N. 52 SENTENZA 31 gennaio - 2 febbraio 1990
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza - Pensioni di guerra - Limite di reddito quale condizione per il conferimento - Elevazione a L. 7.500.000 con decorrenza 1 gennaio 1985 - Lamentata ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a quello piu' favorevole previsto per gli aventi diritto a pensione ordinaria di riversibilita' - Insussistenza - Non omogeneita' delle situazioni poste a raffronto - Ragionevolezza della diversa disciplina prevista - Non fondatezza della questione. (Legge 6 ottobre 1986, n. 665, art. 2, terzo comma). (Cost., art. 3).(GU n.7 del 14-2-1990 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma terzo, della legge 6 ottobre 1986, n. 656 (Modifiche ed integrazioni alla normativa sulle pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa il 17 ottobre 1988 dalla Corte dei conti sul ricorso proposto da Gigante Antonia vedova Petitti, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1989; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un processo concernente il riconoscimento alla riversibilita' di una pensione privilegiata, gia' in godimento al figlio deceduto della ricorrente, la Corte dei conti, dopo aver escluso che sussistesse il requisito del limite di reddito previsto dalle norme sulla riversibilita' ordinaria (artt. 83 e 85 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, e art. 24, comma sesto, legge 28 febbraio 1986, n. 41), ha esaminato il ricorso sotto il diverso profilo dell'eventuale spettanza del trattamento privilegiato di riversibilita' che l'art. 92 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, riconosce ai congiunti "nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra", quando, come nella fattispecie, la morte sia conseguenza delle stesse infermita' o lesioni per le quali e' stata attribuita la pensione privilegiata. Anche in relazione a tale thema decidendum, la ricorrente risulterebbe pero' sprovvista del necessario requisito economico percependo, al momento del decesso del figlio, una pensione vedovile di ammontare imponibile superiore al limite previsto in materia di pensioni di guerra dall'art. 12 del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834. Ne' potrebbe beneficiare dell'elevazione di tale limite che l'art. 2 della legge 6 ottobre 1986 n. 656 ha disposto con decorrenza dal 1 gennaio 1985: a tale data, infatti, il suo reddito, essendo aumentato, risultava sempre ostativo al riconoscimento della pensione di riversibilita'. Poiche', peraltro, prima dell'entrata in vigore della legge per ultimo citata, l'art. 24, comma sesto, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, ha previsto per le pensioni ordinarie di riversibilita', un meccanismo di calcolo e di adeguamento automatico del limite di reddito, la Corte dei conti ritiene rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma terzo, della legge 6 ottobre 1986, n. 656, nella parte in cui non prevede che il limite di reddito rilevante ai fini dell'attribuzione delle pensioni di riversibilita' di guerra sia calcolato, a partire dall'anno 1986, in conformita' ai criteri previsti per la riversibilita' ordinaria dal predetto art. 24, comma sesto, della legge 28 febbraio 1986, n. 41. Sostiene il giudice a quo che una volta individuato nell'ambito di normative, per altri aspetti diverse, uno stesso criterio (quale quello reddituale) al fine di ammettere la sussistenza o meno della condizione (stato di bisogno economico) richiesta in entrambi i casi per la prestazione pensionistica, sia poi del tutto irragionevole, ed ingiustificatamente discriminatorio, quantificare in modo diverso il limite reddituale in ragione della mera diversita' di regime pensionistico. Lo stesso requisito della condizione economica, previsto per l'una e per l'altra specie di pensione, dovrebbe dunque essere valutato ed accertato sulla base di un unico ed uniforme criterio, cio' a maggior ragione ove si consideri che l'attuale diversita' non corrisponde affatto ad una linea di coerenza legislativa: negli ultimi anni, infatti, il limite di reddito in materia di pensioni di guerra e' stato prima pari, poi superiore ed infine inferiore a quello previsto per le pensioni ordinarie. 2. - E' intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato escludendo l'assimilabilita' delle prestazioni pensionistiche poste a raffronto e, conseguentemente, l'irragionevolezza della diversita' dei limiti di reddito richiesti dalle due normative. Mentre la pensione di riversibilita' ordinaria avrebbe infatti natura retributiva e funzione assistenziale, essendo diretta ad assicurare al superstite la continuita' del sostentamento che gia' gravava sul defunto, la pensione di guerra avrebbe invece natura risarcitoria e la sua riversibilita' risponderebbe ad esigenze di ordine naturale ed etico, donde il trattamento peculiare riservato agli aventi causa del pensionato di guerra. Considerato in diritto 1. - E' stata sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma terzo, della legge 6 ottobre 1986, n. 656, il quale prevede che, per le pensioni di guerra, "il limite di reddito, nei casi in cui sia previsto come condizione per il conferimento dei trattamenti od assegni pensionistici di guerra... e' elevato a L. 7.500.000 con decorrenza dal 1 gennaio 1985". Si sostiene nell'ordinanza di rimessione che, in base a tale disposizione si determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a quello piu' favorevole previsto per gli aventi diritto a pensione ordinaria di riversibilita', per i quali il limite di reddito e' determinato dall'art. 24, comma sesto, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, con rinvio a quello stabilito per la concessione delle pensioni agli invalidi civili totali, rivalutabile annualmente secondo gli indici relativi ai lavoratori dell'industria, rilevati dall'ISTAT agli effetti della scala mobile sui salari. 