N. 346 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 novembre 1988- 28 giugno 1989
N. 346 Ordinanza emessa il 22 novembre 1988 (pervenuta alla Corte costituzionale il 28 giugno 1989) dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Canneva Lorenzo Corte dei conti - Giudizio in materia di pensioni di guerra Facolta' del ricorrente di avvalersi dell'assistenza di un difensore - Esclusione della facolta' del ricorrente di farsi altresi' rappresentare dal difensore stesso - Ingiustificata compressione del diritto di difesa - Richiamo alle sentenze della Corte nn. 151/1971, 47/1971 e 70/1965. (Legge 21 marzo 1953, n. 161, art. 3, terzo comma). (Cost., art. 24).(GU n.29 del 19-7-1989 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 760794 del registro di segreteria, proposto da Canneva Lorenzo e dopo la sua morte proseguito dalla vedova Esposito Anna, nata a Napoli il 1º dicembre 1912 e dai figli Canneva Lucia, nata a Napoli il 23 giugno 1945 e Alfredo, nato a Napoli il 25 maggio 1949 avverso il decreto del Ministero del tesoro in data 20 aprile 1968, n. 2316849; Uditi alla pubblica udienza del giorno 22 novembre 1988 il relatore nella persona del referendario Vincenza Romeo il difensore dei ricorrenti avvocato Luigi Esposito nonche' il p.m. nella persona del vice procuratore generale Felice Masi. F A T T O Il militare in congedo Canneva Lorenzo, provvisto di trattamento privilegiato di guerra di 6a categoria vitalizia a far tempo dal 1º agosto 1960 per "esiti di endo-cardite post-reumatica", con istanza-denuncia di aggravamento dell'aprile 1967 chiese una piu' favorevole pensione. Il Ministero del tesoro, in conformita' alla proposta formulata dalla commissione medica per le pensioni di guerra di Napoli-Pozzuoli con verbale di visita collegiale dell'11 ottobre 1967 e al parere in data 25 gennaio 1968 della commissione medica superiore di Roma, respinse con decreto in data 20 aprile 1968, n. 2316849, l'istanza dell'invalido per essere l'infermita' cardiaca non aggravata ne' rivalutabile. L'interessato avendo proposto ricorso avverso il decreto, il procuratore generale, rappresentante il pubblico ministero presso questa Corte, con atto conclusionale del 1º marzo 1988 ha chiesto il rigetto della domanda giudiziale perche' nel merito senza fondamento facendo in pari tempo istanza al presidende della Corte affinche' venisse fissata l'udienza per la discussione della causa. L'udienza, gia' fissata per il giorno 15 giugno 1988, fu rinviata d'ufficio per omessa notifica al ricorrente dell'atto conclusionale del procuratore generale e dell'avviso di fissazione dell'udienza. Con successivo decreto presidenziale in data 18 luglio 1988 la discussione del ricorrente venne fissata per l'udienza del 22 novembre 1988. La notificazione del decreto al ricorrente non ha pero' avuto luogo per la intervenuta morte di questi (come da annotazione apposta dall'agente postale in calce al piego restituito). In data 24 settembre 1988 e' pervenuta alla segreteria di questa sezione una comunicazione dell'avvocato Luigi Esposito del Foro di Napoli patrocinante in cassazione con richiesta di interruzione del procedimento per essere il sig. Canneva Lorenzo deceduto. (A tale comunicazione ha fatto seguito altra lettera pervenuta il 5 novembre 1988 con la quale e' stato trasmesso il certificato di morte di Canneva Lorenzo avvenuta il 31 marzo 1988 affinche' venisse allegato agli atti del processo). Con comparsa di riassunzione pervenuta il 29 ottobre 1988 (corredata da procura speciale autenticata per rogito notaio Fulvio Carabba in data 13 settembre 1988) l'avvocato Luigi Esposito, per conto ed in nome della vedova Esposito Anna e dei figli Canneva Lucia ed Alfredo, ha riassunto il ricorso in epigrafe. Alla pubblica udienza del 22 novembre 1988 il patrono dei ricorrenti ha preliminarmente sostenuto che il contradditorio era ritualmente costituito, ancorche' il decreto di fissazione di udienza non fosse stato notificato all'interessato (ne' consegnato al altra persona) ma rispedito indietro in data 1º agosto 1988 dall'agente postale alla Segreteria della Sezione giurisdizionale con l'annotazione: "deceduto". Ad avviso dell'avvocato Esposito la prosecuzione del processo da parte degli eredi aventi causa essendo avvenuta il 29 ottobre 1988, la causa iscritta a ruolo a nome di "Canneva Lorenzo" per l'udienza del 22 novembre 1988 poteva venire validamente discussa - pur in assenza di una notifica dell'avviso di udienza agli eredi - in base al principio (art. 156 del c.p.c. terzo comma) che la nullita' di un atto non puo' mai essere pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui