N. 54 SENTENZA 31 gennaio - 2 febbraio 1990

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Regione - Legge regione Molise recante "Interpretazione autentica
 dell'art. 4 della legge regionale 13 aprile 1988, n.  10" - Contenuto
 - Lamentata sussistenza, nonostante la suddetta formale
 intitolazione, di modifiche alla normativa concernente gli assegni
 vitalizi dei consiglieri regionali - Proposizione del ricorso
 mediante provvedimento del Presidente del Consiglio senza preventiva
 delibera del Consiglio dei Ministri Insussistenza nel caso di specie
 di circostanze eccezionali tali  da giustificare la deroga alla norma
 generale che richiede tale  delibera - Inammissibilita' del ricorso.
 
 (Legge regione Molise 25 luglio 1989).
 
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.7 del 14-2-1990 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Molise approvata il 24 maggio 1989, riapprovata il 25 luglio 1989 dal
 Consiglio  regionale,  avente per oggetto: "Interpretazione autentica
 dell'art. 4 della legge Regionale 13 aprile 1988, n.10" promosso  con
 ricorso  del  Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 24
 agosto 1989, depositato  in  cancelleria  il  1Π settembre  1989  ed
 iscritto al n. 72 del registro ricorsi 1989;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Molise;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  dicembre  1989  il Giudice
 relatore Cheli;
    Uditi  l'Avvocato  dello Stato Gaetano Zotta, per il ricorrente, e
 l'avv. Pietro Rescigno per la Regione.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con ricorso notificato il 24 agosto 1989, il Presidente del
 Consiglio dei ministri ha impugnato, con riferimento agli artt.  3  e
 97  Cost.,  l'articolo unico della legge regionale del Molise recante
 "Interpretazione autentica  dell'art.  4  della  legge  regionale  13
 aprile  1988,  n.  10", riapprovata, a seguito di rinvio da parte del
 Governo, il 25 luglio 1989.
    Il   ricorso  e'  stato  disposto  in  data  22  agosto  1989  con
 provvedimento del Ministro per gli affari regionali (per  delega  del
 Presidente  del  Consiglio), provvedimento successivamente ratificato
 con delibera del Consiglio dei ministri in data 30 agosto 1989.
    Nel  ricorso  si espone che la legge impugnata, pur se formalmente
 intitolata   di   "interpretazione   autentica",    nella    sostanza
 configurerebbe  una  vera  e  propria  modifica alla disciplina posta
 dalla legge regionale n. 10/1988 in materia di "Riordino  del  regime
 degli  assegni  vitalizi  dei  consiglieri  regionali".  Quest'ultima
 legge, all'art. 4, aveva stabilito che "l'assegno  vitalizio  mensile
 spetta  ai  consiglieri  cessati  dal mandato che abbiano compiuto 60
 anni di eta' ed abbiano corrisposto i contributi per  un  periodo  di
 almeno  5  anni  di  mandato  esercitato  nel consiglio regionale del
 Molise". La norma impugnata, stabilisce,  a  sua  volta,  che  quanto
 previsto  dal  succitato art. 4 della legge regionale n. 10/1988 deve
 intendersi riferito ai soli consiglieri che hanno assunto il  mandato
 successivamente  alla  data  di  entrata in vigore della stessa legge
 regionale n. 10/1988, mentre ai consiglieri gia' scaduti o in  carica
 a  tale  data  continuano  ad  applicarsi,  per  quanto  riguarda  il
 requisito  dell'eta',  le  norme  previste  dalle   leggi   regionali
 precedenti.  Cio'  significa  che  nei  casi  sopra indicati dovrebbe
 continuare ad applicarsi la normativa piu' favorevole di cui all'art.
 6  della  legge  regionale  n.  22/1976,  secondo la quale il diritto
 all'assegno vitalizio veniva conseguito, oltre  che  con  5  anni  di
 contribuzione e 60 anni di eta', anche con 10 anni di contribuzione e
 55 anni di eta', oppure con 15 anni di contribuzione  e  52  anni  di
 eta'.
