N. 424 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 marzo 1989

                                 N. 424
 Ordinanza  emessa  il  22  marzo  1989  dal  tribunale amministrativo
 regionale per la Campania sul ricorso proposto da Cims  Elena  contro
 il Ministero della difesa
 Pensioni  -  Impiegati  civili dello Stato - Collocamento a riposo al
 raggiungimento  del  sessantacinquesimo  anno  di  eta'   -   Mancata
 previsione  del  diritto  al  trattenimento  in servizio, oltre detto
 limite, dell'impiegato che non  abbia  ancora  maturato  l'anzianita'
 minima  per  il trattamento di quiescenza - Ingiustificata disparita'
 di trattamento tra le varie  categorie  di  impiegati  statali,  solo
 alcune  delle quali, in virtu' di norme speciali, possono superare il
 limite predetto ai fini del raggiungimento dell'anzianita' minima per
 il  diritto  a  pensione - Ingiustificato deteriore trattamento degli
 impiegati statali rispetto ai lavoratori  privati  -  Violazione  del
 diritto  a  mezzi  adeguati  alle proprie esigenze di vita in caso di
 vecchiaia.
 (Legge  15  febbraio  1958,  n.  46,  art.  1, primo comma; d.P.R. 29
 dicembre 1973, n. 1092, art. 4, primo comma).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.38 del 20-9-1989 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 2307/87 reg.
 sez.  proposto  da  Cims  Elena,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.
 Vincenzo Del Matto, con domicilio in Napoli, galleria Umberto I n. 83
 (giusta mandato a margine del ricorso); dal proc.  Andrea  Abbamonte,
 con  domicilio  in  Napoli,  viale  Gramsci  n.  6/ a (giusta procura
 notarile depositata il 19 novembre 1988), contro il  Ministero  della
 difesa,   in   persona   del   Ministro,   rappresentato   e   difeso
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio  in
 Napoli, via Diaz n. 11, per l'annullamento previa sospensione di atto
 di diniego di trattenimento in servizio;
    Visti il ricorso ed i relativi allegati;
    Visti  l'atto  di  costituzione  in giudizio e la memoria prodotta
 dall'amministrazione intimata;
    Vista l'ordinanza cautelare;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Relatore il consigliere Orciuolo;
    Uditi,  alla pubblica udienza del 22 marzo 1989, per la ricorrente
 il proc. Abbamonte che non si e' opposto al  deposito  fuori  termine
 della memoria dell'amministrazione, per quest'ultima l'avvocato dello
 Stato Mangogna;
    Ritenuto e considerato quanto segue;
                            I N   F A T T O
    Con  ricorso notificato il 6 ottobre 1987, depositato il 19 detti,
 Cims Elena, dipendente civile del Ministero della difesa in  servizio
 presso  il  Comando  aeroporto "Ugo Niutta" Capodichino di Napoli, ha
 impugnato la nota n. 51157 in data 25 giugno 1987, comunicatale il 21
 luglio  1987,  con  la quale il Ministero della difesa ha respinto la
 sua istanza di trattenimento in servizio  oltre  il  2  giugno  1988,
 giorno  in  cui la stessa avrebbe compiuto il sessantacinquesimo anno
 di eta', essendo nata  il  2  giugno  1923,  fino  al  raggiungimento
 dell'anzianita' minima per il conseguimento del diritto alla pensione
 statale.
    La  ricorrente  infatti,  assunta, come precisato in ricorso, il 5
 novembre 1974, al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di  eta'
 avrebbe maturato anni tredici, mesi sei e giorni ventotto di servizio
 utile a pensione; il che non le avrebbe consentito di  conseguire  la
 pensione  statale,  questa presupponendo un servizio effettivo minimo
 di anni quindici (cfr. art. 42, primo comma, del d.P.R.  29  dicembre
 1973, n. 1092).
    La ricorrente ha dedotto la illegittimita' dell'atto impugnato, in
 subordine   sollevando   questione   di   incostituzionalita'   delle
 disposizioni  applicate  dall'amministrazione,  ed ha concluso per la
 declaratoria  del  diritto  al  trattenimento  in  servizio  fino  al
 raggiungimento della predetta anzianita' minima e in subordine per il
 riconoscimento  della  non  manifesta  infondatezza  della  sollevata
 questione  di  legittimita'  costituzionale;  con  le  conseguenze di
 legge.
