N. 10 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 settembre 1989

                                 N. 10
    Ordinanza emessa l'11 settembre 1989 dal pretore di Bologna nel
       procedimento civile vertente tra Cavazza Mario ed altri e
                    il Ministero del tesoro ed altri
 Previdenza  e  assistenza  sociale - Lavoratori dipendenti - Ritenute
 Gescal (0,35%) - Costituzione di un fondo per costruzioni di  alloggi
 per  i  lavoratori  -  Ingiustificata  discriminazione dei lavoratori
 dipendenti rispetto  ai  lavoratori  autonomi  non  soggetti  a  tali
 ritenute  - Violazione del principio della capacita' contributiva per
 l'assoggettamento  a  detta   ritenuta   solamente   dei   lavoratori
 dipendenti  che  non sono gli unici beneficiari della attivita' della
 p.a. finanziata con i fondi Gescal.
 (Legge  14  febbraio  1963, n. 60, art. 10, primo comma, lettere b) e
 c); legge 5 agosto 1978, n. 457, art.  35,  primo  comma,  lett.  a);
 legge 14 febbraio 1963, n. 60, art. 10, primo comma, lettere b) e c);
 legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 22, primo comma).
 (Cost., artt. 3 e 53).
(GU n.4 del 24-1-1990 )
                               IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nella causa iscritta al n.
 1699/87 r.g.l. promossa da: 1) Cavazza Mario, 2)  Veronesi  Agostino,
 3)  Bontadini Anna, 4) Spinelli Ivo, 5) Cobianchi Giulio, 6) Sabatini
 Silvano, 7) Amaroli  Franco,  8)  Di  Bartolomeo  Filomena,  9)  Orsi
 Francesca, 10) Pesci Massimo, 11) Mezzofanti Floriana, 12) Piccinelli
 Roberto, 13) Costanti Mario, 14) Canetoli Marisa, 15) Mordeca Renato,
 16)  Marega  Anna, 17) Mei Liliana, 18) Orlandi Giovanni, 19) Savigni
 Sandro, 20) Lollini  Oscar,  21)  Pettinato  Antonio,  22)  Cavalieri
 Tonino,  23)  Pizzirani  Claudio, 24) Gavina Alessandro, 25) Muscioni
 Massimo, 26) Masiero Gianfranco, 27) Grassilli Giampaolo,  28)  Zanna
 Roberto,  29)  Bonfiglioli  Ernesto, 30) Marica giovanni, 31) Baietto
 Varlo,  32)  Roncaglia  Rolando,  33)  Betti  Stefano,  34)  Pedretti
 Maurizio,  tutti  elettivamente  domiciliati  presso  il  dott. proc.
 Stefano Pesci  e  dott.  proc.  Franco  Danieli,  attori,  contro  1)
 Ministero  del  tesoro,  2) Ministero lavori pubblici, in persona del
 Ministro pro-tempore rappresentati  e  difesi  dall'avvocatura  dello
 Stato,  3)  societa'  SA.SIB  S.p.a.  BO,  con  la chiamata in causa:
 istituto nazionale della  previdenza  sociale,  in  persona  del  suo
 presidente  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  R.  De
 Lorenzi, elettivamente domiciliato a Bologna, via Gramsci, 6,  presso
 la sede provinciale I.N.P.S., convenuti;
    A scioglimento della riserva che precede;
                             O S S E R V A
    I  ricorrenti,  tutti  lavoratori  subordinati,  assoggettati come
 tali,  al  prelievo  del  contributo  ex  Gescal  sui   salari   loro
 corrisposti hanno chiesto:
       a)  accertarsi  e  dichiararsi  di  non essere piu' tenuti alla
 corresponsione di tale contributo;
       b)  conseguentemente  ordinarsi  all'azienda  loro  datrice  di
 lavoro di non operare piu' la trattenuta relativa;
       c)  condannarsi,  in  conseguenza,  il  Ministero del tesoro, a
 restituire loro le somme prelevate mensilmente allo stesso titolo nei
 cinque anni antecedenti il deposito del ricorso.
   In  subordine  hanno  chiesto  sollevarsi  questioni incidentale di
 legittimitta' costituzionale delle norme che impongono il  versamento
 del contributo " ex Gescal".
    Preliminare  ad  ogni altra questione e' l'esame dell'eccezione di
 incompetenza giurisdizionale avanzata dall'avvocatura  di  Stato  per
 conto delle amministrazioni convenute.
