N. 396 SENTENZA 5 - 13 luglio 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.  Reati
 con finalita' di terrorismo - Misure a favore di dissociati -
 Rideterminazione del cumulo delle pene . Inapplicabilita' dello
 speciale cumulo giuridico nei confronti di chi ha usufruito dei
 benefici previsti dagliartt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982, n. 304
 Illeggittimita' costituzionale parziale.
 
 (Legge 18 febbraio 1987, n. 34, artt. 7 e 8, secondo comma).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.29 del 19-7-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 8, secondo
 comma, della legge 18 febbraio 1987, n. 34 (Misure a favore di chi si
 dissocia dal terrorismo), in relazione all'art. 7 della stessa legge,
 promosso con  ordinanza  emessa  il  29  dicembre  1988  dalla  Corte
 d'assise  d'appello  di  Roma  nel  procedimento  sorto  a seguito di
 incidente d'esecuzione promosso da Vitelli Roberto,  iscritta  al  n.
 142 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto l'atto di costituzione di Vitelli Roberto, nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1989 il Giudice relatore
 Giovanni Conso;
    Uditi l'avvocato Tommaso Mancini per il Vitelli e l'avvocato dello
 Stato Paolo Di Tarsia di Belmonte per il Presidente del Consiglio dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  A  seguito  di  istanza  proposta  dal difensore di Vitelli
 Roberto per ottenere l'applicazione  dei  "benefici"  previsti  dalla
 legge  18  febbraio 1987, n. 34, la Corte d'assise d'appello di Roma,
 con ordinanza del 29 dicembre  1988,  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 8,
 secondo comma, della stessa legge 18 febbraio  1987,  n.  34,  "nella
 parte   in   cui   detta  norma  dispone  la  inapplicabilita'  delle
 disposizioni contenute nel precedente art. 7 nei confronti di chi  ha
 usufruito  dei  benefici  previsti  dagli  artt.  2  e  3 della legge
 29.5.1982 n. 304".
    Nella  specie,  il  Vitelli,  dopo aver riportato quattro condanne
 irrogate con piu' sentenze per fatti di  terrorismo,  aveva  invocato
 l'applicazione  del  regime  del  "cumulo" previsto dall'art. 7 della
 legge n. 34 del 1987, nonostante  che,  per  una  di  tali  condanne,
 avesse  gia' fruito della diminuzione di pena di cui all'art. 2 della
 legge 29 maggio 1982, n. 304.
    A  tale  cumulo  si era opposto il Procuratore generale, deducendo
 che l'art. 8 della legge n. 34 del 1987 esclude dal beneficio  coloro
 i  quali  hanno  usufruito  o possono usufruire dei vantaggi previsti
 dagli artt. 2 e 3  della  legge  29  maggio  1982,  n.  304,  con  la
 conseguenza  che  il  Vitelli non poteva godere dello speciale cumulo
 previsto dall'art. 7 della legge n.  34  del  1987,  secondo  cui  e'
 consentito  fissare  nella  misura complessiva di anni 22 e mesi 6 di
 reclusione (pena concretamente applicata al Vitelli, per effetto  del
 cumulo  "parziale")  la  pena  da  espiare  "per  tutte  le  condanne
 pronunciate con piu' sentenze attinenti a reati di terrorismo".
    Ad  avviso  del  giudice a quo, si sarebbe in tal modo determinata
 una evidente disparita' di trattamento sanzionatorio.  La  disciplina
 impugnata,  se  razionale  per  cio' che riguarda l'esclusione di una
 nuova  diminuzione  di  pena,   risulterebbe,   invece,   irrazionale
 nell'escludere   dall'operativita'   dei   limiti  di  pena  previsti
 dall'art. 7 chi, in modo concreto e non con mere dichiarazioni,  gia'
 avesse  in  precedenza manifestato il proprio ravvedimento; cosi', in
 ipotesi, discriminandosi anche tra soggetti condannati per gli stessi
 fatti  e favorendo, invece, esclusivamente chi si sia dissociato solo
 in ultimo.
