N. 346 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 novembre 1988- 28 giugno 1989

                                 N. 346
 Ordinanza   emessa   il   22  novembre  1988  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 28 giugno 1989) dalla Corte dei conti  sul  ricorso
 proposto da Canneva Lorenzo
 Corte  dei conti - Giudizio in materia di pensioni di guerra Facolta'
 del  ricorrente  di  avvalersi  dell'assistenza  di  un  difensore  -
 Esclusione   della   facolta'   del   ricorrente  di  farsi  altresi'
 rappresentare dal difensore stesso - Ingiustificata compressione  del
 diritto  di difesa - Richiamo alle sentenze della Corte nn. 151/1971,
 47/1971 e 70/1965.
 (Legge 21 marzo 1953, n. 161, art. 3, terzo comma).
 (Cost., art. 24).
(GU n.29 del 19-7-1989 )
                           LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n.
 760794 del registro di segreteria, proposto da Canneva Lorenzo e dopo
 la  sua morte proseguito dalla vedova Esposito Anna, nata a Napoli il
 1º dicembre 1912 e dai figli Canneva  Lucia,  nata  a  Napoli  il  23
 giugno  1945  e  Alfredo,  nato a Napoli il 25 maggio 1949 avverso il
 decreto del Ministero del tesoro in data 20 aprile 1968, n. 2316849;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  giorno  22  novembre  1988 il
 relatore nella persona del referendario Vincenza Romeo  il  difensore
 dei  ricorrenti avvocato Luigi Esposito nonche' il p.m. nella persona
 del vice procuratore generale Felice Masi.
                               F A T T O
    Il  militare  in congedo Canneva Lorenzo, provvisto di trattamento
 privilegiato di guerra di 6a categoria vitalizia a far tempo  dal  1º
 agosto   1960   per   "esiti  di  endo-cardite  post-reumatica",  con
 istanza-denuncia di aggravamento dell'aprile  1967  chiese  una  piu'
 favorevole pensione.
    Il  Ministero  del  tesoro, in conformita' alla proposta formulata
 dalla commissione medica per le pensioni di guerra di Napoli-Pozzuoli
 con  verbale di visita collegiale dell'11 ottobre 1967 e al parere in
 data 25 gennaio 1968 della  commissione  medica  superiore  di  Roma,
 respinse  con  decreto  in data 20 aprile 1968, n. 2316849, l'istanza
 dell'invalido per essere  l'infermita'  cardiaca  non  aggravata  ne'
 rivalutabile.
    L'interessato  avendo  proposto  ricorso  avverso  il  decreto, il
 procuratore generale, rappresentante  il  pubblico  ministero  presso
 questa  Corte, con atto conclusionale del 1º marzo 1988 ha chiesto il
 rigetto della domanda giudiziale perche' nel merito senza  fondamento
 facendo  in  pari  tempo  istanza al presidende della Corte affinche'
 venisse fissata l'udienza per la discussione della causa.
    L'udienza,  gia' fissata per il giorno 15 giugno 1988, fu rinviata
 d'ufficio per omessa notifica al ricorrente  dell'atto  conclusionale
 del procuratore generale e dell'avviso di fissazione dell'udienza.
    Con  successivo  decreto  presidenziale  in data 18 luglio 1988 la
 discussione  del  ricorrente  venne  fissata  per  l'udienza  del  22
 novembre 1988.
    La  notificazione  del  decreto  al  ricorrente non ha pero' avuto
 luogo per la intervenuta morte di questi (come da annotazione apposta
 dall'agente postale in calce al piego restituito).
    In  data  24 settembre 1988 e' pervenuta alla segreteria di questa
 sezione una comunicazione dell'avvocato Luigi Esposito  del  Foro  di
 Napoli  patrocinante  in cassazione con richiesta di interruzione del
 procedimento per essere il sig. Canneva Lorenzo deceduto.