    A  tale  scopo  appare  necessario  procedere ad una ricostruzione
 sommaria della normativa attinente ai contributi per cui e'  causa  e
 che  per  brevita'  chiameremo contributi ex Gescal, per accertare se
 questa configuri come obbligazione tributaria, nel qual caso ai sensi
 dell'art.  9  del  c.p.c.,  la competenza spetterebbe al tribunale, o
 debba invece essere assimilata ad un contributo previdenziale.
    Le   considerazioni   da  svolgere  a  questo  proposito  appaiono
 principalmente due:
       a)  la competenza va determinata sulla base di criteri formali,
 e non di una valutazione sostanziale, della natura dell'istituto,  il
 quale,  nel  caso  di  specie,  non  e'  mai  definito  tributo dalla
 disciplina a esso pertinente, ne' e' mai assistito da  quell'apparato
 di garanzie a livello di ricorsi amministrativi e giurisdizionali che
 connota, anche a livello sostanziale, l'obbligazione tributaria.
    Al  contrario la natura previdenziale in senso lato e' chiaramente
 deducibile dalle disposizioni.
    Ne'   queste   caratteristiche   formali  dell'istituto  risultano
 modificate dalla legislazione successiva, che pure lo ha confermato e
 prorogato  con  l'art.  11,  secondo  e  terzo  comma, della legge 14
 febbrao 1963, n. 60, e l'art. 1 del decreto ministeriale 20  novembre
 1963 (che dispone le modalita' di versamento dei contributi).
    Queste  ultime  norme  infatti  stabiliscono  che il versamento in
 questione  venga  effettuato  dai  datori  di  lavoro  per   i   loro
 dipendenti,  insieme  con  uno dei contributi per previdenza sociale,
 per l'assicurazione contro la malattia, o per la corresponsione degli
 assegni   familiari,   estendendo  allo  stesso,  inoltre,  le  norme
 sull'accertamento ed il versamento, quelle penali e  quelle  relative
 alla  vigilanza,  ai  controlli,  ai  ricorsi  ed  alle  controversie
 previste per il cotributo unitamente al  quale  venga  effettuata  la
 riscossione, oltre ai relativi privilegi;
       b)  la  determinazione  quantitativa  dei  contributi stessi e'
 sempre  stata  operata  in  misura  percentuale  della  retribuzione,
 indipendentemente  da  ogni  valutazione della capacita' contributiva
 mentre  come  afferma   la   sentenza   n.   240/1982   della   Corte
 costituzionale  "l'elemento  della  capacita'  contributiva  non puo'
 essere  desunto  dalla  base  -  stipendi  e  salari  erogati  -  per
 l'applicazione dei contributi".
    Va  dunque  negata  una presunta natura di obbligazione tributaria
 del contributo ex Gescal,  e  pertanto  va  respinta  l'eccezione  di
 incompetenza giurisdizionale;
       c)   passando   all'esame  del  merito  occorre  innanzi  tutto
 verificare la rilevanza in  causa  dell'eccezione  di  illegittimita'
 costituzionale prospettata.
    In  proposito  va  rilevato, innanzi tutto, come non sia possibile
 accogliere le domande principali dei ricorrenti, svolte ai nn. 1, 2 e
 3  del  ricorso introduttivo in quanto il contributo in contestazione
 e' imposto per legge.
    Diviene  cosi'  automaticamente  rilevante  in giudizio la domanda
 subordinata, in cui si chiede sollevarsi eccezione di  illegittimita'
 costituzionale  delle  norme  che lo dispongono, proprio perche' tale
 eccezione e' funzionale alla decisione delle domande di merito.
    Poiche' il ricorso introduttivo e' stato depositato in cancelleria
 il 30 luglio 1987, ed  i  ricorrenti  chiedono  la  restituzione  dei
 contributi  versati  nei  cinque  anni  antecedenti tale deposito, il
 termine di riferimento temporale decorre evidentemente dal 30  luglio
 1982.
    Cio'  vuol  dire  che  delle tante norme che in quasi quarant'anni
 hanno   disciplinato   i   contributi   ex   Gescal,    istituendoli,
 paragonandoli,  o  modificandoli,  sono rilevati ai fini del presente
 giudizio solo quelle che sono attualmente in vigore o  che  lo  siano
 state direttamente o indirettamente, dal 30 luglio 1982 in poi.
    Si e' detto che la contribuzione ex-Gescal e' imposta per legge.
