N. 11 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 1989

                                 N. 11
       Ordinanza emessa il 27 novembre 1989 dal pretore di Ragusa
            nel procedimento penale a carico di Chebiha Ali'
 Processo  penale  -  Nuovo codice - Rito abbreviato - Riduzione della
 pena di un terzo - Ininfluenza di cause dipendenti dalla gravita' del
 reato  o  dalla  personalita' dell'imputato - Possibile disparita' di
 trattamento rispetto ad imputati nei cui confronti la  ricerca  della
 prova  si  presenti piu' complessa o che intendano avvalersi del rito
 ordinario.
 Processo  penale - Nuovo codice - Rito abbreviato - Consenso del p.m.
 - Possibile disattivazione facoltativa dell'azione penale Lesione del
 principio della obbligatorieta' della stessa.
 (Cod.  proc.  pen.,  artt. 442, secondo comma, 561, terzo comma, 560,
 secondo comma).
 (Cost., artt. 3 e 112).
(GU n.4 del 24-1-1990 )
                               IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Il  pretore,  in  funzione di giudice per le indagini preliminari,
 premesso che, su richiesta di Chebiha Ali', imputato del  delitto  di
 cui  all'art.  495 del c.p.p. e della contravvenzione di cui all'art.
 152 del t.u.l.p.s., e con il  consenso  del  pubblico  ministero,  si
 procede  nelle forme del giudizio abbreviato ai sensi dell'art. 438 e
 segg. del c.p.p. e 560 del c.p.p., uditi il pubblico ministero  e  il
 difensore   solleva  questione  di  incostituzionalita'  delle  norme
 regolatrici del suddetto procedimento, per i motivi che seguono:
       a)  violazione  dell'art.  3 della Costituzione, in riferimento
 alla possibilita', prevista dall'art. 442, secondo comma, del c.p.p.,
 di ottenere da parte dell'imputato una riduzione della pena per cause
 non dipendenti ne' dalla gravita' intrinseca  del  reato,  ne'  dalla
 personalita'   del   soggetto,  ma  esterne  a  queste,  e  collegate
 esclusivamente  allo  stato   di   attivazione   delle   indagini   e
 all'apprezzamento,   discrezionale   e  insindacabile,  del  pubblico
 ministero. La possibilita' di un trattamento  disparatorio  e  insita
 percio'  nella  aleatorieta'  stessa  del  criterio  introduttivo del
 giudizio abbreviato, sulla  quale  la  condotta  dell'imputato  anche
 successiva al reato (salvo l'ipotesi di una confessione) non ha alcun
 peso, se si considera che, in  generale,  la  condizione  perche'  il
 pubblico   ministero   possa   aderire  alla  richiesta  di  giudizio
 abbreviato e' data dallo stato di appariscenza della  colpevolezza  o
 comunque   dallo   stato   cui  sara'  giunta  la  sua  attivita'  di
 investigazione, non  si  vede  in  questo  che  merito  possa  averne
 l'imputato,  per essere avvantaggiato rispetto a quello nei confronti
 del quale la  ricerca  della  prova  si  presenti  piu'  complessa  e
 duratura.  E'  facile  fin  da  ora  figurarsi  situazioni assurde ed
 ingiuste, come quella di due coimputati dello stesso reato puniti  in
 misura  differente, secondo il momento in cui si sara' evidenziata la
 possibilita'  di  riconoscerne  la  rispettiva   responsabilita',   e
 domandarsi  seriamente se il cosiddetto "patteggiamento sul rito" non
 sia, nella fretta di smaltire la  pendenza,  una  punizione  per  chi
 vuole o senta il bisogno di difendersi) sotto questo profilo potrebbe
 essere interessato anche l'art. 24 della  Costituzione)  insomma  una
 tassa  sul  processo. Tant'e', il risultato sul piano della normativa
 processuale  sarebbe  stato  identico  se  anziche'   prevedere   una
 diminuzione  di pena perche' si avvale del rito abbreviato, il codice
 avesse previsto una aggravante  perche'  si  vale,  spontaneamente  o
 necessariamente, di quello ordinario.
    D'altronde,  come si legge nella relazione al codice, perplessita'
 "dal punto di vista dei principi" erano state manifestate  non  tanto
 con riguardo al potere del pubblico ministero di interferire, col suo
 consenso o dissenso, sulla concreta determinazione della pena - sotto
 questo  profilo  una  riposta  conservativa  potrebbe ricavarsi dalla
 sentenza  30  aprile  1984,  n.  120,  della   Corte   costituzionale
 concernente  il  particolare  patteggiamento  introdotto dall'art. 77
 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - quanto per lo stesso fatto  di
 offrire  un premio all'imputato, senza altra contropartita che quella
 di esonerare la giustizia dall'obbligo di fare fino in fondo  il  suo
 corso,  e che non significa necessariamente - si badi -, a differenza
 di  quanto  avviene  nel   patteggiamento   della   pena,   agevolare
 l'accertamento della verita'.