    (A  tale comunicazione ha fatto seguito altra lettera pervenuta il
 5 novembre 1988 con la quale e' stato  trasmesso  il  certificato  di
 morte  di Canneva Lorenzo avvenuta il 31 marzo 1988 affinche' venisse
 allegato agli atti del processo).
    Con   comparsa  di  riassunzione  pervenuta  il  29  ottobre  1988
 (corredata da procura speciale autenticata per rogito  notaio  Fulvio
 Carabba  in  data  13  settembre 1988) l'avvocato Luigi Esposito, per
 conto ed in nome della vedova Esposito Anna e dei figli Canneva Lucia
 ed Alfredo, ha riassunto il ricorso in epigrafe.
    Alla  pubblica  udienza  del  22  novembre  1988  il  patrono  dei
 ricorrenti ha preliminarmente sostenuto  che  il  contradditorio  era
 ritualmente costituito, ancorche' il decreto di fissazione di udienza
 non fosse stato notificato all'interessato (ne' consegnato  al  altra
 persona)  ma  rispedito  indietro  in data 1º agosto 1988 dall'agente
 postale   alla   Segreteria   della   Sezione   giurisdizionale   con
 l'annotazione: "deceduto".
    Ad  avviso  dell'avvocato Esposito la prosecuzione del processo da
 parte degli eredi aventi causa essendo avvenuta il 29  ottobre  1988,
 la  causa  iscritta a ruolo a nome di "Canneva Lorenzo" per l'udienza
 del 22 novembre 1988 poteva venire  validamente  discussa  -  pur  in
 assenza  di  una notifica dell'avviso di udienza agli eredi - in base
 al principio (art. 156 del c.p.c. terzo comma) che la nullita' di  un
 atto  non puo' mai essere pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo
 a cui e' destinato.
    Nel   merito   l'avvocato   ha   dedotto   che   la   "cardiopatia
 mitro-aortica"  merita  una  migliore  classifica  per   sintomi   di
 scompenso   sopraggiunti   che   si   accompagnano  ad  una  generale
 insufficienza miocardica per cui va ascritta ex officio alla  seconda
 categoria  della tabella A n. 13 allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981,
 n. 834; quanto ad una seconda infermita' (otopatia) ha sostenuto  che
 pure  essa fa parte del giudizio in quanto col decreto fu respinta la
 domanda di pensione per  detta  infermita'  e  l'interessato  propone
 ricorso  alla Corte dei conti anche per tale motivo; per l'infermita'
 in parola va riconosciuta la  dipendenza  da  causa  di  servizio  di
 guerra.
    In  via  del  tutto subordinata l'avvocato Esposito ha chiesto che
 sia interpellato il collegio medico legale del Ministero della difesa
 o  l'ufficio  medico-legale  del Ministero della sanita' affinche' si
 pronunci con proprio parere tecnico nel merito delle questioni.
    Il pubblico ministero ha sollevato dei dubbi sulla validita' della
 prosecuzione  del  giudizio  -  interrotto  ipso  iure   al   momento
 dell'evento  per essere la parte costituita personalmente - per mezzo
 della comparsa di riassunzione a firma dell'avvocato  Luigi  Esposito
 depositata  il  29  ottobre 1988 in quanto nella fattispecie in esame
 non si realizzerebbe un'ipotesi di rappresentanza.
    Nel  merito  ha confermato integralmente le conclusioni di rigetto
 formulate con l'atto scritto del 1º marzo 1988.
                             D I R I T T O
    La   sezione   deve  preliminarmente  accertare  se  il  processo,
 interrotto per  effetto  della  morte  del  ricorrente  personalmente
 costituito  in  giudizio,  sia  stato  validamente  proseguito con la
 comparsa  di  riassunzione  a  firma  dell'avvocato  Luigi   Esposito
 depositata il 29 ottobre 1988.
    Secondo  quanto  dispone l'art. 25 del d.P.R. 30 dicembre 1981, n.
 834 (modificato dall'art. 17 della legge  6  ottobre  1986,  n.  656)
 l'atto  di  prosecuzione  del  giudizio  deve  essere provvisto della
 sottoscrizione del ricorrente  o  di  un  suo  procuratore  speciale.
