N. 3 ORDINANZA 13 dicembre 1989- 2 gennaio 1990
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Locazione - Immobili ad uso abitativo - Equo canone - Azione per la ripetizione di somme indebitamente corrisposte dal conduttore - Termine di decadenza di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile - Omessa previsione anche in altre ipotesi Richiesta di sentenza additiva - Manifesta infondatezza. (Legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, secondo comma). (Cost., art. 3).(GU n.2 del 10-1-1990 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 79, comma secondo, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 13 maggio 1989 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Grande Tommaso e l'Amministrazione Fratelli Del Gallo, iscritta al n. 368 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35 - 1a serie speciale dell'anno 1989; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 29 novembre 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti; Ritenuto che nel giudizio civile tra Grande Tommaso e l'Amministrazione Fratelli Del Gallo, per la determinazione dell'equo canone di una locazione abitativa e la conseguente restituzione delle somme indebitamente corrisposte, il Pretore di Roma, con ordinanza emessa il 13 maggio 1989, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 79, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui fissa, per l'esercizio dell'azione di ripetizione di somme corrisposte dal conduttore in violazione dei divieti e dei limiti posti dalla legge, il termine di decadenza di mesi sei dalla riconsegna dell'immobile; che, ad avviso del giudice a quo, trattandonsi di norma insuscettiva di applicazione analogica perche' eccezionale, non ne sarebbe consentita l'applicazione ad altre ipotesi in cui - pur mancando la riconsegna dell'immobile da parte del conduttore - vi sarebbe comunque cessazione di diritto e di fatto della locazione, come nella ipotesi di vendita dell'immobile allo stesso conduttore ovvero a terzi; che, avuto riguardo alla ratio legis - che e' quella di evitare remore all'esercizio del diritto per timore di ritorsioni durante il rapporto - l'ipotesi della riconsegna e quelle sopra considerate non sarebbero caratterizzate da elementi di diversita' tali da giustificare una disciplina differenziata; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha eccepito l'inammissibilita' della questione e comunque ne ha contestato la fondatezza; Considerato che il giudice a quo, al fine di postulare l'estensione, mediante sentenza additiva, del trattamento previsto dalla norma impugnata per l'ipotesi di riconsegna dell'immobile da parte del conduttore alle altre ipotesi dianzi richiamate, muove dal presupposto della sostanziale omogeneita' di queste rispetto alla prima, sotto l'aspetto che anche in esse verrebbe meno il rapporto di locazione, inteso peraltro evidentemente come rapporto fra conduttore e locatore originario; che il suindicato presupposto non e' condivisibile, non potendosi ritenere che in tutti indiscriminatamente i casi in cui il soggetto passivo della domanda di ripetizione delle somme pagate oltre il dovuto abbia cessato di rivestire la qualita' di locatore, anche il conduttore abbia dismesso la propria qualita', e cosi' abbia cessato di versare in quella situazione di esposizione a ritorsioni - ricollegabili all'accertamento, da lui postulato, di una minor misura del canone dovuto - che giustifica, per le conseguenti remore all'esercizio del diritto, il trattamento previsto dalla norma impugnata; che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 79, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, sollevata dal Pretore di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: CORASANITI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 2 gennaio 1990 Il direttore della cancelleria: MINELLI 90C0008