e' destinato. Nel merito l'avvocato ha dedotto che la "cardiopatia mitro-aortica" merita una migliore classifica per sintomi di scompenso sopraggiunti che si accompagnano ad una generale insufficienza miocardica per cui va ascritta ex officio alla seconda categoria della tabella A n. 13 allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834; quanto ad una seconda infermita' (otopatia) ha sostenuto che pure essa fa parte del giudizio in quanto col decreto fu respinta la domanda di pensione per detta infermita' e l'interessato propone ricorso alla Corte dei conti anche per tale motivo; per l'infermita' in parola va riconosciuta la dipendenza da causa di servizio di guerra. In via del tutto subordinata l'avvocato Esposito ha chiesto che sia interpellato il collegio medico legale del Ministero della difesa o l'ufficio medico-legale del Ministero della sanita' affinche' si pronunci con proprio parere tecnico nel merito delle questioni. Il pubblico ministero ha sollevato dei dubbi sulla validita' della prosecuzione del giudizio - interrotto ipso iure al momento dell'evento per essere la parte costituita personalmente - per mezzo della comparsa di riassunzione a firma dell'avvocato Luigi Esposito depositata il 29 ottobre 1988 in quanto nella fattispecie in esame non si realizzerebbe un'ipotesi di rappresentanza. Nel merito ha confermato integralmente le conclusioni di rigetto formulate con l'atto scritto del 1º marzo 1988. D I R I T T O La sezione deve preliminarmente accertare se il processo, interrotto per effetto della morte del ricorrente personalmente costituito in giudizio, sia stato validamente proseguito con la comparsa di riassunzione a firma dell'avvocato Luigi Esposito depositata il 29 ottobre 1988. Secondo quanto dispone l'art. 25 del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 (modificato dall'art. 17 della legge 6 ottobre 1986, n. 656) l'atto di prosecuzione del giudizio deve essere provvisto della sottoscrizione del ricorrente o di un suo procuratore speciale. Secondo giurisprudenza consolidata di questa Sezione il procuratore speciale deve essere un avvocato abilitato all'esercizio in Cassazione (art. 4, secondo comma, del r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578, ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) che sia all'uopo munito di un mandato speciale rogato da notaio (ovvero steso in calce al ricorso stesso, purche' la firma del mandante sia, in questo caso, autenticata dal mandatario medesimo). La riferita disposizione e' una norma che si ritrova identica nelle varie leggi in materia di pensione di guerra che si sono succedute nel tempo (art. 64 del r.d. 12 luglio 1923, n. 1491, Riforma tecnico-giuridica delle norme vigenti sulle pensioni di guerra: "il ricorso e' provvisto della sottoscrizione del ricorrente o di un suo procuratore speciale"; art. 114 della legge 10 agosto 1950, n. 648, e via dicendo). Cio' premesso, poiche' - come noto - davanti alla suprema Corte di cassazione ed alle altre giurisdizioni superiori l'avvocato iscritto all'albo speciale, accanto alla funzione di assistenza giuridica, esplica anche le attribuzioni del procuratore e dunque funzione di rappresentanza, ne discenderebbe che anche davanti alla Corte dei conti sezioni giurisdizionali per le pensioni di guerra l'avvocato se munito di procura speciale - non solo assiste la parte svolgendo un compito di carattere tecnico-giuridico ma pone in essere i necessari singoli atti processuali quale rappresentante. E poiche' la procura speciale rilasciata con atto pubblico in data 13 settembre 1988 dagli eredi e aventi causa del defunto Canneva Lorenzo all'avvocato Luigi Esposito e' intesa in buona sostanza a proseguire il giudizio interrotto, se ne dovrebbe concludere che la comparsa di riassunzione firmata dal solo avvocato Luigi Esposito, nella sua qualita' di procuratore speciale e' atto idoneo ai fini della prosecuzione del giudizio. Senonche' un esame piu' approfondito della questione induce la Sezione a un convincimento diverso. Occorre prendere le mosse dall'art. 79, secondo comma, del t.u. delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 che recitava testualmente: "il patrocinio legale e' obbligatorio soltanto per i giudizi di competenza delle sezioni riunite ed in ogni caso e' regolato dalle norme contenute nella legge sull'ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore". In applicazione di tale norma fino all'entrata in vigore della legge 21 marzo 1953, n. 161, i ricorrenti (eccezione fatta per i giudizi celebrati davanti alle sezioni riunite: rapporto d'impiego dei dipendenti della Corte stessa; appello contro le decisioni di prima istanza della sezione del contenzioso contabile artt. 65 e 67 del citato testo unico) non soltanto avevano il potere di proporre personalmente il ricorso ma anche quello di stare in giudizio di persona e di comparire all'udienza di discussione (jus postulandi: art. 18, terzo comma e art. 19 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti; art. 13, secondo comma, d.