avviso, comporta, una manifesta
 disparita' di trattamento tra soggetti le  cui  affezioni  siano  nel
 complesso  tali  da impedire loro di provvedere agli ordinari bisogni
 della vita, a seconda che tra di essi ve ne sia o meno taluna che da'
 titolo  ad  una prestazione autonoma, posto che la presenza di questa
 si traduce, come nel caso di specie, in un trattamento  assistenziale
 deteriore.
    2.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, intervenuto nel
 giudizio  tramite  l'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  dopo   aver
 osservato  che  la cumulabilita' delle provvidenze previste in favore
 di categorie distinte - invalidi civili, ciechi civili e sordomuti si
 risolverebbe in una duplice valutazione delle stesse minorazioni, ha,
 peraltro, chiesto il rinvio degli  atti  al  giudice  a  quo  perche'
 riesamini   la   rilevanza   della   questione   alla  stregua  della
 sopravvenuta normativa di cui  agli  artt.  1  e  3  della  legge  21
 novembre  1988,  n. 508 e 9 del decreto legislativo 23 novembre 1988,
 n. 509.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con  l'ordinanza  indicata  in epigrafe, il Pretore di Pisa
 dubita della legittimita' costituzionale degli artt. 1 della legge 11
 febbraio  1980,  n.  18  e 2 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nella
 parte in cui tali norme, nel loro combinato disposto, escludono  che,
 ai  fini  del  riconoscimento  dello stato di tale invalidita' civile
 assoluta che da' diritto all'indennita' di  accompagnamento,  possano
 essere  computate  le  affezioni  -  come,  nella  specie, la cecita'
 parziale - che danno titolo ad un'autonoma prestazione assistenziale.
 Nel definire le condizioni per l'attribuzione di tale indennita' agli
 invalidi  civili  totalmente  inabili,  infatti,  la  prima  di  tali
 disposizioni  richiama  la  seconda;  e  questa,  nell'ultimo  comma,
 esclude dalle prestazioni di invalidita'  civile  "gli  invalidi  per
 cause  di  guerra,  di  lavoro,  di  servizio,  nonche'  i ciechi e i
 sordomuti per i quali provvedono altre leggi".
    Nel  caso  oggetto del giudizio a quo, la congiunta considerazione
 della  cecita'  parziale  e  delle  altre  affezioni  riscontrate  al
 ricorrente  -  comportanti un'invalidita' valutata nell'80% - avrebbe
 dato luogo al riconoscimento di un'invalidita' totale con  inabilita'
 a  compiere gli atti quotidiani della vita, e quindi all'attribuzione
 dell'indennita' di accompagnamento; ma cio'  ostava  la  preclusione,
 discendente  dalle  norme  impugnate,  a  considerare nel coacervo la
 cecita' parziale, per la quale egli fruiva di autonoma pensione.
    Ad   avviso   del  Pretore  rimettente,  le  cennate  disposizioni
 contrastano con gli artt. 2, 3  e  38  Cost.,  in  quanto  comportano
 un'irrazionale  disparita'  di  trattamento  tra  soggetti  parimenti
 abbisognevoli di assistenza continuativa  perche'  non  in  grado  di
 compiere  gli  atti  quotidiani  della vita. Se infatti a determinare
 tale condizione concorrono affezioni specificamente disciplinate come
 la  cecita'  ed  il  sordomutismo  -  che  danno  titolo  ad autonoma
 prestazione,  il  trattamento   assistenziale   complessivo   risulta
 deteriore  rispetto  a  quello goduto da chi sia totalmente inabile a
 causa di affezioni di altra natura.
    Il  descritto assetto normativo circa la spettanza dell'indennita'
 di accompagnamento in  caso  di  pluriminorazione  comprensiva  della
 cecita'  parziale  non  risulta modificato, nella prassi applicativa,
 dalle sopravvenute disposizioni contenute  nella  legge  21  novembre
 1988, n. 508 e nel decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509 (cfr.
 circolare del Ministero dell'Interno n. 2/89 del  19  gennaio  1989):
 sicche'  non puo' accogliersi la richiesta di restituzione degli atti
 per riesame della rilevanza avanzata dall'Avvocatura dello Stato.
    2. - La questione e' fondata.
    E'  d'uopo  premettere che la normativa vigente non vieta, in caso
 di  pluriminorazione,  il  cumulo  delle  provvidenze  previste   per
 l'invalidita'  civile  e,  rispettivamente,  per  la  cecita'  (o  il
 sordomutismo) ove ricorrano i  presupposti  di  ciascuna;  prescrive,
 pero',  che  il  riconoscimento di tali invalidita' avvenga in base a
 malattie  o  minorazioni  diverse,  e  cio'  al   fine   di   evitare
 l'attribuzione  al  soggetto di piu' prestazioni assistenziali per la
 stessa causa (cfr. circolare cit. e parere del  Consiglio  di  Stato,
 Sez. I, n. 1973/80 del 18 dicembre 1981).