 Secondo  giurisprudenza  consolidata di questa Sezione il procuratore
 speciale  deve  essere  un  avvocato   abilitato   all'esercizio   in
 Cassazione  (art.  4, secondo comma, del r.d.-l. 27 novembre 1933, n.
 1578, ordinamento delle professioni di avvocato  e  procuratore)  che
 sia  all'uopo  munito di un mandato speciale rogato da notaio (ovvero
 steso in calce al ricorso stesso, purche' la firma del mandante  sia,
 in questo caso, autenticata dal mandatario medesimo).
    La  riferita  disposizione  e'  una  norma che si ritrova identica
 nelle varie leggi in materia  di  pensione  di  guerra  che  si  sono
 succedute  nel  tempo  (art.  64  del  r.d.  12 luglio 1923, n. 1491,
 Riforma tecnico-giuridica  delle  norme  vigenti  sulle  pensioni  di
 guerra:  "il ricorso e' provvisto della sottoscrizione del ricorrente
 o di un suo procuratore speciale"; art. 114  della  legge  10  agosto
 1950, n. 648, e via dicendo).
    Cio' premesso, poiche' - come noto - davanti alla suprema Corte di
 cassazione ed alle altre giurisdizioni superiori l'avvocato  iscritto
 all'albo  speciale,  accanto  alla  funzione di assistenza giuridica,
 esplica anche le attribuzioni del procuratore e  dunque  funzione  di
 rappresentanza,  ne  discenderebbe  che  anche davanti alla Corte dei
 conti sezioni giurisdizionali per le pensioni di guerra l'avvocato se
 munito  di  procura speciale - non solo assiste la parte svolgendo un
 compito di carattere tecnico-giuridico ma pone in essere i  necessari
 singoli atti processuali quale rappresentante.
    E poiche' la procura speciale rilasciata con atto pubblico in data
 13 settembre 1988 dagli eredi e  aventi  causa  del  defunto  Canneva
 Lorenzo  all'avvocato  Luigi  Esposito  e' intesa in buona sostanza a
 proseguire il giudizio interrotto, se ne dovrebbe concludere  che  la
 comparsa  di  riassunzione  firmata dal solo avvocato Luigi Esposito,
 nella sua qualita' di procuratore speciale e'  atto  idoneo  ai  fini
 della prosecuzione del giudizio.
    Senonche'  un  esame  piu'  approfondito della questione induce la
 Sezione a un convincimento diverso.
    Occorre  prendere  le  mosse dall'art. 79, secondo comma, del t.u.
 delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti approvato con r.d.
 12  luglio  1934,  n.  1214 che recitava testualmente: "il patrocinio
 legale e' obbligatorio soltanto per i  giudizi  di  competenza  delle
 sezioni  riunite  ed  in  ogni caso e' regolato dalle norme contenute
 nella legge sull'ordinamento  delle  professioni  di  avvocato  e  di
 procuratore".
   In  applicazione  di  tale  norma  fino all'entrata in vigore della
 legge 21 marzo 1953, n. 161, i  ricorrenti  (eccezione  fatta  per  i
 giudizi  celebrati  davanti  alle sezioni riunite: rapporto d'impiego
 dei dipendenti della Corte stessa; appello  contro  le  decisioni  di
 prima  istanza  della sezione del contenzioso contabile artt. 65 e 67
 del citato testo unico) non soltanto avevano il  potere  di  proporre
 personalmente  il  ricorso  ma  anche  quello di stare in giudizio di
 persona e di comparire all'udienza di  discussione  (jus  postulandi:
 art.  18,  terzo  comma  e  art. 19 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038,
 regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei  conti;
 art.  13, secondo comma, d.-l. 9 luglio 1916 relativo al procedimento
 contenzioso dinanzi alla Corte dei conti per ricorsi  in  materia  di
 pensioni o indennita').