-l. 9 luglio 1916 relativo al procedimento contenzioso dinanzi alla Corte dei conti per ricorsi in materia di pensioni o indennita'). La legge 21 marzo 1953, n. 161, recante modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti ha innovato in maniera incisiva la materia del contenzioso pensionistico di guerra. Secondo l'art. 3 della legge n. 161/1953: "Gli appelli e i ricorsi alle sezioni riunite della Corte dei conti sono sottoscritti, a pena di inammissibilita', dalle parti ricorrenti e da un avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. Se la parte non ha sottoscritto, l'avvocato che firma in suo nome dopo essere munito di mandato speciale. In tutti i giudizi di competenza della Corte dei conti le parti non possono comparire alla pubblica udienza se non a mezzo di un avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. Nei giudizi sui ricorsi per pensioni di guerra restano ferme le norme attualmente in vigore; qualora il ricorrente si faccia assistere da un avvocato, gli onorari di questo sono ridotti a un quarto". Il primo comma conferma sostanzialmente il precedente art. 79, secondo comma, del t.u. n. 1214/1934); il secondo comma - sulla cui coerenza e' irrilevante qui indugiare - riduce invece l'ampiezza dello jus postulandi in precedenza attribuito: resta infatti immutata la facolta' del ricorrente di difendersi di persona (riconoscendogli dunque il legislatore delle capacita' tecniche in materia particolarmente complessa quali la responsabilita' o le pensioni ordinarie) ma soltanto per mezzo di un'attivita' esclusivamente scritta, quasi che, secondo un concetto risalente al processo comune italiano, la presenza della parte davanti al giudice - di cui non si vede l'utilita' e si scorgono solo gli inconvenienti - si debba evitare come pericolosa. La vera novita' e' rappresentata dal terzo comma. Per esso restano ferme le norme gia' in vigore: e dunque le parti potranno continuare a difendersi di persona in ogni fase del processo, compresa la fase dibattimentale: ma se le parti si fanno assistere da un avvocato gli onorari di questo sono ridotti ad un quarto. Ora questa disposizione non puo' essere altrimenti intesa che nel senso che dinanzi alle Sezioni per le pensioni di guerra e' ammessa soltanto "l'assistenza" e non anche la "rappresentanza" da parte dell'avvocato. Il legislatore non puo' ignorare infatti che per dottrina e giurisprudenza consolidata e pacifica l'avvocato iscritto all'albo speciale e' necessariamente allo stesso tempo investito della funzione di procuratore legale e dunque ha anche la rappresentanza della parte. Se la nomina di un avvocato comporta di necessita' (e non potrebbe come si e' detto essere altrimenti) il conferimento dello jus postulandi non si riesce a capire come possa realizzarsi l'ipotesi di una attivita' professionale di sola "assistenza" a meno che la norma di cui si discute venga interpretata nel senso che nei giudizi di pensione di guerra la parte deve stare sempre di persona in giudizio con l'assistenza semmai (se lo riterra' conveniente ed opportuno) di un avvocato. Ne' si puo' pensare che il termine tecnico di "assistenza" sia stato usato dal legislatore impropriamente includendosi in esso anche il concetto di "rappresentanza". Gli atti parlamentari - per quel tanto che possono valere in sede di esegesi - danno semmai conferma proprio dell'uso tecnico con cui fu usata la parola "assistenza" (vedasi prima legislatura 1948-53 Senato della Repubblica discussione CMIII seduta del 22 gennaio 1953). In corso di discussione il Governo presento' un emendamento al terzo comma dell'originario art. 3 del disegno di legge n. 1819, emendamento cosi' formulato "Nei giudizi per pensioni di guerra restano ferme le norme attualmente in vigore. Qualora il ricorrente si faccia rappresentare o assistere da un avvocato gli onorari di questo sono ridotti ad un quarto". La commissione accetto' l'emendamento del Governo nei termini redatti salva la soppressione della parola: "rappresentare". Il Governo nella persona del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, si dichiaro' d'accordo con la formula proposta dalla commissione. E cosi' fu