    Da  quanto  sopra  il  ricorso  deduce  il  contrasto  della norma
 impugnata con l'art. 3 Cost., per avere introdotto una ingiustificata
 disparita'  di  trattamento tra consiglieri della stessa Regione o di
 altre Regioni, nonche' con  l'art.  97  Cost.,  per  avere  stabilito
 immotivate   eccezioni  alla  disciplina  del  regime  degli  assegni
 vitalizi dei consiglieri regionali, alterando il generale  equilibrio
 del  sistema  e non rispettando i principi che regolano la previdenza
 pubblica.
    2.  -  Si e' costituita in giudizio la Regione Molise per chiedere
 il rigetto del ricorso.
    La  Regione  ribadisce, in primo luogo, che la legge contestata ha
 carattere di normativa di interpretazione autentica, dal momento  che
 affronta   il  problema,  rimasto  aperto,  della  delimitazione  dei
 soggetti cui deve applicarsi la nuova  normativa.  Confuta,  inoltre,
 l'asserito  carattere  pubblicistico del fondo previdenziale previsto
 per i consiglieri regionali e conclude rilevando che, se, da un lato,
 non  e'  ravvisabile  un  motivo di irragionevole discriminazione nel
 succedersi nel tempo di regimi  differenti,  dall'altro,  l'autonomia
 del  legislatore regionale rende improponibile in questa materia ogni
 raffronto con quanto previsto da altre Regioni, non sussistendo alcun
 divieto di trattamenti difformi.
    3.  -  All'udienza  di discussione la difesa regionale ha eccepito
 l'inammissibilita' del ricorso, in quanto disposto  -  in  violazione
 degli  artt.  127  Cost.  e  31  legge  11  marzo  1953,  n. 87 - con
 provvedimento del Presidente del Consiglio dei  ministri,  senza  una
 preventiva delibera del Consiglio dei ministri, che e' intervenuto in
 sede di ratifica solo dopo la scadenza del termine per l'impugnativa.
                         Considerato in diritto
    1.  - Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilita'
 proposta dalla Regione in relazione al fatto che il ricorso e'  stato
 disposto mediante provvedimento del Presidente del Consiglio (rectius
 del Ministro per gli affari regionali su delega  del  Presidente  del
 Consiglio), senza la preventiva adozione di una delibera da parte del
 Consiglio dei ministri. In tale provvedimento la  procedura  adottata
 e'  stata giustificata richiamando: a) la materiale impossibilita' di
 convocare il Consiglio dei ministri entro la data della scadenza  del
 ricorso;  b) l'urgenza di provvedere; c) la presunzione del permanere
 della volonta' di opporsi alla legge,  gia'  espressa  collegialmente
 dal  Governo  in  sede  di rinvio; d) il precedente giurisprudenziale
 espresso da questa Corte con la sentenza n. 147 del 1972.
    Il  richiamo  a tali argomenti non e' tale, peraltro, da inficiare
 la fondatezza dell'eccezione, che merita di essere accolta.
    2.  -  L'art.  127,  quarto  comma,  Cost.  riferisce  al  Governo
 l'impugnativa delle leggi regionali: questa Corte, in piu' occasioni,
 ha  gia'  avuto modo di affermare che, nel contesto di tale norma, il
 Governo dev'essere inteso nella sua unita' e identificato,  ai  sensi
 dell'art.  92  Cost.,  con  il  Consiglio dei ministri (sentt. 33/62;
 76/63; 116/66; 8/67). Questa interpretazione  trova,  d'altro  canto,
 piena conferma anche sul piano della legislazione ordinaria: in primo
 luogo, nell'art. 31, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
 dove  si prevede che il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio
 avverso la legge regionale dev'essere preceduto  dalla  deliberazione
 del  Consiglio  dei  ministri;  in  secondo luogo, nell'art. 2, terzo
 comma, lett. d) della legge 23 agosto 1988 n. 400, che, nell'elencare
 le competenze del Consiglio dei ministri, attribuisce allo stesso gli
 atti "previsti  dall'art.   127  Cost.  ....  in  ordine  alle  leggi
 regionali".  Per  quanto  concerne  questa  seconda  disposizione  va
 rilevato che la stessa e' stata approvata dopo  la  soppressione  dal
 testo  della  proposta di legge iniziale (Atti Camera, X legislatura,
 proposta n. 38 del 1987) di un inciso che  riferiva  alla  competenza
 del  Consiglio  dei  ministri anche "le ratifiche, nella prima seduta
 successiva, delle determinazioni adottate in materia  dal  Presidente
 del   Consiglio   dei  ministri  in  via  di  urgenza":  soppressione
 giustificata, in sede di dibattito parlamentare,  con  l'esigenza  di
 non istituzionalizzare una deroga alla procedura ordinaria (cfr. Atti
 Camera, X legislatura, seduta del 14 ottobre 1987, pagg. 3500 ss.).