    La  legge  21  marzo  1953, n. 161, recante modificazioni al testo
 unico delle leggi sulla  Corte  dei  conti  ha  innovato  in  maniera
 incisiva la materia del contenzioso pensionistico di guerra.
    Secondo l'art. 3 della legge n. 161/1953: "Gli appelli e i ricorsi
 alle sezioni riunite della Corte dei conti sono sottoscritti, a  pena
 di  inammissibilita', dalle parti ricorrenti e da un avvocato ammesso
 al  patrocinio  in  Corte  di  cassazione.  Se  la   parte   non   ha
 sottoscritto,  l'avvocato che firma in suo nome dopo essere munito di
 mandato speciale.
    In  tutti  i  giudizi di competenza della Corte dei conti le parti
 non possono comparire alla pubblica udienza se  non  a  mezzo  di  un
 avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione.
    Nei  giudizi  sui  ricorsi per pensioni di guerra restano ferme le
 norme  attualmente  in  vigore;  qualora  il  ricorrente  si   faccia
 assistere  da  un  avvocato,  gli onorari di questo sono ridotti a un
 quarto".
    Il  primo  comma  conferma  sostanzialmente il precedente art. 79,
 secondo comma, del t.u. n. 1214/1934); il secondo comma -  sulla  cui
 coerenza  e'  irrilevante  qui  indugiare  - riduce invece l'ampiezza
 dello jus postulandi in precedenza attribuito: resta infatti immutata
 la  facolta' del ricorrente di difendersi di persona (riconoscendogli
 dunque  il  legislatore   delle   capacita'   tecniche   in   materia
 particolarmente  complessa  quali  la  responsabilita'  o le pensioni
 ordinarie) ma  soltanto  per  mezzo  di  un'attivita'  esclusivamente
 scritta,  quasi che, secondo un concetto risalente al processo comune
 italiano, la presenza della parte davanti al giudice - di cui non  si
 vede  l'utilita'  e  si  scorgono  solo  gli inconvenienti - si debba
 evitare come pericolosa.
    La vera novita' e' rappresentata dal terzo comma. Per esso restano
 ferme le norme gia' in vigore: e dunque le parti potranno  continuare
 a  difendersi  di persona in ogni fase del processo, compresa la fase
 dibattimentale: ma se le parti si fanno assistere da un avvocato  gli
 onorari di questo sono ridotti ad un quarto.
    Ora  questa disposizione non puo' essere altrimenti intesa che nel
 senso che dinanzi alle Sezioni per le pensioni di guerra  e'  ammessa
 soltanto  "l'assistenza"  e  non  anche  la "rappresentanza" da parte
 dell'avvocato.
    Il  legislatore  non  puo'  ignorare  infatti  che  per dottrina e
 giurisprudenza consolidata e pacifica  l'avvocato  iscritto  all'albo
 speciale   e'  necessariamente  allo  stesso  tempo  investito  della
 funzione di procuratore legale e dunque ha  anche  la  rappresentanza
 della parte.
    Se la nomina di un avvocato comporta di necessita' (e non potrebbe
 come si  e'  detto  essere  altrimenti)  il  conferimento  dello  jus
 postulandi non si riesce a capire come possa realizzarsi l'ipotesi di
 una attivita' professionale di sola "assistenza" a meno che la  norma
 di  cui  si  discute  venga interpretata nel senso che nei giudizi di
 pensione di guerra la parte deve stare sempre di persona in  giudizio
 con  l'assistenza semmai (se lo riterra' conveniente ed opportuno) di
 un avvocato.
    Ne'  si  puo'  pensare  che il termine tecnico di "assistenza" sia
 stato usato dal legislatore impropriamente includendosi in esso anche
 il concetto di "rappresentanza".
    Gli  atti parlamentari - per quel tanto che possono valere in sede
 di esegesi - danno semmai conferma proprio dell'uso tecnico  con  cui
 fu  usata  la  parola  "assistenza" (vedasi prima legislatura 1948-53
 Senato della Repubblica  discussione  CMIII  seduta  del  22  gennaio
 1953).