    2.  -  L'ordinanza,  ritualmente notificata e comunicata, e' stata
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 12, prima serie speciale,  del
 22 marzo 1989.
    3.  - Si e' costituito il Vitelli, a mezzo dei suoi difensori avv.
 prof. Tommaso Mancini e avv.  Alberto  Pisani,  con  atto  depositato
 nella cancelleria della Corte il 15 marzo 1989.
    Nel  formulare  deduzioni  adesive all'ordinanza di rimessione, la
 difesa del Vitelli ritiene di individuare in "un  macroscopio  errore
 di  coordinamento",  frutto  "di  una tecnica legislativa imprecisa e
 frettolosa", le ragioni della illegittimita' della  norma  impugnata.
 Si  insiste,  piu' specificamente, sull'impossibilita', per chi abbia
 goduto di precedenti benefici, di usufruire dell'ulteriore  beneficio
 "costituito  dal  tetto  massimo  di 22 anni e 6 mesi di reclusione':
 un'impossibilita'  del  tutto  irrazionale,  anche  considerando  che
 l'applicazione  della  disciplina  "premiale" prevista dalla legge n.
 304 del  1982  presupponeva  un  ravvedimento  "assai  operoso",  con
 "caratteri  estremamente  piu'  incisivi  e impegnativi rispetto alla
 tipizzazione" di cui all'art. 1 della legge n. 34 del 1987.
    4.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   Generale   dello   Stato,
 chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
    Secondo  l'Avvocatura,  la preclusione derivante dall'art. 8 della
 legge n. 34 del  1987,  "potrebbe  forse  apparire  irragionevole  se
 risultasse  provato  che  nella specie l'interessato non aveva potuto
 tenere anche negli altri procedimenti in cui era imputato le condotte
 di  cui  agli  artt. 2 e 3 della l. n. 304 del 1982 e, dunque, godere
 appieno del regime di maggiore favore apportato da tale  legge  anche
 per quel che riguarda il cumulo delle pene".
    Poiche'  questa  situazione  non  risulta essersi verificata, deve
 ritenersi  non  irragionevole  "che  una  scelta  di  "dissociazione"
 parziale  importi  un  trattamento  sanzionatorio  differenziato", un
 trattamento conseguente a precise opzioni dell'interessato, pur posto
 in  grado, nel vigore della l. n. 304 del 1982, di avvalersi, al pari
 degli altri soggetti che  si  trovavano  nella  medesima  situazione,
 delle  previsioni  di  favore  dalla  stessa  introdotte per tutte le
 imputazioni ascrittegli. Senza contare che la legge n.  34  del  1987
 non  avrebbe  il compito di "completare" la legge n. 304 del 1982, ma
 solo quello di erogare un trattamento premiale  per  coloro  che  non
 avessero  ritenuto  di  far  luogo  a  "comportamenti  dissociativi o
 collaborativi del tipo di quelli indicati" negli artt. 2  e  3  della
 legge n. 304 del 1982.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  controllo  di  legittimita'  richiesto,  in riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte d'assise d'appello di Roma
 ha  per oggetto, secondo il dispositivo dell'ordinanza di rimessione,
 "l'art. 8 comma 2 in relazione all'art. 7 della  legge  18.2.1987  n.
 34"  e,  secondo  le  parole  conclusive della motivazione, "l'art. 8
 comma 2 nella parte in cui dispone l'inapplicabilita' del  precedente
 art.  7 nei confronti di chi ha usufruito dei benefici previsti dagli
 artt. 2 e 3 della legge 29.5.82 n. 304".
