N. 538 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 febbraio 1989
N. 538 Ordinanza emessa il 27 febbraio 1989 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Celani Giovanna ed altri contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altri Pensioni - Indennita' integrativa speciale - Dipendenti pubblici collocati a riposo, a domanda, a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.-l. n. 17/1983 - Indennita' computata non per intero, ma nella minore misura di un quarantesimo, per ogni anno di servizio utile, dell'importo spettante al dipendente collocato a riposo con la massima anzianita' di servizio - Reformatio in peius del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato in contrasto col principio di ragionevolezza - Incidenza negativa sui principi della retribuzione (anche differita) proporzionata alla quantita' del lavoro svolto e dei mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore in caso di vecchiaia - Riferimento alla sentenza della Corte n. 531/1988. (D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 10, primo comma, quale sostituito dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, articolo unico). (Cost., artt. 3, 36 e 38).(GU n.48 del 29-11-1989 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto dai sig.ri Celani Giovanna, Ceccarelli Giambattista e Pichetti Anna, elettivamente domiciliati in Roma, via Ottorino Lazzarini, 19, presso lo studio degli avv.ti Carlo Rienzi e Roberto Canestrelli. RITENUTO IN FATTO Con ricorso depositato il 23 aprile 1985 i signori Celani Giovanna, Ceccarelli Giambattista e Pichetti Anna, premesso di essere tutti dipendenti pubblici in servizio alla data del 28 gennaio 1983 e di essere stati collocati a riposo a partire dal 19 settembre 1984, avendo gia' maturato l'anzianita' minima di 19 anni, 6 mesi ed 1 giorno, hanno chiesto che venga loro riconosciuto il diritto alla percezione dell'indennita' integrativa speciale e dei singoli punti senza alcuna decurtazione, previo annullamento, ove occorra, della circolare n. 35349/5.1-3 del 2 giugno 1983 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della circolare telegrafica in data 29 novembre 1983 del Ministero del tesoro nonche' di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, anteriori o successivi, ivi compresi, ove occorra, i provvedimenti di collocamento a riposo e di quelli di liquidazione, provvisoria o definitiva, della pensione e gli atti interni delle singole amministrazioni resistenti applicativi della circolare impugnata. Deducono in proposito violazione dell'art. 99 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, dell'art. 10 del d.-l. 29 gennaio 1983, n. 17 (conv. in legge 25 marzo 1983, n. 79), dell'art. 227 del testo unico 3 marzo 1934, n. 383, nonche' eccesso di potere; sollevano, in subordine, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 del d.-l. n. 17/1983 per violazione degli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione. Il procuratore generale, con le conclusioni scritte in data 5 agosto 1986, ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso, ai sensi dell'art. 71, lett. b), del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, mancando la preventiva pronuncia amministrativa ed essendo la doglianza diretta avverso provvedimenti amministrativi generali (quali le circolari citate) che non configurano una lesione diretta e immediata di propri diritti patrimoniali. Con memoria depositata il 21 febbraio 1989 l'avv. prof. Carlo Rienzi, patrono dei ricorrenti, ha controdedotto, per quanto concerne l'eccezione proposta dal procuratore Generale, cha la natura e il contenuto della giurisdizione attribuita in materia alla Corte dei conti (giudice del rapporto) consente il sindacato sul comportamento dell'amministrazione e quindi una pronuncia sull'accertamento del diritto. Nel merito la difesa insiste nell'eccezione di legittimita' costituzionale con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 822/1988 in ordine ai limiti di discrezionalita' assegnati al legislatore. Nell'udienza odierna l'avv. Rienzi, dopo aver sostenuto l'ammissibilita' del gravame essendo l'impugnativa diretta anche contro il provvedimento (dovuto) di liquidazione della pensione, ha confermato quanto esposto in memoria insistendo nell'eccezione di legittimita' costituzionale. Il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale richiamando la pronuncia negativa della Corte costituzionale (sentenza n. 531/1988). CONSIDERATO IN DIRITTO Preliminarmente va esaminata l'eccezione d'inammissibilita' del gravame dedotta dal procuratore generale sotto il duplice profilo della mancanza di una preventiva pronuncia amministrativa sulla pretesa dei ricorrenti e della non configurabilita' di una lesione diretta di diritti ad opera di provvedimenti amministrativi generali quali sono le circolari ministeriali. L'eccezione deve essere disattesa in quanto l'impugnativa dei ricorrenti, cosi' come formulata nell'atto introduttivo del giudizio, e' palesemente diretta anche avverso i provvedimenti specifici individuali di collocamento a riposo e attribuzione del trattamento pensionistico, provvedimenti che l'amministrazione ha adottato, in conformita' alle circolari ministeriali richiamate dagli interessati, applicando la riduzione dell'indennita' integrativa speciale ai sensi dell'art. 10 del d.-l. 29 gennaio 1983, n. 17 (nel testo sostituito dall'articolo unico della legge 25 marzo 1983, n. 79) come si desume dalle note in atti trasmesse per conoscenza ai ricorrenti dal provveditore agli studi di Ascoli Piceno. Nel merito la pretesa dei ricorrenti e' infondata. L'art. 10 dinanzi citato dispone che al personale avente diritto all'indennita' integrativa speciale, a partire dall'entrata in vigore del d.