    In  corso  di  discussione  il Governo presento' un emendamento al
 terzo comma dell'originario art. 3 del  disegno  di  legge  n.  1819,
 emendamento  cosi'  formulato  "Nei  giudizi  per  pensioni di guerra
 restano ferme le norme attualmente in vigore. Qualora  il  ricorrente
 si  faccia  rappresentare  o  assistere da un avvocato gli onorari di
 questo sono ridotti ad un quarto".
    La  commissione  accetto'  l'emendamento  del  Governo nei termini
 redatti salva  la  soppressione  della  parola:  "rappresentare".  Il
 Governo  nella  persona  del sottosegretario di Stato alla Presidenza
 del Consiglio, si dichiaro' d'accordo con la formula  proposta  dalla
 commissione. E cosi' fu fatto. E' chiaro percio' che la redazione del
 testo in quei termini fu intenzionale e l'uso  tecnico  della  parola
 usata voluto espressamente.
   D'altra  parte  se si nega che dinanzi alle sezioni giurisdizionali
 per le pensioni di guerra lo jus postulandi  spetta  unicamente  alla
 parte  in  giudizio di persona e si ammette al contrario che la parte
 vi possa rinunciare affidando la propria rappresentanza  all'avvocato
 la  conclusione  non  puo'  essere che una sola: e cioe' che la ratio
 della  norma  intesa  a  favorire  i  ricorrenti  con  la  prescritta
 riduzione  degli  onorari ad un quarto della tariffa professionale (a
 somiglianza di quanto previsto sia pure con  diverso  criterio  nelle
 cause  in  materia  di  rapporti di lavoro cfr. art. 14 della vigente
 tariffa forense approvata con d.m. 31 ottobre 1985) e' irrealizzabile
 atteso   il   principio   piu'  volte  richiamato  che  dinanzi  alle
 magistrature   superiori   l'avvocato   cumula   le    funzioni    di
 rappresentanza e di assistenza e la liquidazione dei suoi onorari non
 potrebbe pertanto  avvenire  se  non  per  l'intero  ammontare  della
 tariffa stessa.
    Una  norma  dunque  che  non  avrebbe alcun senso destinata - come
 sarebbe - a restare senza  pratica  attuazione  (contraddittoriamente
 infatti  una  certa  dottrina,  dimenticando  l'anzidetto  principio,
 afferma che la riduzione degli onorari ad un quarto per la sua natura
 eccezionale  non  si  applica  nella  ipotesi in cui la parte stia in
 giudizio col ministero di un difensore munito di procura  (cfr.  pag.
 1132  secondo  cpv.  "Il processo in materia di pensione dinanzi alla
 Corte dei conti" Rivista trimestrale di diritto pubblico anno  1970).
    In  definitiva  un'interpretazione  coerente  della  legge porta a
 concludere che dinanzi alle sezioni giurisdizionali delle pensioni di
 guerra  essendo  vietata la rappresentanza del ricorrente da parte di
 un procuratore la parte - che sta obbligatoriamente  in  giudizio  di
 persona  - puo' farsi affiancare da un avvocato soltanto per quel che
 concerne l'assistenza giuridica.
    Disposizione  processuale  anomala,  senza alcun dubbio, ma non la
 sola conosciuta nel nostro ordinamento: cosi'  nel  procedimento  per
 separazione  personale dei coniugi i quali ai sensi degli artt. 707 e
 708 del c.p.c. dovevano comparire personalmente senza  assistenza  di
 difensore  (norma dichiarata illegittima con sentenza 30 giugno 1971,
 n. 151, della Corte costituzionale); cosi' l'art. 274, comma secondo,
 del  c.c.,  comma che per la stessa ragione fu dichiarato illegittimo
 con sentenza n. 70/1965).
    Questo   essendo   l'avviso  della  sezione  (avviso  che  non  e'
 contraddetto per quanto e' dato sapere da contraria giurisprudenza in
 materia  di  pensioni  di guerra) ne consegue che la procura speciale
 conferita all'avvocato Esposito  e'  inidonea  a  far  proseguire  il
 giudizio in oggetto.