fatto. E' chiaro percio' che la redazione del testo in quei termini fu intenzionale e l'uso tecnico della parola usata voluto espressamente. D'altra parte se si nega che dinanzi alle sezioni giurisdizionali per le pensioni di guerra lo jus postulandi spetta unicamente alla parte in giudizio di persona e si ammette al contrario che la parte vi possa rinunciare affidando la propria rappresentanza all'avvocato la conclusione non puo' essere che una sola: e cioe' che la ratio della norma intesa a favorire i ricorrenti con la prescritta riduzione degli onorari ad un quarto della tariffa professionale (a somiglianza di quanto previsto sia pure con diverso criterio nelle cause in materia di rapporti di lavoro cfr. art. 14 della vigente tariffa forense approvata con d.m. 31 ottobre 1985) e' irrealizzabile atteso il principio piu' volte richiamato che dinanzi alle magistrature superiori l'avvocato cumula le funzioni di rappresentanza e di assistenza e la liquidazione dei suoi onorari non potrebbe pertanto avvenire se non per l'intero ammontare della tariffa stessa. Una norma dunque che non avrebbe alcun senso destinata - come sarebbe - a restare senza pratica attuazione (contraddittoriamente infatti una certa dottrina, dimenticando l'anzidetto principio, afferma che la riduzione degli onorari ad un quarto per la sua natura eccezionale non si applica nella ipotesi in cui la parte stia in giudizio col ministero di un difensore munito di procura (cfr. pag. 1132 secondo cpv. "Il processo in materia di pensione dinanzi alla Corte dei conti" Rivista trimestrale di diritto pubblico anno 1970). In definitiva un'interpretazione coerente della legge porta a concludere che dinanzi alle sezioni giurisdizionali delle pensioni di guerra essendo vietata la rappresentanza del ricorrente da parte di un procuratore la parte - che sta obbligatoriamente in giudizio di persona - puo' farsi affiancare da un avvocato soltanto per quel che concerne l'assistenza giuridica. Disposizione processuale anomala, senza alcun dubbio, ma non la sola conosciuta nel nostro ordinamento: cosi' nel procedimento per separazione personale dei coniugi i quali ai sensi degli artt. 707 e 708 del c.p.c. dovevano comparire personalmente senza assistenza di difensore (norma dichiarata illegittima con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, della Corte costituzionale); cosi' l'art. 274, comma secondo, del c.c., comma che per la stessa ragione fu dichiarato illegittimo con sentenza n. 70/1965). Questo essendo l'avviso della sezione (avviso che non e' contraddetto per quanto e' dato sapere da contraria giurisprudenza in materia di pensioni di guerra) ne consegue che la procura speciale conferita all'avvocato Esposito e' inidonea a far proseguire il giudizio in oggetto. Ne' pare conferente a togliere valore all'anzidetta interpretazione del terzo comma dell'art. 3 il rilievo che la legge 18 marzo 1968, n. 313, emanata successivamente alla legge n. 161/153, abbia nuovamente riproposto con l'art. 109, terzo comma le disposizioni dei gia' ricordati art. 64 del r.d. n. 1491/1923 e art. 114 della legge 10 agosto 1950, n. 648, circa la sottoscrizione del ricorso da parte del ricorrente o di un suo procuratore speciale; e tale disposizione e' restata sostanzialmente immutata nel d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, recante testo unico delle norme sulle pensioni di guerra. Non sembra, invero, che ricorra nella successione delle leggi ora indicata l'ipotesi di cui all'art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile; e' da escludere infatti che le leggi in materia di pensionistica di guerra (di contenuto sostanziale nella preponderanza delle norme ivi enunciate) contengano un'abrogazione espressa da parte del legislatore in ordine all'ultimo comma dell'art. 4 della legge n. 161/1953; come pure non e' sostenibile che dette leggi abbiano voluto regolare l'intera materia (di contenuto processuale) gia' fissata dalla legge anteriore n. 161/1953. Resta innegabile l'incompatibilita' tra la disciplina introdotta dall'art. 4, ultimo comma, della legge n. 161/1953 e le successive disposizioni; ma poiche' l'interpretazione della legge non e' esclusivamente un risultato meccanico di norme che si sovrappongono nel tempo, sembra doversi accantonare nella fattispecie secondo un'interpretazione coerente e sistematica l'ipotesi che il legislatore, dopo aver introdotto nel 1953 una diversa disciplina in materia di rappresentanza e difesa da parte degli avvocati con conseguenze di non poco conto sugli onorari loro spettanti, abbia inteso ripristinare a distanza di appena quindici anni