2. - La questione non e' fondata. Per precisare i termini della rilevanza di essa, e' necessario chiarire preliminarmente che il giudizio a quo, come risulta dalla stessa ordinanza di rinvio, non riguarda una controversia in materia di pensioni di guerra, bensi' il diniego di pensione privilegiata di riversibilita' nei confronti della madre di un pensionato statale (gia' titolare di trattamento privilegiato di 1a categoria) deceduto a causa delle infermita' per le quali aveva conseguito il trattamento privilegiato. La norma denunciata, contenuta nel testo unico sulle pensioni di guerra, assume dunque rilevanza nel giudizio a quo in via solo indiretta, per effetto del rinvio ad essa operata dall'art. 92 del testo unico sulle pensioni civili (d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092) il quale stabilisce che quando la morte del dipendente statale e' conseguenza di infermita' o lesioni dipendenti da fatti di servizio, "spetta ai congiunti la pensione privilegiata nella misura ed alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra" e che il medesimo trattamento spetta anche nel caso in cui il titolare di pensione privilegiata diretta o di assegno rinnovabile sia deceduto a causa delle infermita' o lesioni per le quali aveva conseguito il trattamento privilegiato. Cosi' precisati i termini della questione, non appaiono pertinenti gli aspetti posti in evidenza nell'ordinanza di rimessione e che sembrerebbero voler invece investire, sotto il profilo del limite di reddito richiesto per la concessione della pensione, la situazione della categoria degli aventi diritto a pensione di guerra. Nell'ambito della questione, precisata nei sensi anzidetti, non appare pero' possibile porre a raffronto la disciplina concernente il limite di reddito per la concessione della pensione privilegiata di riversibilita' con la corrispondente disciplina che riguarda la pensione ordinaria di riversibilita', trattandosi di situazioni non comparabili in quanto fra loro non omogenee. Difatti, in virtu' dell' art. 83 del testo unico delle pensioni degli impiegati dello Stato, (d.P.R. n. 1092 del 1973 cit.) alla morte del dipendente statale o del pensionato, mancando gli altri congiunti prioritariamente indicati in detto testo unico, la pensione ordinaria di riversibilita' spetta al padre o, in mancanza, alla madre "purche' siano inabili a proficuo lavoro o in eta' superiore a sessanta anni, nonche' nullatenenti e a carico del dipendente o del pensionato". In virtu' del rinvio operato dall'art. 92 del testo unico citato alle "condizioni in materia di pensioni di guerra" la pensione privilegiata di riversibilita' - cioe' quella prevista, come nel caso oggetto del giudizio a quo, quando la morte dell'impiegato statale o del pensionato dipenda da causa di servizio - in mancanza degli altri congiunti indicati nell'art. 57 del testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra (d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915) spetta invece, a titolo di assegno alimentare, al padre che abbia raggiunto l'eta' di anni 58, o sia comunque inabile a qualsiasi proficuo lavoro, oppure, alla madre vedova. Relativamente a quest'ultima, ai fini della concessione della pensione privilegiata di riversibilita', non e' quindi richiesta alcuna altra condizione se non quella del limite di reddito indicato nell'art. 70 del citato testo unico, come in seguito modificato dalla disposizione sospettata di incostituzionalita' (art. 2, comma terzo, legge 1986, n. 656). Come dunque risulta da detta normativa, mentre, mancando gli altri congiunti, la pensione ordinaria di riversibilita' spetta alla madre del dipendente statale o del pensionato deceduti, solo se essa sia inabile a proficuo lavoro o se abbia l'eta' superiore a sessanta anni, sia a carico del dipendente o del pensionato deceduto, e sia nullatenente (nel senso di non possedere un reddito superiore a quello ora previsto dall'art. 24 della legge n. 41 del 1986, invocato come tertium comparationis), la pensione privilegiata di riversibilita' spetta, invece, in mancanza degli altri congiunti, alla madre superstite che si trovi nelle condizioni di reddito previste dalla norma impugnata, senza che sia richiesto ne' alcun limite minimo di eta', ne' il requisito della inabilita' al lavoro. Le due situazioni, non sono percio' omogenee per cui non puo' reputarsi irragionevole la diversita' del limite di reddito previsto per i due tipi di pensione di riversibilita', una volta che, per la concessione della pensione privilegiata di riversibilita' nei confronti della madre, siano previste condizioni differenti rispetto a quelle previste per la concessione, sempre nei confronti di detto genitore, della pensione ordinaria di riversibilita'.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma terzo, della legge 6 ottobre 1986, n. 656 (Modifiche ed integrazioni alla normativa sulle pensioni di guerra) sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte dei conti, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 31 gennaio 1990. Il Presidente: SAJA Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1990. Il direttore della cancelleria: MINELLI 90C0127