    Piu'  specificamente,  il  giudice a quo dubita della legittimita'
 costituzionale  della  norma  che  esclude   l'estensibilita'   dello
 speciale  cumulo  giuridico  contemplato  dall'art.  7 della legge 18
 febbraio 1987, n. 34 ('Quando contro la  stessa  persona  sono  state
 pronunciate  piu'  sentenze  di condanna per reati di terrorismo o di
 eversione dell'ordinamento costituzionale, a ciascuna delle quali  e'
 stata  applicata una delle diminuzioni di pena di cui agli articoli 2
 e 3 della presente legge, la pena complessiva  da  espiare  non  puo'
 eccedere  anni  ventidue  e mesi sei per la reclusione e anni quattro
 per l'arresto'), a precedenti sentenze di condanna  per  altri  reati
 commessi  con finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento
 costituzionale  eventualmente  pronunciate  a  carico  dello   stesso
 condannato  facendo  applicazione  di  una  delle diminuzioni di pena
 previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio  1982,  n.  304.  Ne
 consegue  che  ad  essere posta in discussione sotto il profilo della
 legittimita'  costituzionale  non  e'  tanto  l'inapplicabilita'  del
 suddetto  cumulo  nei  confronti  di chi abbia usufruito dei benefici
 previsti dagli artt. 2 e 3 della legge n. 304 del 1982, quanto la sua
 inapplicabilita'   "anche"   nei   confronti  di  eventuali  sentenze
 concorrenti alle quali sia stato o possa  essere  applicato  uno  dei
 detti benefici.
    L'oggetto  della  questione  va, dunque, individuato nel combinato
 disposto degli artt. 7 e 8, secondo comma, della  legge  18  febbraio
 1987,  n.  34,  nella  parte  in cui esclude che il cumulo delle pene
 previsto dal primo di tali articoli possa essere applicato anche  nei
 confronti  di  una  o piu' sentenze di condanna pronunciate contro la
 stessa persona ai sensi degli artt.2 e 3 della legge 29 maggio  1982,
 n.304.
    2.  -  Ad  avviso  del  giudice a quo, la normativa denunciata non
 sarebbe conforme all'art. 3 della Costituzione,  potendo  determinare
 risultati contrastanti con l'"obbligo del legislatore di assicurare a
 tutti i  cittadini  lo  stesso  trattamento  sanzionatorio,  ove  gli
 interessati   vengano   a   trovarsi   in   situazioni   praticamente
 coincidenti". Se "e' razionale... l'esclusione di una nuova riduzione
 di pena" per sentenze di condanna in ordine alle quali gia' sia stata
 fatta   applicazione   dell'attenuante   prevista   dall'art.   2   o
 dell'attenuante prevista dall'art. 3 della legge n. 304 del 1982, non
 altrettanto si puo' dire per la  non  estensibilita'  ad  esse  dello
 speciale  cumulo giuridico previsto dall'art. 7 della legge n. 34 del
 1987: ove, infatti, il condannato "non avesse in precedenza tenuto il
 comportamento che gli ha consentito di godere della riduzione di pena
 accordata ai terroristi "pentiti", ben  avrebbe  potuto,  al  momento
 attuale,  invocare  la  diminuzione  di  pena accordata ai terroristi
 "dissociati" dalla piu' recente legge n. 34 e, quel che  piu'  conta,
 avrebbe potuto giovarsi anche della prescrizione contenuta" nell'art.
 7 per tutte le condanne comunque inflittegli per reati di  terrorismo
 o  di  eversione  dell'ordine  costituzionale.  In  altre  parole, la
 limitata operativita' del cumulo in questione "favorisce  chi  si  e'
 dissociato  solo in ultimo rispetto a chi, in modo concreto e non con
 mere dichiarazioni, gia' aveva manifestato in precedenza  il  proprio
 ravvedimento': una disparita' tanto piu' grave in quanto verificabile
 "persino tra soggetti condannati per gli stessi fatti".