    Per  la  precisione, al momento del deposito del ricorso lo era in
 forza del combinato  disposto  dal  primo  comma,  lettere  b)  e  c)
 dell'art.  10 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, che determinava (e
 determina tuttora) l'entita' dei contributi, nonche' del primo comma,
 lett.  a)  dell'art.  35 della legge 5 agosto 1978, n. 457, che li ha
 prorogati fino al 31 dicembre 1987.
    L'art.  10  della  legge  n. 60/1963 istituiva un contributo dello
 0,35 per cento della retribuzione mensile  a  carico  dei  lavoratori
 dipendenti (lett. a) ed uno dello 0,70% a carico dei datori di lavoro
 (lett. b).
   Se   questa   era  la  situazione  legisllativa  al  momento  della
 proposizione del ricorso, in corso di causa e' sopravvenuto il  d.-l.
 15 gennaio 1988, n. 8, che, all'art. 1, prorogava "fino al periodo di
 paga in corso al 31 dicembre 1988" i contributi  per  cui  e'  causa,
 vale   a  dire,  appunto,  secondo  la  puntuale  dizione  del  testo
 legislativo "i contributi di cui  al  primo  comma,  lett.  b)  e  c)
 dell'art. 10 della legge 14 febbraio 1963, n. 60".
    Il  d.-l.  n.  8/1988  peraltro  non  e'  stato  convertito,  ma i
 contributi per cui e' causa sono stati ugualmente prorogati, in forza
 dell'art.  22  della  legge  11  marzo 1988, n. 67 (legge finanziaria
 1988), il cui primo comma stabilisce appunto che "i contributi di cui
 al  primo  comma,  lett. b) e c) dell'art. 10 della legge 14 febbraio
 1963, n. 60, sono dovuti fino al periodo  di  paga  in  corso  al  31
 dicembre 1992".
    Poiche'  i  ricorrenti  hanno chiesto non solo la restituzione dei
 contributi arretrati, ma anche  l'accertamento  di  non  essere  piu'
 tenuti a versarli e l'ordine alla societa' Sasib, loro comune datrice
 di lavoro, di non operare piu, la relativa trattenuta, anche la nuova
 normativa  introdotta  con  l'art.  22  della legge n. 67/1988 rileva
 quele jus superveniens ai fini della decisione della causa.
    Anche  di  essa  dovra'  essere  tenuto conto, anche ai fini della
 proposta eccezione di illegittimita' costituzionale.
    Non  rileva  invece  piu'  la  normativa,  che pure costituiva jus
 superveniens, del d.-l. n. 8/1988, perche' una volta che tale decreto
 non  e'  stato  convertito,  e' privo di efficacia anche agli effetti
 retroattivi, non fa piu, parte del sistema normativo.
    Pertanto  per il periodo antecedente, e per la precisione, fino al
 31 dicembre 1987, l'obbligo per cui e' causa discende come gia' si e'
 detto,  dal  combinato  disposto  del  primo  comma,  lett.  b) e c),
 dell'art. 10 della legge 14 febbraio 1963, n. 60 e del  primo  comma,
 lett. a), dell'art. 35 della legge 5 agosto 1978, n. 457.
    Per  il periodo successivo, invece, a partire dal 1› gennaio 1988,
 lo stesso obbligo discende, invece, dal combinato disposto sempre del
 primo  comma lett. b) e c) dell'art. 10 della legge 14 febbraio 1963,
 n. 60 e dell'art. 22 della legge 11 marzo 1988, n. 67;
       d)  occorre  ora  verificare  se  l'eccezione di illegittimita'
 costituzionale  denunziata  dai  ricorrenti  risulti   manifestamente
 infondata, oppure assuma una consistenza sufficente per sottoporla al
 vaglio della Corte di costituzionalita'.
    La   legittimita'   costituzionale   delle  norme  impositive  dei
 contributi in esame e' gia' stata esaminata una  prima  volta,  dalla
 Corte costituzionale, nella sentenza del 22 dicembre 1964, n. 119, la
 quale, rigettando l'eccezione di costituzionalita', si  innestava  su
 un  paesaggio  normativo  notevolmente diverso da quello odierno, nel
 quale il contributo, come da  ultimo  disciplinato,  dalla  legge  n.