    L'interpretazione che qui si conferma trova il suo fondamento come
 questa Corte ha gia' sottolineato -  in  un'esigenza  non  di  natura
 formale,   ma  di  sostanza,  connessa  all'importanza  dell'atto  di
 impugnativa della legge ed alla gravita' dei suoi  possibili  effetti
 di   natura   costituzionale   (sent.  33/62):  esigenza  che  -  con
 riferimento  al  carattere  tassativo  delle  competenze  di   ordine
 costituzionale - ha condotto ad escludere che, in linea ordinaria, il
 Presidente del Consiglio possa sostituirsi, per motivi di urgenza, al
 Consiglio  dei  ministri e che una delibera di ratifica del Consiglio
 dei ministri, adottata dopo la scadenza del termine dell'impugnativa,
 possa considerarsi idonea a sanare l'originario difetto di potere del
 Presidente (sent. n. 119 del 1966).
    3.  -  L'indirizzo che qui si richiama non conduce, d'altro canto,
 anche ad escludere che, in presenza di circostanze straordinarie  (da
 valutare  caso  per caso), il Presidente del Consiglio dei ministri -
 accertata l'oggettiva impossibilita' di procedere  alla  convocazione
 del Consiglio dei ministri e l'esigenza di garantire la continuita' e
 l'indefettibilita' della funzione  di  governo  -  possa  provvedere,
 sotto  la propria responsabilita', alla proposizione dell'impugnativa
 avverso la legge  regionale,  salva,  in  ogni  caso,  la  successiva
 ratifica   consiliare.  Tale  evenienza,  invero  -  come  la  stessa
 Presidenza  del  Consiglio  ricorda  nell'atto  di  disposizione  del
 presente  ricorso  -  e'  gia'  stata  ammessa da questa Corte in una
 fattispecie   particolare   (sent.   n.    147/72),    caratterizzata
 dall'esistenza  di una crisi ministeriale non ancora conclusa e dalla
 presenza di un Governo che, a causa del giuramento ritardato  di  uno
 dei  suoi  componenti,  si  era  potuto  formare  nella sua interezza
 soltanto  il  giorno  stesso   della   scadenza   del   termine   per
 l'impugnativa.
    Anche  il  richiamo  a tale precedente dimostra, peraltro, come la
 deroga alla norma generale possa essere consentita non  per  semplici
 motivi  di  urgenza  o  sulla  scorta  di una pur sempre problematica
 presunzione  di  volonta'  all'impugnativa  dell'organo   collegiale,
 bensi'  soltanto  in  presenza  di circostanze oggettive di carattere
 eccezionale, suscettibili di determinare l'impossibilita' o l'estrema
 difficolta',  giuridica o di fatto, di una convocazione del Consiglio
 dei ministri.
    E'  del tutto evidente che tali circostanze non ricorrono nel caso
 in esame, dal momento che l'impugnativa di  cui  e'  causa  e'  stata
 avanzata  dal Presidente del Consiglio in presenza di un Governo gia'
 investito nella  pienezza  delle  sue  funzioni,  mentre  la  mancata
 convocazione  del  Consiglio  dei  ministri  e'  stata implicitamente
 giustificata soltanto con riferimento ad un evento prevedibile  e  di
 natura  ordinaria,  quale  deve  considerarsi  il decorso delle ferie
 estive.
    4.  -  L'accoglimento  della eccezione di inammissibilita' assorbe
 l'esame di ogni altra questione afferente al merito.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile  il  ricorso  proposto  dal  Presidente del
 Consiglio dei ministri in data 24 agosto 1989,  relativo  alla  legge
 regionale  del  Molise  riapprovata  il  25  luglio  1989  e  recante
 "Interpretazione autentica  dell'art.  4  della  legge  regionale  13
 aprile 1988 n. 10".
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 31 gennaio 1990.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CHELI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1990.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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