    L'amministrazione  intimata  si e' costituita ed ha contrastato il
 ricorso  deducendone  la  inammissibilita'  e  la   infondatezza,   e
 concludendo  in  conformita';  con  la vittoria o compensazione delle
 spese.
    La domanda incidentale di sospensione e' stata respinta.
    Indi,  all'udienza del 22 marzo 1988, il ricorso e' stato ritenuto
 per la decisione.
    Con  sentenza  non  definitiva  (coeva alla presente ordinanza) e'
 stata respinta la eccezione di  difetto  di  giurisdizione  sollevata
 dalla  costituita  amministrazione,  riservandosi  la definizione del
 giudizio   all'esito   della   decisione   da   parte   della   Corte
 costituzionale sulla eccezione di costituzionalita' di cui infra.
                          I N   D I R I T T O
    1. - Alla stregua della vigente legislazione ordinaria l'impugnato
 provvedimento e' legittimo.
    L'amministrazionne  ha  infatti fatto applicazione di quella parte
 dell'art. 1, primo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, il cui
 contenuto e' stato successivamente ripetuto nell'art. 4, primo comma,
 del predetto d.P.R. n. 1092/1973, secondo cui gli impiegati civili di
 ruolo  delle  amministrazioni  dello Stato sono collocati a riposo al
 compimento del sessantacinquesimo anno di eta'.
    2.   -   Ove  pero'  di  tali  disposizioni  fosse  dichiarata  la
 illegittimita' costituzionale nelle parti in cui non e'  previsto  il
 trattenimento  in  servizio  del  dipendente fino al compimento della
 minima anzianita' necessaria al conseguimento della pensione statale,
 pur  se con il limite massimo comunque di servizio fino al compimento
 del settantesimo anno,  questo  stabilito  per  talune  categorie  di
 dipendenti,   il   ricorso  avrebbe  esito  diverso,  in  quanto  del
 provvedimento impugnato andrebbe predicata la illegittimita'.
    Consegue  la  rilevanza  della  eccepita questione di legittimita'
 costituzionale.
    Tale  rilevanza  va predicata anche nella considerazione che, come
 dalla ricorreente dedotto e non contestato ex adverso,  la  posizione
 contributiva  della  stessa  non  consente  alla medesima di ottenere
 dall'I.N.P.S. un trattamento pensionistico, pur tenendosi  conto  che
 l'amministrazione   statale,   come   dalla   stessa   precisato  nel
 provvedimento impugnato, deve costituire, in  relazione  al  servizio
 prestato, una posizione assicurativa presso il predetto istituto.
    3.  -  La  stessa  questione  inoltre  non  appare  manifestamente
 infondata.
    Nella  sentenza  n.  238  del  24  febbraio-3  marzo 1988 la Corte
 costituzionale ha affermato che la esigenza  per  il  lavoratore,  il
 quale  sia  giunto  al  termine  legale  del  rapporto di impiego, di
 restare  eccezionalmente  in  servizio  per  il  tempo  necessario  a
 conseguire il diritto al minimo della pensione, e' da ricondurre a un
 interesse tutelato dalla Costituzione come diritto del lavoratore  in
 quanto  tale,  dato che l'art. 38, secondo comma, della Costituzione,
 prevede il  diritto  per  il  lavoratore  alla  previsione  di  mezzi
 adeguati  alle  proprie  esigenze  di  vita  in caso, fra l'altro, di
 vecchiaia.
    Tenuto  conto  della  latitudine  di  detta esigenza, nella stessa
 sentenza e' stata affermata la irrilevanza della circostanza  che  si
 tratti di pubblico ovvero di privato dipendente, per cui non potrebbe
 invocarsi  nel  caso,  in  danno  della  ricorrente,  la   differenza
 esistente  fra  lo  status  del  pubblico  dipendente  e  quello  del
 dipendente privato.