con la legge n. 313/1968, con d.P.R. n. 915/1978 e con il d.P.R. n. 834/1981 il regime processuale anteriore alla legge n. 161/1953 per mezzo della generica ripetizione di una disposizione stereotipata di origine chiaramente sedimentaria. Sulla base percio' di quanto osservato il collegio ritiene tuttora vigente l'ultimo comma del piu' volte citato art. 4 della legge n. 161/1953 onde il giudizio in epigrafe in assenza al momento di una valida riassunzione da parte degli eredi - cui compete unicamente lo jus postulandi - resta interrotto, secondo quanto e' stato formalmente eccepito all'udienza del 22 novembre 1988 dal pubblico ministero sia pure sotto diversa prospettazione. Questo, infatti, ha rilevato che l'avvocato Esposito e' iscritto all'albo procuratori del tribunale di Napoli e dunque non puo' esercitare ministero di difensore al di fuori dell'ambito del distretto cui appartiene il tribunale al quale egli e' assegnato. Il rilievo meriterebbe di essere condiviso se il terzo comma dell'art. 3 della legge n. 161/1953 facesse riferimento ad un qualsiasi avvocato, di guisa che la fattispecie legale potesse essere analogicamente ricondotta all'art. 82, secondo comma, del c.p.c. (in materia di procedimento pretorile cfr. da ultimo Cassazione sezione lavoro n. 3895 del 9 giugno 1988); senonche' in disparte l'osservazione essere l'avvocato Esposito anche iscritto all'albo speciale, non sembra che il terzo comma dell'art. 3 in parola parlando semplicemente di "avvocato" abbia voluto consentire l'esercizio professionale dinanzi a queste sezioni speciali anche da parte di avvocati non iscritti all'apposito albo dei patrocinanti in cassazione. Resta percio' fermo, secondo la linea ragionativa accolta dal collegio, che nei giudizi in materia di pensione di guerra in applicazione del terzo comma dell'art. 3 della legge n. 161/1953 il ricorrente e' costituito necessariamente in giudizio di persona in ogni fase del processo, il suo jus postulandi non potendo essere esercitato da altri al di fuori delle particolari ipotesi di una rappresentanza vera e propria (legale, giudiziale e volontaria). Di guisa che, se da un lato la legge ha voluto togliere al ricorrente ogni facolta' di costituirsi in giudizio con il ministero di un difensore (privandolo della cosidetta difesa attiva per mezzo di procura al medesimo affinche' lo rappresenti in giudizio), gli ha tuttavia consentito almeno di avvalersi dell'assistenza di quello (cosidetta difesa consultiva). La conclusione cosi' raggiunta impone tuttavia di sollevare d'uffico questione di costituzionalita' del terzo comma dell'art. 3 della legge 21 marzo 1953, n. 161, con riferimento all'art. 24 della Costituzione nel punto in cui non consente nei giudizi promossi dinanzi a queste sezioni speciali che il ricorrente sia anche rappresentato dall'avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. La questione appare non manifestamente infondata in quanto la esclusione di un difensore rappresentante non puo' non incidere sugli interessi del ricorrente che sul piano pratico, a causa della sua concreta formazione culturale, potrebbe non essere in grado di adempiere in maniera corretta tutti gli oneri e tutte le formalita' indispensabili per un valido svolgimento del suo jus postulandi. In passato, in situazione pressoche' simili, e' stata del resto ravvisata sussistere la violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione sotto il profilo di un ingiustificato ostacolo al diritto spettante ad ogni cittadino ad una piena tutela e difesa delle proprie ragioni in sede giurisdizionale (cfr. sentenze della Corte costituzionale n. 151/1971 alla luce anche del precedente insegnamento della Corte stessa con sentenza 10-16 marzo 1971, n. 47, nonche' sentenza 23 giugno-12 luglio 1965, n. 70). La questione e' poi indubbiamente rilevante - per quanto in precedenza osservato - ai fini della prosecuzione del giudizio in epigrafe.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata, in relazione all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, terzo comma, della legge 21 marzo 1953, n. 161, nella parte in cui esclude la facolta' del ricorrente di farsi rappresentare da un difensore nei giudizi sui ricorsi per pensioni di guerra; Ordina la sospensione del giudizio in corso; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione suddetta e che a cura della segreteria della sezione la presente ordinanza sia notificata ai ricorrenti, al procuratore generale di questa Corte e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Roma, camera di consiglio del 22 novembre 1988. Il presidente: ANGELINI 89C0795