-l. 29 gennaio 1983, n. 17, ove presenti domanda di pensionamento anticipato, la misura dell'indennita', da corrispondersi in aggiunta alla pensione, deve essere determinata in ragione di un quarantesimo per ogni anno di servizio utile ai fini del trattamento di quiescenza, dell'importo dell'indennita' stessa spettante al personale collocato in pensione con la massima anzianita' di servizio. Nella fattispecie i ricorrenti hanno presentato domanda di collocamento a riposo anticipato nel periodo considerato dal legislatore e l'amministrazione ha legittimamente operato, in corretta applicazione della norma in questione, attribuendo l'indennita' integrativa speciale nella misura ridotta. I ricorrenti - come esposto in narrativa - ritengono che la norma applicata venga a violare diversi principi costituzionali e sollevano eccezione con riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione; in particolare viene evidenziata la disparita' di trattamento tra dipendenti pubblici in possesso dei medesimi requisiti ai fini pensionistici applicandosi le circolari solo nei confronti di coloro che abbiano presentato o presenteranno domanda di pensionamento a partire dal 29 gennaio 1983. In tal modo il godimento di un diritto viene ad essere subordinato ad un fatto involontario ed estrinseco e ignoto al momento del maturare dei requisiti che davano diritto al trattamento pensionistico anticipato quale la data di presentazione della domanda di collocamento a riposo, introducendosi cosi' una sperequazione immotivata tra soggetti aventi la stessa anzianita' di servizio e i medesimi requisiti. L'eccezione, con ogni evidenza rilevante nalla specie ai fini della decisione di merito, non appare manifestamente infondata. La sezione non ignora che altro giudice (t.a.r. Liguria ord. n. 65/1985) ha denunciato l'illegittimita' costituzionale delle riferite disposizioni per violazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione e che la Corte costituzionale con sentenza n. 531/1988, ha dichiarato non fondata la questione. Ma ritiene il collegio che la questione possa essere riproposta in questa sede sotto diverso profilo denunciato da questa sezione con l'ordinanza n. 62849 del 1ยบ febbraio 1989, le cui argomentazioni vengono integralmente richiamate e che sinteticamente possono cosi' riassumersi. Come non e' ammissibile che l'indennita' integrativa speciale venga sospesa (in proposito vedansi argomentazioni contenute nell'ordinanza della sezione terza n. 61680/1988) in quanto detta indennita' non rappresenta solo un mezzo di adeguamento dello stipendio o pensione alle variazioni del costo della vita ma costituisce di per se' la fascia retributiva minima e sufficiente per far fronte alle esigenze essenziali della vita, cosi' tale indennita' non puo' essere assoggettata a riduzione o limitazione alcuna proprio perche' rappresenta il minimo essenziale per il vivere civile al quale tutti, a prescindere dalle singole posizioni soggettive, hanno parimenti diritto. Con la riduzione, attesa la funzione dell'indennita' integrativa speciale, viene meno non solo la corrispondenza tra lavoro prestato e retribuzione ( o pensione) ma tra retribuzione (o pensione) e il minimo di sicurezza sociale cui il dipendente o pensionato hanno diritto per se' e la propria famiglia, con conseguente violazione dei principi sanciti dagli artt. 36 e 38 della Costituzione. Il criterio riduttivo introdotto dalle norme citate, in quanto applicato al solo personale cessato dal servizio a domanda e non anche a quello cessato per altra causa ha posto in essere una irrazionale disparita' di trattamento che, nei casi piu' eclatanti, puo' condurre all'aberrante risultato che l'indennita' sia corrisposta in misura ridotta a colui che, dopo un regolare e lodevole servizio, si sia dimesso dall'impiego per libera e volontaria determinazione e sia, invece, corrisposta per intero a colui che ne sia stato dispensato d'autorita', magari a seguito di procedimento disciplinare o penale. Ne' potrebbe opporsi che il legislatore, consapevole delle rilevate incongruenze, vi ha posto successivamente rimedio estendendo il criterio riduttivo a tutti i dipendenti, quale che fosse la causa di risoluzione del rapporto d'impiego (eccettuati solo i casi di cessazione dal servizio per morte o infermita' dipendente da c.s.) in quanto la rilevata disparita' di trattamento si e' realizzata, sia pure per un tempo limitato, quanto meno nei confronti dei dipendenti cessati dal servizio nel periodo dal 29 gennaio 1983 alla data di entrata in vigore delle cennate norme modificatrici (art. 4, del d.-l. 2 novembre 1985, n. 594). Per quanto detto viene a configurarsi, quindi, anche una violazione dell'art. 3 della Costituzione e cio' anche tenendo conto di quanto sancito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 822/1988) in ordine ai limiti posti alla discrezionalita' del legislatore nella modifica dell'ordinamento pubblicistico delle pensioni. Per le considerazioni esposte la sezione solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, primo comma, del d.-l. 29 gennaio 1973, n. 17 (quale sostituito dall'articolo unico della legge 25 marzo 1983, n. 79) per contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione nella parte in cui dispone nei confronti del personale avente diritto all'indennita' stessa che abbia presentato domanda di pensionamento a partire dalla data di entrata in vigore del decreto legge anzidetto, che la misura dell'indennita' integrativa speciale, corrisposta in aggiunta alla pensione, e' determinata in ragione di 1/40 per ogni anno di servizio utile ai fini del trattamento di quiescenza, dell'importo dell'indennita' stessa spettante al personale collocato a riposo con la medesima anzianita' di servizio. Il giudizio, va, pertanto, sospeso con il rinvio degli atti alla Corte costituzionale per la conseguente pronuncia.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 febbraio 1953, n. 87; Dispone che - sospeso il giudizio in corso - gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale di cui in premessa; Ordina che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al procuratore generale e al Presidente del Consiglio dei Ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 febbraio 1989. Il presidente: (firma illeggibile) 89C1151