    Tale  regola,  connessa all'apprestamento di specifiche discipline
 per  le  sopradette  cause  di  invalidita',  e'  gia'  di  per   se'
 suscettibile  di  valutazioni critiche ove la separata considerazione
 delle singole minorazioni conduca ad un'insufficiente  individuazione
 delle  complessive  esigenze  di  assistenza  del  soggetto che ne e'
 affetto. Ma essa risulta  priva  di  razionalita'  se  applicata  nei
 confronti  dell'indennita' di accompagnamento: la quale spetta, oltre
 che ai ciechi assoluti, ai soggetti totalmente inabili per  affezioni
 fisiche   o   psichiche  "che  si  trovino  nella  impossibilita'  di
 deambulare senza l'aiuto  permanente  di  un  accompagnatore  o,  non
 essendo  in  grado  di  compiere  gli  atti  quotidiani  della  vita,
 abbisognano di una assistenza continua" (cfr. art. 1 legge n. 18  del
 1980  e,  oggi,  art.  1  legge  n.  508 del 1988). La legge, infatti
 considera qui una  condizione  specifica,  quella  dei  soggetti  non
 deambulanti  o non in grado di provvedere a se stessi per le esigenze
 della vita quotidiana, che e' ulteriore ed aggiuntiva  rispetto  allo
 stato  di  totale  inabilita' al lavoro; e conseguentemente, appresta
 una specifica provvidenza per porli  in  grado  di  far  fronte  alle
 esigenze  di  accompagnamento  e  di assistenza che quella condizione
 necessariamente comporta.
    Tale   carattere   aggiuntivo   dell'indennita'  in  questione  e'
 dimostrato, da un lato, dal fatto che essa non spetta ove il soggetto
 non   abbia   da   provvedere  a  tali  esigenze  perche'  ricoverato
 gratuitamente in istituto (art. 1,  terzo  comma,  legge  n.  18  del
 1980);  dall'altro,  dal  fatto  che  essa  si cumula con la pensione
 d'invalidita' totale, ove di questa ricorrano i requisiti reddituali,
 e  spetta anche agli invalidi totali minori di anni diciotto, che non
 fruiscono di detta pensione (artt. 1 della legge n. 18 del 1980 e  12
 della legge n. 118 del 1971).
    La possibilita' di cumulo delle prestazioni assistenziali connesse
 alle invalidita' con l'indennita'  di  accompagnamento  trova  quindi
 ragione nella diversa funzione di tali provvidenze: le quali tendono,
 nell'un caso, a sopperire alla condizione di bisogno di chi  a  causa
 dell'invalidita' non e' in grado di procacciarsi i necessari mezzi di
 sostentamento;   nell'altro,   a   consentire   ai    soggetti    non
 autosufficienti  condizioni  esistenziali compatibili con la dignita'
 della persona umana.
    L'assicurare  tali condizioni rientra tra i doveri inderogabili di
 solidarieta' additati dall'art. 2 Cost.,  ed  ha  preminente  rilievo
 nell'ambito  dei compiti di assistenza posti allo Stato dall'art. 38,
 primo comma; e per altro verso, data l'autonomia della situazione  in
 discorso,   contrasta   certamente  col  principio  d'uguaglianza  il
 concedere o meno la relativa prestazione assistenziale a soggetti che
 ne  siano parimenti bisognevoli, a seconda che essi fruiscano o no di
 provvidenze preordinate ad altri fini.
    Le  disposizioni  impugnate  vanno  percio',  nel  loro  combinato
 disposto, dichiarate costituzionalmente illegittime  nella  parte  in
 cui escludono che ai fini della valutazione dello stato di inabilita'
 totale che da' diritto all'indennita' di accompagnamento possa essere
 considerata la cecita' parziale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  del combinato disposto
 degli artt. 1, primo comma, della  legge  11  febbraio  1980,  n.  18
 (Indennita'   di  accompagnamento  agli  invalidi  civili  totalmente
 inabili) e 2, quarto  comma,  della  legge  30  marzo  1971,  n.  118
 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove
 norme in favore di mutilati ed invalidi civili) nella  parte  in  cui
 esclude  che  ad  integrare lo stato di totale inabilita' con diritto
 all'indennita'  di  accompagnamento  possa  concorrere,   con   altre
 minorazioni, la cecita' parziale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: SPAGNOLI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 22 giugno 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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