 60/1963,  poteva  ben  dirsi  correlato ragionevolmente a una, seppur
 potenziale, controprestazione, in quanto le abitazioni edificate dala
 gestione  Ina Casa prima, della Gescal poi, potevano essere assegnate
 solo a lavoratori dipendenti, e solo a coloro, tra essi, che avessero
 versato una mensilita' almeno del contributo.
    Questa  disciplina  comportava  pertanto  la  presenza di elementi
 solidaristici, che si collocavano, ragionevolmente, all'interno della
 categoria  dei  lavoratori  dipendenti  (da lavoratore dipendente non
 bisognoso dell'assegnazione a lavoratore assegnatario)  ed  a  carico
 dei confronti dei lavoratori dipendenti stessi.
    Attualmente  invece,  data che la Gescal e' stata liquidata con la
 legge 19 gennaio 1974, n. 9, i contributi  ex  Gescal  concorrono  al
 finanziamento  degli  Iacp  e  dei  comuni, genericamente finalizzati
 all'edilizia  popolare  ed  al  recupero  del   patrimonio   edilizio
 esistente (vedi legge 5 agosto 1978, n. 457, in particolare agli art.
 1 e 35, nonche' agli artt. 18 e segg., relativi  ai  beneficiari  dei
 mutui agevolati).
    Gli  Iacp  hanno  soppiantato  la  soppressa gescal nei compiti di
 assegnazione, e sono divenuti potenziali assegnatari delle ebitazioni
 tutti coloro che possono fruire dell'edilizia popolare e quindi anche
 lavoratori  autonomi  (cfr.  d.P.R.  n.  1035/1972,  in   particolare
 all'art.  2)  che peraltro non versano nulla di analogo ai contributi
 ex Gescal;
       e) una simile normativa sembra confliggere sia con il principio
 di eguaglianza di cui all'art. 3, primo  comma,  della  Costituzione,
 che  con  il  principio della correlazione degli oneri tributari alla
 capacita' contributiva,  di  cui  all'art.  53,  primo  comma,  della
 Costituzione.
    Sotto il primo pprofilo va rivelato che, come ha sottolineato piu'
 volte la giurisprudenza della Corte costituzionale, il  principio  di
 cui  all'art.  3,  primo comma, della Costituzione, impone discipline
 uguali  per  situazioni  uguali,  e  che  una   differenziazione   di
 disciplina  e'  costituzionalmente ammissibile soltanto in quanto sia
 giustificata, ragionevole e razionale, non arbitraria.
    Nel  caso  di specie, invece, si manifesta una situazione evidente
 di disparita' in quanto  i  lavoratori  dipendenti  ed  i  lavoratori
 autonomi  si trovano in una posizione identica per quanto concerne la
 potenziale titolarita' ad un'assegnazione delle abitazioni  costruite
 anche  con i contributi in precedenza destinati alla Gescal, a fronte
 di una posizione d'obbligo gravante sui soli lavoratori dipendenti.
    Ne' una simile discrasia potrebbe esser giustificata appigliandosi
 in  qualche  modo  al  principio  di  solidarieta'  (art.   2   della
 Costituzione), piu' volte invocato in materia del genere.
    Occorre   tener   fermo,  infatti,  che  la  discrezionalita'  del
 legislatore non puo', ne' richiamandosi al principio di  solidarieta'
 ne'   a   qualsivoglia   altro  principio,  istituire  disparita'  di
 trattamento se non entro gli ordinari limiti nel confine  dei  quali,
 come   si  e'  visto,  una  differenziazione  e'  ammissibile  e  non
 collidente coll'art. 3, primo comma, della Costituzione; vale a dire,
 per  riassumere tali limiti in un'unica espressione, quelli della non
 arbitrarieta'/irragionevolezza della  differenzazione  stessa.  Anche
 recentissimamente    (sentenza   n.   104/1985)   la   giurisprudenza
 costituzinale  e'  stata  esplicita  sul  punto,  ammonendo  che  "la
 discrezinalita'    legislativa   trova   sempre   un   limite   nella
 ragionevolezza  delle  statuizioni  che  comportano   disparita'   di
 trattamento   tra  i  soggetti".  E  appare  quanto  meno  di  dubbia
 ragionevolezza  l'imposizione  di  un  obbligo  di  solidarieta'   ai
 lavoratori  dipendenti  in  favore  di  soggetti  quali  i lavoratori
 autonomi, che l'esperienza  comune  non  indica  come  collocati,  in
 genere,   in   posizioni   economicamente   deteriore  rispetto  agli
 obbligati,  e  che  invece  sono   esentati,   nell'uguaglianza   del
 beneficio, da qualunque contribuzione.