    Ad  avvalorare la portata di queste argomentazioni, l'ordinanza di
 rimessione si sofferma in  particolare  sugli  inconvenienti  pratici
 derivanti   dalla   norma   denunciata,  prendendo  come  termine  di
 riscontro, da utilizzare non soltanto ai  fini  della  rilevanza,  lo
 specifico  caso  al  centro del procedimento a quo: un caso in cui il
 cumulo previsto dall'art. 7 della legge n.  34  del  1987  era  stato
 operato  nella  misura  massima  di  ventidue  anni  e  sei  mesi  di
 reclusione  con  riguardo  a  tre   sentenze   di   condanna,   tutte
 caratterizzate   dall'applicazione   allo   stesso  condannato  della
 diminuente di cui all'art. 2 di tale legge, ma non anche con riguardo
 ad  una  precedente  sentenza  di condanna a due anni e sette mesi di
 reclusione, caratterizzata dall'applicazione della diminuente di  cui
 all'art. 2 della legge n. 304 del 1982.
    Come  sottolinea l'ordinanza di rimessione, l'inapplicabilita' del
 cumulo  alla  quarta  sentenza  di  condanna,  non   consentendo   di
 ricondurre  tutte  le  sentenze  nell'ambito  della misura massima di
 ventidue  anni  e  sei  mesi  di  reclusione,  comporterebbe  per  il
 condannato  la  necessita'  di  espiare, oltre la pena risultante dal
 cumulo, l'ulteriore pena di due anni e sette mesi di reclusione.
    3. - La questione e' fondata.
    Piu'  ancora  che in una disparita' di trattamento fra "situazioni
 praticamente coincidenti" (come sono, invero, quelle oggetto del caso
 di  specie,  caratterizzate  dalla  presenza  di  una  pluralita'  di
 sentenze di condanne  per  reati  tutti  commessi  con  finalita'  di
 terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, a ciascuna
 delle quali era stata applicata una diminuzione di pena in seguito  a
 particolari  comportamenti  di dissociazione dal terrorismo tenuti in
 ciascun processo prima  del  formarsi  del  giudicato  dalla  persona
 imputata),   la  non  prevista  riconducibilita',  nell'ambito  dello
 speciale cumulo di cui all'art. 7 della legge 18  febbraio  1987,  n.
 34,  delle  sentenze di condanna attenuate ai sensi degli artt. 2 e 3
 della legge 304 del 1982, che si trovino eventualmente  a  concorrere
 con  due o piu' sentenze di condanna attenuate ai sensi degli artt. 2
 e 3 della legge  n.  34  del  1987,  si  risolve  in  un  trattamento
 deteriore proprio per le situazioni normalmente ritenute dallo stesso
 legislatore piu' meritevoli di apprezzamento dal punto di vista degli
 interessi  della  collettivita',  quali  sono, appunto, le situazioni
 sottostanti alla concessione delle diminuzioni di pena previste dagli
 artt. 2 e 3 della legge n. 304 del 1982.
    Tanto  e'  vero  che,  in  forza  del cumulo giuridico a sua volta
 contemplato dall'art. 4 di  tale  legge,  "quando  contro  la  stessa
 persona  sono  state  pronunciate piu' sentenze di condanna per reati
 diversi, per ciascuno dei quali siano state applicate le disposizioni
 degli  artt. 2 e 3", la pena da espiare non puo' superare il "massimo
 complessivo" di sedici anni, se per tutti i reati e' stata  applicata
 una  delle  attenuanti  previste  dall'art.  3  (cosiddetto  "caso di
 collaborazione"), e di ventidue anni, se per  uno  o  piu'  reati  e'
 stata  applicata  l'attenuante prevista dall'art. 2 (cosiddetto "caso
 di dissociazione", senza dubbio piu' vicino alle ipotesi disciplinate
 dagli  artt.  2  e 3 della legge n.34 del 1987). La differenza di sei
 mesi in piu', che contraddistingue  il  massimo  fissato  per  queste
 ultime  dal  qui  impugnato art. 7, rappresenta un inequivoco segnale
 dell'intento   legislativo   di   "privilegiare"   i    comportamenti
 configurati  dalla  legge  n.  304  del  1982  rispetto alle condotte
 contemplate dalla legge n. 34 del 1987, anche per cio' che riguarda i
 cumuli giuridici rispettivamente previsti.