    Nell'ordinamento   legislativo  -  ivi  comprendendo,  per  quanto
 interessa, ed essendo cio' nel caso consentito, come precisato  nella
 ridetta  sentenza  n.  238,  l'intero  campo  del  rapporto di lavoro
 dipendente, tanto pubblico che privato - e' prevista la  possibilita'
 di  deroga  al  limite  legale  del rapporto di impiego per finalita'
 assicurative o previdenziali di  particolare  pregio  costituzionale,
 come  avviene  nel caso del rapporto di lavoro dipendente privato, in
 cui, ai sensi dell'art.  6  del  d.-l.  22  dicembre  1981,  n.  791,
 convertito  con  modificazioni  con la legge 26 febbraio 1982, n. 54,
 per  quanto  interessa,  il  lavoratore  che  non   abbia   raggiunto
 l'anzianita' contributiva massima utile, e quindi anche colui che non
 abbia  raggiunto  l'anzianita'  contributiva   minima   utile,   puo'
 scegliere  di  continuare  a  prestare la propria opera al di la' del
 limite di eta' legislativamente fissato, ma  comunque  non  oltre  il
 sessantacinquesimo anno di eta'.
    Non  si  ravvisa  quindi  ragione  affinche'  tale possibilita' di
 deroga, oltre che nel campo dell'impiego privato, non sia  consentita
 anche  nel  campo  di  quello  pubblico; trattasi infatti di esigenza
 comune a qualunque dipendente, a prescindere dal settore  di  impiego
 di appartenenza, e non si ravvisano evidenti ragioni differenziatrici
 a giustificazione dell'attuale difformita'.
    In  contrario  non  potrebbe  valere  la  considerazine che con il
 precitato art. 6 il dipendente privato puo' rimanere in servizio fino
 a  sessantacinque  anni  di  eta', con cio' venendo equiparata la sua
 posizione a qualla del dipendente pubblico.
    Andrebbe  infatti  tenuto  presente  che con il limite massimo dei
 sessantacinque anni il dipendente privato  va  a  beneficiare  di  un
 aumento  di  (almeno) cinque anni rispetto all'eta' di pensionamento,
 questa normalmente prevista ad anni sessanta per  gli  uomini  ed  ad
 anni  cinquantacinque  per  le  donne;  analogamente  quindi dovrebbe
 essere offerta al  dipendente  pubblico  la  stessa  possibilita'  di
 aumentare, qualora necessaro come nella specie, il proprio periodo di
 servizio di (almeno) cinque  anni,  con  cio'  fissandosi  il  limite
 massimo  di eta' ad anni settanta, limite questo gia' previsto in via
 normale per talune categorie, come i magistrati e gli avvocati  dello
 Stato.
    4. - Va percio' sollevata questione di legittimita' costituzionale
 delle norme sopra indicate, per violazione degli artt. 3 e  38  della
 Costituzione.
    Quanto all'art. 3, per ingiustificata disparita' di disciplina fra
 il rapporto di impiego privato e il  rapporto  di  impiego  pubblico,
 sotto l'aspetto in questione da ritenere non dissimili.
    Quanto  all'art. 38, per non essersi il legislatore ordinario dato
 carico, nel fissare la disciplina  di  cui  alle  norme  sospette  di
 incostituzionalita',  di  prevedere in misura completa mezzi adeguati
 alle esigenze di vita per il lavoratore in caso di vecchiaia.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale affinche' la stessa si  pronunci  sulla  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge 15
 febbraio 1958, n. 46, e dell'art.  4,  primo  comma,  del  d.P.R.  29
 dicembre 1973, n. 1092, nelle parti in cui, in violazione degli artt.
 3 e 38 della Costituzione, non e' prevista  la  possibilita'  per  il
 dipendente  pubblico  di essere mantenuto in servizio oltre il limite
 massimo  dell'eta'  lavorativa  legislativamente   fissato   per   la
 categoria   interessata   -   sia  pure  fino  a  un  limite  massimo
 prestabilito, attualmente  individuabile  in  anni  settanta,  questo
 essendo  previsto  per  talune  categorie di dipendenti - al fine del
 raggiungimento   dell'anzianita'   di   servizio   minima   per    il
 conseguimento della pensione;
    Sospende il definitivo giudizio sul ricorso in epigrafe;
    Dispone  che  la  presente ordinanza, a cura della segreteria, sia
 notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri, e sia comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in Napoli, nella camera di consiglio del 22 marzo e
 del 5 aprile 1989.
                           (Seguono le firme)

 89C0986