    Tutto  cio' valutato, l'eccezione di costituzionalita' avanzata in
 rapporto all'art. 3, primo  comma,  della  Costituzione,  non  appare
 manifestamente infondata;
       f)   per   quanto   riguarda   l'eccezione   di  illegittimita'
 costituzionale, rispetto all'art. 53 della Costituzione pure avanzata
 dai  ricorrenti,  e'  utile  richiamare la sentenza n. 119/1964 della
 Corte costituzionale, sopra citata, la  quale  affermava  nel  quadro
 della  normativa dell'epoca, la non irragionevolezza dell'imposizione
 dei contributi di cui all'art. 5 della legge 28 febbraio 1949, n. 43,
 alle  categorie  dei  lavoratori dipendenti, in quanto proprio queste
 categorie "soprattutto" attingevano ai benefici conseguenti.
    Con  la  disciplina  successiva,  questo,  almeno per i lavoratori
 dipendenti, non e' piu' avenuto, perche' anche i lavoratori  autonomi
 fruiscono  nello  stesso  modo  delle abitazioni che i contributi, in
 precedenza versati alla Gescal, contribuiscono a finanziare.
    Sotto  il  profilo sostanziale si puo' ritenere, pertanto, essendo
 cosi' venuta meno la causalita' del prelievo, che ci si trovi dinanzi
 ad un'obbligazione di natura tributaria.
    Se  tale dunque e', peraltro, essa dovrebbe essere correlata a una
 manifestazione di capacita' contributiva ai sensi dell'art. 53, primo
 comma,  della  Costituzione,  come piu' volte evidenziato dalla Corte
 costituzionale, secondo la giurisprudenza della quale  "la  capacita'
 contributiva  costituisce  presupposto  di  legittima  imposizione" e
 l'art. 53 "esclude che l'obbligo tributario possa sorgere ove  manchi
 del  tutto"  la capacita' contributiva (sentenza n. 97/1968). Occorre
 tenere presente, pero', l'insegnamento  della  stessa  giurisprudenza
 che la capacita' contributiva "non coincide affatto con la percezione
 di un qualsiasi reddito" (cfr. sentenza n. 240/1982).  Al  contrario,
 nel  caso  di  specie  "metro  di  determinazione  della quantita' di
 imposta dovuta" quale  dev'essere  la  capacita'  contributiva  (cfr.
 sentenza  n.  97/1968)  e'  il  mero  salario  o  stipendio da lavoro
 dipendente, in percentuale del quale  e'  calcolato  il  prelievo  ex
 Gescal.  Appare quindi non manifestamente infondato il dubbio che, in
 quanto sostanzialmente obbligazione tributaria, tale  prelievo  violi
 l'art.  53,  primo  comma,  della  Costituzione, in quanto carente di
 qualunque riferimento a quello, che e' presupposto di  legittimazione
 e   parametro   di   determinazione   quantitativa   dell'imposizione
 tributaria,  cioe'  alla  capacita'  contributiva.  E'   gia'   sotto
 quest'aspetto  appare  opportuno  sollevare  d'ufficio  eccezione  di
 illegittimita' costituzionale, con  riferimento  all'art.  53,  primo
 comma,  Costituzione,  nei  confronti  delle  norme  che impongono ai
 lavoratori dipendenti il versamento  dei  contributi  gia'  destinati
 alla Gescal.
    Ma  anche  qualora  la  normativa vigente fosse corretta da questo
 punto di vista, rimarrebbe fonte di  dubbio  sulla  sua  legittimita'
 costituzionale l'aspetto indicato del ricorso. E' noto infatti - e la
 giurisprudenza della Corte costituzionale l'ha piu' volte esplicitato
 -  che  l'art. 53 rappresenta, in campo tributario, l'espressione del
 principio sancito in generale dall'art. 3 (cfr. p.  es.  le  sentenze
 nn. 155/1963, 64/1965, 59/1970, 113/1970 e 120/1972).