    A  conferma  di  quanto la disciplina denunciata inopinatamente si
 discosti da tale impostazione  appare  decisiva  l'ancor  piu'  grave
 disparita'  che,  come sottolinea l'ordinanza di rimessione, in certi
 casi potrebbe verificarsi fra due soggetti  processati  e  condannati
 per  gli  stessi  fatti:  la  norma sottoposta a controllo finirebbe,
 invero, con il favorire  quel  concorrente  che  per  tutti  i  fatti
 addebitatigli  si  fosse  "dissociato"  dal terrorismo soltanto nelle
 forme e nei termini stabiliti dalla legge n. 34 del 1987 rispetto  al
 concorrente  che  - avendo gia' manifestato nelle forme e nei termini
 stabiliti dalla legge n. 304 del 1982  il  proprio  ravvedimento  "in
 modo  concreto  e  non  con  mere dichiarazioni" per uno o piu' degli
 stessi fatti - si fosse poi avvalso della nuova legge unicamente  per
 i restanti addebiti.
    4. - Non appaiono determinanti in contrario le osservazioni svolte
 in favore della norma dall'Avvocatura dello Stato  sia  nell'atto  di
 intervento  per  il  Presidente  del Consiglio dei ministri sia nelle
 conclusioni d'udienza.
    Che  le  leggi  n.  304  del  1982 e n. 34 del 1987 siano "leggi a
 tempo", con scadenze variamente differenziate, e'  dato  storico  non
 sufficiente   a  precludere  confronti  ed  integrazioni  reciproche,
 essendo non assoluta la diversita' dei rispettivi  termini:  poiche',
 infatti,  l'art.  12  dell'una  legge parla di "reati che siano stati
 commessi o la cui permanenza sia iniziata entro il 31 gennaio  1982",
 mentre  l'art.  8, primo comma, dell'altra parla di "delitti che sono
 stati commessi o la cui permanenza e' cessata entro  il  31  dicembre
 1983", non puo' del tutto negarsi l'applicabilita' delle disposizioni
 della seconda legge a  reati  che  siano  stati  commessi  o  la  cui
 permanenza sia iniziata entro il 31 gennaio 1982.
    Del  pari,  non basta a precludere qualsiasi confronto e qualsiasi
 integrazione reciproca il fatto che ognuna delle due  leggi  "disegna
 un    sistema   compiuto".   La   "compiutezza"   dei   due   sistemi
 rispettivamente "disegnati" non implica che si tratti di sistemi  del
 tutto   isolati  ed  incomunicabili.  Anzi,  le  analogie  sia  nella
 sistematica  sia  nella  struttura  delle   rispettive   disposizioni
 risultano  talmente  notevoli  da  fare  apparire  i  due  interventi
 legislativi come  interventi  per  nulla  disomogenei  nell'evolversi
 delle  risposte al fenomeno del terrorismo in rapporto al variare dei
 suoi atteggiamenti, delle sue forze attive, delle sue lacerazioni. Lo
 riconosce, in definitiva, la stessa Avvocatura, parlando, per l'uno e
 per l'altro caso, di "benefici volti ad  indurre  i  responsabili  di
 fatti  di  eversione  ad  abbandonare la lotta armata". Ed e' proprio
 l'esattissimo rilievo, secondo cui la ratio sottostante alla legge n.
 34  del  1987  e'  "quella  di  apportare  benefici  a coloro che non
 avessero  ritenuto  di  far  luogo  a  comportamenti  dissociativi  o
 collaborativi  del  tipo  di quelli indicati negli artt. 2 e 3" della
 legge n. 304 del 1982,  a  contraddire  l'altro,  non  condivisibile,
 asserto,  secondo  cui  la  legge  n.  34  del  1987  non  sarebbe un
 completamento della legge precedente.