    Ne'    pare    conferente    a   togliere   valore   all'anzidetta
 interpretazione del terzo comma dell'art. 3 il rilievo che  la  legge
 18 marzo 1968, n. 313, emanata successivamente alla legge n. 161/153,
 abbia  nuovamente  riproposto  con  l'art.  109,   terzo   comma   le
 disposizioni  dei gia' ricordati art. 64 del r.d. n. 1491/1923 e art.
 114 della legge 10 agosto 1950, n. 648, circa la  sottoscrizione  del
 ricorso  da  parte del ricorrente o di un suo procuratore speciale; e
 tale disposizione e' restata sostanzialmente immutata nel  d.P.R.  23
 dicembre 1978, n. 915, recante testo unico delle norme sulle pensioni
 di guerra.
    Non  sembra, invero, che ricorra nella successione delle leggi ora
 indicata l'ipotesi di cui all'art. 15 delle disposizioni  preliminari
 al  codice civile; e' da escludere infatti che le leggi in materia di
 pensionistica di guerra (di contenuto sostanziale nella preponderanza
 delle  norme  ivi  enunciate)  contengano  un'abrogazione espressa da
 parte del legislatore in ordine all'ultimo comma  dell'art.  4  della
 legge  n.  161/1953;  come  pure  non  e' sostenibile che dette leggi
 abbiano voluto regolare l'intera materia (di  contenuto  processuale)
 gia' fissata dalla legge anteriore n. 161/1953.
    Resta  innegabile  l'incompatibilita' tra la disciplina introdotta
 dall'art. 4, ultimo comma, della legge n. 161/1953  e  le  successive
 disposizioni;   ma  poiche'  l'interpretazione  della  legge  non  e'
 esclusivamente un risultato meccanico di norme che  si  sovrappongono
 nel  tempo,  sembra  doversi  accantonare  nella  fattispecie secondo
 un'interpretazione  coerente   e   sistematica   l'ipotesi   che   il
 legislatore,  dopo aver introdotto nel 1953 una diversa disciplina in
 materia di rappresentanza  e  difesa  da  parte  degli  avvocati  con
 conseguenze  di  non  poco  conto sugli onorari loro spettanti, abbia
 inteso ripristinare a distanza di appena quindici anni con  la  legge
 n.  313/1968,  con  d.P.R. n. 915/1978 e con il d.P.R. n. 834/1981 il
 regime processuale anteriore alla legge n. 161/1953 per  mezzo  della
 generica  ripetizione  di  una  disposizione  stereotipata di origine
 chiaramente sedimentaria.
    Sulla base percio' di quanto osservato il collegio ritiene tuttora
 vigente l'ultimo comma del piu' volte citato art. 4  della  legge  n.
 161/1953  onde  il  giudizio in epigrafe in assenza al momento di una
 valida riassunzione da parte degli eredi - cui compete unicamente  lo
 jus   postulandi   -   resta  interrotto,  secondo  quanto  e'  stato
 formalmente eccepito all'udienza del 22 novembre  1988  dal  pubblico
 ministero sia pure sotto diversa prospettazione.
    Questo,  infatti,  ha rilevato che l'avvocato Esposito e' iscritto
 all'albo procuratori del  tribunale  di  Napoli  e  dunque  non  puo'
 esercitare  ministero  di  difensore  al  di  fuori  dell'ambito  del
 distretto cui appartiene il tribunale al quale egli e' assegnato.
    Il  rilievo  meriterebbe  di  essere  condiviso  se il terzo comma
 dell'art. 3  della  legge  n.  161/1953  facesse  riferimento  ad  un
 qualsiasi avvocato, di guisa che la fattispecie legale potesse essere
 analogicamente ricondotta all'art. 82, secondo comma, del c.p.c.  (in
 materia  di  procedimento pretorile cfr. da ultimo Cassazione sezione
 lavoro  n.  3895  del  9  giugno   1988);   senonche'   in   disparte
 l'osservazione  essere  l'avvocato  Esposito  anche iscritto all'albo
 speciale, non sembra  che  il  terzo  comma  dell'art.  3  in  parola
 parlando   semplicemente   di   "avvocato"  abbia  voluto  consentire
 l'esercizio professionale dinanzi a queste sezioni speciali anche  da
 parte  di avvocati non iscritti all'apposito albo dei patrocinanti in
 cassazione.