    Del  resto  la stessa Corte ha chiarito (sentenza n. 105/1981) che
 "le questioni di eguaglianza delle leggi vanno  affrontate  anche  in
 vista  di  ogni altra disposizione di rango costituzionale, che nella
 specie concorre a garantire l'eguaglianza stessa". E'  ben  vero  che
 non  spetta  al  giudice  delle  leggi  vautarie ex art. 53 l'entita'
 dell'onere  tributario,   trattandosi   di   compito   riservato   al
 legislatore;   e'  fatta  eccedenza,  pero',  per  "il  controllo  di
 legittimita'  sotto  il   profilo   dell'assoluta   arbitrarieta'   o
 irrazinalita'   delle   norme"   (cfr.   le   sentenze   della  Corte
 costituzionale nn. 92/1972, 144/1972, 144/1972 e  262/1977),  vale  a
 dire  per  quello  che  e'  il significato giuridico, enucleato dalla
 giurisprudenza  costituzionale,  di  una  disuguaglianza.   Pertanto,
 richiamandosi    alle   argomentazioni   sopra   svolte   in   ordine
 all'eccezione rispetto all'art. 3 della Costituzione, non si vede per
 quale  ragionevole motivo (cioe' appare arbitrario) solo a carico dei
 lavoratori dipendenti sia posto un obbligo che, essendo dal punto  di
 vista  sostanziale  di  tipo  tributario,  non si colloca in rapporto
 causale  con  alcun  beneficio  particolare   della   categoria   dei
 lavoratori  dipendenti, ma concorre genericamente al finanziamento di
 un'attivita' pubblica  (cfr.   l'ordinanza  n.  45/1984  della  Corte
 costituzionale,  che  definisce  "beni pubblici" le case popolari) di
 cui anche cittadini non soggetti  al  prelievo  ex  Gescal,  quali  i
 lavoratori  autonomi, sono ammessi a fruire. Il che si puo' esprimere
 anche con questo altro modo.  L'entita' dell'imposizione gravante sui
 lavoratori   dipendenti   tenuti   al   versamento  ex-Gescal  appare
 arbitraria ed irrazionale se la si confronta con  l'entita'  (che  e'
 un'entita'  nulla)  dell'imposizione  su soggetti, quali i lavoratori
 autonomi,  che   possono   avere   uguale   o   superiore   capacita'
 contributiva.  Irrazionalita' o arbitrarieta', questa, che come si e'
 visto poco sopra sono sottoposte al sindacato del giudice delle leggi
 in  relazione  all'art.  53  della  Costituzione.   Appare dunque non
 manifestamente infondata l'eccezione rispetto all'art. 53 anche sotto
 questo secondo profilo, che e' quello rilevato dal ricorso;
       g)  concludendo  si  deve  ritenere rilevante in giudizio e non
 manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, primo  comma,
 e 53, primo comma, della Costituzione, la eccezione di illegittimita'
 costituzionale:
       1)  per quanto attiene al periodo fino al 31 dicembre 1987, del
 combinato disposto dal primo comma, lettere b)  e  c),  dell'art.  10
 della  legge  14  febbraio  1963, n. 60, e dal primo comma, lett. a),
 dell'art. 35 della legge 5 agosto 1978, n. 457;
       2)  per  quanto attiene al periodo successivo, a partire dal 1›
 gennaio 1988, del combinato disposto del primo comma, lettere b) e c)
 della  legge  14  febbraio  1963, n. 60, e dell'art. 22, primo comma,
 della legge 11 marzo 1988, n. 67.
    Pertanto   deve   essere   sollevata   la  relativa  questione  di
 illegittimita'  costituzionale,  nei  termini  sopra  indicati,   con
 sospensione  del  presente  giudizio  e  trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale.
    A  cura  della  cancelleria  deve essere ordinata la notificazione
 della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei
 Ministri  nonche'  la  comunicazione  di essa ai Presidenti delle due
 Camere del Parlamento;
                                P. Q. M.
    Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione,  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953,
 numero 87;
    Solleva    questione   di   illegittimita'   costituzionale,   con
 riferimento agli artt. 3, primo  comma,  e  53,  primo  comma,  della
 Costituzione:
      1)  del  combinato  disposto  dal  primo  comma,  lett.  b) e c)
 dell'art. 10 della legge 14 febbraio 1963, n. 60 e del  primo  comma,
 lett. a) dell'art. 35 della legge 5 agosto 1978, n. 457;
      2)  del  combinato  disposto  dal  primo  comma, lettere b) e c)
 dell'art. 10 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, dell'art. 22, primo
 comma, della legge 14 marzo 1988, n. 67;
    Dispone  la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con
 sospensione del presente giudizio;
    Ordina  che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  Ministri  e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Bologna, addi' 11 settembre 1989
                           Il pretore: MONACI

 90C0047