    A  quest'ottica  propensa  a considerare nettamente separati i due
 sistemi normativi non e'  estranea  la  contrapposizione  altrettanto
 netta  che  non  solo  politicamente,  ma anche giuridicamente, si e'
 soliti tracciare fra i cosiddetti "pentiti", intesi quali destinatari
 della  legge  n.  304  del  1982, e i cosiddetti "dissociati", intesi
 quali destinatari della legge n. 34 del 1987.  Proprio  lo  specifico
 caso  che ha dato origine all'attuale questione sta a dimostrare come
 cio' non sempre trovi concreto riscontro:  vi  sono  stati,  infatti,
 autori  di  reati commessi con finalita' di terrorismo o di eversione
 dell'ordinamento costituzionale che, a  seconda  dei  momenti  e  dei
 processi,  hanno  tenuto,  dapprima,  in  relazione a certi addebiti,
 comportamenti idonei a fruire dei benefici introdotti dalla legge  n.
 304  del  1982  e, poi, in relazione ad altri addebiti, comportamenti
 idonei a fruire dei benefici introdotti dalla legge n. 34  del  1987.
 Uno  sdoppiamento,  questo,  non  cosi' contraddittorio come potrebbe
 sembrare a prima  vista,  se  si  considera  che,  tra  gli  svariati
 comportamenti  enucleati  a  fini  premiali  dalla  legge  del  1982,
 figurano, accanto a quelli di vera e propria collaborazione  previsti
 dall'art.  3,  quelli  di fattiva dissociazione previsti dall'art. 2,
 assai meno lontani dalle condotte di semplice  dissociazione  oggetto
 della legge del 1987.
    In  verita',  all'inizio del lungo iter parlamentare, poi sfociato
 nella legge 18 febbraio 1987, n. 34,  i  rapporti  con  la  legge  29
 maggio   1982,   n.   304,   si   erano   profilati   come  di  netta
 contrapposizione, tanto che i primi  progetti,  presentati  gia'  nel
 1983,  risultavano  impostati  su  misure  di carattere non premiale,
 ispirate ad una logica notevolmente diversa da quella alla base delle
 misure  precedenti.  Ma  -  anche  per  l'evolversi  delle  prese  di
 posizione riscontrabili nei  documenti  provenienti  dalle  aree  dei
 dissociati,  ivi compresa la modifica del loro giudizio, inizialmente
 infamante, sui "pentiti"  -  le  varie  proposte  si  erano  via  via
 orientate  verso  la  stessa  logica  di scambio che aveva guidato il
 legislatore del 1982, essendo  innegabile  che  pure  dalla  semplice
 dissociazione  si  attendeva  un  forte contributo alla sconfitta del
 terrorismo. Di qui il progressivo delinearsi di nuove misure premiali
 dirette a favorire, quanto piu' possibile, la dissociazione, cosi' da
 far dire a qualche critico che, legiferando in tal modo, il  relativo
 fenomeno   avrebbe  finito  con  il  ridursi  al  rango  di  "piccolo
 pentitismo".  Misure  comunque  tutte,  le  nuove  non   meno   delle
 precedenti,  volte  a superare, si sperava e si spera per sempre, una
 tragica emergenza, rispetto alla quale la  dissociazione  -  fenomeno
 obiettivamente  scaturito  dal  pentitismo  -  si  presentava come lo
 stadio terminale  di  una  disgregazione  che  era  stata  fortemente
 accelerata   proprio   da   quanti,  collaborando  con  le  autorita'
 inquirenti, avevano consentito  di  dare  avvio  allo  smantellamento
 delle strutture e dei supporti organizzativi del terrorismo.