    Resta  percio'  fermo,  secondo  la  linea ragionativa accolta dal
 collegio, che nei  giudizi  in  materia  di  pensione  di  guerra  in
 applicazione  del  terzo comma dell'art. 3 della legge n. 161/1953 il
 ricorrente e' costituito necessariamente in giudizio  di  persona  in
 ogni  fase  del  processo,  il  suo jus postulandi non potendo essere
 esercitato da altri al di fuori  delle  particolari  ipotesi  di  una
 rappresentanza vera e propria (legale, giudiziale e volontaria).
    Di  guisa  che,  se  da  un  lato  la  legge ha voluto togliere al
 ricorrente ogni facolta' di costituirsi in giudizio con il  ministero
 di  un  difensore (privandolo della cosidetta difesa attiva per mezzo
 di procura al medesimo affinche' lo rappresenti in giudizio), gli  ha
 tuttavia  consentito  almeno  di  avvalersi dell'assistenza di quello
 (cosidetta difesa consultiva).
    La  conclusione  cosi'  raggiunta  impone  tuttavia  di  sollevare
 d'uffico questione di costituzionalita' del terzo comma  dell'art.  3
 della  legge 21 marzo 1953, n. 161, con riferimento all'art. 24 della
 Costituzione nel punto in  cui  non  consente  nei  giudizi  promossi
 dinanzi  a  queste  sezioni  speciali  che  il  ricorrente  sia anche
 rappresentato  dall'avvocato  ammesso  al  patrocinio  in  Corte   di
 cassazione.
    La  questione  appare  non  manifestamente  infondata in quanto la
 esclusione di un difensore rappresentante non puo' non incidere sugli
 interessi  del  ricorrente  che  sul piano pratico, a causa della sua
 concreta formazione  culturale,  potrebbe  non  essere  in  grado  di
 adempiere  in  maniera corretta tutti gli oneri e tutte le formalita'
 indispensabili per un valido svolgimento del suo jus postulandi.
    In  passato,  in  situazione pressoche' simili, e' stata del resto
 ravvisata sussistere la violazione dell'art. 24, secondo comma, della
 Costituzione  sotto  il  profilo  di  un  ingiustificato  ostacolo al
 diritto spettante ad ogni cittadino ad  una  piena  tutela  e  difesa
 delle  proprie  ragioni  in sede giurisdizionale (cfr. sentenze della
 Corte costituzionale n.  151/1971  alla  luce  anche  del  precedente
 insegnamento della Corte stessa con sentenza 10-16 marzo 1971, n. 47,
 nonche' sentenza 23 giugno-12 luglio 1965, n. 70).
    La  questione  e'  poi  indubbiamente  rilevante  -  per quanto in
 precedenza osservato - ai fini della  prosecuzione  del  giudizio  in
 epigrafe.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  non  manifestamente  infondata, in relazione all'art. 24
 della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  3,  terzo  comma, della legge 21 marzo 1953, n. 161, nella
 parte  in  cui  esclude  la  facolta'   del   ricorrente   di   farsi
 rappresentare da un difensore nei giudizi sui ricorsi per pensioni di
 guerra;
    Ordina la sospensione del giudizio in corso;
    Dispone  la  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per
 la risoluzione della questione suddetta e che a cura della segreteria
 della  sezione la presente ordinanza sia notificata ai ricorrenti, al
 procuratore generale di questa Corte e al  Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri,  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera dei
 deputati e del Senato della Repubblica.
    Roma, camera di consiglio del 22 novembre 1988.
                        Il presidente: ANGELINI
 89C0795