    E'  inutile  rammentare,  infine,  che il procedimento summary del
 sistema inglese, a cui l'istituto italiano sarebbe  ispirato,  e'  in
 realta'  tutt'altra  cosa,  perche' se, da un canto esso comporta, in
 caso di condanna, una riduzione della pena, d'altro canto costituisce
 non  una  rinuncia,  ma  piuttosto un'anticipazione del dibattimento,
 consentendo quell'attivita' probatoria che nel nostro rito abbreviato
 e' espressamente esclusa;
       b)  violazione dell'art. 112 della Costituzione, nella parte in
 cui e' consentito al pubblico ministero, che esprime il suo  consenso
 alla richiesta di giudizio abbreviato, di rinunciare al proseguimento
 della sua attivita'  investigativa  e  a  quei  mezi  di  prova  gia'
 individuati  o individuabili, necessari all'esito dell'azione penale.
 L'accettazione del giudizio abbreviato, comportando  l'abbandono,  da
 parte   del   pubblico   ministero,   di  ogni  ulteriore  iniziativa
 indagatrice o diretta alla formazione della prova, puo' concretamente
 tradursi   in  una  disattivazione  facoltativa  dell'azione  penale,
 contraria al principio costituzionale della sua obbligatorieta'.
    E'  del  resto  fuori discussione che l'obbligo dell'azione penale
 non e' soddisfatto dalla  semplice  formulazione  della  imputazione,
 senza  l'impiego  dell'attivita'  necessaria  all'accertamento  della
 responsabilita'.
    Il  pericolo  si  prospetta  con  maggiore  evidenza  nel processo
 pretorile, dove il meccanismo del giudizio abbreviato puo' innestarsi
 (art.   560,   primo  comma)  in  qualsiasi  momento  delle  indagini
 preliminari,  indipendentemente  dallo  stato   di   esse,   con   la
 conseguenza  di  far  venir  meno,  a  giudizio  (insindacabile)  del
 pubblico ministero, in tutto o in parte la sua attivita'  di  impulso
 procedurale.   L'effetto   pratico  potrebbe  essere  quello  di  una
 archiviazione, differente dall'archiviazione vera e propria non tanto
 per  la  inapplicabilita'  delle  garanzie  previste  dall'art.  554,
 secondo comma  -  solo  grossolanamente  assimilabile  al  potere  di
 trasformazione  del  rito  consentito  al  giudice  dall'art. 562 del
 c.p.p.  -  quanto  perche'  nel  giudizio   abbreviato   verrebbe   a
 configurarsi  come una facolta' quella desistenza dall'azione che per
 l'art. 554  e'  vietata.  Si  pensi  ad  una  accettazione  del  rito
 abbreviato  in totale assenza di indagini o sulla base di una notitia
 criminis mai controllata o di elementi di valutazione provenienti dal
 solo imputato e orientati percio' verso l'assoluzione.
    Ne'  la  possibilita'  del  giudice  di imporre il rito ordinario,
 prevista, come si e' detto, dall'art. 562,  e'  strutturata  come  un
 mezzo  di controllo sull'uso della facolta' del pubblico ministero di
 "fermarsi" allo stato degli atti, o di andare avanti, che puo'  voler
 dire  come un controllo sull'uso della stessa azione penale, dato che
 l'espressione "non potere decidere allo stato degli atti", nella  sua
 cosmica  genericita', non lascia intendere se e come impedimento alla
 decisione possa essere la carenza di prove da parte dell'accusa,  ne'
 come,  nel  caso  specifico  del  processo  pretorile, il susseguente
 dibattimento possa supplire  al  disimpegno  del  pubblico  ministero
 dalla conduzione delle indagini preliminari.
    In  definitiva  la facolta' del pubblico ministero di accettare la
 chiusura anticipata del processo potra' essere ammessa solo in quanto
 tale  accettazione implichi un giudizio negativo sulla produttivita',
 ai fini dell'accusa, della  protrazione  dell'inchiesta.  Al  momento
 attuale la legge non e' in questo senso.
    La questione, imposta in tali termini, merita di essere sottoposta
 alla attenzione della Corte costituzionale.
    Indicendo  la  questione  sull'esito  del processo in corso, se ne
 impone la sospensione.
    Le esigenze cautelari non sono a questo punto tali da giustificare
 il  protrarsi  della  custodia  dell'imputato,  considerati  altresi'
 l'entita' dei reati ascritti e la sua incensuratezza.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  questione di legittimita' costituzionale degli artt. 442,
 secondo comma, e 561, terzo comma, del codice di procedura penale  in
 riferimento  all'art.  3 della Costituzione, e dell'art. 560, secondo
 comma, del codice di procedura  penle  in  riferimento  all'art.  112
 della Costituzione;
    Ordina   la   immediata   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
 costituzionale;
    Ordina  che l'imputato Chebiha Ali', sia immediatamente rimesso in
 liberta', se non detenuto per altra causa, e dispone  la  sospensione
 del procedimento a suo carico;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Ragusa, addi' 27 novembre 1989
                   Il consigliere pretore: OCCHIPINTI

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