    5.  -  Cosi'  ribadita  la  possibilita'  di  confrontare  le  due
 normative  nell'ottica  dell'art.  3  della  Costituzione,  viene  ad
 emergere  con  ancora maggior evidenza la violazione del principio di
 eguaglianza ad opera della norma denunciata dal giudice a quo per  il
 trattamento  di  sfavore  da  essa derivante proprio ai comportamenti
 processuali  rivelatisi  piu'  meritevoli  nella  lotta   contro   il
 terrorismo.   La  sconfitta  operativa  dell'eversione  e',  infatti,
 maturata per la maggior parte attraverso le informazioni fornite  dai
 pentiti  ai  sensi  degli artt. 2 e 3 della legge n. 304 del 1982 nel
 periodo ivi utilmente previsto, informazioni  risultate  determinanti
 nell'esasperare  la crisi latente all'interno dei gruppi terroristici
 e nel favorire, allo stesso  tempo,  il  concreto  verificarsi  delle
 condizioni   (crollo   verticale  delle  formazioni  terroristiche  e
 definitiva incrinatura delle loro convinzioni ispiratrici) alle quali
 si  deve  l'innesco  del  processo di revisione autocritica assurta a
 comune denominatore della dissociazione. Il non aver  equiparato,  ai
 fini  del  cumulo previsto dall'art. 7 della legge n. 34 del 1987, la
 sentenza di condanna cui e' stata applicata un'attenuazione  di  pena
 per lo svolgimento di un ruolo attivo da parte dell'imputato ( con il
 rischio, per giunta, di incorrere in vendette  dirette  o  indirette)
 alle  sentenze  cui  e'  stata  applicata un'attenuazione di pena per
 essersi l'imputato o il condannato limitato a  rendere  dichiarazioni
 di   principio   si   traduce  in  una  violazione  dell'art.3  della
 Costituzione.
    Ne'  si  puo'  - come vorrebbe l'Avvocatura dello Stato con il suo
 ultimo argomento  difensivo  -  muovere  al  condannato,  venutosi  a
 trovare  in  una situazione del tipo di quella che ha dato luogo alla
 questione  in  esame,  l'addebito  di  aver  operato  una  scelta  di
 pentimento "soltanto parziale". Le cause di un pentimento limitato ad
 uno o piu'  dei  processi  instaurati  contro  una  medesima  persona
 possono  essere svariate. In ogni caso, si sarebbe in presenza di una
 scelta pur sempre suscettibile  di  un  addebito  minore  rispetto  a
 quella operata da chi nemmeno parzialmente si era avvalso della legge
 n. 304 del 1982, utilizzando, poi, in toto la legge n. 34  del  1987.
 Una  scelta  di  parziale pentimento puo' giustificare una disciplina
 meno favorevole rispetto a chi abbia effettuato una scelta di  totale
 pentimento (in tal caso troverebbe, invero, applicazione l'ancor piu'
 favorevole cumulo di cui all'art. 4 della legge n. 304 del 1982),  ma
 non  certo  rispetto  a  chi  abbia  effettuato  una scelta contraria
 all'adozione di qualsiasi comportamento "da pentito".
    Pertanto,  il  disposto  degli  artt.  7 e 8, secondo comma, della
 legge 18 febbraio 1987, n. 34, viene a  risultare  costituzionalmente
 illegittimo  in  quanto  esclude  dallo  speciale  cumulo  delle pene
 applicabile  nei  confronti  di  due  o  piu'  sentenze  di  condanna
 pronunciate  ai  sensi  degli  artt. 2 e 3 della legge n. 34 del 1987
 anche l'una o le piu' sentenze di condanna eventualmente  pronunciate
 contro  la  stessa  persona ai sensi degli artt. 2 e 3 della legge 29
 maggio 1982, n. 304.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  del  combinato disposto
 degli artt. 7 e 8, secondo comma, della legge 18 febbraio 1987, n. 34
 (Misure  a  favore di chi si dissocia dal terrorismo), nella parte in
 cui esclude che il cumulo delle  pene  previsto  dal  primo  di  tali
 articoli  possa  essere  applicato  anche nei confronti di una o piu'
 sentenze di condanna pronunciate contro la stessa  persona  ai  sensi
 degli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982, n. 304.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 5 luglio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CONSO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 13 luglio 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 89C0824